| 
               Le
               antologiedei concorsi de Il Club degli
               autori
 | 
      
         | 
               
               
               Antologia
               del premio letterarioPoesia a Chiaromonte 2002
 | 
      
         | 
               SommarioPrefazione
               a cura di Francesco Tommaso Armenti - Ringraziamenti -
               Stefano Alberini - Benedetta Aleotti - Francesco
               Antonio Arleo - Sergio Barbieri - Paola Barni - Maria
               Luisa Beck-Peccoz Spanò - Alberta
               Bellussi -
               Mauro Bertozzi - Luca Bonati - Marta Brunetti -
               Carlo
               Campeti -
               Maria Grazia Coianiz - Cristiano Comelli -
               Elisa
               Contardi -
               Armando D'Auria - Franca Delfino - Antonio De Lucia -
               Italia
               D'Onofrio -
               Paolo Fabbrizi - Carmine Ferrara - Maria Rosaria
               Fiorito - Raffaella
               Frese -
               Costanza
               Ghezzi -
               Sandra Giacobbi - Giulia Maria Giardini - Giuliana
               Gelli - Andrea Innocenti - Marco
               Magrino -
               Floriano Mangiantini - Giulia Marcolin - Davide
               Micieli - Antonio Montano - Elena Monti - Dino
               Valentino Moro - Maria Grazia Murdaca - Maria Giovanna
               Napoletano - Eliana Perotti - Angelo Piacentini -
               Roberto
               Piperno -
               Nicola Pragliola - Alessandra
               Prete -
               Laura Ranzi - Ermano Raso - Marilena Rimpatriato -
               Deale Robiano - Annunziata Romeo - Nicola
               Santomauro -
               Mariano Saturno - Adriano Scandalitta - Ananieva
               Slavka - Cesare
               Sposetti -
               Terry
               Viggiano -
               Sergio Viglione
               
               
 Antologia del Premio Poesia a
               Chiaromonte 2002 - formato 14x20.5 - pagg. 64 - Euro
               15.00 - ISBN 88-8356-491-X | 
               
