
-
- IL
RITORNO
-
- Kay mal sopportava
gli incontri politici di suo marito Tyler, tuttavia
l'aveva assecondato. La sperduta casa di campagna,
presa in affitto per l'occasione, distava una ventina
di chilometri da Bologna, sua città
d'origine.
- La corolla di fitti
alberi, racchiudeva la villa come un fiore. L'interno
di essa sfoggiava un mobilio antico, di gran classe.
Lo stile, seppure di buon gusto, non servì
altro che a renderla più inquieta. Oh, come
desiderava l'intimità della sua
casetta!
- Lo specchio
dinnanzi a lei rifletté l'immagine di una bella
ragazza dai lunghi capelli biondi.
- Per l'occasione
aveva indossato un tailleur pantalone color carta da
zucchero.
- Sullo sfondo, oltre
se stessa, come in un quadro potè osservare
Tyler parlare animatamente con una ragazza. Ah, la
politica, si disse. Lei non ci avrebbe mai capito
nulla.
- Sorseggiò un
analcolico, sorridendo a destra e a manca. Quella sera
si sentiva come un uccello a cui avevano tagliato le
ali.
- La festicciola
proseguiva tranquillamente, le compagne dei rispettivi
uomini politici erano garbate, di sicuro qualcuna di
loro, proprio come lei, non s'interessava degli affari
dei loro mariti.
- Meditava
così, quando all'improvviso fu colpita da una
figura imponente d'un uomo sconosciuto. Fu un attimo
fuggente, che già lui era scomparso tra la
folla.
- Tornò a
pensare a sé, per rinvigorire la sua mente fin
troppo offuscata dal fumo delle sigarette e della
noia. Aveva ventotto anni e da poco più di tre
mesi si era sposata, dopo una lunga e consolidata
convivenza di quattro anni con Tyler suo coetaneo. Con
lui si conoscevano fin dall'età adolescenziale,
facevano ambedue parte dello stesso gruppo. Il loro
era un rapporto sereno e ben riuscito, come dicevano
proprio i loro amici, invidiandoli un po'. Prima di
convolare a nozze, avevano atteso il lavoro, poi con
l'aiuto dei rispettivi genitori avevano acquistato una
casetta. Un piccolo villino in una zona residenziale:
tre camere e cucina. Ma l'incanto della casa era
l'enorme e bellissimo bagno arredato divinamente.
Lì aveva speso tutte le energie e il risultato
l'aveva gratificata, facendo di quel luogo un
magnifico posto. Tutto il piano sottostante
all'abitato era stato adibito a taverna, un centinaio
di metri all'incirca e lì si svolgevano i
ritrovi col vecchio gruppo di amici. Ma era anche il
luogo dove spesso e volentieri s'incontrava Tyler con
altre persone che s'interessavano di politica, unico
cruccio, secondo lei, di suo marito. Intorno al loro
nido un bel giardino. Tutto tranquillo dunque. Adesso
quasi, quasi, stavano pensando di mettere su famiglia.
Un bambino ci voleva proprio e forse anche due,
chissà.
- Faceva caldo nella
sala, l'atmosfera surriscaldava perenne i pensieri.
Per rinfrescarsi un po', si tolse la giacca, restando
con la sola camicetta nera stampata a fiori della
stessa tonalità del completo. Essa metteva in
risalto la silhouette perfetta, evidenziandone i
seni.
- Mentre era intenta
a sistemare le sue cose nell'appendiabiti
s'aprì uno squarcio tra un gruppetto di persone
che come un flash lasciò intravedere di nuovo
quell'uomo.
- Tyler, nel
frattempo continuava a parlare, come sempre in quelle
circostanze, non si rendeva conto d'altro. Lei lo
cercò con lo sguardo, lo vide dialogare ancora
con quella ragazza di prima, ora, però, insieme
a loro s'erano uniti anche altri due giovani.
Scorgendola le sorrise e la salutò con un cenno
della mano, ma poi tornò ai suoi
obiettivi.
- Ecco, ora l'uomo di
poc'anzi riappariva, ma questa volta s'accorse che lui
la guardava con insistenza. Doveva avere poco
più della sua età, e a guardarlo bene in
volto non gli sembrava poi tanto sconosciuto. Eppure
non ricordava d'averlo mai incontrato prima di allora.
Distolse lo sguardo e proseguì oltre
disperdendosi tra i presenti.
- Le pareti della
stanza riportavano dipinti di uccelli variopinti, di
gazze tuffate in un bel cielo blu, peccato che fossero
imprigionate da vecchie cornici dorate.
