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Se
n'è andato
Ahmadou
Kourouma,
il grande cacciatore
malinken
-
-
- Il
mio nome è Ahmadou Kourouma.
Kourouma dal patronimico Kourouma.
Sono scrittore di etnia malinke.
(...) In verità, vi dico che
sono figlio e nipote di grandi
cacciatori. E così ho
evocato, affinché mi
assistano, gli antenati che mi
ispirano. Sono sicuro che ora stanno
qui, intorno a me. Nell'ombra, sono
accorsi in aiuto del figlio e del
nipote. Nell'ombra, se ne profilano
le parvenze. Sono qui intorno a me,
seduti a terra con le gambe
incrociate. Hanno indossato la
tenuta da caccia, il berretto frigio
e la cotta alla quale hanno appeso
numerosi grigri, specchietti e
amuleti. Portano a tracolla un lungo
fucile da caccia e nella mano destra
tengono in vista lo scacciamosche,
insegna del capo. È vero, non
si vedono, non si possono vedere, ma
si sentono, se ne avverte la
presenza tradita da un
impercettibile brusio.
-
Impresse su una parete della Galleria
d'Arte Moderna di Torino, queste parole
suggestive accoglievano chi andava a
vedere "Africa, capolavori da un
continente", l'eccezionale mostra che
ha ospitato esemplari scelti di secoli
di produzione artistica africana. La
voce potente di Kourouma continua a
invitare i visitatori europei dalle
pagine del catalogo, mentre lui,
Kourouma, se n'è andato a
raggiungere la folla degli antenati il
cui brusio giunge indistinto, ma la cui
presenza si imprime fortemente sulle
facoltà percettive. Se
n'è andato il grande scrittore,
straordinario per le singolari
qualità espressive, per la forza
della visione, per la capacità
di narrare storie tumultuose e
frenetiche in cui scorrono e si
affollano vicende africane e coloniali,
personaggi storici e fantastici,
dilagando in uno stile che aveva saputo
reinterpretare la tradizione, anche la
più antica, rinnovandola in un
immaginario coerente e personale,
vivacissimo, stupefacente.
- Ahmadou
Kourouma è morto a Lione a circa
76 anni (la sua data di nascita precisa
non la conosceva neppure lui). Era nato
a Boundiali, in Costa d'Avorio, e
apparteneva a un potente clan malinke.
Aveva vissuto soprattutto fra la Costa
d'Avorio, il Togo e la Francia, ma
aveva girato parecchio il mondo. Dopo
aver studiato a Bamako, capitale del
Mali, aveva fatto il servizio militare
in patria sotto la bandiera francese -
si era ancora in epoca coloniale - e
per essersi rifiutato di partecipare
alla repressione di una sommossa
popolare era stato punito e inviato a
combattere con l'esercito francese in
Indocina. Erano gli anni in cui si
preparava quella che poi sarà la
guerra del Vietnam: il giovane Ahmadou
si trova sballottato in una
realtà caotica e drammatica,
proprio come accadrà al suo eroe
Birahima in Allah non è mica
obbligato (Allah n'est pas
obligé, Seuil 2000), ragazzo
soldato travolto da vicende più
grandi di lui, sommerso da esse, attore
suo malgrado di una guerra
incomprensibile.
- Ritornato
in Africa, Kourouma vive l'indipendenza
della Costa d'Avorio, che insieme a
tante altre ex colonie del continente
si libera dal giogo coloniale nei primi
anni Sessanta. Ma anche l'indipendenza
rivela ben presto degli aspetti
pesantemente negativi: tirannia,
corruzione, ingiustizia. Kourouma
reagisce, combatte contro quello che
sta diventando un regime. E, mentre per
guadagnarsi la vita fa tutt'altro
mestiere (diventa infatti consulente
economico finanziario), comincia a
scrivere, creandosi un'arte tutta sua,
levando una voce originale e potente
che continuerà a risuonare sino
alla fine.