                 Come
               avere l'antologia | 
      
         | 
               Prefazione
               A dispetto di
               quanti vanno dichiarando a voce conclamata
               l'inutilità dei premi letterari e
               l'incompetenza delle giurie, e di conseguenza la
               necessità di abolirli tutti, è nostra
               sicura convinzione affermare il contrario, vista
               l'affluenza delle opere pervenute sul tavolo della
               giuria alla sesta edizione del Premio "Poesia a
               Chiaromonte" (se ne contano un migliaio di versi
               circa). Il nostro intendimento è confortato
               dall'autorevolissima opinione del docente e critico
               letterario, Walter Pedullà,  il quale  ritiene
               che i concorrenti dei premi letterari non sono tutti
               "poeti della domenica", cioè dilettanti, che
               aspirano ad essere letti da una giuria di letterati,
               ma un gran numero di partecipanti mostra di aver
               compiuto un avanzato percorso di scrittura poetica.
               È il nostro caso. Lo testimoniano la
               profondità di ispirazione, la competenza
               tecnica del verso, il substrato culturale assai valido
               che sorregge l'impianto delle motivazioni e ben si
               accorda alla pregnanza dei contenuti, la ricerca
               continua di nuove forme e nuove tipologie di
               scrittura, la capacità di governare le proprie
               espressioni creative attraverso un progressivo
               distacco dai modelli consacrati, pervenendo,
               così, a soluzioni ed esiti di sicuro spessore
               artistico. Nelle liriche presentate quest'anno un dato
               balza evidente alla nostra attenzione: la poesia viene
               intesa come memoria del passato non esclusivamente di
               quell'«age d'or» quale l'infanzia, ma anche
               memoria del presente: il poeta si fa testimone del
               proprio tempo e narra fatti, personaggi e situazioni
               emergenti nella propria koiné; una poesia-ponte
               tra passato (il proprio back-ground) e  futuro: la
               memoria ricorda in avanti, così  Shelley.
               Poesia-ponte nel senso che l'opera del poeta non
               registra solo memoria egotica, ma anche storica: si
               proietta verso i non ancora nati e prosegue la voce
               dei caduti, cioè di quelli che non sono
               più. Così Wale Soynka.Il secondo dato
               altrettanto rimarchevole rilevato nella maggior parte
               delle opere pervenute, è il radicamento al
               proprio luogo d'origine, alla realtà
               quotidiana, alla vita nel suo svolgersi. La poesia
               diventa così una consapevole, attenta, continua
               e matura riflessione sugli accadimenti personali
               sempre pensati e rivissuti nel contesto
               socio-ambientale e illuminata dall'amore e dalla
               comprensione per gli altri. In una parola, poesia come
               immersione nella realtà fenomenica ed eventuale
               del mondo (1), con intenso sentimento del tempo nel
               suo divenire in cui la compassione è la cifra
               emblematica, per la disposizione del poeta ad
               inchinarsi alla disperazione, nel tentativo di
               resistere, porvi un argine, trasformarla, se non
               addirittura rovesciarla.Terzo dato
               rilevato, non certamente ultimo per importanza,
               è l'intendere la poesia come un viaggio verso
               un altrove non completamente conosciuto, anonimo, ma
               ricco d'imprevisti, di disagi e di pericoli, di
               insuperabili contrasti, un viaggio che ha dunque un
               suo costo da pagare, alla ricerca di sé stessi,
               della propria identità. Soltanto uscendo fuori
               di noi stessi, ci ritroveremo veramente proprio come
               dice un personaggio della nota commedia shaksperiana,
               La Tempesta: «E tutti noi abbiamo trovato noi
               stessi quando nessuno era più se stesso».
               Malgrado le insidie
               di Calibano c'è sempre pronta una Ariel a
               salvarci, sventando le congiure dei cattivi e
               contribuendo al trionfo del bene attraverso
               l'incantesimo della luce e dei colori, il potere
               magico dell'arte. Stupisce non poco l'esiguo numero di
               liriche in vernacolo pervenute. Ci si chiede dove
               siano i tanti poeti dialettali delle contrade lucane
               che pure in moltissime occasioni e nei luoghi
               più disparati fanno sempre sentire la loro voce
               schietta attraverso quella «parlata fresca»
               che costituisce un patrimonio di idee, sentimenti,
               costumi e tradizioni. Lungi da noi, l'intenzione di
               muovere un rimprovero ai nostri poeti vernacolari
               corregionali. Siamo consapevoli delle
               difficoltà che incontrano tutti coloro che
               tentano tale scrittura, poiché altro è
               il parlare altro è scrivere il dialetto. Le
               opere presentate, tuttavia, si caratterizzano per
               alcuni aspetti predominanti: rievocano le
               insopprimibili radici della geografia del vivere, la
               nostalgia sconsolata del proprio luogo di origine, ma
               anche di un tempo che non c'è più, il
               conflitto tra l'andare e il restare, tra l'essere e
               l'altrove; il tentativo di recuperare un senso di vita
               nuova nel cammino ricomposto della storia, attraverso
               un linguaggio sintetico fatto di immagini
               particolarmente incisive ed immediate.A detta del Prof.
               Giovanni Percoco, autorevole membro della Giuria del
               premio e massimo esperto e cultore dei dialetti
               regionali (non va dimenticata la sua collaborazione
               con Rainer Bigalke Professore all'Università di
               Osna Bruck),  tanti sono i dialetti della Basilicata,
               un arcipelago di «parlate» che si rifanno
               vuoi ai Greci, vuoi ai Romani, vuoi ai gallo-italici,
               ma ogni dialetto è stato
               «contaminato» dalle interferenze della
               lingua italiana, per cui sono nate delle «parlate
               ibride», e questo rende maledettamente più
               difficile una scrittura poetica
               vernacolare.Un riferimento
               specifico merita la «poesia giovane»
               comprendente liriche che offrono al lettore  una
               già matura e sana coscienza di sé, pur
               denunciando situazioni di disagio esistenziale, di
               vuoto in cui sono presenti dubbi e smarrimenti, sogni
               e deliri, passioni laceranti e tormenti, che sono
               proprie dell'età giovanile. Si riscontra
               comunque negli autori dei componimenti la
               capacità di un'autoanalisi minuziosa e talvolta
               impietosa, volta ad esplorare tutte le pieghe
               dell'anima in toni e semitoni che arricchiscono la
               partitura poetica senza smarrire l'unità di
               ispirazione e la sintesi creativa, non sempre
               però risolta, ma trasfigurate in invocazioni
               accorate e in appelli salvifici.Si riscontrano,
               inoltre, forme di una densità sensuale e di un
               candore fanciullesco con un moto musicale andante in
               figure di danza fluttuante, in un'atmosfera di
               immagini metamorfiche pienamente significative. Altre
               volte, versi lunghi e brevi che si alternano in un
               andamento strofico consequenziale, danno il senso di
               una discorsività fluente ed incisiva, segni di
               novità stilistiche acquisite attraverso un
               rigoroso esercizio di scrittura. È pur vero che
               il poeta giovane va alla ricerca del verso che appaghi
               ma c'è sempre un pieno controllo compositivo,
               che appare anche nei cosiddetti versi sciolti. Queste
               belle e fresche liriche inducono il lettore a credere
               nella poesia come luogo di seduzione al di là
               di ogni fuorviante disperazione. Francesco
               Tommaso ArmentiPresidente
               della Giuria del Premio | 
      