- Saltellava
così, da un posto all'altro proprio come
avrebbe fatto una gazza racchiusa tra le sbarre, col
desiderio in cuor suo di volare lontano... Lontano
sopra il mare blu e tuffarsi in esso fin nelle
più profonde viscere e laggiù, dal
profondo respirare in quell'oasi tutta sua, un'ondata
d'ossigeno puro. Osservava così il mondo ad
occhi aperti con quel velo cristallino davanti, tipico
d'acqua pulita. Quando all'improvviso s'imbattè
con il misterioso uomo. L'impatto di quello scontro fu
tremendo, come un urto frontale e quindi inevitabile
di un incidente al dosso di un'impervia ed oscura
curva. Una sensazione assurda, mai provata prima di
allora s'impadronì della situazione. Una nebbia
sottilissima, con giochi di colore soffuso tra
l'azzurro e il grigio chiaro li avvolse. Ed era come
vivere in un'altra dimensione, in un altro tempo,
eppure coscienti dell'attuale posizione. Aleggiava un
presagio misterioso. Per togliere l'imbarazzo fu lei a
prendere l'iniziativa:
- «Salve... ci
conosciamo?»
- «Non saprei...
Non ricordo. Ma ho la sensazione di averti già
visto».
- «Anche per me
è così».
- Ci fu un attimo di
esitazione, nessuno dei due trovava le parole per
andare avanti. Kay restò affascinata da quel
bel ragazzo e per nulla imbarazzata gli
sorrise.
- «Permette...
Michael». Disse lui, sorridendo a sua volta e
porgendole la mano.
- «Kay».
Riuscì a malapena a rispondergli. Il lieve
contatto con quella mano emanò una carica
elettrica. Michael... Michael... benché la
memoria spaziasse lontano non ricordava proprio di
aver conosciuto nessuno con quel nome. Ma cosa le
stava succedendo?! Davanti a sé, vedeva un
ragazzo alto all'incirca un metro e ottanta con i
capelli scuri, mossi. La cosa strana è che lo
vedeva in lontananza, in bianco e nero, come in una
vecchia foto sbiadita. Si scosse, era proprio uscita
fuori di senno quella sera. Cercò di reprimere
i suoi pensieri. Il ragazzo che vedeva ora, era
sì con i capelli un po' ricciuti, scuri come
gli occhi, ma era a colori reale e presente.
Saggiamente decise di andarsene:
- «Scusa...
è stato un piacere conoscerti... Di sicuro non
ci siamo mai incontrati prima d'ora. È stata
solo un'impressione... Adesso ti lascio, sto cercando
mio marito...» Disse volgendo lo sguardo altrove,
in cerca d'aiuto.
- «Sei sposata?
Così giovane, peccato».
- «Sì,
sono sposata da pochi mesi». Balbettò,
arrossendo
- Un gioco di luci ed
ombre variopinse la sala, i vocii dei presenti parvero
il sottofondo ai loro respiri. Poi Michael disse
qualcosa, non si sa bene cosa; Kay non recepì
nulla ma questo bastò per costringerla a
riportare lo sguardo in quegli occhi neri.
- «Eppure Kay...
non è solo una vaga impressione, è come
se ti conoscessi da sempre».
- «Sai
Michael... credo... credo sia quel certo feeling che
unisce le persone».
- Loro malgrado si
ritrovarono a parlare e a parlare e nessuno dei due
osava più andarsene. Senza rendersene conto si
sorpresero fuori a passeggiare fianco a fianco, ancora
con il bicchiere dell'aperitivo tra le
mani.
- La serata era
bella, fresca, l'aria pulita, frizzantina. L'inverno
ormai stava per andarsene. E già quel dolce
presagio dava conforto. Da lì a poco la natura
sarebbe esplosa in tutto il suo splendore.
- «Michael... ma
tu non sei di queste parti...»
- «Oh, no. Vengo
da Madrid: Sono venuto nella vostra bella Italia per
un po'...»
- Per un po'...?
Quindi se ne sarebbe andato presto!
- «Tu sei di
Bologna?» fece lui.
- «Sì.
Anche se i miei genitori sono di origine inglese, come
quelli di Tyler, ma noi siamo nati in Italia.
Dell'Inghilterra ho solo dei vaghi e lontanissimi
ricordi. Le estati per esempio, quando andavamo a
trovare nonna Kay, di cui io porto il
nome».
- «Allora siamo
quasi parenti».
- «Cosa vuoi
dire?»
- «Anche i miei
venivano dall'Inghilterra, prima di stabilirsi in
Spagna».
- «Ma davvero?
Che coincidenza, abbiamo le stesse
radici».
- Sorrisero all'idea
di avere qualcosa in comune. Poi Kay si ricordò
dello scopo della serata:
- «Tu forse
volevi parlare di politica...»
- «Figurati, ho
solo accompagnato un amico». Rispose lui,
ridendo.
- Dovevano aver
chiacchierato molto, perché lei vide suo marito
e gli altri uscire, la serata si era dunque
conclusa.
- «Salve,
dov'eri finita? Ti stavo cercando». Disse Tyler
avvicinandosi.
