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                           1°
                           classificata 
                           
                           
                              Domenico
                              Bisio  
                           
                           
                              Ancora una
                              volta Non
                              addormentarti, papà,non
                              addormentarti. Raccontami
                              ancora una voltala fiaba della
                              Principessadai rossi
                              capelliche nel nostro
                              boschettoraccoglieva
                              fioriper il
                              bambinoche era nel
                              tuo cuore. Adesso che
                              quel bambinoè
                              venuto grandee le sue mani
                              accarezzanoi riccioli di
                              quei capelli,tu vuoi
                              addormentarti. Non
                              addormentarti, papà,non
                              addormentarti. Senza il
                              vecchio saggiouna
                              fiabanon è
                              poesia.   TORNA
                           ALL'INIZIO 
                           
                           
  2°
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                              Giuseppe
                              Marotta La notte
                              tonda La notte
                              è scesa sul paese,
                              lentacon voci di
                              madre per gli ultimi
                              richiami rintocchi di
                              campana nelle stanze
                              freschelucciole
                              superstiti i miei pensieri
                              erranti finestre
                              spalancate ai suoni
                              d'organettodi serenate
                              antiche su questo letto in
                              fiamme odore di carne
                              giovane melato come fichi
                              secchie carne
                              flaccida nei letti sparsi
                              intorno La notte
                              è scesa sul paese,
                              tondacome grembo di
                              madre certa tra le vie
                              fuggite oramai dai giochidi lucertole
                              straziate, di orti violati di acqua cheta
                              nei secchi ferreidi agrumi e
                              grani e sale sulla pelle La notte
                              è scesa sul paese,
                              tenagliadi pensieri
                              atroci, di ore nostalgiche di lacrime e
                              sudore, di braccia
                              muscolosedi riposo
                              meritato, mediato da suoni
                              d'organetto.   TORNA
                           ALL'INIZIO 
                           
                           
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                              Filippo
                              Finardi 20 marzo
                              1993 Non piango la
                              tua morte,pur
                              così violenta e
                              brutale,ma la tua vita
                              infelice, dovecon noia i
                              giorni hai consumatoaspettando
                              albe e tramontiin solitario
                              sofferenza accovacciata.Davanti a
                              questo mondo sordoe inquieto,
                              davanti a questa grigia
                              follaindifferente,
                              hai buttato il tuo corpo,ultima sfida,
                              per ricordare lorodi non
                              dimenticare quel tuo
                              sorrisoamaro, il
                              turchese degli occhi...Così
                              nella memoria ora si fissacome suono la
                              voce, come carezzail gesto, come
                              nostalgia di discorsie di parole
                              mormorate la sera a bere
                              vinoe ancora come
                              rabbia per non aversaputo per un
                              giorno... un attimo ancoratrattenerti
                              fra noi senza dolore?.Noi non
                              sapremo mai, ma certoè
                              tanto, quanto hai sofferto nella
                              mentee nel cuore
                              fino a rompere il filo
                              dell'attesaquando
                              l'attesa non resiste
                              più.Su quella
                              terra che ora ti ricopreinutilmente
                              piange chi ricordarti
                              vuole.Molto molto
                              prima sorridertisarebbe
                              bastato; poco primaancora
                              chiamarti sarebbe bastato.ora con questa
                              colpa siamo soli,noi... Tu non
                              ci sei più.   TORNA
                           ALL'INIZIO 
                           
                           
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                              Annamaria
                              Valli A
                              Diego Non sei il
                              figlio di un dio minorealunno down
                              della mia classe.Seduto accanto
                              a Valeria,la bimba della
                              tua inconsapevole simpatia,tutto e niente
                              guardicoi tuoi
                              affettuosi occhi lontani.Guardi e
                              sorridi:al sole che
                              entra dai vetri,alla nebbia
                              che tutto cancellanelle nostre
                              autunnali giornate padane,ai compagni
                              che hanno imparato ad
                              amarti,a capire, ad
                              accogliere la tua
                              diversità.e
                              quando,smarrito nel
                              tuo mondo di brevi
                              pensieri,appoggi la
                              mano sulla mia spallagià
                              stanca di anni,già
                              curva di delusioni,io sento il
                              sorriso lieve del cuoree tutta la
                              paceinvano altrove
                              cercata.   TORNA
                           ALL'INIZIO 
                           
                           
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                              Anna
                              Bor L'urlo Uominid'ombra...fugaronoil
                              buio...Dal
                              ventredisfatto...l'urlo
di
                              sangueuscì...
                              caldo Si
                              stampòsulle
                              facciatelivide...rimbalzòdalle
                              finestrespente...al
                              ghiacciodella
                              fontanadeserta...sbattésull'asfaltoviscido... Poi...
                              L'urlosi fece
                              pietra
rotolò...
                              muto...accantoal...
                              respiroormai...
                              lieve   TORNA
                           ALL'INIZIO 
                           
                           
  6°
                           classificato 
                           
                           
                              Cesare
                              Callegari Suoni drogami dalla
                              tua immagine:lampi di luci
                              colori ombre sazino i miei
                              occhi.superficiesuperficiesuperficielastra
                              serigrafica a tre colori.uno spazio ed
                              un tempo perdutiin un
                              rettangolo dalle profondità
                              scomparse.fasto.vortice.risucchiato da
                              te stesso,schiavo di una
                              pellicola che impressiona il
                              nulla.non
                              filtro:amaro dolce
                              salato acidocementocolata
                              d'acciaio.hai ecceduto
                              nelle dosi"tagliata
                              male"overdosecauta
                              implosione esplosione
                              incauta.niente.caduta.l'immagine di
                              te seduto sull'Olimpoè
                              falsaè
                              falsaè
                              falsati sei drogato
                              di menzognaci hai drogato
                              di menzogna.trapezista
                              senza rete che ha mancato la presa a
                              350 metri dal suolo. fremito come
                              di un amplificato
                              brulicare.    TORNA
                           ALL'INIZIO 
                           