         | TORNA
            ALL'INDICE
 | 
      
         | 
               Alberta
               Bellussi
               
               
                   
                  
                  
                     Gli
                     angeli  Correndo veloce
                  e furtivaRapita dalla
                  frenesia del tempoTi scorre
                  davanti la vitaCome un film
                  dovenon si riavvolge
                  la pellicola;i giorni sono
                  passatie non te ne sei
                  resa conto.In un intervallo
                  d'amoreDavanti alla
                  tomba di chiMi ha insegnato
                  ad amare la vitaMi cade davanti
                  una piuma leggeraCarpisce la mia
                  attenzioneFerma la marcia
                  col tempoE come
                  ipnotizzatala guardo
                  ammirata cadere.Un lieve soffio
                  di vento la portasopra la mia
                  mano.Quell'angelo
                  birichino mi prendeTra le sue
                  bracciaE ferma la mia
                  frenesiaE mi ributta con
                  dolcezza nelle braccia della vita. 
                  
                  
 
                  
                  
                     impotenza
                     2  Indescrivibilela
                  sofferenzadi guidare
                  l'autocon la testa
                  vuotatutti i
                  pensieril'hanno
                  lasciatasi sono uniti a
                  pensareAl
                  Nulla.Niente nella
                  testa,niente nelle
                  mani,e tanto amore
                  chenon sa come fare
                  nel cuore.Tu soffri, ti
                  aggrappi alla vita guardandomie io nulla
                  riesco a fare per te.Prendi tutto
                  ciò che vuoi di mioruba le
                  montagne, i fiori, gli animalii volti delle
                  persone a te care dai miei occhi,Ma io non riesco
                  a fare nulla per te,Odio il male,
                  odio il cancroAmo la morte che
                  dolcemente ti ha accolto. 
                  
                  
 | 
               Carlo
               Campeti
               
               
                   
                  
                  
                     I.  Quando non
                  potrò usare questa maniCome farò
                  a crearmi la gioia?Cade via un
                  altro pezzo di vitaCandidoPuroEccelsoEstaticoÈ
                  già ricordo la fretta mi dilaniaComprendi? Sto
                  pregandoSto
                  gemendoProvo a
                  dimenticare che questi giorni sono gli
                  ultimiChe poi
                  sarà notte e TremeròSoloTroppo vecchio
                  per restare quiTroppo uomo per
                  divenire schiavoTu
                  comprendi? 
                  
                  
 II. LacrimaDel
               22/12/01
               
               
                   Un viaggio
                  finisce quando bruci le busteTorna dove
                  tuonaMa adesso puoi
                  non farloSono grida
                  strozzate di un uomoChe non ha avuto
                  il diritto diOdiare che l'ha
                  distruttoÈ la
                  calda lacrima che solca laMia guancia
                  quando comprendoChe il tempo
                  stringeLasciami
                  dimenticarmi perché sono fragilePrecarioSolo
                  Piango la
                  notteDisperatoSvanisci
                  perché se tu sei qui sarà
                  cosìDifficile
                  dirtiAddio   
                  
                  
 | 
      
         | 
                  
                  
                  TORNA
                  ALL'INDICE
 | 
      
         | 
               Elisa
               Contardi
               
               
                   