- «A prendere
una boccata d'aria con Michael». Si
giustificò, presentandoglielo. Si sentiva quasi
in colpa, ma in fondo di cosa? Non aveva fatto nulla
di male, nulla che avesse potuto offenderlo. Ma suo
marito non badò affatto al suo imbarazzo, anzi,
sorrise scusandosi.
- «Piacere,
Michael, ho tanto sentito parlare di te dal mio
carissimo amico Daniele. Grazie per aver tenuto
compagnia a mia moglie. Sai, lei si annoia a queste
serate». Scherzò porgendogli
confidenzialmente la mano.
- Tyler aveva proprio
l'aria del politico, ne avrebbe fatta di strada.
Simpatico e gioviale con tutti, sempre allegro, mai
potevano dire di averlo visto di malumore, se non in
rarissimi ed eccezionali casi. Kay stava bene con lui,
le dava serenità. I suoi capelli biondi, un
poco arruffati, gli occhi azzurri gli davano un'aria
eternamente adolescenziale. Ma sapeva anche che sotto
sotto era abbastanza astuto, nulla gli
sfuggiva.
- «Domani
è domenica, potremo dormire finche ci va,
però io avrei un certo sonno e
voi?»
- «Anche a me
sta venendo sonno, veramente. Buonanotte, allora. Alla
prossima occasione...» Sussurrò
Michael.
- «Puoi venire a
trovarci quando vuoi con Daniele».
Proseguì suo marito; il saperlo amico del suo
vecchio compagno di liceo lo autorizzava a trattarlo
alla pari.
- Saliti sulla nuova
station wagon, grigia metallizzata, lei tirò un
sospiro di sollievo al pensiero che tutto fosse
finito, la promessa di Michael, come l'invito di Tyler
erano di sicuro fatti per cortesia. Era certa che non
lo avrebbe più rivisto.
- Giunti a casa si
accorse di non aver sonno. Quindi andò in
bagno, si tolse il lieve trucco. Con un colpo deciso
spazzolò i capelli, dopo essersi spogliata
s'infilò nella vasca idromassaggio provando a
rilassarsi un po', ma nel refrigerio le tornò
in mente il viso, la voce, il profumo di Michael e
questo non le piacque affatto. Figlia esemplare e
moglie modello, mai aveva tradito le persone a cui
voleva bene, né avrebbe cominciato ora, nemmeno
col pensiero. Respirò profondamente, ripensando
a quanta cura aveva avuto nel mettere su casa,
incominciando proprio da lì, da quel bagno
imperiale, tutto incorniciato da bianchi mobili
laccati, mentre il resto dell'appartamento l'aveva
voluto in stile veneziano e la taverna in arte povera.
Un mobilio fatto su misura, personalizzato e costoso:
aveva ancora il mutuo da saldare.
- Nella lunga
convivenza con Tyler il loro rapporto era stato tutto
rosa e fiori. I primi screzi, se così si
potevano chiamare, erano avvenuti subito dopo le
nozze. Piccole cose in realtà, liti banali
dovute allo stress, che, un avvenimento tanto
importante come il matrimonio può causare. La
vera lite invece era scaturita proprio quella sera, a
causa della politica. S'erano scontrati per una
ragazza, una sua rivale, Kay non giustificava il
perché lui tentasse in tutti i modi di
assecondarla anziché far prevalere le sue di
ragioni. Ma non appena lo fece notare lui inveì
contro la sua ignoranza in materia. L'eccessivo sfogo
le parve esagerato. Tyler sfoderò uno sguardo
che non gli era proprio. Per fortuna si calmò
subito e le sorrise, chiedendole perdono. Dopo la
scenata scomparve per ritornare con un bel mazzo di
rose blu, le sue preferite. Tutto questo però
le aveva lasciato dentro un qualcosa di indefinibile,
come un vuoto allo stomaco. Ecco perché mentre
discuteva con la ragazza, lei per evitare
intromissioni e quindi eventuali equivoci si era
tenuta a distanza. Poi era arrivato Michael e la
serata aveva cambiato aspetto. Anche Tyler era tornato
quello di prima, allegro e gioviale e lei alla fine
s'era data della sciocca per aver ingigantito una cosa
da nulla.
- Esausta dal lungo
pensare e più che mai confusa andò a
letto. Le lenzuola infuocate le rifletterono i suoi
stessi pensieri bollenti. Solo verso l'alba inoltrata
riuscì ad appisolarsi. Ma tutto fu vano, non
appena chiuse gli occhi riapparve la foto in bianco e
nero, l'incubo durava ancora. Alla forma misteriosa
seguì una voce martellante:
- «Io mi chiamo
Xoron Stewelon e provengo dall'attuale
Madrid...»