                           
  7°
                           classificato 
                           
                           
                              Paola
                              Cenedese Bordignon Le
                              stagioni Primavera È in
                              questo vento,impetuoso e
                              caldo,l'abbraccio
                              della natura all'uomo,in queste
                              notti,sature di
                              profumi il perdono... Estate Miriadi di
                              lacrimecatturano il
                              sole,tra le lunghe
                              ciglia del prato,interrotto qua
                              e làda sorrisi
                              accesi di papaveri. Autunno Il buio si
                              nascondenei tronchi
                              cavi dei gelsi,mentre
                              l'incendio del cielo
                              divampa,tra il corteo
                              indifferente dei pioppi. Inverno Ora degli
                              alberi non restache un ricamo
                              di rami,su di un cielo
                              grigio ovattato...E il
                              giornoporta nel
                              cuore la sera.   TORNA
                           ALL'INIZIO 
                           
                           
  8°
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                              Antonio
                              Rossi Nell'anima
                              sacra Nell'anima
                              sacra cancelli azzurrati e fili di
                              sangue mulatto,ridente
                              valanga di fiori di luna cangianti nel
                              cielo,il tuo velo da
                              sposa sgualcito sul fondo del
                              mare,un angelo in
                              mezzo ad acerbi limoni ramati
                              d'arancio. Il tuo velo da
                              sposa sgualcito sul fondo del
                              mare,invaso e
                              deriso da granchi dipinti di occhi di
                              tigre,celesti
                              sistemi ruotanti in pallide ombre di
                              sole,un ruvido
                              inchino alla vita e al Dio
                              dell'Amore. Il Dio del mio
                              cuore, il Dio dei miei
                              giorni,il fragile,
                              tenero, algido, fulgido ombrello di
                              neve,la lieve
                              carezza di un vecchio usignolo
                              gelato,un cane
                              stremato dal pelo chiazzato di
                              gatti. Cancelli
                              azzurrati, rubare ai fratelli
                              monelli,le ceneri
                              sparse di un pesce scagliato di
                              mais,l'eterna
                              canzone dei gufi dagli occhi più
                              dolci del miele,il fiele
                              scolato dal ventre di un mano
                              malato. Il tuo prato,
                              la tua dolce luna,la grande
                              distesa di rossi papaveri
                              verdi,i tordi
                              spauriti al di là della casa del
                              pianto,il tuo dolce
                              canto, quell'arpa
                              d'argento. Quell'arpa
                              d'argento dai suoni pacati e
                              soavi,quel vago
                              chiarore di albe dal fascino
                              ambiguo,quel piccolo
                              insetto violetto, acrobatico,
                              artistico,quel ragno
                              regnante nel regno del Grande
                              Fratello. Il tuo velo da
                              sposa sgualcito... Un cane
                              stremato dal pelo chiazzato di
                              gatti... Cancelli
                              azzurrati... nell'anima
                              sacra.   TORNA
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                              Francesca
                              Colombo Bottiglie
                              vuote In esilio sul
                              ciglio d'un fiume
                              sotterraneoche ingurgita
                              e vomita migliaia di corpi,al ritmo di un
                              treno al minuto.Senza scarpe,
                              coi piedi rossie una coperta
                              di cartone troppo corta.Senz'ali per
                              fuggire viadagli sguardi
                              indifferenti o inorriditi.Un corpo
                              pietoso, lercio, stanco,che condanna
                              lo spiritoad una
                              solitudine priva di
                              dignità.Eremita di
                              città, per scelta o per
                              sventura,Con occhi da
                              randagioche fissano il
                              suo visoriflesso nel
                              vetro olivastrodi una
                              bottiglia quasi vuota;forse stenta a
                              riconoscersie si domanda
                              quanto manca per raggiungere il
                              fondo,o forse medita
                              di conservare l'ultimo sorso per la
                              sera,quando
                              giacerà accucciato su un letto
                              d'asfalto,e il freddo
                              gli avrà strappato a
                              morsii piedi, le
                              mani e parte delle faccia.Due dita di
                              vino, per provare a sognare di
                              nuovo,adesso che
                              nulla più gli è
                              rimastodi quello che
                              aveva, di quello che era,e nemmeno gli
                              pare di aver mai avuto
                              qualcosa.Ma i suoi
                              sogni sono in bianco e
                              nero,e somigliano a
                              quelli dei profughi di una guerra
                              lontana:un rifugio per
                              la notte, un pasto caldo, un paio di
                              scarpe nuove,basterebbero a
                              svegliarlo dall'incubodella sua
                              esistenza quotidiana.    TORNA
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                              Andrea
                              De Martino Nostalgia Preso da una
                              strana tristezzaMe ne vado,
                              aquila senza aliIn cieli da
                              inventare Più non
                              sentirò la tua boccaSolleticarmi
                              di tenerezza il cuore.   TORNA
                           ALL'INIZIO 
                           
                           
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