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Mariù
Baso
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- Nata a Milano, ex docente di stenografia.
Autrice di un testo scolastico "Stenografia - sistema
Gabelsberger-Noe" ed. Calderini di Bologna. Docente
all'Università delle Tre Età di Milano.
Accademica dell'Accademia italiana di stenografia "G.
Aliprandi" di Firenze, nonché socio fondatore.
Pittrice, ha esposto ad una mostra collettiva con
riconoscimento di diploma, Concorso di Pittura sotto
il patrocinio della Regione Lombardia, Provincia di
Milano, Ente Provinciale Turismo. Studiosa di Storia
della scrittura, docenza all'Unitre. Scrive da
moltissimi anni, dedicando ad amici liriche e canzoni
in occasioni di cerimonie ufficiali di alto valore.
Non ha mai pubblicato.
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- Noi tre
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- Accanto a me
- nel lungo cammino della vita
- due amiche sempre
- vicine mi son state,
- io bambina, che per mano tenevo
- me vecchia, canuta e stanca.
- Io bambina la reggevo
- e senza parlare
- guardavo lontano,
- la vecchia non vedevo.
- Io, in mezzo a quelle due
- guardavo la bambina e sorridevo,
- la vecchia non vedevo.
- Or che vecchia son diventata
- più non son in mezzo a quelle
due,
- loro prima son di me
- e si tengono per mano.
- Io sola or mi trovo,
- allungo il braccio stanco
- per unirmi a loro
- per parlar di cose fatte insieme
- d'illusioni e delusioni.
- Noi tre ora unite siamo
- in un sol io,
- aspettando un raggio di luce,
- di luce di umanità,
- luce di Dio che consola
- per non sentirmi sola.
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- Maria
Luisa Beck Peccoz
Spanò
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- È nata a Carpeneto d'Acqui (AL). Ha
vissuto a Genova. Si è laureata in Economia e
Commercio. Sposata a un nobile italo-bavarese, risiede
in Baviera, a Kuehbach, tra Monaco e Augusta. Ha tre
figli, due maschi e una femmina e scrive poesie da
sempre. Per se stessa.
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- Assenza
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- Ancora,
- quasi senza accorgercene,
- abbiamo perso un giorno.
- E una sera.
- La luna, la stretta falce di luna,
- cresce velocemente
- sulla curva del cielo,
- ma non può illuminare
- la nostra vicinanza.
- Dal buio della notte,
- dal fresco acuto della notte,
- vestita solo
- delle ombre dolci e dell'aria
- del mio giardino,
- osservo l'oscurità
- salire e avvolgermi,
- come un mantello di tenebra.
- Dove sei?
- Tento di inseguire le tue parole
- che non sento.
- Sono troppo lontane le tue parole.
- Il crepuscolo ne ha cancellato le
tracce.
- Cerco i tuoi gesti e i tuoi pensieri
- col bianco bastone della memoria
- come un cieco cerca un varco
- in una strada affollata
- e mai percorsa.
- Anche i tuoi pensieri mi sfuggono
- aquile lontane che non si lasciano
- catturare.
- Aspetto che il vento mi porti
- in mezzo agli aromi dei fiori
- il tuo profumo inebriante, salato e
- selvaggio.
- Ma questa notte è sterile,
- priva di brividi,
- cattiva, malata
- e indifferente.
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- Pamela
Bonechi
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- È nata a Montecatini Terme il 13
settembre 1975, vive a Pieve a Nievole, un paese nella
provincia di Pistoia. Sin da quando aveva dieci anni
le parole e la ricerca delle stesse impegnano le sue
giornate; ha deciso solo per questo concorso di far
leggere le sue poesie, soltanto per dire agli altri
che ogni momento della giornata può essere
valido per rendersi conto che essere se stessi
è più facile di quanto si pensi ed per
aprire quello spiraglio di cuore inoltrandosi in un
mondo ormai obliato, quello dei veri sentimenti.
È diplomata come ragioniere e perito
commerciale ma lavora come commessa da tre
anni.
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- Musica e parole
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- Quando l'anima sussurra dolcezze
- si sente l'eco nel profondo del cuore.
- Ciò che siamo non vorremmo
- ma tutto si anima dentro di noi;
- le onde vibrano nei suoni
- immancabili e struggenti
- i sogni lucidi al mattino,
- le tenebre che circondano l'universo
- sopra e sotto di noi, vuoto di niente.