- Sobbalzò
svegliandosi. Ma come? Tremante si alzò. Non
c'era ombra di dubbio, l'uomo tanto insistente aveva
proprio il volto di Michael. Ed aveva anche la stessa
provenienza. Chi era dunque? E cosa voleva da lei? Si
vestì in fretta e uscì fuori a fare due
passi, la testa le doleva come non mai. Tyler dormiva
ignaro. Camminò molto fino a stancarsi, quindi
tornò a casa, non voleva che lui alzandosi non
la trovasse. Passò il resto della domenica di
pessimo umore, per fortuna suo marito decise di andare
a trovare i suoi. Inutile dirlo, per lei fu una
liberazione, non ce la faceva a guardarlo negli occhi
come nulla fosse successo. Ma cosa era successo?
L'avrebbe voluto sapere lei per prima.
- Non vedeva l'ora
che scendesse la sera per poter dormire finalmente in
pace, le palpebre le si chiudevano da sole e il giorno
dopo doveva andare al lavoro. Le piaceva quel suo
impiego: i colleghi e le colleghe erano solari. Kay
aveva studiato pedagogia, non avendo trovato
ciò che desiderava s'era accontentata di fare
da segretaria in una piccola azienda privata. Ma si
trovava bene e non aveva intenzione di cambiare. Suo
marito invece dopo l'università aveva trovato
un buon posto pubblico.
- Tyler quella sera
rincasò tardi e ci fu poco tempo per dialogare.
Felice di potersi infilare nelle coltri e quindi
riposare, andò a letto. Ma nella pace della
notte una voce la chiamò ancora, svegliandola
nuovamente:
- «Io sono Xoron
Stewelon...»
- Fradicia di sudore
si tirò su e attenta a non svegliare Tyler
andò a lavarsi in bagno. Rinfrescata
tentò ancora di dormire, ma ogni qual volta
provava a chiudere gli occhi tornava nel sogno l'uomo
che l'invocava disperatamente. Così
passò la seconda notte in bianco. Erano quasi
le sette quando decise di prepararsi per andare al
lavoro. Doveva arrivare in centro, non ci voleva molto
ma se non si fosse sbrigata quella mattina avrebbe
fatto tardi. Un cerchio alla testa le impediva di
pensare lucidamente. Tornò in bagno dove aveva
trascorso molte ore nelle ultime due notti, lo
specchio le rimandò un'immagine agghiacciante..
Gli occhi cerchiati e la pelle tirata la invecchiavano
di oltre dieci anni. Intanto anche Tyler si era
svegliato e reclamava la colazione. Sospirò,
cercando di riprendersi. Rapidamente si fece la
doccia, asciugò il bagno e uscì.
Preparò la colazione per due, come al solito ma
lei non toccò nulla.
- «Qualcosa non
va? Sembri strana...»
- «Oh, no tutto
a posto, ho solo perso un po' di
sonno».
- «Come
mai?»
- «Ma, non lo
so, forse sarà l'arrivo della
primavera».
- Tyler sorrise:
«E già... se tu non dormi tutte le tue
solite ore...»
- «È
vero».
- Mentì
spudoratamente, da quanto mentiva?! Dov'era la ragazza
acqua e sapone, umile e trasparente?
- «Bè,...
adesso scappo, altrimenti farò tardi. Ho molte
cose da sbrigare in ufficio, Raffaele s'è preso
una giornata di ferie».
- Lui le diede un
bacio sulla guancia come aveva abitudine fare e preso
il cappotto uscì. Era così caro con lei,
sempre affettuoso, provava rimorso per non avergli
confidato i suoi pensieri. Ma non voleva turbarlo
inutilmente. Era convinta che le ansie del momento
presto avrebbero lasciato il tempo che trovavano,
svanendo nel nulla. Di sicuro era particolarmente
stressata in quel periodo a causa del lavoro e del
nuovo stile di vita. Doveva abituarsi alle
responsabilità di una giovane donna sposata da
poco. Quindi radunò le poche forze rimaste e
uscì.
- Trascorsero una
quindicina di giorni e quasi aveva dimenticato, quando
una sera Tyler le si presentò con due
amici.
- «Ciao, cara
guarda che sorpresa... Si fermeranno a cena da noi.
Oh, non preoccuparti andrò a prendere le pizze
qui vicino. Le fanno molto buone. Penso a tutto io, tu
apparecchia la tavola, torno subito».
- Questo disse
amorevolmente lui, tutto d'un fiato quasi a volersi
scusare per il disturbo inaspettato che le arrecava,
benché fosse solito farle di queste sorprese.
In fondo sapeva che anche a lei facevano piacere; dopo
una faticosa giornata di lavoro era ben felice di
rilassarsi in compagnia di amici. Ma nel voltarsi un
tonfo al cuore la fece trasalire. Daniele, il loro
caro amico portava con sé Michael. La stanza
roteò e lei vacillò e poco ci
mancò che non cadde Aveva temuto quel
momento... Restarono a guardarsi, per lungo tempo, in
silenzio, ed era come un ricongiungersi dopo un lungo
esilio.
