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               Le
               antologiedei concorsi de Il Club degli
               autori
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               Antologia
               del premio letterarioCittà di Melegnano 2006
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               Indice
Presentazione
               di Benedetto Di
               Pietro
               - Albo
               d'oro dell'edizione
               2006 -
               Giovanni
               Abramo -
               Valentina Adiutori - Maria Cristina Aggio - Davide
               Alpeggiani - Angela Ambrosini - Marco Angella - Davide
               Apollonio - Roberta Bagnoli - Sergio Baldeschi - Elisa
               Bassi - Anna Francesca Basso - Maria Luisa Beck Peccoz
               - Wilma
               Bertasi -
               Margherita Biemmi - Vincenzo Bolia - Rita
               Bonifazi -
               Claudio Capponi - Gabriella
               Catalano -
               Antonino
               Causi -
               Gilbert
               Cerbara -
               Laura
               Cervini -
               Piera Maria Chessa - Silvia Cipollina -
               Simona
               Conte -
               Margherita
               Cordova -
               Mario D'Alise - Massimo D'Arcangelo - Giacomo
               Dallari -
               Fabio De Mas - Maria Teresa Delle Cave - Mauro
               Domenella - Giovanna Faro &endash; Ilaria
               Fojadelli -
               Giuliana Galimberti - Maria Rosa Gelli - Aldo Gelotti
               - Vittorio Gelsomino - Emanuela Giozzet -
               Laura
               Giurdanella
               - Francesco Gori - Fabrizio Gravina - Raffaele
               Guerra -
               Elena
               Guidi -
               Valentina Gullo - Biagia La Foresta - Stefania Leaci -
               Lauretana Leonardi - Leonarda Letterato - Mariano
               Luccero - Claudio
               Malatini -
               Fulvia Marconi - Gianpaolo Marcucci - Francesco
               Martinelli -
               Emma Mazzuca - Alessandro
               Montalto -
               Maria Maddalena Monti - Stefano Nespoli - Carla Noro -
               Valter
               Padovani -
               Alessio Palmisano - Elisabetta Panico - Maria Teresa
               Piccardo - Marica Piva - Luigi Polo Dimel -
               Gianluca
               Praticò
               - Ermano Raso - Gianluigi Redaelli - Diana Renon -
               Carla Ricci - Licia
               Roveri Galli
               - Antonio Sangervasio - Valerio
               Santoro -
               Federica Sciandivasci - Salvatore
               Scuderi -
               Jolanda Serra - Angela Sias - Diego Stefanelli - Carla
               Tedde - Marco Giuseppe Toma - Stefano Tonelli - Thomas
               Tonolo - Alessandro Trentini - Edio Vassalli -
               Diego
               Verra -
               Antonio
               Zannino  Prefazione
               - Albo
               d'Oro del Premio
               - 
               
               
 Antologia del Premio
               letterario Città di Melegnano 2006 - 14x20,5 -
               pagg. 94 - Euro 18,00 - ISBN
               88-6037-429-4 | 
               
                 Come
               avere l'antologia | 
      
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               Prefazione
  Può darsi
               che la fonte migliore dell'ispirazione poetica sia
               l'amore. Certo scrivere una poesia sull'onda delle
               pene amorose è la cosa più spontanea e
               più semplice. Però bisogna dire che
               generalmente questa meglio si adatta all'adolescente,
               rispetto all'adulto, in quanto più facilmente
               coinvolgibile. Ma se ci soffermiamo sulle notizie che
               tutti i giorni riempiono i giornali e i notiziari
               della radio e della televisione, allora scopriamo che
               anche la poesia amorosa sia un controsenso, date le
               problematiche di altro genere che assediano
               l'umanità. E bisogna dire pure che l'uomo
               è tale fino dalla notte dei tempi e a
               differenza del detto latino lupus non est lupus (il
               lupo non mangia il lupo), l'uomo è un
               cannibale, nel senso che non ha rispetto degli altri
               uomini e crede che tutto ciò che esista
               nell'universo sia stato messo a sua disposizione per
               farne ciò che vuole. Assistiamo a disastri
               ecologici causati dal suo comportamento deviato e alle
               guerre per il possesso delle ricchezze, ma anche
               delitti causati da futili motivi e, ciò che
               è peggio, spesso in maniera gratuita.Al poeta maturo ormai sfuggono i moventi amorosi,
               mentre si sente più coinvolto dai fatti che
               riguardano la propria patria, la propria città
               e la propria comunità. Non si tratta di una
               presa di coscienza parziale, ma di motivazioni che
               più seriamente lo vogliono partecipe. È
               consapevole che la sua voce difficilmente
               arriverà ai potenti e sarà da questi
               ascoltata, invece è convinto di poter essere
               letto dagli individui della propria città a cui
               i suoi versi potranno giungere più facilmente.
               Si tratta di una sua illusione? A questa domanda non
               è necessaria una risposta, in quanto il poeta
               non la cerca. Ciò che invece sicuramente egli
               intende fare è far giungere una protesta e una
               sicura dissociazione. È nella sua natura e
               vuole far conoscere il disagio del proprio stato
               d'animo, che poi è anche lo scopo precipuo
               della poesia. Sarebbe bello vivere tutti in uno stato
               di bucolica quiete; invece ogni giorno è
               necessario lottare per poter ottenere qualsiasi cosa,
               sia essa grande o piccola.
 Anche le poesie del Premio «Città di
               Melegnano» di quest'anno, cui si riferisce questa
               antologia, ce lo confermano ed in modo piuttosto
               esplicito. Certo anche tante poesie amorose e
               consolatorie, ma polarizzano l'attenzione del lettore
               quelle generate da tematiche importanti come la
               cattiva gestione della giustizia, che fa esclamare a
               Emma Mazzuca «non ricordo più chi sono /
               Passato prestami il tuo sonno»
               («Nemesi»); oppure i fatti orribili di
               pedofilia dove «predatori d'organi e di
               sesso» considerano i bambini semplici pezzi
               «da macello / da smerciare al piazzista di
               turno» (Sergio Baldeschi: «Angeli di
               plastica»). Non mancano i poeti che sollevano
               problematiche esistenziali, come Angela Sias che si
               domanada «se e quanto io incida sulla giovinezza
               / e quanta parte d'essa mi appartiene»
               («...Sulla giovinezza»), ma parecchi si
               pongono davanti a questioni come la vecchiaia, che
               Mauro Domenella esorcizza con l'amore che «di
               quel poco che rimane / di questo claudicante andare, /
               soltanto l'amore, ... / rimane l'unico pretesto per
               vivere» («Le perdute forme
               dell'esistere») e che Fabrizio Gravina identica
               come il periodo della vita da dedicare ai più
               piccoli, che oggi rischiano di trovarsi orfani proprio
               dei nonni capaci di raccontare fiabe creando «la
               magia di quel sonno sereno» («Le
               favole»). Proprio quelle fiabe che sono le
               compagne naturali della poesia stessa, perché
               in fondo la «vita è sogno», come
               voleva Calderòn.
 
