- Ce l'ha pure
una gazzarra dentro, devastante,
la rivolta silenziosa, lacerandosi persuasa
dell'autentico mostrarsi, o venir meno
delle cose, sollevandosi a sorpresa
più assordante adesso accolta, da ogni
voce
un'altra volta oltre il farnetico e lo
strano,
-
- ... dando
modo finalmente a ciascun
- dei sospesi,
dei sorpresi per l'incongruo
rigirarsi calpestati di continuo dalla calca
che ci esclude, di rientrare in sé
ansimando,
-
- - quale
affronto è più
grandioso
- del sollecito
levarsi su dai vortici, dall'impervio
ingorgo etereo provocati, fra le strida
e i larghi voli dei gabbiani...?! - fuori
ancora
insieme agli altri, tutti quanti via
correndo
per mai più voltarsi indietro, dai
percorsi
aggrovigliati allontanandosi.
-
- Ogni luce
ha il cielo chiaro,
- e non
resta ai suoi confini
- come
nuvole addensatesi soverchie,
- sia che
fingano frequenti allo sguardo
- riflessivo
un presagio di catastrofe,
- o davvero
lo trattengano già
- squarciandosi
fragorose, così gonfie
- al primo
istante che precipita
- slabbrato
come un lampo poi
- davanti ad
uno starter sprovveduto,
- dileguandosi.
Troppe voci disorientano
- per tenere
tempi e regole,
- fa ritorno
la staffetta
- da ogni
teda che non libera.
-
- Troppe
braccia si protendono per strapparselo
- di dosso
forse un esito, ma non vale
- adesso
crederci, o ricredersi di ognuna
- per
sentirsene portare,
-
- - ne percuote
già la proda qui con rotte
grida,
- lontanando,
la battaglia che trabocca concitata
- da una tolda
sfolgorante fra i marosi...
Et j'ai vu quelquefois ce que l'homme a cru
voir!
-
- Arthur
Rimbaud - Le bateau ivre.
- Prende il
largo, dalle rive dissipate
- nella noia,
presto un'ansia: del vascello
- sventolante,
naufragato a troppe miglia
- fuori dalle
rotte della gloria, non c'è
più
- altro
ritorno, che le onde...
-
- Sparpagliate
tutte quante, fanno insieme
- un vuoto
attorno di rimando le promesse
- disattese,
imbarazzante per la guazza
- che ne ride,
lo splendore disadorno
- con le
impronte che vi affondano...
-
- e il
selciato, diseguale.
-
- Come
l'acqua si rovescia dalle balze,
- fra i dirupi
scaturita ininterrotta, e i soprassalti,
- dalle
bocche della terra giù
irruente
- fino agli
estremi precipizi scavallando vagabonda,
- così
emersa dalle chiassose dispute
- la falange
cristallina è degli amori più
raggiante,
- progredita
in un frastuono, e dei colori
- dappertutto
turbinosa con la brezza illimpidita,
- contro il
gelido protrarsi della notte,
- con
l'orgoglio che divampa dalle piante a
primavera
- rifiorite,
rigogliose già di
brividi...
-
- Se fa fronte
all'inaudito la materia,
- in un primato
la traveste l'evidenza
- naturale
senza tregua: l'occasione,
- fra le
braccia della luce... in un respiro!
-
- - non si
complichi risolta nel disordine
- dei simboli,
né corrotta imbalordisca,
- sopraffatta
di certezze malinconiche.
-
-
- L'ombra e la
luce
-
- Incespichi,
scivoli via dal fondo
- dei tuoi
passi, e in giro al mondo intorno
- resti a
sbandierare iperboli, non salvi
- che i
coriandoli ai tuoi mattini
- limpidi... il
tempo non esiste, tu dici
- e conti i
giorni.
-
- Ti trovi
spesso a chiedere
- la pioggia ai
cieli persi,
- azzurri e
riluttanti
- come una
pietra splendida.
-
- E cerchi
l'impossibile
- fra gli astri
e rare sillabe,
- e credi tutto
facile,
- lecito dare e
avere:
-
- l'intero
indivisibile, o ciò che tu
- deliberi del
suo compiuto illogico,
- svolti e
riavvolti i fili dell'ardua
- pantomima per
dare l'input
- all'ospite,
malcerto claudicante -
-
- ... ribatti
d'esser fragile,
- scontato
è ogni motivo.
-
- Scombino e
poi riordino
- le tessere
del tempo,
- ma il quadro
mio declina,
- e lo
confondono già se celebro
- gli estremi
al tuo consenso.