- Qualcosa da sempre
cercato e faticosamente riavuto. Quell'uomo lei lo
conosceva da sempre, era sempre stata con lui, era
stata sua moglie. Ma com'era possibile? Rimase a
guardarlo lì, impalata. Lottando disperatamente
tra il desiderio di fuggire e quello di
restare.
- Eppure non aveva
mai fatto uso di stupefacenti, né di alcolici,
era stata sempre razionale, coi piedi ben piantati per
terra. Inchiodati sulla terra.
- Era bello, Michael,
e il suo fascino faceva decollare quei piedi, quasi
fossero ali. La gazza tornava a volare, libera, forse
volava soltanto per la prima volta, stagliando quel
fondersi del cielo con il mare, fino a diventare un
puntino leggero proiettato nel cosmo. Ma il cosmo la
risputò alla terra e la confusione
aumentò con il risveglio alla realtà: I
piedi tornavano saldi al loro posto.
- Si scuoté
violentandosi, stava impazzendo?
- «Mi fa piacere
rivederti, Kay».
- «Anche a me.
«Sussurrò turbata e non potè dire
altro. Col pretesto di accendere il fuoco
scappò in taverna.
- Il calore del
caminetto presto riempì la stanza.
Apparecchiò, mentre Daniele e Michael parlavano
tra loro. Per fortuna Tyler tornò subito. Si
sedettero e lei andò a sistemarsi nell'angolo
più lontano da lui, ma ogni qual volta i loro
occhi s'incontravano il cuore tornava inspiegabilmente
a battere. Percepì forte ancora il senso di
colpa nei confronti di Tyler. Era bastato così
poco perché Michael con due soli incontri
mandasse in frantumi ogni cosa. Ma cosa stava
pensando?! Inorridì. Se solo avessero potuto
leggere nei suoi pensieri! Gli occhi le si inumidirono
e si ripromise di prendersi, appena possibile, una
bella vacanza, perché di sicuro era sull'orlo
di un esaurimento. E chissà poi cosa avrebbe
pensato Michael di lei... Una donna facile... questo
avrebbe pensato. Ma al di là della ragione lui
la guardava con un certo interesse. In quei profondi
occhi scuri scorgeva un sentimento unanime, un non
andare a senso unico. Stava male, diamine, non poteva
sopportare altro. Decisa a porre fine a quel tormento,
non appena finito di cenare, s'alzò e chiese
scusa:
- «Perdonatemi
...ma non sto troppo bene... Vado a
letto».
- S'allontanò
rapidamente, lasciando tutti un po' preoccupati per
quel prematuro ritiro. Provò sollievo
nell'infilarsi nelle fresche lenzuola. Ma ancora una
volta, nell'oscurità della notte, il sogno che
per diverse notti era svanito, tornò a farsi
più che mai vivo.
- «Io sono Xoron
Stewelon».
- Quell'incubo prese
a perseguitarla per diverse notti consecutive. Ogni
qual volta provava a chiudere gli occhi eccolo
riapparire ripetitivo. Lui era Michael, cosa
significava dunque quel Xoron? Michael... era Michael,
amico di Daniele. Ma ben presto si rese conto di non
sapere altro di lui. Chi fosse e cosa volesse da lei
se lo chiese un'infinità di volte, senza mai
giungere a una risposta sensata. Sapeva solo che da
quel primo incontro non aveva più pace.
Soffriva terribilmente, sdoppiandosi anche lei come il
sogno. Una parte di sé lo cercava
ripetutamente, l'altra desiderava dimenticare il suo
incontro. Neanche con Tyler aveva provato tanto. Con
lui il rapporto scivolava senza troppi scossoni. Chi
era dunque da provocare dentro di sé una simile
rivoluzione? Forse l'uomo da sempre cercato nel
più remoto dell'inconscio? L'anima gemella che
ognuno cerca nel lungo percorso della
vita?
- Questo significava
che aveva fallito tutto e Tyler non era l'uomo che
voleva veramente? Scacciò via quell'idea come
fosse una malattia. Tuttavia restava ignoto il
perché si fosse affacciato all'orizzonte della
sua vita proprio ora. Quella situazione la stava
snervando, anche con Tyler i rapporti si stavano
irrigidendo. Non ce la faceva proprio più,
doveva a tutti i costi parlare con Michael per
chiarire ogni cosa, voleva sapere chi era quel
Xoron.
- Convinta che presto
ogni cosa sarebbe tornata al suo posto, si
tranquillizzò, riprendendo il quotidiano. Una
risposta logica ci doveva essere, ne era
certa.