Benedetto
               Di PietroPresidente
               della Giuria del Premio | 
      
         | 
                   
                  
                  Albo
                  d'oro dell'edizione
                  2006  
 
               La Giuria della
               undicesima edizione del Premio Letterario Città
               di Melegnano presieduta da Benedetto Di Pietro per la
               Sezione Poesia, ha stabilito la seguente classifica
               finale:
 
               Opera 1a
               classificata «Nemesi» di Emma Mazzuca,
               Latina. 
               «La Poetessa,
               affida a questa sua lirica l'espressione delle paure
               dell'uomo del Duemila: il senso di smarrimento di
               fronte al futuro che lo porta a rimpiangere il
               passato, meglio identificato col sonno dell'oblio.
               È una ricerca della propria identità di
               fronte ai fatti delittuosi che ogni giorno ci tocca
               apprendere dai mass media. L'angoscia di una morte
               sempre incombente ci rende anonimi, e perfino un morto
               diventa un semplice "grumo muto". La perdita
               dell'identità individuale si estende alla
               perdita di identità collettiva. Il codice
               interpretativo è affidato al titolo "Nemesi",
               la divinità personificazione della giustizia,
               punitrice dei tiranni e dell'egocentrismo. Non
               sappiamo se in senso ironico o
               trascendentale.Lo scollamento
               psicologico generato dalla particolare struttura della
               lirica è compensato dal ritmo lento e calmo dei
               versi». (B. Di Pietro) 
               Opera 2a
               classificata «Le perdute forme
               dell'esistere» di Mauro Domenella, Castelfidardo
               (An). 
               «Il poeta , in
               un'atmosfera da "The day after", crea uno scenario
               inquietante che occupa quasi tutta la lirica.
               L'andamento della natura è paragonato alla vita
               dell'uomo, che nonostante una certa posizione
               nichilista, vale la pena di essere vissuta grazie
               all'amore "che rimane l'unico pretesto per vivere".
               L'attenuazione delle storture è affidata alla
               classicità del linguaggio, usato con sicura
               perizia». (B. Di Pietro) 
               Opera 3a
               classificata «Siamo barche sul fiume» di
               Ermano Ras, Racconigi (CN) 
               «Il poeta,
               paragona l'uomo ad una barca che la corrente del fiume
               trascina. Siamo tutti viandanti senza mèta
               condannati a portare il peso dei nostri fallimenti che
               il tempo incombente ci mette costantemente davanti per
               aggravare il nostro disagio, man mano che ci
               avviciniamo alla vecchiaia. Una poesia introspettiva
               in cui prevale il pensiero filosofico, almeno quella
               più elementare, sul senso della vita». (B.
               Di Pietro) 
               Opera 4a
               classificata: «La tela d'oro» di Carla Noro,
               Vicenza.Opera 5a
               classificata: «Angeli di plastica» di Sergio
               Baldeschi, Montecerboli (PI).Opera 6a
               classificata: «...Sulla giovinezza» di
               Angela Sias, Lavena Ponte Tresa (VA).Opera 7a
               classificata: «Emozioni d'un cercatore» di
               Fabio De Mas, Belluno.Opera 8a
               classificata: «Madre di mia madre» di Thomas
               Tonolo, Ravarino (Mo).Opera 9a
               classificata: «Anna» di Simona Conte,
               Giulianova Lido (Te).Opera 10a
               classificata: «Le favole...» di Fabrizio
               Gravina (Cartepen), Ceprano (Fr). 
               Opere
               Segnalate: 
               «Anime senza
               anima» di Gloria Venturini, Lendinara
               (Ro)«Congedo da
               una capitale non voluta» di Alberto Tomiolo,
               Verona«Creatura»
               di Vittorio Gelsomino, Tortona (Al)«I nuovi
               emigranti» di Laura Cervini, Bari«Il gregge ha
               camminato» di Licia Roveri Galli, Chiavenna
               (So)«Il mondo
               sconosciuto» di Pietro Catalano, Roma«Koskobar-K»
               di Jolanda Serra, San Mauro Forte (Mt)«La danza dei
               cerchi» di Gabriella Catalano, Ciriè
               (To)«Laguna
               (7)» di Laura Giurdanella, Palermo«Tempus
               fugit» di Angela Ambrosini, Città di
               Castello (Pg)
               