-
- La data di
scadenza
- non l'ho
centrata mai:
- è come
un batter d'ali,
- chiusa
nell'aria ferma
- e poi
dissolta lieve,
- più
breve e più
- leggera del
perché delle cose.
-
- Smette la
corsa odierna forsennata
- dietro a ogni
quinta, la tua peraltro
- non vale
un'altra replica - se solo
- così
di te risponde al termine, di noi
- l'abbaglio di
non esserci.
-
- Scade reciso
l'attimo, preciso e noncurante,
- sterile
più di quanto un puzzle
- impraticabile,
vertiginoso a volte, di cui non
vieni
- a capo, se
resto dove manchi
- o ti
allontani, e strappo un'altra
dedica.
-
-
-
-
- Un flash!...
e sorpresa è
- per sempre
l'immobile cura, l'estrema
- ragione a
sommo dell'onda radiosa
- trasale, fra
i teneri amplessi prevale
- l'istante
rapinoso: più rapido ancora
- l'incanto
profuso dal volto
- variopinto
della notte.
-
- Non trova la
strada l'orizzonte
- da evadere,
il destriero da cavalcare
- senza
l'assurdo pensiero,
- il tronfio
galà che determina
- l'impatto
senza più reggere
- altro
dell'estesa dimora.
-
- Né ha
peso il tuo incauto
- procedere, la
tua carica intensa
- si frantuma
nell'accento
- inespresso:
inesauribile la parola
- che dilaga
senza nulla proferire,
-
- - dove tutto
si realizza,
- e
rifrangersene pare fra le onde
- l'ostinato
riflesso a cui pure
- te stessa
abbacinata consenti,
- o contendi
l'innumerevole domani.
-
- Andarsene...
colmo è di te il delirio
- delle quattro
strade:
-
- segui la
prima e fai ritorno
- da dove sei
venuta,
- - l'altra,
sgomiti svolti scalmani
- senza
più via d'uscita;
-
- s'accartoccia
la terza su sé stessa - persa
- tu sola
intanto dietro a ogni
- altro poi
richiamo, fra troppe glorie
- implosa come
le foglie d'oro
- disseccate
sui marciapiedi di periferia
- per la furia
del vento,
- da ramazzare
via senza scommettere...
- risale
l'ultima ripida la china
- affaticata,
per andare poi
- dove non so
dire:
-
- incanaglisce
le giunture dislocate,
- i frammenti
raggianti dispersi
- lungo l'aspro
cammino,
- rompe il
silenzio e la monotonia
- come un gesto
sconcluso.
-
- Andare via da
te così,
- senza
respiro.
-
-
-
- Resta ad
offrirmi il sole, se più
- non se ne
inonda, che a un largo scialo di
propositi
- all'incanto,
l'esito che
- insostenibile
trascorre verso il tuo lago limpido,
- via dai suoi
primi termini,
- incoerente.
-
- Le mie parole
le rimetti al bando
- sulla soglia,
ogni silenzio è saturo di te.
- Pur se mi
attardo nell'interminabile,
- eccola qui! -
davanti a me
- la vita.
Spalanca il mondo intero
- con una
chiave d'oro...
-
- Ebe leggiadra
irresistibile: il cielo
- è una
coppa di cristallo,
- e tu la
stringi in un abbraccio azzurro,
- e tu la
mostri col suo chiassoso
- abbaglio.
-
- Deflagra
già sui cardini la ribadita
- novità,
il gioioso tumulto: dialoga con i
fuochi
- della strada
ballerini l'acqua che precipita
- da mille gole
frastagliate delle nuvole.
-
- Furia
dell'evidenza agli argini
- eludi tu il
frangente:
- vanifichi le
forme, dai agio agli alti
- voli, fondo
allo spasmo,
- pur dal tuo
proprio assunto assiduo
- dilapidata...
-
- prospere vele
smarrite, esuberanti
- nasse, esuli
prode al tridente
- dei
lastricati rivi:
-
- Ebe leggiadra
irresistibile,
- come agli
altrove tuoi radiosi incontro,
- così
va il cielo imperturbabile
- irrisolto
- al visibilio
di raffiche e sbandate.
-
- Regalami
anche il mondo, se non so più
- di perderlo
che in fondo al tuo sorriso.
-
-
-
- Anima in
ombra
-
- Aspide -da
prima del giorno,
- se torni a
disfartene, se in breve
- riesca dai
vortici a risolversi
- il tempo, e
fiato di peste non duri,
- se in fondo
perfino l'incauto
- da ultimo ha
tregua, quando stacca
- infastidito
dal frastuono che straripa.