                  
                  
                     Trascorso
                     amore  Mi allontano da
                  temio porto
                  sicuro,e se mi volto
                  noto solola triste scia
                  di doloreche lascia la
                  mia navementre va alla
                  derivadi un'esistenza
                  felice. Il tuo dolce
                  sorrisoera il tramonto
                  delle mie calde sere,i tuoi occhi
                  profondila risposta alle
                  mille domandedella mia umile
                  vita. Nella
                  semplicità del mio essere,ti ho donato la
                  graziadei miei giorni
                  più belli,lo splendore
                  della mia giovinezza,l'antidoto di un
                  amore infinito. La tua impronta
                  rimarrà indissolubile,nel mio povero
                  cuore malatodi ricordi,
                  respiri ed emozioni. Solo tu sarai
                  medicinache potrà
                  riaccenderela fiamma della
                  speranza. Solo tu potrai
                  asciugarequella lacrima
                  che scende gelidalungo la
                  solitudine della mia nuova esistenza,mentre lotto
                  disperata per sopravviverealla tua
                  assenza. Solo tu potrai
                  tenere vivaquest'anima
                  tremante per la paura di morire,dopo aver
                  riaffiorato alla mentela grandezza del
                  nostro trascorso amore. 
                  
                  
 | 
               Italia
               D'onofrio Opera 3a
               classificata - Sez. B
               
               
                   
                  
                  
                      Dopp'
                     tant'ann'  Pac nun pigliava
                  maie,si ancuor'
                  criatur' assaieind' a la cuna
                  mi turciae l'llucc' er'n
                  spurcieddep' farm'
                  accucciulià na nzengaind' a li bracc
                  soie. Senza fiat'
                  m'arracav'p' na giurnara
                  sana sanae nisciun' la
                  uardava nfaccia,si nun gn la
                  fascia chiù,ca tropp'era la
                  fatia. Quann p'
                  Mondreala man' a man' m'
                  purtav'nun m facia
                  giucà cu dati' piccieninn'ca s'appaurava
                  ca po' mi facienn mal'. Par ca mo la
                  vegg'quann
                  s'abbndavasova lu scalon'
                  d' naz' ngasaa
                  ciuciulià cu la cummara soia!Tra tutt'e ddoi'
                  nun sacc'chi dicia
                  chiù parol'. Dopp' tant'ann',
                  chi la ver',nun s'arr'corda
                  chiù d'edda.Sol'i'la vegg'
                  semb tal' e qual'pcché
                  sta' vecchia è mamma mia.    
                  
                  
 | 
      
         | 
                  
                  
                  TORNA
                  ALL'INDICE
 | 
      
         | 
               Raffaella
               Frese
               
               
                   
                  
                  
                     Cade la
                     pioggia  Cade!Cade adesso la
                  pioggia, sul mio capo malato,sul mio cuore
                  ferito
ferito dal
                  cammino della vitadall'essenza
                  dell'amore.Cade veloce la
                  pioggia,per giustificare
                  questo sognoche irreale, mi
                  conduce alla morte.Come rugiada;
                  cade sulla mia pelle, adesso,questo confine
                  della notte
che, nel
                  tempo sfoglia la veste della tristezzanel fluido della
                  saggezzain questo
                  palcoscenico della vita."Cade, dai miei
                  occhi questa pioggia infinita
dentro
                  quest'infinito sognonella
                  realtà che mi circonda!"Cade
 cade
                  la pioggia,ora sul mio
                  capo
 e, per sempre dentro di me.  
               
               
                   
                  
                  
                     Fantasma del
                     passato  Un fantasma del
                  passato,di paesaggi
                  estrosi,di miriadi
                  incantatee di fate
                  canterine,giace con la sua
                  fluidaed incantata
                  solitudinenei miei seguaci
                  sguardirivolti verso il
                  vuoto!M'intrappola in
                  ogni fluirenell'immobilità
                  del mio sentire.Mi sfiora i
                  sensi,ed in silenzio
                  tace.Maestro del
                  ricordocon un'onda di
                  fredda supplicaimprigiona in un
                  cristallo di vita,la mia
                  inaffondabile vanità;mentre meduse di
                  capricciose bellezzedanzano
                  nell'abisso della realtàin questa
                  cartilagine del nostro presente!
    