               
                   
                  
                  
  
               
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                   GIOVANNI
                  ABRAMO
                     Un
                     sorriso  Ho cercato per
                  anniuna
                  carezzae al
                  contrariomi sono
                  trovataa
                  vagabondarenell'oscurità
                  della pauradel
                  terrore.Nulla era
                  più forte del mio aguzzinonel silenzio
                  buio della notteho
                  urlatofin quasi a
                  squarciarmi la gola.Nessuno mi ha
                  sentitoSupplicavoaiutopietà.Poi ho iniziato
                  a sorridere. 
                  
                  
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                  WILMA
                  BERTASI
                     Il borgo
 Piccole case
                  lasciatealla pace del
                  temponella vibrante
                  forzadella
                  memoria.In te ho
                  conosciutoogni mia
                  emozione,giovane
                  compagnodelle mie
                  attese.Nei tuoi
                  contornisopra un cielo
                  che mi custodivaho scoperto i
                  coloridelle stagioni
                  che si aprivanoal sogno dei
                  miei turbamenti.Ho dormito
                  teneramenteabbracciata al
                  cuscino della tua estate.Nella carezza
                  dell'albami sono
                  svegliata assopitanel grembo della
                  tua storia.Quando ho
                  l'animagonfia d'amore
                  è il soleche mi sorprende
                  in un baciorumoroso sulle
                  guancedei tuoi teneri
                  frutti.Riscopro ogni
                  mia libertàquando nei miei
                  viaggimi affido alla
                  volontà del ritornoe la dolcezza
                  del tuo sguardo m'incanta.
                  
                  
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         | 
                  
                  
                  TORNA
                  ALL'INDICE
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         | 
               RITA
               BONIFAZI
Padre mio
Nel momento
               più delicatoe fragile
               della mia vita,il solo
               pensiero di temi
               rinfranca e rassicura.Dolce
               è per mericordare
               la tua possentee serena
               figura,volta a
               proteggerel'allora
               mia fragile fanciullezza.In questo
               frangentedi palese
               disorientamentoil mio
               pensiero tendea
               divagare.Ma chiaro
               mi èil
               ricordodelle tue
               tenere e delicate carezze.E non
               consentirò al tempodi rubarmi
               quel lontanoe
               nostalgico passato,che
               tenacemente m'apprestoa coltivare
               in nomedi
               quell'amore che mi insegnastia
               propagare.
               
               
 | GABRIELLA
            CATALANO 
                     Opera
                     segnalataLa danza dei
                     cerchi
 
                  Irridiscente,
                  sbalorditiva, rigenerante sensazione di
                  sconforto,di assoluta
                  solitudine.Inquietante
                  rigidità che grava sulla mia
                  schiena.Tra la scala di
                  colori amo ora sfumare il mio panico.Il panico di
                  essere per un istante libera!La
                  libertà è il disappiglio umile e
                  povero di abbracci.Non sento
                  più battere il mio cuore.Il petto si
                  è staccato dal mio corpo.Lo spazio
                  è ridisegnato da un susseguirsi di scene
                  mutee prive di un
                  senso logico.Dissimulo.Il resto di me
                  inizia ora la danza dei cerchi.Sono destinata
                  alla forma geometrica che vive nell'eterno
                  presenteesente da
                  qualsiasi tipo di disguido, nessun
                  ripensamento.Solo ghiaccio,
                  neve fredda.Ne ad un inizio
                  ne ad una fine potrò mai far
                  parte.È che la
                  voce della verità ha maledettamente
                  perforato la mia mutapermanenza
                  sotto-shok.La mia vita
                  giaceva in una frequenza apneica che impediva lo
                  sbadiglio del giorno.Il rigenerarsi
                  delle cellule ha reso la mia voce priva di parole
                  già usate.Il mio vivere
                  è ora impalpabile, sfuggevole,
                  sordo.Ho per lungo
                  tempo esercitato su di me una lenta e perpetua
                  condanna.Percorro la
                  strada dell'abbandono.Come l'onda mi
                  ritiro, eseguo poi sicura lo slancio in
                  avanti.Le braccia non
                  hanno riposo, la mia mano è sola nell'aria
                  profumata.Oscilliamo come
                  una orchestra di pendoli.Ci rifiettiamo
                  gli errori mutandone la polaritàrivestendoli di
                  ardita fede e pace nella sera
                  luccicante.
                  