- Xoron nelle notti
successive non tornò più e lei si
sentì libera dal martellante pensiero notturno,
convincendosi presto che quell'attrazione tanto
particolare non era altro dovuta che alla stima
provata nei suoi confronti. Stima emanata dalla
profonda personalità e perché no, dalla
marchiata bellezza mascolina. Di sicuro ne avrebbero
presto riso, loro due insieme a Tyler, scherzandoci
su, come si fa con i veri amici...
- Programmò un
bel fine settimana con suo marito, presto si sarebbe
fatta perdonare per le stranezze di quei giorni. Le
riuscì ogni cosa, anche il colorito
tornò roseo. L'aria mite della primavera
trasmetteva una beata pace, la sua stagione preferita
le avrebbe regalato anche questa volta nuova energia e
così l'assaporava mai sazia, attimo dopo attimo
respirando a pieni polmoni.
- L'indomani si
decise a cercare Michael. Dopo il lavoro svoltò
all'incrocio prima del suo e proseguì per la
direzione prefissa. Incrociò, proprio davanti
alla casa, Daniele e si fermò per
salutarlo.
- «Ciao Kay,
come mai da queste parti?»
- «Volevo far
delle compere qui al supermercato, ho sentito che ci
sono delle offerte in questo
periodo».
- Mentì. E
ancora una volta si meravigliò della
facilità con cui le era riuscito.
- «E
Tyler?»
- «Tyler
dovrebbe uscire tra poco dall'ufficio. Quando tornate
a trovarci tu e Michael?»
- «Una di
queste sere, sempre che tu stia
bene...»
- «È
stato un lieve malessere nulla di preoccupante, vi
aspetto allora».
- «Verrò
da solo, perché Michael è
partito».
- «Partito?»
- «Sì».
- Partito, partito
per sempre? Non avrebbe mai chiarito nulla. Il cuore
le piangeva, avrebbe dunque portato con sé quel
misterioso segreto. L'avrebbe custodito quasi come un
tesoro nascosto.
- «Ma
tornerà comunque, non so quando ma
tornerà».
- «Tornerà...»
- «Parlò
più che per rassicurare se stessa che per dare
una risposta a Daniele. Poi seguì un
interminabile silenzio, fu il suo amico, ignaro dei
suoi pensieri, a riprendere scherzosamente il
dialogo:
- «Potrei venire
domani sera allora se per te va bene, però
fammi una cortesia dì a Tyler di preparare un
bel mazzo di carte, voglio sfidarlo e sono sicuro che
questa volta lo batterò».
- Lei si
stampò un sorriso in bocca e disse:
- «Va bene,
riferirò. A domani sera».
- Salì come un
automa sulla sua Y10 bianca, cercando di assaporare
ancora quell'aria primaverile che stranamente le parve
ora, piuttosto invernale. Quasi quell'inverno tenesse
duro, prepotente, deciso a non lasciarsi sopraffare
dalla nascente stagione primaverile. Avvertì
quella lotta come una sfida. Ma la vita avrebbe vinto,
ne era certa. La forza covata proprio nel suo ignaro
ventre invernale come un vulcano l'avrebbe
sbrindellato. E lui, l'inverno, esausto, madre e padre
insieme si sarebbe sottomesso al volere della figlia,
che seppure apparentemente indifesa, emanava tutta la
sua forza.
- L'indomani come
prefisso, Daniele andò. Fischiettava allegro,
con le mani in tasca sembrava un garzone d'un
bottegaio. Kay nel vederlo così da solo
ricordò la volta precedente in cui si era
presentato con Michael e si rese conto che le mancava.
Ora, anche il suo amico le parve improvvisamente
scialbo, con quei capelli rossi, sempre scompigliati e
quelle lentiggini sul volto, che una volta lo
rendevano tanto simpatico adesso ai suoi occhi lo
ingrigivano rendendolo addirittura
uggioso.
- Lui, andò da
loro quella e molte altre sere ancora, ma di Michael
nessuna traccia. Il susseguirsi dei giorni
slittò nella monotonia. Kay si sorprese sempre
più irascibile, sia a casa sia sul luogo di
lavoro. Si rese conto di avere sempre più fame
di attingere notizie su di lui e in questo Daniele
rappresentò una fonte preziosa. Indagò
cauta, attenta a non insospettirlo. Seppe che era uno
scapolo d'oro, reclamato un po' da tutte, che lavorava
nella sua azienda privata di automobili la "Michael
Spettor" di cui s'incaricava personalmente
dell'esportazione e dell'importazione delle macchine.
Era ricco, dove viveva possedeva un'enorme villa e due
filiali di smercio d'auto. Ne aveva due anche nel
nostro paese e Daniele ne era il rappresentante
italiano. Sarebbe tornato per impiantare una grande
azienda, la terza e la più importante di tutte
e proprio al loro caro amico spettava il compito di
diventarne il futuro dirigente. Il suo rientro era
prossimo, tornava dunque per restare a lungo,
perché amava molto l'Italia e contava di
costruirci una casa.
