LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Ugo Colla
- Ugo Colla ha voluto dedicare questa pagina interamente alla figlia Valeria, inserendovi tutte poesie a lei ispirate.
- Quando la sera le mura di casa
- Quando la sera le mura di casa
- non hanno che il poco calore
- delle mie secche parole
- ed esse nascondono il bene
- la certezza d'amare che veglia
- nei meandri dell'anima
- Quando anche il lavoro diventa
- equilibrismo senza rete
- e la stanchezza fa sordi ai richiami
- muti alle offerte di dialogo
- d'uno strano frenetico mondo
- Quando ormai passati i trent'anni
- occasioni di piacere si perdono
- nelle scelte forzate del vivere
- Quando si litiga per niente
- e dieci minuti di silenzi son troppi
- meglio la gioia di riconquistarsi
- Quando proseguire è un'impresa
- arretrare una viltà
- chiudo gli occhi, sai
- e ti vedo nella tutina rosa
- che abbiamo già pronta
- sguardo incredulo
- grande ricchezza dello stupore
- che più non conosciamo
- e ti immagino nell'attimo in cui
- capirai che sì sono io proprio io
- tuo padre
- Ninna nanna per Valeria
- Quando il sonno ti accoglie
- una parte di te si allontana.
- Quella tua tranquilla immobilità
- mi smarrisce.
- Non so dove andrai, forse
- ti perderai cercando le nostre mani
- le nostre voci, ogni volta dimenticando
- che tornerai.
- Quanto vorrei seguirti,
- scacciare i mostri,
- evitarti i precipizi
- che popolano il lungo
- tunnel della notte.
- Possiamo soltanto
- abbracciarti al risveglio,
- venire ogni tanto nel buio
- ad ascoltare il tuo respiro lieve
- come fruscio d'ali
- d'una piccola farfalla impaurita.
- Pranzo di Natale
- Angeli
- che di tanta grazia la vestirono
- per presentarla a noi
- nel mattino che molta
- notte dell'anima ha cancellato.
- Erano i tuoi, miei
- cari scomparsi,
- la carezza della benedizione,
- il viaggio buio verso il nostro mondo
- rinato alla speranza per questo
- timido abbraccio che sembra
- avvolgere la Terra e ad uno
- ad uno spegnere
- ultimi ferini bagliori.
- Natale e tu forse dormi
- debole ancora, finalmente serena,
- anche oggi ad ore stabilite
- è permesso respirare l'aria
- magica del fresco nido.
- Ma accanto a questa via di portici
- che vicoli attraversano in festa di luci
- ritrovo le stradine silenziose
- che sanno d'amaretti e di moscato.
- La casa da anni abbandonata
- oggi profuma d'antico e di buono,
- il caminetto non più cadente porta cesti
- di frutta dorata e squillano le voci,
- dalle finestre invitano i più piccoli
- a lasciare il pampano, a salire.
- Corre la gioia tra i fini ricami
- della tovaglia (quella di tua madre)
- ma una lenta nebbia nasce
- dal fumo della zuppiera
- i rosei volti allontana non il miracolo
- d'averli ritrovati proprio oggi.
- Tutti invitati per il primo
- pranzo di Natale con lei
- che nei tratti, nel lampo degli sguardi
- già consola e vuol ricordare
- che nessuno di loro è morto, mai,
- perché in lei si ripete la storia.
- Nessuno muore mai se ritorna
- e un tenero vagito l'accompagna.
- Un'altra vita
- Ti dondola sul lungomare,
- Valeria, una vecchia canzone,
- tua madre la fa sottovoce,
- ti strofini gli occhi, ora già sogni.
- Seduto in panchina vi guardo.
- Una nave si perde in lontananza.
- Se anch'io mi assopisco il mare
- non nasconde la morte del creato,
- la foce ancora non raccoglie
- i miseri resti dei pesci,
- il sole conforta e non offende.
- E il bar non diffonde monotoni
- suoni di video-game. Grazie dei fiori
- da più limpida aria accarezzati.
- La riva del fiume è la spiaggia
- dei ragazzi poveri e sereni.
- Si mescolano le grida
- all'allegro canto del tramway.
- Per noi, amici, un caffè all'aperto
- da un tavolo all'altro nasce
- nell'unità la sola poesia.
- Non scalpita il nostro tempo,
- scivola nell'armonia dei versi.
- Sussulto. La mamma ti dondola ancora.
- Lontano, la grande mano metallica
- afferra l'aria, la rende rovente.
- Dai pochi angoli vivi
- della terra invasa da lame infuocate
- non rinunciamo a lottare
- contro il deserto che avanza.
- Grandi cedri del Libano
- del millenovecentodieci,
- voi sentivate mia nonna
- chiamare ansiosa i ragazzi
- persi nel canto dei grilli
- fra l'erba ondeggiante
- al vento della sera.
- Vedeste un giorno di mia madre
- i primi passi impacciati.
- Sempre maestosi sapete
- quanto più breve è il sogno
- umano di vita incontaminata
- ed ora incontrate i miei occhi
- da poco sgranati sul mondo.
- Per noi, bambini di oggi
- rimane una timida speranza
- nel ritorno dell'Eden.
- Nuovo amore scenda negli animi
- per i tanti vostri fratelli,
- il rimpianto per quelli uccisi
- dalla scure dell'uomo, potente e suicida,
- cari cedri del Libano
- che i rami avete protesi
- come braccia materne a difenderci
- dalla folle arsura della terra.
- Ti sto accompagnando all'asilo
- per lasciarti in nuove mani.
- È il primo giorno.
- Fugge il tuo sguardo già rapito
- da sogni di mondi inesplorati.
- Il grembiule bianco ha ricami di fiori
- il tuo viso è fresco, luminoso,
- più dolce il tuo bacio nel commiato.
- Ora ti lascio andare
- e per un attimo vedo te sposa,
- la mia felicità, il mio rimpianto.
- Finché avremo vita
- ci troverai e potrai chiedere
- come ieri, con quel leggero tremito
- nella voce ed occhi impauriti:
- «Teniamoci per mano, tutti,
- quando il treno entra in galleria...»
- Lettera a Valeria per il suo primo giorno di scuola
- (18 Settembre 95 - Ricordando Marino Moretti...)
- Ripenso a ieri, a quel tepore di metà settembre
- che sembra dire all'estate
- di non abbandonarci così presto.
- L'onda accarezzava i sassi e il vostro
- vociare festoso di bimbi, sul lungomare,
- allontanava la malinconia delle sdraio
- già riposte in fila, degli ombrelloni chiusi.
- Mentre correvi insieme agli altri
- dall'altalena allo scivolo e ritorno
- dai cavalli meccanici, più in là,
- lontani ormai anche nel tuo tempo
- giungevano lievi le note del «Ponte
- sul fiume Kwai», con dolce suono d'organino antico...
- Ripenso a ieri ed oggi sei già in aula,
- seduta in quarta fila, dritta, attenta,
- quasi severa. Il tuo vicino, quello con gli occhiali,
- forse il filosofo che c'è in ogni classe,
- con gesto rapido e gentile delle dita
- ti sfiora i capelli e tu sorridi.
- Soltanto ieri eri così piccola...
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