                  
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                  TORNA
                  ALL'INDICE
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                   ANTONINO
                  CAUSI
 
                        Abbasso la
                        guerra
Abbasso la
                  guerra, distruttrice di amore e
                  serenità.Una madre soffre
                  per il proprio figlio lontano,per una guerra
                  estranea, sporca e meschina.Oh popolo, germe
                  di Dio!Speranza del
                  futuro, illumina la coscienzadei potenti, di
                  coloro che non capiscono il bene,la tenerezza e
                  l'innocenza dei bimbi, della vitache cresce e che
                  viene spezzata.Una pecora bela
                  di dolore per il suo piccoloagnellino
                  adunghiato da un lupo vorace, checome saetta vi
                  si scaglia contro.Oh popolo,
                  assennato!Porta tu un po'
                  di pace in questo mondo,fai tacere le
                  bombe e i missili di questi affaristi.abbasso la
                  guerra.Perché
                  è sempre sbagliata.Perché
                  è sempre un inganno.Abbasso la
                  guerra.Perché
                  è sempre un orrore.Perché
                  è un insulto all'intelligenza
                  umana.
                  
                  
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                  GILBERT
                  CERBARA
La strada
                  prende quota Semplicemente
                  puoi aspettarequel po'
                  d'amore che voleviancora
                  un altro giorno.Sopravvivi
                  per coprireil
                  castello di carte e i tuoi
                  doloricammini
                  sugli spilli con la pelle
                  dura.Da un
                  lato un murodall'altro
                  un vuoto senza fine,troppo
                  avanti per tornare indietrotroppe
                  cicatrici per ricominciare.a volte
                  sorridi alla partita e ai
                  giocatori,alle
                  carte. Ai tuoi tre sette,non
                  lasci più devi giocare:Avvilito
                  sì, ma non vinto:bevi
                  sangue, ma ne sei costretto.Percorri
                  la tua strada.Col peso
                  dei tuoi erroriallontanato
                  da te ogni dubbioe
                  sorridendo:umilmente
                  vai a morire.
                  
                  
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                  TORNA
                  ALL'INDICE
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                  LAURA
                  CERVINI
                     Opera
                     segnalataI nuovi
                     emigranti
 Solo tra
                  straniere trame,tra maglie
                  d'asfalto e terrenosotto foglie di
                  un altro verde.Sulle rive di
                  un'altra acquaè allora
                  che amo la mia.Che amo le forme
                  forti dei miei tritoniTrafitti,
                  agonizzanti, eppur viventi...È solo
                  con in bocca altri saporiarrotolando la
                  linguaintorno ad
                  un'altrabaciando fonemi
                  stranieristrisciano lenta
                  su grafia forzataè allora
                  che sento a chi appartengoche ti ritrovo
                  nel mio letto:Italia di
                  dolore.Città mia
                  di torpore.Amore di
                  parole.Amante tanto
                  atroce.E' quando
                  indosso scarpe basseper non esibirmi
                  e per andarequando scelgo le
                  gonne da portarele vesti da
                  lasciare.Quando chiudo la
                  valigia pesantemai capiente di
                  tutta meÈ allora
                  che tu mi guardidalla sponda del
                  lettoCome cane
                  abbandonatoCome amore
                  appena lasciatoCome sorella
                  tradita.Italia mia
                  perduta
 
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                  SIMONA
                  CONTE
                     Opera 9^
                     classificataAnna Anna era una
                  bambinae come una
                  bambina sognavaAnna era una
                  bambinae come una
                  bambina volavacon i fiori in
                  una manoe il guinzaglio
                  nell'altracon i fiori in
                  una manoe un amico nel
                  cuore.Anna cercava
                  senza sapereAnna rideva
                  senza volerenon ricordo come
                  fu ma Anna finì maleper sempre
                  piccoli non si può restarebisogna crescere
                  o morirema lei non
                  crebbe a sufficienzae forse un po'
                  morì senza darlo a vedere.Nessuno seppe
                  dirle cosa c'è altrovequando sei qui e
                  non vedi lontanoquando senti
                  musica e risate e suonima la festa
                  è di altrie tu sei qui con
                  le tue inutili parole.E' più
                  facile negareè
                  più facile copiarequel che
                  è stato sempre fattotanto di
                  più non si può fare.Voci e ricordi e
                  voltiamari di falsa
                  nostalgiasembrano
                  ciò che non sono mai statisembrano
                  ciò che non saranno maieppure tutto
                  ruotava in senso orarioe sembrava
                  accettabile senza esserlo.E oggi rifiuti
                  ciò che non riesci a gestiree oggi rifiuti
                  ciò che non riesci a capireè
                  più facile negareè
                  più facile copiareciò che
                  è stato sempre fattotanto di
                  più non si può fare.
                  