- Nel
fatidico anno 1968 compare così
I soli delle indipendenze
(Les soleils des
indépendences), romanzo che
narra la decadenza del principe malinke
Fama Dumbuya dello Horodugu, "nato
nell'oro, il cibo, l'onore e le donne"
e ridotto a vivere come mangiatore di
carogne. "Ma allora che cosa ci hanno
portato le indipendenze?", dice Fama.
"Nulla, a parte la carta
d'identità e la tessera del
partito unico". Nella virulenta
descrizione di Kourouma vengono messi
alla berlina sia la borghesia arrivista
e ingorda, che ha preso in mano il
destino del paese, sia i capi
tradizionali corrotti e servili,
incapaci di ripensare il proprio ruolo
e abbandonare i privilegi in favore del
bene comune della collettività.
Questo romanzo divenne un modello per
generazioni di lettori e di scrittori
africani e rivelò subito
l'imprint di una
creatività eccezionale, espressa
con voce sarcastica e amara, ma anche
traboccante di
vitalità.
- Kourouma
pagò care l'opposizione al
regime e le scelte politiche (nel
frattempo era entrato nel Partito
Comunista). Dovette andarsene dalla
Costa d'Avorio, e per molti anni visse
in Togo. Passò molto tempo prima
che comparisse il secondo romanzo, a
tutt'oggi non ancora tradotto in
italiano, Monnè, outrages et
défis (Seuil 1990).
Ambientato in epoca coloniale,
Monnè continua la vena di
feroce sarcasmo dell'opera prima, e
Kourouma vi si afferma sempre
più come erede degli antichi
griot, cantore audace e irriverente
della storia africana, e capace di
denunciare i potenti ed evocare un
intero popolo, quello di Soba, il cui
re Djigui Keita diviene complice dei
francesi invasori (chiamati "nazareni",
ossia cristiani). Qui la tragedia
dell'occupazione del territorio
africano da parte degli europei, con
conseguente schiavizzazione degli
abitanti, costretti ai lavori forzati
per costruire la ferrovia, procede
parallelamente al disastro causato da
una geografia mitica cui Djigui rimane
abbarbicato, non potendo abdicare al
concetto di centralità assoluta
del suo regno in cui si colloca la sua
filosofia del mondo.
- Del
1998 è il terzo romanzo,
Aspettando le bestie selvagge
(En attendant le vote des
bêtes sauvages) e del 2000,
come si è detto, Allah non
è mica obbligato. Il primo
dei due è costituito da una
esplosiva, travolgente invettiva contro
una figura di orrendo tiranno africano,
Koyaga, in cui si incarnano e si
identificano tante figure della storia
più recente, a partire
dall'ugandese Amin Dada e da Bokassa,
grottesco imperatore del Centro Africa.
La struttura si articola in sei
'veglie' cantate dal poeta orale Bingo,
sora (cantore) della
confraternita dei cacciatori che si
accompagna con il suono della
cora. La narrazione ritmata di
Bingo si appoggia a una figura che
funziona da spalla, o, come dice
l'autore, da répondeur -
un saltimbanco suonatore di flauto, di
nome Tiécora - e percorre la
storia dell'Africa e del colonialismo
in un crescendo di orrore e di furia
che risponde però a
un'importante esigenza intima,
cioè il bisogno di spiegare
l'Africa a se stessa, mettendo a
confronto filosofie e
mitologie.
- Allah,
che Kourouma dedica ai bambini di
Gibuti che glielo avevano chiesto,
è l'amarissima e insensata
storia contemporanea di un ragazzo
soldato sbattuto in Liberia, che
esordisce con uno sberleffo
clownesco:
-
-
- E
per cominciare...e uno!... Mi chiamo
Birahima e sono p'tit
nègre. Non perché
sono nero e bambino. No! Sono
p'tit nègre
perché parlo male il
francese. Proprio così,
davvero. Se si parla male il
francese, si dice che si parla
p'tit nègre, anche se
si è adulti, anche vecchi,
anche arabi, cinesi, bianchi, russi,
anche americani, si è sempre
e comunque p'tit
nègre. Così vuole
la legge del francese
quotidiano.
