Scrittori italiani contemporanei
Virginia Rizzo
Ha pubblicato il libro

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Virginia Rizzo, Racconti del cuore, ed. Montedit, 1998, pp. 64, lit.8.500, ISBN 88-86957-49-1

 

Prefazione:

Le donne scrivono. Scrivono tanto, e spesso bene. La folgorante scoperta di questa realtà, oggi potentemente strombazzata come fenomeno di costume e assai meno conosciuta e analizzata nella sua dimensione prettamente letteraria, è in realtà un po' meno folgorante di quel che sembri. Le donne, infatti, hanno sempre scritto. Almeno quelle che per censo si potevano permettere di distogliere un po' di tempo ed energie dalle incombenze domestiche per dedicarlo ad attività intellettuali, e che per questo venivano guardate con sospetto e diffidenza. Una donna che scrive? Deve esserci sotto qualcosa. Magari un amante, o qualche rotella in meno. Da quando poi la scolarizzazione di massa ha insegnato a tutti quanto meno a tenere in mano la penna, le donne si sono avventate sulla scrittura con voracità, con la fame secolare di chi trova finalmente uno spazio cui attingere, e a cui dare, in piena autonomia. È ben vero che, a parte poche fortunate, la scrittura resta pur sempre una passione che le donne coltivano in secondo, terzo o quarto tempo. Quando, messi a letto i bambini, organizzata la giornata di domani, preparato pranzi e cene eccetera, riescono a ritagliarsi un momento per sé - momento non disgiunto da sensi di colpa per il rinvio di qualche cosa di domestico o comunque più utile che senz'altro si poteva fare. Dove sarebbero adesso Manzoni, o Dante, se non avessere avuto fedeli e pazienti compagne disposte a sacrificare il loro tempo e la loro forza perché i maestri potessero dedicarsi ai capolavori? Forse si sarebbero anche loro sfiniti dietro case e figli, rimandando a domani o forse a mai il lavoro letterario.
Bene. Questo resta comunque un sentiero minato, che in verità esula dai modesti limiti di una prefazione. D'altro canto vediamo già schiere di addetti ai lavori (maschi) che alzando gli occhi al cielo sospirano: ma benedette donne, se avete qualcosa da dire ditelo senza tante storie.
Ecco qua, allora. Lo diciamo. O meglio, questa volta lo dice Virginia Rizzo, giovane scrittrice meridionale trapiantata al Nord che nella vita fa l'insegnante.
Lo dice sotto il segno della differenza. Cioè: io leggo e interpreto il mondo a partire da me stessa, che sono donna, ossia diversa dall'uomo. Inutile negare questa elementare verità: uomini e donne sono diversi, per cultura e per natura. Non è una pagella, è una constatazione. Che quindi nella scrittura le donne, e la Rizzo non fa eccezione, mettano la loro saggezza, la loro esperienza (fatta anche di quotidiane fatiche, altrimenti come andrebbe avanti il mondo?), il loro peculiare punto di vista, non deve stupire. E che tutto ciò si traduca in invenzioni letterarie poco inclini al descrittivismo e massimamente votate all'introspezione, alla cura del particolare, alla ricerca di empatia col resto del mondo, neanche questo può stupire.
Ritroviamo questi elementi nei "Racconti del cuore": quindici storie brevi - ma sarebbe meglio dire momenti - nelle quali la paziente penna dell'autrice scava con delicatezza, ma senza pietà, negli istanti cruciali della vita; arabescando un'espressione, lentamente avvolgendo un pensiero, dipanando piano un gesto. Sicché tutto: espressioni, gesti e pensieri, risulta come amplificato, coagulando in sé il senso di una vita intera. Accanto alle donne di Virginia Rizzo, poi, ci sono immancabili gli uomini: talvolta compagni, più spesso antagonisti. Portatori di codici e valori diversi, e perciò spesso generatori di sofferenza. Ma non per colpa loro. Non c'è qui nessuna presa di posizione di principio a favore delle donne, nessuna crociata sotto la bandiera ambigua della sorellanza. L'essere donna si traduce, nelle figure femminili di questi racconti, in un costante investire su se stesse al fine di poter dare agli altri la parte più ricca e armoniosa di sé. Perché questo è quello che le donne di Virginia Rizzo sanno fare, vogliono fare: amare. Sé e gli altri. Un amore che può passare sotto il segno dell'esclusione, come nel caso di Francesca, rinchiusa in manicomio per la sua denuncia di un legame ipocritamente borghese; sotto il segno della rinuncia "(Bagliori di vita, L'ultima goccia)", del rifiuto "(Abisso d'amore)" della perdita "(Oltre il silenzio)", ma anche dell'attesa "(Dubbi e certezze)", del perdono "(Respiro di terra)", della riconciliazione "(Pioggia di passato)". Un amore evocato in tutte le sue complesse sfaccettature privilegiando al posto dei fatti, come si diceva, l'introspezione. Col risultato che la raccolta, nel suo complesso, si offre al lettore con diverse e possibili chiavi di lettura; una delle quali suggerita, ma non imposta, dalla precisa collocazione del primo e ultimo racconto, idealmente collegati tra loro. Come se la diciassettenne piena di speranze de "Il richiamo dell'arte" e la donna matura e delusa di "Abisso d'amore" fossero i due capi di un filo che, richiudendosi su se stesso, contiene i vari e possibili sentieri, più o meno accidentati, che una donna può percorrere seguendo la sua naturale inclinazione ad amare. Spesso orgogliosamente solitarie, le protagoniste di queste storie non parlano molto; la definizione della loro personalità è affidata al dipanarsi dei loro pensieri, che in quanto tali non possono essere pienamente conosciuti. E pertanto la Rizzo li disvela con delicatezza, uno a uno, senza intervenire con giudizi e conclusioni, seminando piuttosto qua e là qualche indicazione affidata alla perizia, alla sensibilità e al gusto del lettore. Ne risulta una scrittura di una sua speciale fluidità, aperta e plasmabile da chi legge. Il quale in tal modo viene chiamato, a sua insaputa, a un ruolo di attore e non solo di spettatore: un ruolo di costruttore di epiloghi e personaggi in un dialogo col testo che si mantiene aperto e costante.
La letteratura fatta dalle donne, con le sue peculiari caratteristiche, non è o non dovrebbe essere un ghetto - o un gineceo: testi come questo mostrano infatti una compiutezza stilistica e un'ampiezza di vedute a cui tutti potrebbero attingere. Per comprendere meglio se stessi, o anche solo per passare una serata in compagnia di un buon libro. La quale ultima cosa, in fondo, ci pare già molto.
 
Olivia Trioschi
 
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