                  
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                  TORNA
                  ALL'INDICE
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         | 
                  MARGHERITA
                  CORDOVA
                     Un diamante a
                     goccia
 Un diamante a
                  goccia color aranciouna freccia con
                  l'anima di tritolo,il cuore della
                  gemmaesplode in
                  succo,il getto
                  profumatocola nel calice
                  piangente.Il calice di
                  Socrateè abitato
                  dal filtrodell'immobilitàdell'eterna
                  rigidezzadel "mai
                  più nel caso".Se vivere la
                  vitaè segno
                  di fortezzamorir la
                  mortelo sarà,
                  altresì,di
                  temperanza?Tutti coloro i
                  quali partecipanoalla crociera
                  extra lussoper i "Messi di
                  morte",organizzata dal
                  Tribunale di Atene,si precipitino a
                  raggiungerele scialuppe di
                  salvataggio,si prepara
                  l'alluvione del succo;ogni frutto
                  presentesull'albero
                  della conoscenzasi è auto
                  centrifugato.
                  
                  
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                  GIACOMO
                  DALLARI
                     La clessidra e la
                     vita
 La clessidra ha
                  granelli tutti ugualiIl ritmo
                  dell'universale legge li governaImperturbabile
                  cadereIncessante
                  movimentoLa vita ha
                  granelle e sassi e pietreCadono e
                  rotolano, rimbalzano e s'infragonoIllegale
                  fatalitàFrenetico
                  incedere
                     L'Esserci
 L'esserci nel
                  mondoÈ
                  così presente, persistenteEd è
                  sempre così assente, non
                  senzienteL'Esserci nel
                  tempoCi accompagna,
                  ci dilaniaCi abbandona e
                  non si domaL'Esserci nel
                  pensieroÈ
                  menzognero, così veroRicco di
                  mistero
                     Gabbie
 Lo sguardo degli
                  altri,i loro pensieri,
                  le loro aspettativegabbie di
                  significato, prigioni di sostanzasentieri senza
                  alternative.Ingenuità,
                  assurdità, allusione e
                  previsioneIl pensiero
                  s'inganna e noi cadiamoVerità,
                  controllo, certezza e sicurezzaMenzogna che
                  dona pacePrime vittime
                  del nostro inganno,carnefici di noi
                  stessi,prigionieri del
                  nostro giudizio,carcerati e
                  carcerieri di significati menzogneri.
                  
                  
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         | 
               
               
               TORNA
               ALL'INDICE
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         | 
                  ILARIA
                  FOJADELLI
 
                        Senso
Una linea
                  all'orizzontepiù
                  chiara della luce,più
                  lontana della notte.Un punto
                  distesosulla curve del
                  pensiero;...una mano
                  trepida......una voce
                  spezzata...e un grido
                  celato!Una nebbia
                  all'albae il profumo
                  penetrante del ciliegio...sopra
                  l'intensità del mare.Una linea
                  d'orizzontenon a
                  fuoco,non
                  vicina,ma
                  là!Solo una
                  linea,solo un
                  punto.SospesaNello specchio
                  di vitadi una goccia
                  d'acquatocco i fili del
                  cieloe plasmo la mia
                  parola.Nel respiro di
                  una luce inondantenutro la mia
                  gioiae vedo una
                  goccia di vitaappendersiad un
                  filodella mia
                  anima.
                  
                  
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                  LAURA
                  GIURDANELLA
 
                        Opera
                        segnalataLaguna (7)
Torri e
                  campanili obliquiocchieggianodalle calli e
                  dalle fondamenta.Acqua di
                  marescorre nei
                  canaliove
                  naufraganovaghe
                  emozionie i pensieri del
                  the.I campi e la
                  nebbialeggonol'infinita
                  solitudinedi anime
                  inquietealla ricerca di
                  taverneove
                  scioglierei nodi
                  amaridella
                  vita.Qui si
                  barattanoi sogni
                  vagabondicon
                  voluttàcolorate e
                  magiche.Frattantosfiorisce il
                  giorno dai pontiin rifiessi
                  violabrunitisulla superficie
                  dell'acquae sulle pietre
                  virgineementre i
                  battelliscaricanoviaggiatori
                  frettolosidelle
                  zattere.
                  
                  
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         | 
               
               
               TORNA
               ALL'INDICE
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         | 
                  RAFFAELE
                  GUERRA
 
                        Non districar
                        matasse
Non districar
                  matasseche già
                  io vivo nella
                  
                  
                     sterpaglia. Nei rovi ancora
                  bracesi rintanano
                  i
                  
                  
                     nidi. Nel calore scuro
                  del
                  
                  
                     rifugio. nel buio
                  inquieto del
                  
                  
                        buio.
Adagiati su
                  cuori legati da secolie corpi forgiati
                  dalla stessa argillae anime unite
                  senza possibilità di
                  
                  
                           slegarsi.
ogni amore
                  è truce
                  
                  
                     egoismo. ogni nido culla
                  una
                  
                  
                     serpe. ogni bacio perde
                  i
                  
                  
                     pulcini. Sterpaglia e
                  rami vivis'intreccianocomplessi in
                  trame complesseumani in cammini
                  drammaticiforti e deboli
                  in destini
                  
                  
                        tragici.
                  
