IL CLUB DELLA LETIZIA |
Associazione di
self-help tra famiglie A cura di Maria Simona Bellini |
Le
norme a favore delle persone handicappate
di Flavio Cocanari (per gentile concessione del quotidiano "Conquiste del Lavoro")
La "finanziaria 2000" non fa riferimenti espliciti all'handicap. Viste le esperienze precedenti questa cosa potrebbe essere registrata come un fatto positivo. Vista invece nella prospettiva di costruzione di nuove politiche di rafforzamento dell'integrazione delle persone disabili e di sostegno alle loro famiglie ciò costituisce un fatto decisamente negativo. Questo fatto, ancora una volta, è stato messo in evidenza dai rappresentanti dell'associazionismo dei familiari delle persone con gravi handicap. Tra le tante questioni rimaste irrisolte dai provvedimenti adottati negli ultimi tempi, ricordiamo due pesanti problemi che le famiglie chiedono, senza successo, che vengano presi in considerazione. 1. Pensionamento agevolato. A questa richiesta vari governi hanno risposto scuotendo la testa. Ricordiamo che la questione è stata all'origine della formulazione del famigerato (per l'ambiguità dell'enunciazione) ma utilizzatissimo articolo 33 della legge 104/92, quello che prevede permessi orari o giornalieri ai lavoratori. All'origine di questa norma vi era infatti una preoccupazione sostanzialmente diversa: quella di concedere ai lavoratori ed alle lavoratrici familiari di persone con handicap grave - che si ritirano dall'attività lavorativa per assistere i propri familiari - la facoltà di versare contributi per maturare il diritto, una volta raggiunta l'età di riferimento, di conseguire un trattamento pensionistico. Questa norma però fu considerata troppo gravosa per la finanza pubblica e il legislatore si limitò ad approvare la norma dei permessi, che oggi consente (con costi molto più alti di quelli inizialmente previsti) benefici frammentati anche per familiari di handicappati dalla situazione non sempre del tutto chiara. Norma che comunque va considerata non equa, dal momento che viene gestita in maniera differenziata nei comparti dell'impiego pubblico e di quello privato, senza che il Governo si decida a richiamare le amministrazioni competenti al rispetto delle linee guida suggerite dalla Commissione interministeriale per l'handicap. E' però ormai molto probabile che la questione venga risolta dalla normativa in via di approvazione sui congedi parentali. Va ricordato poi che la stessa legge 335/95 (riforma del sistema pensionistico) contiene una norma che dà una risposta insufficiente (tra l'altro utilizzabile solo dai lavoratori per i quali si applica il sistema contributivo) consistente nel riconoscimento di un accredito figurativo a copertura delle assenze (per assistenza ali figli, al coniuge, al genitore che siano in condizione di handicap) per un periodo massimo di venticinque giorni complessivi l'anno, nel limite massimo complessivo di ventiquattro mesi. Rimane quindi aperto il problema del pensionamento anticipato dei familiari di persone con grave handicap e si registrano invece interventi di freno da parte dei ministri competenti nei confronti degli emendamenti ( tesi alla concessione ai genitori di disabili in situazione di gravità, di periodi di contribuzione figurativa per permettere loro di anticipare il pensionamento per curare i loro figli) proposti al disegno di legge contenente "Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città". 2. Assistenza economica In questa sede si sta cercando di ancorare le prestazioni a progetti di inserimento, di sostegno dell'autonomia personale, di sostegno del nucleo familiare. L'idea è da noi condivisa. Eppure ci sembra che nella ricerca di soluzioni pratiche si sia lontani dall'idea di realizzare strumenti di supporto alle famiglie che si ritrovano sole a far fronte al problema dell'assistenza alle persone con grave handicap. Nel disegno di legge in questione, infatti, si prevede l'istituzione di un'indennità per l'autonomia di disabili gravi o pluriminorati. Dall'altra parte viene prevista un'indennità di cura e di assistenza per ultrasessantacinquenni totalmente dipendenti. Ora non si capisce cosa fare delle persone handicappate