               
               
                  
                | 
               Costanza
               Ghezzi
               
               
                   
                  
                  
                     Sulla sera che
                     scende  12
                  dicembre 2001 Il mouse
                  graffiaCon ricami
                  fluorescentiLo schermo del
                  pcSibila la
                  stampanteAl ritmo
                  oscillanteDel
                  faggioPiegato dal
                  ventoIl
                  drinDel
                  micro-ondeAnnuncia la cena
                  prontaE tutti i quiz
                  dei televisoriSi levano in
                  coro:Occhi sbarrati e
                  bocche attoniteVerso
                  l'ultimoClickChe spegne le
                  luciSolo
                  restaUno sciabordio
                  confortanteDi
                  lavastoviglieChe induce al
                  sonno  
                  
                  
 | 
      
         | 
                  
                  
                  TORNA
                  ALL'INDICE
 | 
      
         | 
               Marco
               Magrino
               
               
                   
                  
                  
                     protesi  le mie gambe mi
                  portano dove vogliomi fanno
                  arrivare sulla cima dei montimi fanno
                  nuotare, nelle calme acque del mio marele mie gambe
                  sanno correre, piegarsile fletto per
                  spiccare saltie da bambino,
                  goffamente, le aprivo sulle spalle di mio
                  padrequanti palloni
                  ho tiratopoi, una mattino
                  mi svegliodue gambe,
                  nuove, rigide, lucidele mie
                  gambeuna mina dove io
                  giocavo se le è prese.  
               
               
 
                     Ti
                     guardo  ti guardo a
                  voltecome ti
                  può guardare un pittore, un
                  marmistacome ti
                  può guardare un poetae, con calma,
                  cerco il tuo profilo migliorela posa a te
                  più congenialela posa che dia
                  al tuo corpo l'immortalitàle parole, che
                  ti descrivono per come seiin modo semplice
                  e naturaleti guardo,
                  profondamente, di nascostoper cogliere le
                  tue espressioni, i tuoi modi di farei piccoli
                  difettie le complicate
                  mescolanzeche ti fanno
                  bella e solareti guardo, come
                  si guarda l'amorecon coscienza,
                  con convinzione, con la giusta
                  devozione. 
                  
                  
 | 
               Roberto
               Piperno
               
               
                   
                  
                  
                     Disposti
  Disposti sulle
                  strette delle duneaccovacciati,
                  rospi in attesa di preda,ci nascondevamo
                  nelle sottili strisce d'ombralanciate dalla
                  piena lunaaffacciata sul
                  confine del montee in silenzio ci
                  raccontavamo favolee storie di
                  meraviglia,immaginando
                  giostre e lanci di coltelli acuminativibrati ad
                  angolo retto,per contrastare
                  il gioco dei desiderie degli
                  spaventi,delle speranze
                  d'esistere. Se ora invece
                  cercassimo la lucemorbida delle
                  mattine solari,per riconoscerci
                  senza specchie senza paura
                  dei desiderie per riscuotere
                  applausi sapendo incrociare il ventoall'angolo
                  stretto di bolina,potremmo ancora
                  nutrire i daffodils della primaveraarrivando alla
                  curva della serasenza troppi
                  sospetti.    
                  
                  
 | 
      
         | 
                  
                  
                  TORNA
                  ALL'INDICE
 | 
      
         | 
               Alessandra
               Prete Opera 6a
               classificata - Sez. C
               
               
                   
                  
                  
                     Se una sera
                     d'inverno
  Le sere
                  d'inverno guiderò,a fari spenti,
                  fino al mare.Salirò
                  sugli scogli,e siederò
                  su una pietra.E
                  lasceròche lo scirocco
                  caldom'increspi i
                  capelli,o che la
                  tramontanami sferzi il
                  viso,e il freddo
                  pungentemi arrossi le
                  guance. Non
                  penserò più a niente,ma
                  lascerò il mio sguardovolare lontano,
                  oltre l'orizzonte,fino al cielo
                  stellato.Mi
                  perderò,correndo dietro
                  a sogni lontani,chimere
                  impossibili,mondi
                  nascosti,un'isola che non
                  c'è. E
                  schiuderò le porte del tempo e dei
                  segreti.Ma la luce del
                  faro mi riporterà alla vita.E mi
                  guarderò, stupìta,e sarà
                  per me com'essermi destatada un lungo
                  sonno. E
                  guarderò di nuovo il mare,al di là
                  del qualec'è
                  qualcuno che mi aspetta.E
                  guarderò la luna,terribile
                  incostante,e poi
                  sorriderò,perché
                  sarà, in fondo,come aver
                  guardato,in due, la
                  stessa stella. 
                  