- Solo sogni, favole e dimensioni
- coinvolgono i nostri pensieri;
- le lune ci ostacolano e si
- continua a sognare,
- miracolosamente bello
- sentirsi ancora vivi fuori da qui
- ma dentro il potere dei nostri sensi
- dove libere sono le idee.
- Quando l'anima sussurra dolcezze
- si sente l'eco nel profondo del cuore.
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- Libera visione
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- Luci di fuoco languono
- di dolore e gelosia
- contrastano di gloria e poesia
- nella luce dell'alba marina.
- Immagini ed emozioni
- emergono nell'ingannato
- senso dell'orgoglio e del
meraviglioso.
- Candide sono le sensazioni
- omogenei e crudeli i sorrisi,
- pure e felici sono le parole
- che vagano nel grande paradiso
- sconosciuto amore.
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- Gaetano
Caricato
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- Risiede a Roma. Così si definisce nella
sua nota biografica:
- «La poesia, come la musica, è la
voce dell'anima che, vibrando all'unisono con le gioie
o le sofferenze che l'esistenza le arreca, ne lascia
una traccia più o meno indelebile. Ho avvertito
sin da piccolo questa esigenza, ma sono stato sempre
severo con me stesso. Ho avvertito che se l'Arte deve
contribuire ad elevare lo spirito delle creature, e a
purificare i suoi sentimenti e i suoi pensieri, per
penetrare negli abissi misteriosi dell'anima umana e
dell'intero Creato, è fondamentale il progresso
scientifico. Ed essendo ugualmente innamorato della
Poesia e della Fisica Matematica, ho voluto percorrere
entrambe queste strade. Ho dedicato finora molto
più tempo alla Fisica Matematica conseguendo
risultati concreti che mi hanno permesso di insegnare
questa disciplina dapprima nell'Università di
Napoli Federico II e poi nell'Università di
Roma La Sapienza. Ma ora che desidero compiere una
sintesi del lavoro da me finora svolto, sto
riprendendo in mano anche le pagine di poesia scritte
per soddisfare i bisogni dell'anima: tracce e
frammenti di brama di vita, contemplazione del Creato,
profonda pace, gioia o sofferenza o tormento. E
lentamente le affido alla Storia».
-
-
- Solo pensieri soavi e
gentili
-
- Con le braccia distese come l'ali
- d'una piccola rondine ai suoi primi
- tentativi di volo!
- Dal bruno visino che al contorno
- ha una folta chioma di ricciuti
- neri capelli limpida traspare
- una gran gioia di schiudersi alla vita
- come una fresca rosa che all'aurora
- inondata dal Sole dischiude
- i suoi carnosi petali odorosi.
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- In frasi inafferrabili talora
- traduci i tuoi pensieri, e ne sei
lieta
- e par che intorno a te letizia uguale
- tu voglia diffondere.
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- Oh bimba
- che hai l'anima Chiara come il nome
- possa restar crescendo così
pura
- e il viso, le parole, gli atti tuoi
- solo pensieri soavi e gentili
- inducano a sbocciar negli altri cuori.
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- Maria
Rosaria Cau
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- È nata nel 1944 a Villanovafranca (Ca).
- Giovanissima si è trasferita a Milano;
vive e lavora a Cesano Maderno (Mi). Scrive sia in
prosa che in poesia.
- Ha recentemente pubblicato l'autobiografia Una
medium allo specchio; la silloge di poesie Espressioni
poetiche, per la quale ha conseguito nel febbraio '93
dall'Accademia Ferdinandea di Lettere, Scienze e Arti
di Catania attestato di merito; e l'ultimo libro dal
titolo Gicaro il killer dell'amore, premiato con
diploma d'onore nell'ottobre 1997.
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- La vita
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- La vita
- è quella bimba
- che cresce in me
- mi tiene confusa
- nella sua bianca chioma
- le spalle curve
- e solenne s'alliena
- al mio cuore di bimba,
- saltella festosa, bizzosa
- nei briosi girotondi infantili,
- gioca a nascondino
- e la sua bianca chioma
- fa capolino.
- Mi vuole in sua compagnia
- la vita.
- La ripudio
- mi insegue
- diventa un seme
- un albero, un fiore
- diventa Amore.
- Poi si cheta, scompare.
- La cerca pel vie del mondo.