-
- Reclamalo per
noi così di prati e nuvole
- un
silenzio!... deluso è
all'orizzonte
- ogni
riguardo, pur se soltanto
- strappandoti
a te stessa, oltre l'estremo
- tuo sigillo
adesso - oggi
- e domani
ancora, o inascoltata,
- io ti riveda
e sempre,
- ove
s'infranga ininterrotto un
improbabile
- mare.
-
- Ardente
freschissima e bella, di tutti
- i miei
palazzi a cielo aperto tu,
- curiosa poi
m'hai dato, ridendone
- di ognuno, il
tuo fiore più rosso...
-
- Raggiante
stracolmo di sole,
- ripresa ho la
corsa fra rose
- vermiglie,
per viali remoti trascorso
- e chiari
mattini, e squille
- argentine a
ritroso, ardite
- baruffe, fra
dispute accolto
- più
ambite;
-
- ché
folgore o logoro lume
- da sempre mi
accingo a sortire
- stornare
ghermire,
-
- increduli
approdi... l'inerzia
- palese dal
verde ansimare
- di guazza
d'aprichi domini
- e di
macchie.
-
- Già le
mie notti non sono più
- in vendita,
anche se fingo ancora
- di cadere, di
crederle finite
- le distanze,
smarrite le mie ore
- ma persuase,
di sbaraccare presto
- tutte
quante:
-
- te stessa
mandi all'aria i troppi
- imbrogli, da
cui più non mi so dividere,
- che per
gridare il tuo nome!
-
- E' il tuo
nome che ho gridato per le strade,
- ignaro
stravolto
- rapace, cui
il trepido affanno dorato
- dilapida ogni
respiro.
-
- E' il grido
che ancora si slega dai docili
colli,
- severo per le
diafane rive, la giostra
- è di
lune o di spade come l'ombra che ci
invade,
- la nostra
stagione trascorsa
- che supera il
tempo, che in fondo agli sguardi
- ci resta
contesa; il tempo dovunque
- più
mia ti ritrova... di là dai confini
l'apprendo,
- se tutto di
me si divincola
- e accade, e
te sempre dopo che chiamo per via.
-
-
-
- A se
stesso
-
- Pure se
torni, esiti o banditori
- non ne
intravede ancora questa corsa:
così
- per troppe
volte è già raggiunta la tua
festa,
- dai ravvisati
turbamenti; densità
differenti
- diramate si
richiamano, ne brucia presto
- di sé
medesima ai rilievi la stessa enfasi
- consueta:
sfuma di noi ogni forma certa,
- dietro
altrettali vorticanti altrove.
-
- Ho traversato
le pianure
- inconciliabili,
dove singolari
- pretese si
confondono, labirinti
- dell'essere,
quando tumulto resta
- la sola porta
aperta trascurata
- dall'oblio...
-
- campanili si
dichiarano turbinosi
- e imminenti,
e intraprese contrade
- sui travisati
orizzonti, dalle brume
- solidali
ricomposte, dal punto e accapo
- delle ore, se
persuase dentro al compiuto
- soliloquio.
-
- Questo... - e
così è per noi dell'al di
qua
- il silenzio.
Sorprende come già,
- dei troppi
tuoi dispersi mattini disancorati,
- alcuni
più non se ne diano gloria,
- o disdetta;
altri, puntuale, li riproponga
intanto
- qui davanti
adesso di rimando, ma cavalcandone
- il
delirio.
-
- Brevi da
sempre i tuoi ritorni, se ti
consentono
- ogni volta
agili approdi selve scroscianti
- di presenze,
folgorate - pesta inaudite,
- esagitate
dagli impossibili domini: iridi
altere
- accorse
attonite si ricompongono alla fine
- per le tue
fughe più radiose, limpide
incontro
- proprio tutte
quante aperte alle altre stelle.
-
- E' l'afasia
sottile che ci vincola,
- e ci obbliga
a durare, e quanto
- ne deriva ai
nostri sensi
- di ubriachi
d'un'acqua insieme
- gelida e
profonda, poi che di sillabe
- d'incanto
l'Universo ancora d'oro è
- pulviscolo,
arrubinata l'onda.
-
- Ho
traghettato in vista di una mera
ipotesi,
- strappando
via da me, per riconoscerti,
- le procedure
del puntiglio, la sensazione
- invalicabile
per riaffrontarlo
- in alto mare,
foriero ineludibile, il tuo
- trealberi
stracarico, del nostro primo
- tempo, delle
immagini.
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