                  
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                  ELENA
                  GUIDI
                     Tommy
 Sento il tuo
                  strazio di madre azzannarmi il cuore.L'angoscia
                  crudele soffoca la voce che inciampanella gola
                  rinsecchita dal dolore.Intorpidimento,
                  intontimento forzato dai medicinali ingoiati a
                  faticaper cercare di
                  sognarti e vederti correre felice,coi boccoli
                  d'oro e l'animo puro di un angelo,fuggito troppo
                  presto lassù tra le braccia del
                  consolatoreche non consola
                  il mio pianto di madreed il mio seno
                  è prosciugato dalle lacrimee le mie braccia
                  restano vuote...e tu piccolo mio
                  non toccherai più i miei capellie non bacerai
                  più le mie guance orgogliose...
                  
                  
                     - mamma, non
                     piangere...- Nel cielo
                  lontano sei volato, con ali perlacee ed
                  umidicce,come la terra
                  che ti copriva, come l'erba che ti
                  nascondeva,come l'acqua del
                  fiume che scorrendo veloce cantavala tua ultima
                  eterna nanna nanna...
                  
                  
                        FEROCE
terrificante la
                  mano traditrice che t'ha barbaramente
                  colpito...e le false
                  parole pronunciate al mondonascondevano
                  l'efferata verità già
                  compiuta...ed i tuoi cari
                  che con fiebile voce chiedevano
                  pietàper il tuo
                  corpicino malato e martoriatoe vivevano nella
                  speranza di rivederei tuoi occhi
                  chiari appena aperti sul mondo,che così
                  crudele ha distrutto i tuoi giornie cancellato il
                  caldo nido d'amore che t'avvolgeva...
                  
                  
                     - mamma non
                     piangere...- Lassù ora
                  come angelo su di voi veglieròtra le braccia
                  amorevoli del padre bianco che già
                  m'attende.Nel giorno del
                  mio addio sono nato in Cristo,ed ora la mia
                  anima torna da lui,nella luce
                  dell'amore infinito e splendente,nel tepore che
                  da un mese aspettavoe che ora
                  purtroppo ho raggiunto lontano da
                  voi...- mamma non
                  piangere...-
                  
                  
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         | TORNA
            ALL'INDICE
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         | 
                  CLAUDIO
                  MALATINI
 
                        Un amore
                        estivo
Quattro ricordi
                  sgangheratiche fanno
                  rumoretra gli stralli
                  delle barcheabbandonateladdove
                  s'insinua il vento.Ferito, te ne
                  torni a nord,a cavallo di
                  quattro uccelliche hanno perso
                  il ramoe volano alto
                  con il cuoreche batte in
                  affannoal ritmo
                  convulso delle ali.E ti par di
                  moriretra i murales
                  dei sottopassie lo
                  sferragliare dei tramche svegliano la
                  cittàtra le insegne
                  rifiessesui marciapiedi
                  lucidi.Quattro raggi di
                  soleche offendono il
                  cieloe non riscaldano
                  più.Ed è
                  sempre così,ogni volta ci
                  caschie te li fai
                  piacerequei quattro
                  coloriappassiti,preludio
                  d'autunno.
                  
                  
 | 
                  FRANCESCO
                  MARTINELLI
 
                        Genesi
Scivola la penna
                  del maestro di parole,muto ascolta
                  echi lontaniscolpendo
                  irrequiete immagininel pulviscolo
                  in movimentoche al soffio
                  del travaglioaffannato, si
                  lacerano.Scrive il
                  maestro di carnesangue e respiri
                  dimenticati,derubati alla
                  storia dei nessuno.Recitano
                  ipocriti immondi la loro assenza.
                     La voce
                     dell'Arcangelo
 Nonna, un
                  tempo,San Michele era
                  sul marmo,ti chiedevo
                  della morte."Sentirai la
                  voce dell'Arcangelo".Ora,
                  Nonna,è sul tuo
                  petto San Michele,fa presto
                  sospirae poi
                  taci.Parla
                  l'Arcangelo. Si odela muta musica
                  della luce.
                     Su un vetro
                     appannato
 Nella pallida
                  materia del fiatoho celato il
                  rossoredi una fredda
                  parola.Ho scritto,
                  Amore,su un vetro
                  appannatocon un respiro
                  di vitache mi soffocava
                  in gola.Urla gocciolano
                  lente sul finestrinomentre tutto
                  scorre veloce.Asciutta dal
                  sole, rimarràuna lurida
                  macchia opacatraccia di quel
                  che fu.
                  
                  
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         | 
               
               
               TORNA
               ALL'INDICE
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         | 
                  ALESSANDRO
                  MONTALTO
 