- Infine un respiratore automatico
- mi piego all'amore,
- come un pino torto dal vento
- appassisco come un albero
- senz'acqua e senza luce
- ed al tum-tum del by-pass che batte
- t'invoco.
- Riappari come madre contrita.
- E io, or, t'imploro e ti Amo:
- Vita, ti prego
Rimani.
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- Sandro
Ciapessoni
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- È nato a Tremezzo (CO) nel 1924, risiede
a Padova. Scrive quanto l'esperienza gli ha insegnato
nel corso della sua vita.
- Cerca d'illustrare con lo scritto le diverse
emozioni provate e che tutt'ora prova , le dolci e le
amare, le spine di questo «roveto umano», ma
rigorosamente sincere, monde da fiocchi inutili di
inservibili orpelli.
- Memorie antiche di orizzonti puri, quali egli
vive.
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- Ti
guarderò
-
- Sì!
- Ed io ti guarderò
- al lume di candela,
- ma sul tuo viso io troverò
soltanto
- il bianco velo di trasparente
- e dolce tua malinconia.
- Nullo timore
- potrà turbare il mio guardare,
- ché i segni della vita
- saran per noi, soltanto,
- ombre forbìte e care
- delle passate gioie e dei dolori:
- così, come
calar del sole
- si spegne nell'occaso.
- Ti guarderò col sole e con le
stelle,
- la sera al polenilunio, al par di
Bice.
- Nel dì di maggio
- nell'ore tue serene e dei ricordi,
- al raggio della luna incantatrice
- ti rivedrò in tua contrada
antica.
- Nel silenzioso immoto della notte,
- ti ruberò il segreto del
sorriso.
- Ti guarderò con gli occhi del mio
cuore
- nell'incantevol pace dei giardini
- tra le camelie in fiore
- e il lago che ti arride.
- Saran negli occhi tuoi
- le Nàiadi celesti,
- rinchiuse allor col cielo.
- Ti parlerò con semplice
dolcezza
- delle sublimi essenze del creato
- e pianto alcuno scorrerà sul
viso,
- se non di gioia e di allegrezza
e
tanto.
- Soffice brezza simile a zeffiro,
- sotto le stelle, bacerà il tuo
viso
- e mano nella mano
- noi sognerem Morfèo
- col fragile respiro.
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- Alessandra
d'Ovidio
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- All'ombra del vecchio albero
- di fico, nel giardino degli zii,
- si stava bene d'estate. Il glicine
- fioriva coi suoi bei grappoli
- lilla e viola lungo il muro giallo
- dell'autorimessa e profumava l'aria
- d'antico. La vita era come assopita
- nel sole caldo del pomeriggio,
- nessun presagio sfiorava le rose.
- Solo le ortensie blu dietro casa
- scuoteva un brivido di stupore,
- a passi inattesi sul vialetto.
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- Vola, piccolo gabbiano,
- verso terre lontane,
- dove le colline sono ancora verdi e
felici
- e le acque del mare scintillano,
- nel grembo universale della
rivelazione!
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- Margherite, figlie del sole,
- nate per gioire
- una sola volta e mai più,
- in questo attimo di luce.
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Alessandro
De Fusco
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- È nato il 1° aprile 1967 a Livorno,
dove risiede.
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- Dietro di sé
- lasciò il suono
- sopra l'immensa distesa
- Vide le parole dissolversi
- nel finito arco di cielo
- Come la luce del lampo
- accarezzò l'ansimante
oscurità
- fuggendo
- Riposò in case crepate
- sino alla viva carne
- Con ali di velluto
- volò su terre sconosciute
- e mari senza nome
- umidi segreti
- e desideri fatti sguardo
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- Fu Re
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- di terre sconosciute e mari senza nome
-
-
-
- Ricami d'incenso e oro
- &endash; impossibili ai più
&endash;
- donano miraggi
- sinuosi come melodie di sapienza
- Alberi d'arcobaleno
- dal nero inchiostro
- e fatali arpeggi
- sommessi si dissolvono
- nelle ombre del rimpianto
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- Vapori di veleno
- dai vuoti scrigni
- sbocciano in fiori di muto colore
-
-
e i candidi uccelli
- sulle livide carni
- la loro immagine lasceranno
-
-
-
-
Alessandro
De Nardi
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- Sabbia
-
- Consumare la notte
- tra le tue labbra
- consumare la spiaggia
- tra le tue mani
- ma consumato sono io
- frastagliato più d'un
- corallo
- di radici labili.