- Kay fu felice,
saziata la sua sete di conoscenza aspettò con
pazienza il suo rientro. Racchiuse in sé
l'idea di chiarire il tutto e come un anemone
chinò la testa all'ultimo bacio del sole.
Aspettando fiduciosa il domani per tornare a
schiudersi.
- Si prese una
settimana di ferie, con grande gioia di Tyler
preoccupato per la sua salute. Svuotata da mille
impegni, progettò una settimana tutta per
sé, accantonando per l'ennesima volta il
pensiero di Michael e di Xoron. Fece delle lunghe
passeggiate, andò a trovare i suoi genitori da
troppo tempo trascurati ultimamente. La loro era una
famiglia ove regnava l'amore, la serenità.
Poteva ben dire di essere stata fortunata: sua madre,
una donna piccola ma energica, rivelava attraverso
intelligenti occhi marroni una segreta intimità
sia col marito che con le due figlie. Suo padre, un
uomo attivo e pieno di vita, sprizzava ancora
vitalità. Alto e imponente, anche lui con i
capelli grigi, irradiava dagli occhi verdi una
profonda tranquillità. Il suo sguardo era
sempre sorridente, quasi nulla lo sfiorasse. Tutti e
due pensionati si occupavano di una miriade di piccole
attività. Dal volontariato al giardinaggio, da
cuochi a contadini. Sempre in movimento, sempre
insieme. Sua sorella Virna, di due anni più
piccola di lei, viveva ancora con loro.
Sentimentalmente legata da molti anni non si decideva
mai a decollare per conto suo. Lavorava da tempo col
suo ragazzo, commercialista. Loro due erano molto
diverse sia di carattere sia fisicamente. Lei
somigliava al padre, alta e mora, con dei bellissimi
capelli lunghi, gli occhi verdi a mandorla, Kay invece
somigliava a sua madre, era piccola, magra, bionda
aveva gli occhi tra il grigio e il verde scuro e uno
sguardo profondo che rispecchiava l'anima vivida, di
carattere era mite, remissiva. Le due sorelle a
confronto erano due bellezze diverse, ma si volevano
un gran bene, per quel segreto patto d'amore fraterno
che le univa.
- Kay tornò a
sorridere. La primavera già esprimeva tutta la
sua dolcezza, come il sorriso tenero di una creatura
appena nata, dimentica della violenza del doloroso
parto. In quel momento anche la natura svolgeva la sua
parte, lenendole il tormento degli ultimi
tempi.
- L'appartamento dei
genitori s'affacciava al centro della città.
Nella piazzola sottostante la casa, gli alberi,
refrigerio estivo per le auto in sosta, ora, timidi
offrivano i primi germogli. Un merlo volava
fischiettando allegro sopra di essi in cerca di un
ramo familiare. Ogni anno, puntuale, insieme alla sua
compagna nidificavano allo stesso posto. Presto le sue
fronde l'avrebbero accolto in un abbraccio amoroso
nascondendo la loro prole. E lui, fedele, forse
più di molti uomini, lavorava instancabile. A
volte quel canto si faceva così stridente, da
risuonare nell'aria talmente nitido e forte da far
echeggiare di gioia ogni cosa.
- Kay da molti anni,
ammirava quell'incantevole spettacolo. Amante di tutti
gli animali ne restava affascinata. Il suo animo
sensibile non poteva altro che lasciarsi trasportare
dalle cose semplici della vita. Ogni volta che tornava
lì, a casa sua, si ricaricava, pareva che quel
luogo avesse un potere magico su di lei. Insieme a
Virna andò a fare shopping concedendosi il
lusso di alcune spese folli. Al mutuo ci avrebbe
pensato poi. Comprò due completi pantaloni,
scuri, un paio di scarpe nere, una borsa blu e una
gonna lunga fino alla caviglia di un bell'azzurro
vivo. Infine regalò una comoda cuccia, da
mettere al balcone, a Priscilla, la splendida e
graziosa gattina bianca, dal pelo lungo, di sua
sorella. Benché preferisse di gran lunga il
morbido divano del salotto, era sicura che prima o poi
avrebbe accettato il suo pensiero.
- Kay pensò
che un giorno non troppo lontano avrebbe voluto anche
lei un cucciolo tutto suo, magari di cane; aveva un
gran bel giardino e se lo poteva permettere. Nella sua
fantasia già lo vedeva correre felice,
disastrando le aiuole. Per ora si contentò di
riversare tutto il suo affetto alla micina pelosa.
Eccezionalmente aggraziata saltellava sempre per
rincorrere una pallina che Kay aveva voluto aggiungere
alle compere.