                        Un canto alla
                        pipa
Nella tua
                  fornace, dormicchia un'asolaper origliare le
                  malignità degli inferi.Dal tizzone che
                  lenisci,trasudano fosche
                  caligini,dove ogni tuo
                  complicedissotterra
                  quelle foggecongiunte al suo
                  inconfessato intelletto.All'acquavite
                  del calicedi un imperatore
                  esule,ammogli,
                  decorosamente,le tue vaporose
                  caravelle,in uno
                  sviolinato notturnodi un'invernata
                  insonne.Quella tua
                  vera,fra il verbo
                  tartagliante e l'oltretomba,è
                  l'anello coniugale,fra la tua
                  afrodisiaca voluttàe il mio
                  tedio,all'epilogo
                  delle ore di Dioaffidato al
                  canapé di vimini.
                     Il lucidatore di
                     scarpe
 Come Cristo,
                  gobbo, brandisci alla tua pietà,coi palmi
                  imbruniti, gli artigli di fallaci
                  borghesio mocassini
                  scostumati e allibiti dal tempodi un becero
                  plebeo, stregato da una gentilizia damaal cui amabile
                  pungiglione, da sterile, invoca un
                  bacio.Tenui minutaglie
                  e cere, patine e lacche da vernissage,nel nefasto
                  fagotto accantoni per il dì
                  nascituroche
                  accudirà gli spiccioli piovigginosi da
                  saccocce escarselle,nel basco di
                  pelle addolorata e in fiera
                  mercanteggiatocon una teca di
                  tintura colore caffè.A te è
                  consacrato il testamento di regnante del
                  sagrato,il cui diadema
                  lambisci, sugli stivali della porporadi crema
                  tinteggiati.
                  
                  
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                  VALTER
                  PADOVANI
 
                        Gli amanti
Sono stato ad
                  osservare due amanti,seduto ed
                  affascinato dei loro gesti,con la
                  curiosità di figlio che impara la
                  vita.Ho scrutato i
                  movimenti di lui nell'avvicinarsi,dolce,
                  avvolgendola in un caldissimo
                  abbraccio,carezzandole i
                  fianchi, seguendo le dolcissime forme di
                  lei,coprendola sino
                  a farla scoparire.L'ho visto
                  ritrarsi altrettanto dolcemente,lasciando che la
                  luce colpisse ciò che era
                  divenuta,con i segni
                  volatini e nel contempo indelebili del suo
                  passaggio.Impaurito ed
                  affascinato li visti lottare con
                  passione,l'uno contro
                  l'altro.Lui furioso
                  abbattersi senza limiti,colpire con
                  forza ciò che di lei trovava,con impatti
                  così forti che parevano volerla
                  distruggere,ma ritraendosi
                  dopo ogni tentativo.Lei, orgogliosa
                  e ferma, opporsi ad ogni nuovo attacco,mostrando il
                  petto fiera, ogni volta più debole ma
                  rinfrancataad ogni colpo
                  respinto.Ho osservato gli
                  amanti nel loro eterno toccarsi ed
                  allontanarsi,cercarsi e
                  respingersi, inesorabilmente condannati ad essere
                  uniti.Mai un amore
                  così grande avevo vistocome tra mia
                  madre,la
                  terrae mio
                  padre,il mare.
 
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         | 
               
               
               TORNA
               ALL'INDICE
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               GIANLUCA
               PRATICÒ
Luna
               
               
                      
La luna
               è triste staserae il gufo
               ha smesso di fischiaree tu, lupo,
               non cercarla,la luna
               è sorda stasera,non sente i
               tuoi ululatiE
               così, per noi vagabondi,non ci
               sarà confronto,non ci
               sarà via d'uscita.La luna
               stasera si specchierànel
               bicchiere di un ubriaco,nel seno di
               una meretrice,negli occhi
               di un orfano abbandonato.Illuminerà,
               con i suoi colori opachi,questa
               terra aridae l'astio
               delle nostre anime la
               proteggerà.L'ho sempre
               detto, luna,che non sei
               una regina di cuori.La luna
               è triste stasera.
Canzone
               metropolitana
Ai bordi
               del borgo voci mai liberate,dalla gola
               strozzata, anime annullate,Ai bordi
               del borgo rimescolando le cartee le parole
               che poi sbarreranno le strade,Ai bordi
               del borgo senza acqua e sapone,il cielo
               è di fango e le facce di
               cera,Ai bordi
               del borgo, un ricatto, un
               piacere,fra
               quell'urlo profano dei rifiuti del
               mondo.
               
               
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                  LICIA
                  ROVERI GALLI
 
                        Opera
                        segnalataIl gregge ha
                        camminato
Il gregge ha
                  camminato lungo questa via,ha lasciato i
                  prati dove sonoche sanno
                  già di nebbie.Ha lasciato le
                  valli e gli arrabbiati fiumie i monti che
                  giorno dopo giornos'incappucciano
                  di bianco.Ora attraversa
                  di certo la pianuracon gli
                  orizzonti aperti e un grande cielo.Passa dove i
                  pioppihanno ancora le
                  foglie canterinee i casolari
                  hanno i tetti rossicon il sole di
                  fuoco all'orizzonte.Cammina lento il
                  greggee arriva quasi
                  al maredove brillano
                  come stelle le lamparedove ci sono
                  altri fiori altre gentiche cantano di
                  sogni e stessi amori.E mi
                  paredi sentire le
                  ondedi sentire il
                  profumoquel profumo di
                  alghe e pesci e sabbiae
                  risatee mani
                  strettee gioia di
                  bambina.Cammina il
                  greggee s'è
                  portato viala mia anima e
                  il cuore.E mi ha lasciato
                  solo nostalgiaio che devo
                  restareio che non posso
                  andareche non posso
                  tornaread ascoltare
                  l'ondadel mio profondo
                  mare.
                  