- Trovare un'uscita
- dai miei sguardi
- e spegnere desideri:
- mi serve vino
- e muri alti
- più delle mie paure.
- Vivo? Vivo? Vivo?
- Riflesso sul selciato
- granuloso di una strada.
- Ombra nell'ombra.
- Mi perdo in occhi
- laghi d'inverno nei crateri
- di vulcani morti
- e dietro
-
dietro respiro il teschio.
- Come affrontarti,
- palpebre e
- sorrisi sincronizzati?
- Come sudare nella tua mano?
- Come riprendere fiato e
- continuare a scivolare?
- Spengo luci lumi lune stelle:
- parallelo all'erba
- mi consuma il rimorso
- la nostalgia delle tue dita
- e il vizio del ghiro.
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- Ugo
Entità
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- È nato a Catania dove ha compiuto gli
studi classici e trascorso una giovinezza ricca di
frequentazioni intellettuali con artisti e scrittori.
Salvatore Quasimodo nel 1960 esprime parole di
compiacimento e lode nei confronti della lirica
Ricostruiremo scritta dal giovane poeta l'anno
precedente.
- Ha pubblicato in riviste e giornali e nel 1995
la silloge Acrocoro (Rosso & Nero Edizioni) che
è stata recensita da: Teresio Zaninetti, Flavia
Lepre, Lorenza Curatola, Maria Grazia Lenisa, Lucia
Battaglia, Carmelo Depetro, Jole Zangari.
- Premio di poesia Città di Gozzano;
Premio della critica Svizzera.
- È redattore della rivista letteraria
Colophon.
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- Ricostruiremo
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- Un fascio d'uomini
- ed una scure in mezzo
- legati comer vermi di cicuta
- il vessillo di un gruppo
- di dementi che a nome di un'idea
- nata gramigna
- ci uccisero gli scheletri e le labbra
- E grappoli si videro di corpi
- appesi agli alberi della Rsistenza
- con la pelle macchiata
- di ciliegie
- e l'anima bucata di pallottole
- sporca delle sevizie dei nazisti.
- Non c'è goccia di pesco né
d'ulivo
- né lacrima di madre
- né carezza
- che lavi i corpi degli antifascisti
- sputati come sterco
- nelle fosse.
- Soltanto un fiume li potrà
legare
- di nuovo come nuvole ammucchiate,
- un canto che si levi dalle pietre
- dai muri delle case e dalle fonti,
- senza vena di sangue in mezzo
all'acqua.
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- Ora ondeggino libere le spighe
- da nuove ferite e bagliori di carne
- per portare un amglio di speranza
- All'Italia che noi ricostruiremo
- luna su luna e valli di foreste.
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- Mentre munge sputi di ebrei
- Eichmann il nazista,
- da dietro il vetro della sua follia.
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- Teresa
Latini
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- È nata nel 1951 in Collamato (An) dove
vive. Ha partecipato con successo al concorso Poesia
'96, pubblicando una prima raccolta di poesie Essenza
nella collana Nuova Poesia Contemporanea per la casa
editrice Libroitaliano. Ha in corso di stampa la
partecipazione al volume antologico Terzo Millennio di
testi poetici di poeti italiani
contemporanei.
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- Tempo perduto
- Per sfuggire
- Ad un'esistenziale realtà,
- Mere illusioni
- Nel camminare
- A testa bassa,
- Sfuggendo la realtà,
- Essa ti trascina,
- Come la corrente di un fiume,
- Che sembra cheto
- Ma non è mai fermo.
- Inquietanti domande
- Che mai rispondi,
- Al cuor non confondi;
- Soluzioni inesistenti.
-
- Piacevole sensazione
- Adagiarsi sulla culla del fiume,
- Lasciarsi trasportare,
- Ugualmente il tempo perduto
- Non lo riprendi mai,
- Allora ti accontenti
- Di quello che hai!
-
-
-
- Lucia
Lupini
-
- Insegnante elementare, coniugata, ha tre figli.
Scrisse molte note intorno ai quarant'anni, ne ha
scritte ancora negli ultimi tempi. Ha esordito nel
1995 partecipando al concorso 4° premio di poesia
dell'Associazione culturale 1° Uomo della
città di Alba Adriatica risultando seconda
classificata con la poesia Enigmistica Vip. Nel 1996
allo stesso concorso, per il quarantennale, si
è classificata prima con Da Tortoreto ad Alba
Adriatica.