                  
 | 
               Nicola
               Santomauro
               
               
                   
                  
                  
                     World Trade
                     Center  Mattinadi un cielo
                  inviolato.I colori del
                  cuoretratteggianol'alba di un
                  nuovo giorno.La gente
                  sorride,sicura,ignara di quel
                  che succederà.D'improvvisola città
                  si sveglia.All'orizzonte un
                  fumo si stagliafitto,
                  neroe mentre le
                  torris'assopisconosgretolandosi al
                  suolo,la gente guarda
                  inebetitail mondo che
                  è stato colpitoal
                  cuore.  
                  
                  
 | 
      
         | 
                  
                  
                  TORNA
                  ALL'INDICE
 | 
      
         | 
               Cesare
               Sposetti Opera 3a
               classificata - Sez. C
               
               
                   
                  
                  
                     Verba
                     vacua  Tante vuote
                  paroleho lasciato
                  sfuggirepovero mio
                  Signoredal cuore
                  mioarido Cammino
                  soloper le varie
                  stradedel
                  mondoCosì mi
                  sembra Maledetta
                  illusionequand'è
                  che lasceròle tue
                  orribilicatene? Sempre vuote
                  parolea fare
                  compagniaalla mia
                  blasfemadisperazione Se potessi
                  poesiafarei a meno di
                  te amerei
                  finalmentecome un
                  caneil suo
                  Padrone.  
                  
                  
 | 
               Terry
               Viggiano Opera 2a
               classificata - Sez. B
               
               
                   
                  
                  
                     A le pojeise
                     meje  Tagghie
                  scordotepojeise
                  mejepecché
                  non tevesce da
                  tant'ann. Agghie
                  scordotequanne
                  sciuchovee
                  m'accontentavede
                  ninte. Agghie scordote
                  leprofueime de
                  lateua frescha
                  arijade
                  mintagna. Agghie
                  scordotechidde leuce
                  pezzenennede le veije, ca
                  medinne come
                  nesuenze de
                  pace. Ma to,
                  mose'
                  tornotedinta le penzire
                  mijpe' famme
                  arrecordo'ca je do so'
                  nata. Iè co' le
                  recurde tojca
                  enghiele nutti
                  mijejè le
                  penzuere tojca mi allietei
                  le core. 
                  
                  
traduzione: Ti
                  ho scordato/paese mio,/perché non ti/vedo da
                  tanti anni.//Ho scordato/quando, giocavo/e mi
                  accontentavo/di niente.//Ho scordato il/profumo,
                  della/tua fresca aria/di montagna.//Ho
                  scordato/quelle luci fioche/delle vie, che
                  mi/davano come un/senso di pace.//Ma tu ora/sei
                  tornato/nei pensieri miei/per farmi ricordare/che
                  lì son nata.//é con i tuoi
                  ricordi/che riempio/le mie notti/è il
                  pensiero tuo/che mi allieta il cuore. 
                  
                  
 | 
      
         | 
                  
                  
                  TORNA
                  ALL'INDICE
 | 
      
         | 
               Se
               non la trovi nella tua libreria puoi ordinarla
               direttamente alla casa editrice. Telefonando da lunedi
               al venerdi dalle ore 10.00 - 12.30 15.00- 17.00 al
               numero 0298233100 | 
      
         | 
                   
                  
                  RISULTATI
                  DEI CONCORSI
RITORNA
                  ALLA PRIMA PAGINA CONCORSI (elenco dei
                  mesi)RITORNA
                  ALLA PRIMA PAGINA DEL
                  CLUB
 E-Mail: concorsi@club.it
 Ins.
                  14-05-2003  
 |