                  
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               TORNA
               ALL'INDICE
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                  VALERIO
                  SANTORO
 
                        Elegia
Potessi solo
                  sfiorare i capellilunghi biondi
                  odorosiil gentile
                  crine, fiuente alle spalleche l'aura del
                  mattinosconvolge e,
                  disordinata, sollazzaspandendone
                  l'aroma.Sfiorare quelle
                  bianchissime gotetinte appena dal
                  sole,soppesare
                  sospirando il vellutoche la sua pelle
                  espone.Se potessi
                  baciare la sua frontementre chiude i
                  beati occhigrandi, tondi,
                  del color della terrasfiorando, poi,
                  le palpebree questo naso
                  levigato, appoggiandomiall'umide sue
                  labbracarpendo il
                  caldo affiato dello spiritoassaggiando il
                  saporeacre e fruttato,
                  o le gambe sue snelleche
                  disinvoltamentemuove con
                  leggiadro e leggero passocome ali di
                  farfallale lunghe e
                  rosee dita della manoaffusolate e
                  lieviche con grazia
                  ella gesticola, dolcissima;nei suoi modi
                  gentilisempre né
                  mai scomposti mi smarriscobramandone
                  l'abbraccioché il
                  suo calor scaldi anima e cuoree possa
                  addormentarmisul morbido
                  ventre ansimante suodopo aver
                  sussurratoai lobi
                  tenerissime parolee languidi
                  singulti.
                  
                  
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                  SALVATORE
                  SCUDERI
 
                        Pioggia senza
                        Voce
Il cancello
                  separa il cortiledalla frenesia
                  d'un buco in mezzo la forestae quel giardino
                  guarda noi giocarecome biglie in
                  libertàdallo sbatter
                  d'ali in una piazza di favole.La ringhiera
                  stona il coloredal vento che
                  sposta le mine inespresse, inesplosee lì, un
                  nero contorna gli occhi, d'indefinibile
                  tenerezzabimbo che ruba
                  la guerra, palle da biliardo nelle manisaziano le ombre
                  lasciate come fossero fiabe.Il tunnel
                  allarga le stradema le carrozze
                  vanno e vengonoslacciano i
                  puledri, slegano gli zoccoliper far correre
                  nel fiume che non ha più saporeindifferenza,
                  sfibra un'animain un cuore che,
                  combatteper un
                  passoche nulla ancora
                  intravede.
                  
                  
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               TORNA
               ALL'INDICE
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                  DIEGO
                  VERRA
 
                        La venuta del
                        santo
 Ergo viene dalle
                  terra natiacon mani callose
                  e con voce tonantevive tra passi
                  di uomini stracchie domande su chi
                  erano gli antichi padroniErgo afferra la
                  preda morenteper darla ad una
                  donna conosciuta lontanomentre scende
                  l'esercito dalla luce dell'estchiedendo
                  perdono per compiute malefatteI cavalli
                  smettono di battere il tempoil saio mostra
                  il volto del fratel'abbaio dei
                  cani dinanzi a quel sanguetra lacrime
                  preghiere scetticismo e risateErgo tocca la
                  spada dell'uomoche cadendo
                  sente la vita che nascela bocca
                  assaggia il calore e la mortee la bava scende
                  dalle labbra mastinetrema la terra
                  sotto deboli gambee si innalza
                  l'altare dell'eterno perdononel baratro
                  cadono gli avversi soldatimentre spuntano
                  ali sulla schiena dei pochiEsplodono lampi
                  dai lati del mondosi spezzano lame
                  dal fuoco plasmateal mattino il
                  risveglio degli umani rapacicircondati dal
                  tempo che inizia la vitaSi innalzano in
                  volo accecati dal solesbattendo le ali
                  come aquile in fugasi sentono i
                  cuori che montano sanguesvanendo per
                  sempre nell'abbraccio del saio.
                  
                  
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                  ANTONIO
                  ZANNINO
 
                        Il vecchio e il
                        cane
Vecchio
                  uomo!la barba un po'
                  incolta,in disparte,
                  nessuno t'ascolta.I capelli dagli
                  anni imbiancati,tra le gote dei
                  solchi scavatidal tempo che
                  scorre veloce,e le mani
                  tremanti, e la voce.Sempre solo, non
                  parli a nessuno.Dei compagni
                  è rimasto qualcuno,parcheggiato
                  vicino alla morte,ch è
                  segnata oramai la lor sorte.E i nipoti? Non
                  hanno bisogno,sempre attivi ed
                  inseguono un sogno.Vecchiarello!quell'aria un
                  po' stanca,ai giardini, su
                  quella panca,a spiegar ad un
                  cane fedele,che la vita era
                  zucchero e miele!"T'ho mai detto
                  di quand'ero bambino?"e lui attento,
                  ed ancor più vicino.La tua mano gli
                  accarezza la schiena,e ricorda e la
                  sente la pena.Era solo in
                  quegli anni al canile,e ha raggiunto
                  un'età ormai senile.Ansimando si
                  mette già in posaDi chi ascolta,
                  se dici qualcosa."cosa vuoi,
                  è così che va il mondo!sempre a galla
                  finché tocchi il fondo.Però,
                  adesso lo sai che ti dico?Ora so che
                  cos'è un vero amico!"
                  
                  
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               TORNA
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                  Ins.
                  10-10-2007   |