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- Il telaio
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- Notte e dì
- senza posa
- preziosi panni
- hai tramato,
- tanti
- di tue fatiche
- hai vestito
- mai
- di drappi
- ti sei parato.
-
- Una voce.
- Il Direttore
- sentenzia:
- «Da rottamare»
-
- «Oh, no.
- Datemi un drappo
- ch'io belle
- renda le stanche membra!»
- «A che serve
- ormai?
- Presto
- finirai in fonderia!»
-
- «Cosa mi dici mai?
- Da così poco tempo
- ho fatto ingresso
- in questo sito
- nuovo fiammante
- baldanzoso e forte
- tutto d'acciaio
- e rilucente
- e certo ero
- che mai
- sarei finito!»
-
-
Valeria
Magnelli
-
-
- Cronicario
-
- Ad Alda Merini (poetessa milanese)
-
- Pugni, calci, rimbrotti,
- urla dolenti, nella notte silenziosa,
- tumultuoso e disperato risveglio
- dell'anima aggrappata a parole
sabbiose.
-
- COGITO ERGO SUM?
- Abbraccio il cuscino fino a soffocare il
respiro,
- fino a farmi male,
- fino a risalire annaspando
- nel fiume dei miei pensieri,
-
- sola, sola nel corpo offeso,
- nuda e trepidante d'amore
- bevo sorsi di vita e rido della mia innocente
follia.
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-
-
- Solitudini
-
- Coriandoli di vite che non hanno nome,
- sparsi nel tempo siderale,
- danzano senza mai incontrarsi,
- rincorrono squarci d'azzurro nel crepitio dei
cuori
- raccolgono sorrisi da volti ignoti,
-
- scagliano dardi infuocati nell'opaco
- e irridente silenzio del mondo;
- ricadono al suolo tramortiti
-
- cari pezzetti di carta, logori,
- come vecchi giocattoli ammucchiati in un
angolo
- riposto della stanza dei ricordi,
- abbandonati troppo in fretta da bimbi stanchi
di giocare.
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-
Carla
Mortara
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- È nata a Mogadiscio (Somalia), dove ha
trascorso l'infanzia e l'adolescenza. Rientrata in
Italia, per la professione dei genitori dipendenti da
Ministeri italiani, si è stabilita a Roma,
divenuta sua città elettiva ed amata
visceralmente, dove ha ultimato gli studi liceali ed
universitari fino al conseguimento della laurea in
materie Letterarie. Ha insegnato per trent'anni negli
istituti d'Istruzione secondaria di 1° e 2°
grado sia in Svizzera, come dipendente dal Ministero
degli Affari Esteri e dal Ministero della Pubblica
Istruzione, che in Italia, nel Viterbese ed
ultimamente a Torino, in cui si era trasferita per
ragioni coniugali e dove è rimasta anche dopo
essere rimasta vedova fino al pensionamento anticipato
per motivi di salute.
- I suoi interessi principali sono sempre stati e
sono la Psicologia, la Letteratura romantica ed
odierna inglese e americana e la Letteratura e
filosofia orientale, che le hanno aperto nuovi
orizzonti esistenziali e spirituali, fattori
importanti per la sua evoluzione umana, psicologica e
spirituale, e, naturalmente, la Poesia, nazionale ed
internazionale. L'autrice ha già pubblicato due
testi poetici: Quattro mura ed uno specchio con la
collana Ellemme dell'ed. Lucarini di Roma ed Emozioni
con la collana Euphorbia della Tirrenia Stampatori,
che rispecchiano, come l'attuale L'impronta di un
dono, Ed. Lo Faro, Roma, la sua profonda
sensibilità e comprensione per tutti gli esseri
viventi ed il grande Amore per la Natura, la bellezza
in tutte le sue forme e manifestazioni e la Vita.
-
- Città
invisibili
-
- Città invisibili
- dalle mura di iridato
- cristallo, vi innalzate
- nell'azzurra immensità
- tra opalescenti trasparenze
- di nuvole orlate di pallido
- rosa del sole all'ultimo
- tramonto.