-
Birahima dunque deve la propria
condizione subalterna a una
subalternità linguistica. E
perciò intesse il suo discorso
su quattro pilastri linguistici, il
dizionario Larousse, il Petit Robert,
l'Inventario delle particolarità
africane del francese in Africa nera,
"che spiega i paroloni africani ai
toubab (bianchi) in francese di
Francia", e il dizionario Harrap's,
"che spiega i paroloni pidgin ai
francofoni che non capiscono nulla del
pidgin". Il paradossale incrocio dei
referenti inchioda subito il
protagonista a una situazione ardua, in
cui si agiterà acrobaticamente
durante il corso delle vicende,
mettendo in scena
l'impossibilità di una
condizione umana. L'idea di incentrare
la narrazione intorno a una simile
figura non è nuova nella
letteratura d'Africa, e ha il suo primo
e più illustre precedente nel
romanzo Sozaboy. A Novel in rotten
English del nigeriano Ken Saro
Wiwa, che della vicenda di un
soldier boy travolto dalla
guerra civile fece una irrefrenabile,
indiavolata storia dell'Africa
contemporanea, anch'essa impastata di
linguaggi ibridi e invenzioni
espressive.
- Con
questi due ultimi libri Kourouma ha
ottenuto successo unanime non solo in
Africa, ma anche in Francia, dove gli
sono stati conferiti numerosi e
importanti premi. Intanto lo scrittore
aveva ulteriormente consolidato il suo
ruolo di intellettuale pubblico
all'interno del continente d'origine,
unendo la propria voce a quella di un
gruppo di scrittori che si recarono in
Ruanda dopo i massacri di hutu e tutsi
e ne scrissero in toni forti ed
emozionanti.
- Ahmadou
Kourouma era venuto più volte in
Italia, una prima volta a Roma negli
anni Ottanta, poi, nel 1997, ospite
dell'Università di Bergamo, e
ancora, nel 2002, del
Festivaletteratura di Mantova, dove
aveva incantato gli ascoltatori con le
sue storie dei "mangiatori d'anime" che
stanno appollaiati in cima agli alberi,
in agguato, aspettando le prede. E
infine nel giugno del 2003 aveva
ricevuto il Premio Grinzane Cavour in
una cornice cordiale e festosa:
è caro ricordare il sorriso e
l'amabilità dell'imponente
malinke dall'alta statura e la pelle
color ebano, che spiccava vistosamente
accanto al pallido e sottile John
Coetzee, anch'egli premiato a
Torino.
- Per
chiudere ricordando la potenza
espressiva dei suoi racconti costruiti
in forma di cantate orali, e
sottolinearne la bellezza inventiva e
la forza morale, è bene
affidarsi alla stessa voce del caro,
impareggiabile amico Ahmadou e citarne
l'evocazione finale scritta per la
mostra di Torino:
-
-
- Oh
paleonegri, antenati del nostri
antenati, alzatevi! È a voi
che voglio rivolgermi adesso.
È per voi, uomini nudi, che
adesso canterò. Voi avete
abbandonato tutto, i vostri campi
nelle pianure, le vostre capanne, i
vostri boschi con i vostri
dèi. Avete abbandonato tutto
per sottrarvi alle orde guerriere
degli imperi, per sfuggire alle orde
schiaviste. Siete partiti per
cercare rifugio, per raggiungere le
grotte in cima alle montagne aride e
senza terra, dove avete ideato nuove
coltivazioni. (...) Gli europei,
dopo la spartizione dell'Africa,
percorsero trionfanti le terre
conquistate per sottomettere ai
lavori forzati tutti i negri
colonizzati. Si fermarono
però perplessi ai piedi delle
alture occupate dagli uomini nudi, i
paleonegri (...) Ancora oggi,
nell'anno 2003, si cerca di studiare
e comprendere la cosmogonia
complessa degli uomini nudi, dei
dogon di Bandiagara vicino a
Timbuctu...
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-
Itala
Vivan
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