in situazione di gravità e bisognose di assistenza permanente continuativa e globale (terzo comma dell'articolo 3 della legge 104/92) al di sotto dei 65 anni. Quelle persone, giovani o meno, le cui prospettive di autonomia personali nessuno può escludere in maniera definitiva ma che rimangono come un sogno nel vissuto quotidiano dei loro familiari. E' lecito pensare ad un'indennità per i disabili motori, sensoriali o anche intellettivi e psichici che hanno bisogno di accompagnamento (o di sostegno) per il compimento degli atti della loro vita quotidiana (tra cui quelli relativi al lavoro). E' altrettanto lecito riconoscere il diritto all'indennità per gli ultrasessantacinquenni "totalmente dipendenti" (ahinoi! ad ogni passaggio si trova un nuovo concetto che poi occorrerà definire). Non si capisce però perché quest'ultima indennità non possa essere riconosciuta alle persone di età diversa. Perché, in altri termini, legislatori e suggeritori governativi non accettano di prevedere una prestazione di assistenza economica per la persona il cui handicap comporta un bisogno di assistenza "permanente continuativa e globale"? Ora, se può essere accettabile un segmento di assistenza riservato agli "over 65" - che costituiscono la maggior parte dei beneficiari dell'attuale "indennità di accompagnamento" - non può essere accettabile che si sia persa (per via degli abusi) la specificità delle prestazioni già previste per i "gravi" (pensiamo all'indennità di accompagnamento ancora in essere e pensiamo a gran parte dei permessi concessi ai sensi dell'articolo 33 sopra citato). Non è accettabile inoltre che dopo l'approvazione di una legge specifica per i "gravi" (la 162/98, che ha integrato la legge-quadro "handicap") ci sia ora qualcuno che pensi a provvedimenti specifici per i "gravissimi", dal momento che gran parte dei disabili "veri" si sentono autorizzati ad impossessarsi di ciò che è destinato ai "gravi". Sulla legge 162/98, poi, occorrerebbe richiamare (più che la scarsezza delle risorse finanziarie ed organizzative) il ricorso ad una delega, ad un decentramento (ma non è spirito di sussidiarietà) agli enti locali senza che nessuno si preoccupi di verificare se questi sono in condizione di elaborare e gestire specifici progetti di sostegno alle condizioni di vita della persona gravemente handicappata. Nonostante, quindi, i controlli e le verifiche che si succedono non si arriva mai a focalizzare le opportune risposte alle diverse specificità vissute all'interno della condizione di "handicap". Intanto, tardano ad essere definiti i nuovi criteri e procedure per l'accertamento delle condizioni di disabilità (ma nel disegno di legge di riforma dell'assistenza si continua a parlare di "invalidità civile") richiesti anche dalla recente legge 68/99 (norme per il diritto al lavoro dei disabili). Il ritardo non è però attribuibile all'incompetenza degli esperti chiamati in causa quanto, tra l'altro, alle continue pressioni esercitate dagli enti previdenziali ed assicurativi che stanno giocando una pesante partita per impossessarsi a tutto raggio delle competenze (riabilitative, assicurative, previdenziali, oltre che preventive ed altro) esercitabili in questo ambito. Su altre cose occorrerebbe ugualmente riflettere sempre pensando alle famiglie dei "gravi", quali la irrisolta questione delle agevolazioni fiscali per l'acquisto di autoveicoli - anche quando la natura della minorazione non richiede adattamento agli stessi veicoli - e nonostante che proprio queste famiglie, in rapporto alla natura "psichica o intellettiva" della minorazione sono maggiormente vincolate all'uso di veicoli privati. Preferiamo rimandare però questa riflessione ad un'altra occasione. Intanto, ci si appresta tutti a celebrare la Conferenza nazionale per l'handicap. Qualcuno aspettava questa iniziativa come un'occasione per riflettere a tutto campo e per impegnare le diverse organizzazioni di partecipazione sociale per vedere come nella società può essere possibile riorganizzare le risposte specifiche e come partire da queste per costruire una nuova cultura dell'integrazione. Numerosi segnali fanno capire però che ci si è illusi ancora una volta. |