- Brillate cristalli
- iridescenti delle città
- invisibili e vi ergete
- in gotici archi e portali
- verso il sole che si
- specchia in voi dandovi
- luminosità inaudite e
- solari vibrazioni di luce
- d'oro fluido.
- Corali astrali si spandono
- tra i limpidi specchi delle
- vostre mura e arpeggi divini
- risuonano nei chiostri delle
- vostre adamantine chiese
- svettanti al cielo e nei
- nascosti giardini dei vostri
- palazzi di azzurre trasparenze.
- Le arpe suonano al delicato,
- agile tocco di dita fatate
- e per l'infinito spazio
- le note vanno a risvegliare
- i cuori degli uomini intorpiditi
- dall'arido egoismo.
- Magici prismi cristallini,
- siete viste solo dagli
- esseri dal cuore puro
- dal bimbo che nasce
- a nuova vita.
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-
-
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Giulio
Mudu
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- Autodidatta, nato il 5 febbraio 1936 a Ussana
(Ca) ed ivi residente fin dalla nascita. Scrive da
sempre, limitatamente a quei brevi spazi di tempo che
la sua professione di agricoltore gli concede. Solo da
pochi anni, partecipa a qualche concorso letterario
ottenendo i seguenti risultati: segnalato al premio
letterario Città di Corciano (Pg) 1994;
menzione speciale al premio letterario Città di
Dolianova (Ca) 1994; menzione speciale al premio
letterario G. D'Annunzio Pescara e finalista la premio
letterario Città di Panicarola (Pg) 1995;
menzione di merito artistico al premio internazionale
Gabriele D'Annunzio Pescara 1996; menzione speciale al
premio internazionale poesia e narrativa Surrentinum
Patti (Me) 1997. Inoltre, svariate poesie sono state
inserite in antologie, fra cui: La Rocca
1997.
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- Opera segnalata dalla giuria
-
- Non cancella
-
- Il tempo non cancella
- ogni dolore
- e la vita è breve
- per dimenticare,
- ha solo la durata
- di un bel fiore
- e si disfiora
- appena si fa bella;
- (io porto le radici
- dentro me
- di questo bene grande
- come il mare,
- profonde nel mio cuore
- come amaro Oleandro
- nella rena,
- e mi pulsa
- nel sangue delle vene)
- ma fugge sempre
- e mai si ferma
- a farti riposare,
- e si fa più nera
- ogni nube trascorsa
- nel pensiero,
- si fa più cara
- ogni cosa perduta,
- disseccata
- dal vento della sera.
-
-
-
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Elisabetta
Oppici
-
- È nata il 24 marzo 1979 a Parma, dove
attualmente frequenta il Liceo Linguistico. Interpreta
la poesia come l'armonia dei contrari che convergono
nel tutto.
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- Né più veli
- offuscano la vista.
- Tremo.
- Temo
- che dischiusi gli occhi
- la tua ellittica bellezza
- rifugga
- la mia pelle odorosa.
-
- Adagio
- il capo sui tuoi fianchi;
- non odo rumore alcuno.
- La mia anima
- è sola
- e pigro,
- il mio corpo si ricompone,
- perché il vento
- faccia meno male.
-
- Moristi
- ancor prima di donarmi
- la Vita
- che ansava in te.
- La tua bellezza
- è vento
- oblio
- stanchezza.
- Anime
- si perdono
- nel tuo deserto d'aria.
-
-
-
-
Gabriele
Ortu
-
- È nato a Gadoni (NU) nel 1933. M.M. "A"
delle Trasmissioni, in pensione. Maturità
Magistrale. Sposato con tre figli, risiede a Cagliari.
Dedica il suo tempo libero a scrivere racconti e
poesie nelle varie parlate della lingua sarda e
italiana. Ha conseguito risultati nei seguenti
concorsi: 2° premio Città di Quartu S.
