Concorso
Letterario
Fonopoli
1998
Sezione
Poesia
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- Classifica
concorso Fonopoli 1998:
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- 1° classificato Marcella Di Bartolomeo con
Padre mio
- 2° classificato Francesca Scarrica De
Santi con Vitamortevita
- 3° classificato Lidia Pieri con
Mani allo
specchio
- 4 classificato Claudio Bellini con
L'immenso vuoto delle nostre
carezze
- 5° classificato Daniela Perra con
Sei terra ferma e
lontana
- 6°classificato Filippo Inferrera con
Reticolato
- 7°classificato Luigi Rezzoagli con
Urlo
- 8°classificato Assunta Coppola con
Mendicante
- 9° classificato Francesco Fronzari con
senza titolo
- 10° classificato Sabrina Marchetti con
Frammenti di
cielo
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- 1° classificata
- Marcella
Di Bartolomeo
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- Padre mio
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- «Ramo secco io divento.
- Tu, virgulto mio,
- prendi le mie gemme
- fanne grandi foglie
- presentale alla luce
- preparale al distacco,
- quando l'essenza loro
- imploderà fino alle radici,
- le mie radici,
- le tue».
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- Padre mio, grande quercia,
- i tuoi germogli incompresi
- ora sono crisalidi d'oro,
- operose gocce di pianto
- e rari semi di virtù.
- Vorrei farne collana di spine
- da sgranare come un rosario
- da narrare come un vangelo
- da indossare
- da difendere.
- Il tuo non è più quel
sangue
- che un giorno si versò laddove era
già macchia,
- il tuo adesso è il mio sangue che
corre
- io lo presenterò alla luce, e un
giorno
- lo ricondurrò a te
- ed alle tue radici,
- le mie.
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- 2° classificata
- Francesca
Scarrica De Santi
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- Vitamortevita
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- Ad una terra bagnata dalle acque vive
- che rigano gli occhi di tutte le terre
- e che fluiscono con andamento di mare
- e spinte di tempesta nei cammini
sotterranei
- darò il mio corpo, nel giorno di
silenzio
- in cui la morte, con il suo passo
ignaro,
- verrà, vuota come una pelle di
serpente,
- muta come una nave andata,
- grigia come l'odore del mercurio,
- nel giorno fra gli sterpi
- in cui il sole sarà nero e
freddo
- sopra le città ed i pianeti,
- proprio come i miei occhi ed il mio
sangue,
- e le stelle non avranno più parole
mortali
- né le tue carezze vibrazioni che mi
curino
- dalle febbri dei giorni e delle cose.
- Voglio che il mondo si riprenda le mie
mani
- con la pazienza della terra e degli
alberi
- e che abbracci il mio seno come un
bambino,
- che come cibo dolce si tenga stretto il mio
cuore
- affondato sotto il miele dei fiori,
- che sotterri la sua forza di vita nelle mie
viscere
- e plasmi le mie cosce alla foggia di due lunghe
palme.
- Voglio vagare nei fiumi come un pesce senza
meta
- e accostarmi alle radici dei boschi
- col mio respiro di vita, come fa un dio del
bene,
- entrare nell'anima stracciata di una rosa
morta
- ed in quella dei vulcani dove la terra
rinasce
- e si trasforma in sapori e dolori,
- in odori di madre e latte eterno.
- Sarò vento sulle cime
dell'Asia,
- pioggia nei porti d'America,
- sabbia che fruscia nelle rocce
dell'Africa,
- sarò la terra sotto i piedi del
futuro
- in una terra bagnata di acque vive.
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- 3° classificata
- Lidia
Pieri
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- Lidia Pieri
- 3° classificata
- mani (allo specchio)
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- (contro la notte per capelli l'inverno
- il tempo passa col suo bagaglio.
- passa come passano gli astri nel
giorno
- non visti.
- e ogni stella intorno alla notte
- fa il suo giro per caso
- e in ogni passo lascia un'ombra.)
- sono uno stoppino nero
- e brucia fuoco nella cera
- poi un soffio di vento d'intorno
- lo spegne.
- eppure mi lascio solitaria
- al cammino del vento.
- ogni volta.
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- (così parla la notte parole che non
sapevo
- di insoliti balli. per sipario pioggia di
luna.
- sola in mezzo all'universo
- nel mezzo del corso della notte
- con la voce fatta di silenzio.)
- su un palcoscenico
- pochi specchi e foglie secche.
- pochi passi luno un filo di nuvola
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- solo l'anima dentro infinita
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- così le pause fanno la scena
- (un pentagramma di stelle.
- ali di un'anima.)
- un pentagramma di luci e di ombre.