- Ma non
dimenticò Tyler nelle sue inconsuete spese;
certo lui non aveva bisogno di nuovi capi di
abbigliamento, né di palline colorate ma di una
cenetta con i fiocchi.
- Da quando era in
ferie, tutti i giorni pranzavano dai suoi, l'ufficio
di Tyler restava proprio sotto la casa. Tutto si
svolgeva lì nella piazzola, anche il luogo dove
Kay lavorava distava un centinaio di metri
dall'abitazione paterna.
- Per lui
acquistò due freschi tartufi neri, mezzo chilo
di funghi champignon, molto piccoli, un minuscolo
peperoncino rosso e vi preparò una squisita
salsa tartufata, con cui condì le lasagne.
Sapeva bene che andava pazzo per quel cibo prelibato.
Dopo decise di fare le salsicce con contorno di
insalata mista. A completare il tutto una bottiglia di
vino rosso.
- Il fuoco
scoppiettava allegro, presto la brace sarebbe stata a
puntino per le salsicce genuine acquistate da un
conoscente di fiducia. Come se non bastasse volle
strafare, permettendosi lo sfarzo di una torta al
limone, fatta con le sue mani. Tyler fu al settimo
cielo, quella sera, finalmente poteva dire di aver
riavuto sua moglie tutta per sé.
- «Dovresti
prenderti ancora qualche giorno di ferie
Kay».
- «Oh, no, ora
sto bene credimi. Voglio tornare al lavoro
lunedì».
- Nei giorni seguenti
una pioggerellina primaverile riempì l'aria,
tanto che in pochissimo tempo la terra si coprì
di tenera erbetta. Così soffice e molle, ancora
incerta, rivestiva i campi. Il merlo dal becco giallo
affondava le zampette nel morbido tappeto verde in
cerca di vermicelli usciti con l'umidità.
Chiamò la sua compagna, invitandola al
banchetto. Priscilla, dal balcone, osservava la scena
spazientita per l'ostacolo che l'allontanava dai
merli. Saltare giù dal terzo piano per
raggiungerli sarebbe stato veramente troppo. Per
consolarla Kay, le diede una manciata delle sue
crocchette preferite.
- Il pianto benevolo
delle nuvole aveva cambiato volto al paesaggio.
Nonostante l'aria si fosse un pochino inasprita i
comignoli dormienti sopra i tetti dicevano chiaramente
addio all'inverno. Kay si riappropriò di Kay,
la sua psiche rinverdì lasciando di nuovo
fluire la vita dentro di sé.
- Pacifica per
natura, amava stare bene con se stessa e con gli
altri. In un mondo dove eternamente Caino ammazza un
povero Abele, tante volte s'era chiesta con amarezza
se l'uomo con l'uomo avrebbe mai trovato un punto
d'accordo. Unico essere vivente capace di intendere e
di volere a volte sapeva essere spietato come pochi
nel regno animale.
- Ma lei da sempre
aveva deciso per la vita e mai a nessuno avrebbe
permesso di oltraggiarla. Tornò quella di una
volta sia nel campo lavorativo sia fuori. Sempre
allegra, circondata da molti amici, sapeva conquistare
facilmente chiunque ne venisse a contatto
- Con il cuore
infiammato dalla verve della gioventù Kay
progettò una miriade di nuovi
impegni.
- Ma i temporali
arrivano quando vogliono, esplosivi, poi in fretta
come sono venuti se ne vanno, lasciando aperti i
solchi che hanno provocato. A ciel sereno, come un
fulmine, una notte tornò Xoron ad avvisare
della tempesta.
- Nel sogno il suo
volto si sovrapponeva sempre più a quello di
Michael e la cosa assurda è che sapeva di
appartenergli come non era mai appartenuta a nessun
altro Si sentiva veramente la moglie di Michael, fusa
in un completo abbandono senza più alcuna
riserva.
- I solchi aperti,
ora, lasciavano vedere i sassi lavati dall'acqua,
puri, lucidi, levigati. Tanta pioggia l'aveva resi
piccole perle preziose.
- Quel continuo
piovere svaniva presto per lasciar tornare subito il
sereno. E di nuovo con la stessa rapidità con
cui si era rasserenato, il cielo si rabbuiava di nuovo
per poi risplendere imperterrito il sole
- Quella primavera
portava con sé un mistero.
- Michael stava
tornando, ci volevano un paio di giorni ancora per
cercare di capire, insieme, cosa stava realmente
succedendo. La sua allegria intanto andava via via
scemando, come il sole si nascondeva dietro le nuvole.
E se la considerava pazza? Più ci pensava e
più l'idea le sembrava folle! Ma non aveva
detto, Michael, di avere la sensazione di averla
conosciuta da sempre? Come mai ambedue si sentivano
legati dallo stesso cordone ombelicale? Non certo a
causa di quel feeling che si era inventata per
spiegare l'assurdità della cosa. No, non era
per quel feeling.
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