Elena, poesia lingua italiana, 1990; 1° premio
Città di Sinnai, poesia lingua italiana, 1991;
3° premio Gallura Calangianus, poesia lingua
sarda, 1991; 2° premio F. Alziator, Cagliari,
racconto lingua sarda, 1993; 3° premio
Città di Dolianova, poesia lingua sarda, 1993;
1° premio Cosarda, Cagliari, racconto lingua
italiana, 1994; 3° premio Mandela, Cagliari,
racconto lingua italiana, 1995; 1° premio
Città di Dolianova, poesia lingua sarda, 1995;
1° premio La Lode, Roma, poesia lingua italiana,
1996; 1° premio I. Cogotti, Villacidro, poesia
lingua sarda, 1996; 5° premio Marguerite
Yourcenar, Melegnano, poesia lingua italiana, 1996;
8° premio Scriviamo un libro insieme, Torino,
sezioni prosa e poesia, 1996; Ha pubblicato
Camminando, una silloge di trentasei poesie nella
collana Al di là del 2000, Penna d'Autore,
Torino, 1996. Sue poesie sono state pubblicate in
diverse antologie e riviste. Ha inoltre ricevuto
menzioni e segnalazioni in diversi altri concorsi
letterari.
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Casa di
dolore
-
- Sotto il ponte, che casa di dolore
- e miseria si è fatto per te,
- agiti pochi stracci sbiaditi,
- amico senza nome e senza amore.
- Calore vorrei darti, ma le note
- piuttosto stonate delle canne
- del mio semplice zufolo trascina
- via, il vento della vita, tra spirali
- contorte di progresso e senza posa.
- Passa il vento e abortisce le parole
- inutili, e l'inutile pietismo.
- Sulle tue labbra stanche, la preghiera
- si distende sublime, tra le canne
- che il vento freddo piega, nella sera.
- Io non so se potrò cantare
ancora,
- ma se questo sarà ancora
concesso,
- la notte muterò in luce
splendente
- e con l'arpa, terrò mille
concerti
- per te, caro fratello, senza nome
- che giaci sotto il ponte, desolato.
-
-
-
- Alessandra
Paganardi
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- È nata a Milano il 22 novembre 1963.
Sposata con due figli, è insegnante di materie
psicopedagogiche in un istituto superiore. Sin da
bambina ha nutrito una spiccata passione per la poesia
e si è distinta per i brillanti risultati nello
studio, fino alla laurea con lode in Filosofia
conseguita quale allieva interna del Collegio
Ghislieri di Pavia. Nonostante una produzione poetica
praticamente continua dal 1977 a tutt'oggi, soltanto
da poco ha incominciato a partecipare a qualche premio
poetico, con l'eccezione di un unico concorso a
diciassette anni, Ciro Coppola per lo studente
italiano, in cui la sua poesia Adolescenza venne
segnalata nel 1981. L'autrice è infatti
convinta che la poesia sia un percorso essenzialmente
interiore, da sottoporre a maturazione tenace e
continua prima di venire divulgata. Ha vinto il
secondo premio al concorso Poeti dell'Adda
1997.
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- La parola
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- La parola è un oceano
- terso
- come gli occhi del tramonto
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- Nasce nel grembo
- del silenzio
- scolpisce l'invisibile
- nel soffio dei pensieri
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- La parola accompagna
- vagabonde visioni
- come un vento amico
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- e tutto
- ritorna
- nel sole
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- Il dolore
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- Il dolore
- non si grida.
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- Mare di pietra
- non si solca.
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- Lacrima condensata
- di respiro
- che non sa espandersi.
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- Poi goccia trasparente
- nel cristallo.
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- Così
- il mio viaggio.
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- Lina
Salvi
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- D'eco le tue urla
- la valle risuona
- avare le porte
- stantie al cicalio
- solo il fuoco
- a farti compagnia.
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- Gabbiani
- a riva appollaiati
- come uomini in cerca
- di cibo e dell'oblio
- voli dal respiro incerto
- ante dal vento sbattute
- agonia
- di un fare quotidiano
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- L'attesa
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- Si incammina una donna
- sull'esile passerella
- che dalla casa conduce all'arenile,
- unica via di collegamento al mare.
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- Corrosa dal tempo, ancorata alla
roccia
- come ultimo estremo desiderio.
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- Sceglie con cura i suoi passi,
- carezze da offrire ai sassi
- dei quali conosce ogni leviga
asperità.
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- Una sedia, l'attende riposta in una
- grotta
- tra schegge di legno e barche in
- disarmo,
- volge lo sguardo all'orizzonte
- poi lo riavvicina e sfoglia le onde.
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- Un sussulto, un gemito, un ricordo.
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Maria Chiara
Tozzoli
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- Nata a Roma il 14 gennaio 1971, si è
laureata in lingue e letterature straniere nel 1994
con una tesi su L'idea di energia in Juliette di
D.A.F. Sade. Attualmente è insegnante privata
di lingue e accompagnatrice turistica. Propone la
lettura delle sue poesie al Folk Studio di
Roma
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- Il tema
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- Chi siamo?