- si fanno possibili i sogni
- che poi si spezzano nel mare.
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- (il mondo semplicemente danza
- e a volte resta fermo
- dentro una stanza.
- cenere di fiore. cenere di stelle.)
- seduta a gambe incrociate
- batto le mani una volta
- e poi le sfrego una contro l'altra
- per un minuto e un minuto
- e per nessun minuto
- fino a essere leggera
- fino a che i tonfi non si fanno
silenzio
- (poi sotto gli occhi chiusi
- l'infinito appartiene alla notte. a un
punto.)
- un passo al contrario
- e un volo
- tra i colori di fuori e di dentro
infiniti.
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- ti do le mie mani.
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- (Roma, aprile 1998)
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- 4° classificato
- Claudio
Bellini
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- L'immenso vuoto delle nostre
carezze
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- Sono piccoli angeli
- nati a volte per sbaglio,
- sono fiori sotto la neve
- sbocciati nel vento
- gelido della sera
- e gettati allo sbaraglio.
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- Un figlio si schianta
- sulle pareti di un tunnel
- fatto di buchi inesorabili,
- annaspando nel rimorso
- di non avere concesso
- all'anima un ultimo desiderio.
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- Un figlio si nasconde
- nel buio di un anonimo cavalcavia,
- nell'attesa brutale
- di lapidare il mondo
- con la noncuranza dei fragili.
-
- Un figlio
- lo puoi ritrovare
- nella sala d'attesa
- d'una sudicia stazione,
- mentre nasconde con dignità
- sotto due strati di rossetto
- tutta la vergogna
- d'essere marchiato come diverso.
-
- Un figlio lo puoi rivedere
- per l'ultima volta
- disteso sopra un gelido
- letto di marmo,
- pilota della notte
- che ha perso la gara con la vita.
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- Sono aquiloni abbandonati
- nella mani della sorte,
- demoni senza peccato
- che masticano chewing-gum e morte
- per riempire l'immenso vuoto
- delle nostre carezze.
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- 5° classificata
- Daniela
Perra
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- Sei terra ferma e
lontana
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- Sei terra ferma e lontana
- scossa dal vento appena, ruvida
- zolla, erba selvatica
- maestosa escrescenza
- sei terra d'umana sembianza
- immensa giunonica e casta
- rimirata a distanza da chi, come me,
- intorno ti cammina,
- segue la tua traccia parallela
- fissa a te occhi ammirati
- terra irraggiungibile
- per volare sulla tua superficie
- quasi a sfiorarti prossima
- quasi pronta a sapere di te
l'inconoscibile
- piccola terra d'inestimabili
attrattive
- piccola umana terra
- e prati e montagne e fiumi candidi
- tu offri a mani a bocche
- a languidi pensieri
- per subito ritrarti
- lasciando desideri amari e non
sopiti
- solo sguardi di te concedi
- solo pindariche fantasie
- irraggiungibile e umana terra
- donna
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- 6° classificato
- Filippo
Inferrera
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- Reticolato
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- Sarà l'aria dei giorni questa bocca di
festa
- che nel rancore di pelle d'uomini in armi
- ancora ignota sigilla capillari silenzi
- e tessendo inquietudini nei racconti di
marmo
- sapremo inventarci occasioni di prede
- Perché ancora non umanità
d'amore?
- o foci di nidi dipanate senza catene?
- Ha orecchie e occhi questo cavalcare
calvari
- questo rumoreggiare sui sagrati penitenze
- questa storia di piaggerie offerta
sottobanco
- e la guerra non ha lampi non ha nobili
morsi
- summa idiozia che bisticcia senza eroiche
medaglie
- senza stemmi senza paghe da mercenari
- Figlio, dove cresce questo borbottio di
vene
- dove porteremo a volare questo gabbiano di
luce
- e dove edificheremo questa carne
d'innocenza?
- Un reticolato di consensi
nell'impalpabile
- altre catene altre stagioni di ventri e di
borracce
- il solco della vita storia di morsi e di
epitaffi
- segnati come gatti col volto appiccicato sulla
pietra
- le manicinciallegre dispiegate nel vuoto
- e assenza di lacrime e tanti tanti
anniluce
- nel lenzuolo di sabbia scritto ad libitum
- per una spiga di croce annodata rampante
- sul più alto pennone che sventola pelle
umana.
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- 7° classificato
- Luigi
Rezzoagli
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- Urlo
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- Nei plumbei massi marini
- Intravidi la tempesta.
- Calpestavo un mondo oscuro,
- Viscido, ma senza colpe.
- Pensavo ad un vortice che potesse ingoiare
tutto.
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- Vedevo ed ero attento.
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- La terra prese il posto del mio cuore
- E fu l'amore.