- Dove andiamo?
- (Niente di meglio per cominciare una
dissertazione o un tema di maturità)
- Svolgimento
- Chi siamo?
- Dove andiamo?
- (è sempre bene ripetere il titolo
- della composizione)
- L'uomo se lo chiede
- dalla preistoria
- (forse. Che ne sappiamo, del resto.
- Ma è meglio cominciare
dall'inzio)
- e ancora oggi non riesce
- a trovare una risposta.
- (analisi profonda dell'epoca presente)
- Nonostante il Buddismo,
- nonostante il Salutismo,
- nonostante il panda del WWF
- che ti fa l'occhietto
- nonostante la corsa al disarmo
- e i 1000 metri alle Olimpiadi di
Atlanta
- o la maratona di Roma Capitale
- che l'anno scorso ha partecipato anche
Rutelli
- (è male andare fuori tema. Ogni
digressione è altamente sconsigliata)
- Chi siamo?
- Dove andiamo?
- per concludere
- volevo dire che
- io una risposta
- ce l'avrei
- ma non ve la dico
- per rispettare
- le vostre opinioni
- in proposito.
- (Va bene come lunghezza?)
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- Anna
Ventaglieri
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- È nata a Ruvo di Puglia (BA) nel 1949 e
si è trasferita a Milano all'età di 11
anni. Dal 1984 è costretta
all'immobilità fisica a causa di un evento
traumatico. La fede e la poesia sono le sue grandi
compagne di viaggio, due ragioni di vita. Ha
pubblicato Speranza, Edizioni Otma, 1996; e Sotto la
pergola, Edizioni Nuove Scritture. Con la
partecipazione ai concorsi letterari è
risultata fra i segnalati del concorso Città di
Melegnano 1997; Melegnano (MI) e 5° classificata
al Premio Montale, Roma.
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Opera segnalata dalla giuria
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- Adesso tocca a
me
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- Sono stata per lunghi anni
- prigioniera di tante idee.
- Adesso, come un uccello
- canterò la mia libertà
- in questa seconda età.
- Se la memoria
- comincia a velarsi
- mi abituerò a prendere appunti,
- se il passo diviene pesante
- mi appoggerò
- al mio amico del cuore.
- Resterò con le lacrime
- di cristallo in mano,
- aspettando d'invecchiare.
- Signore illuminami la strada
- di quest'ultimo meraviglioso
- dono di vita.
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- Un tramonto
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- Ancora un poco ammiccherà lieve
- il sole tra le fronde del glicine.
- Poi non più. È il
tramonto.
- Sull'azzurro teso del cielo
- tracciano fili di seta nera
- le rondini. E stridono gaie.
- Il profumo di terra bagnata
- m'inebria, mi ricorda l'infanzia.
- Per un distaccato momento
- mi sento assurdamente felice.
- Ma la capinera posatasi vicino
- mi vede e vola via. Peccato!
- Il momento è fuggito
- con la testina nera e l'ali grigie
- ed avverto che il sole è
tramontato.
- Forse fa fresco qui stasera.
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- Andrea
Violi
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- È nato a Reggio Emilia il 2 novembre
1972 e ivi risiede. È in possesso del diploma
di maturità Classica, ed è studente
universitario a Parma presso la facoltà di
Lingue e Letterature Straniere. Ha pubblicato in
giugno '97 il volume di poesia Sessanta giorni,
Editrice Libroitaliano Ragusa.
- Ha pubblicato in marzo '98 con Montedit il
volume di poesia L'Araba Fenice.
- Come interprete e compositore musicale ha
pubblicato il suo primo C.D. nel gennaio
1997.
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- Una notte in
collina
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- Fermo,
- naso in su.
- Non si possono contare.
- Il Grande Carro
- luccica
- di fronte ai miei occhi,
- costellazione vanesia,
- sorniona.
- Prendo a ruotare
- su me stesso
- e il cielo si appiattisce
- in un foglio traforato.
- Sollevo, abbasso lo sguardo
- mescolando
- le lucciole
- alle stelle.
- Mi perdo,
- non trovo,
- non trattengo
- che un gratuito spettacolo
- di assoluta
- indifferente
- maestà.
- Allungo le braccia sottili,
- respiro.
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