- E le acque s'innalzarono sempre di
più,
- Così come il rancore
- Che ormai incalzava alle porte della mia
anima.
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- Mi vidi ossa, mi vidi pietre.
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- Avrei voluto sfidare la natura,
- Ma ero solo un nulla.
- Ed allora gridare!
- Non mi rimase altro che gridare
- E lo feci, allora come adesso, dentro me.
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- Lagrima mia,
- Tu che bagni i miei occhi ormai spenti ed
assopiti,
- Sfiorami il corpo, bagna le mie ferite,
- Rendimi urlo
- 8° classificata
- Assunta
Coppola
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- Mendicante
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- Sono la mano tesa,
- quel pugno chiuso sulle mille lire
- agli angoli delle strada spazzate dal vento, sotto
i portici sporchi,
- cartaccia tra le cartacce della tua
città.
- Ed ho occhi di pianto che non piangono
più
- ma rossi si posano sui piedi che sfilano
davanti
- alla miseria e al mio dolore,
- troppo in alto, anime che non s'incontrano alla
mia.
- Sono il groviglio di panni arruffato e
sporco,
- carnascialesca accozzaglia di cose prese qua e
là
- per coprire la dignità di una
donna
- che un giorno sorrideva alla vita.
- E solo le mie parole sussurrano grazie, sempre
grazie,
- per il pane del giorno, per il sigaro
smozzicato,
- grazie per quel sole che accarezza anche i miei
pochi capelli,
- e nulla altro voglio che sia non morire
- una notte, nel dimenticatoio delle
coscienze,
- sola trai cani che annusano il mio odore,
- sotto un lampione beffardo che illumina il
degrado
- di questo cuore malato di solitudine.
- Poi ritorno il mattino coi suoi coriandoli di
luce
- ed il freddo che avevo, scompare
misterioso.
- Allora lo spazzino che passa, annuncia un leggero
buongiorno.
- Ed io rido come una bimba impazzita su un
campanile al tramonto.
- Rido del suo buongiorno.
- È buono un giorno di gelo sopra l'anima
già assiderata?
- È buono quel pane muffito che esce dalla
mia sporta?
- E sarà buono il disprezzo di quelli che mi
hanno offesa
- confondendo la mia miseria con un'assenza di
pensiero?
- Eppure anch'io porto un sogno racchiuso tra le
toppe consumate
- che coprono le mie braccia stanche.
- Vorrei vedere una volta, una volta soltanto quel
letto
- dove da piccola dormivo
- e sentire di nuovo, su queste ossa di
vecchia
- l'abbraccio caldo di mia madre
- e quel suo tenero bacio.
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- 9° classificato
- Francesco
Fonzari
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- Camminerò tra verdi felci
- lungo le rive di campagna,
- attraverso questi anni felici
- che sono spuma
- perché l'onda cresce e bagna
- il cielo, e già è
trafitta
- e ricade in mare, naufraga
- come barca di carta afflitta
- dal silenzio del mattino.
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- Il mare langue tra le piaghe
- di un'ampolla di sospiri,
- libera di agitare
- quest'abbraccio di dolore
- attraverso gli anni e l'eco di stelle
- partorite e mal svezzate
- al petto nero di carbone,
- come questo sasso aspro di luce
- nel fango del tempo quando è
sera:
- nudo e levigato
- accarezza l'acqua di Maggio
- e più non pensa a colpire
- l'onda, ma a riempire
- pagine bagnate di sabbia.
- Più levigato nel cuore, io
- alzo gli occhi ad un cielo perfetto
- imbrattato di stelle.
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- 10° classificata
- Sabrina
Marchetti
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- Frammenti di
cielo
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- Freddo.
- Non il freddo che si gioca sulla neve
- ma qualcosa che ti stende sulla
branda.
- Le pareti che conosco palmo a palmo
- ed un cielo frammentato
- tra l'acciaio che s'incrocia.
- A scandire i miei giorni
- non più
- sole e luna che s'inseguono
- ma fregi sopra a un muro di cemento.
- I sorrisi
da una foto appesa a un
chiodo,
- come compagni i miei pensieri,
- in un nemico tempo che non scorre.
- Le certezze
- che mi rendevano invincibile
- hanno lasciato il posto
- al dubbio
- che mi rende solo un'ombra.
- Io posso solo stare qui
- ed arrivare in fondo a questa pena
- per ritrovare un'anima
- se c'è
- o per vedere se realmente l'ho
bruciata.
- E se davvero io
- ho ferito il mondo
- non ero forse anche un po' vittima
- mentre affidavo all'odio
- l'importanza di una vita?
- Ed era la mia vita
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