INTRODUZIONE
La dispensa ha lo scopo di porre in evidenza i fenomeni che
più caratterizzano il bambino con paralisi cerebrale infantile. In essa viene descritta
la malattia sotto vari aspetti e, considera lhandicap dal punto di vista medico
sanitario, psicologico e giuridico.
Il primo capitolo comprende la definizione della
patologia ed in generale i fattori etiologici determinanti le paralisi cerebrali
infantili.
Il secondo capitolo fornisce unesauriente
classificazione della p.c.i. in base al disturbo motorio e in base alle forme cliniche.
Nel terzo capitolo sono descritti i vari interventi
terapeutici, come la fisioterapia e lidroterapia.
Il quarto capitolo evidenzia , nei suoi aspetti generali
, i tratti di personalita' del bambino affetto da p.c.i.
Il quinto capitolo pone in evidenza , limportanza
del comportamento non verbale per un bambino con ritardato sviluppo del linguaggio.
Nel sesto capitolo infine, sono messe in risalto le
condizioni di inabilità e di interdizione giuridica, di un soggetto con ritardo mentale.
PRIMA PARTE
DEFINIZIONE E
FATTORI ETIOLOGICI
Che cosè una paralisi cerebrale infantile
La paralisi cerebrale infantile costituisce un capitolo molto
importante della neuropsichiatria infantile.
E molto difficile dare una definizione e fare una
descrizione che vada ad attribuire unità a questo gruppo eterogeneo di sindromi ,anche se
dal punto di vista clinico può essere considerato come un raggruppamento di quadri
sintomatologici diversi, accomunati da un evidente disturbo motorio di origine encefalica.
Si può affermare che la p.c.i. è definita come
unalterazione persistente ,ma non immodificabile del movimento e della postura che
si manifesta nel primo anno di vita ed è dovuta ad unalterazione non progressiva
del Sistema Nervoso Centrale.
Il disturbo più evidente di questa sindrome cerebrale
infantile è il disturbo della motilità .Questa manifestazione clinica è sempre
accompagnata da altri disturbi più o meno intensi di tipo sensoriale ,mentale e
convulsivo.
Anche se il termine p.c.i. è entrato nella pratica ed è
accettato dalla maggioranza degli studiosi, bisogna porre una scrupolosa attenzione sul
significato di questi tre termini.
La parola "paralisi", definisce solo la perdita
parziale o totale dellattività motoria. Questo termine, non comprende nel suo
significato la presenza di atti parassitari che vanno a disturbare quelli volontari ,né
quella di un deficit qualitativo della motricità, consistente nella incoordinazione
tonico-posturale. Dato che il termine paralisi è un po riduttivo, quello più
appropriato sarebbe, discinesia intendendo un movimento anormale o involontario dei
muscoli del corpo dovuto ad una alterazione del sistema nervoso centrale.
Definire "cerebrale" il disturbo motorio è
limitativo in quanto, il cervelletto od il tronco encefalico , possono essere una sede del
danno. Sarebbe più coretto utilizzare il termine encefalico.
Infine anche lutilizzo di infantile è pressoché
imprecisato , poiché esiste una seconda infanzia che si protrae molto più dei tre anni
di vita, precoce, perciò sembrerebbe la parola più adatta.
Secondo tale analisi la formula più precisa per riferirci a
tale sindrome è discinesia encefalica precoce non evolutiva .
Cause o
fattori etiologici delle P.C.I.
I fattori determinanti le p.c.i. sono molteplici e a volte è
difficile stabilire le cause per ogni singolo caso. Ciò si verifica perché spesso tale
patologia è determinata da varie lesioni per cui è molto difficile stabilire una
correlazione fra la causa e la lesione organica.
I fattori etiologici si possono distinguere in :
- fattori agenti prima della nascita
- fattori agenti durante la nascita
- fattori agenti dopo la nascita
FATTORI PRENATALI
Alcuni studiosi includono in questo gruppo di fattori anche
quelli ereditari .
Fra le p.c.i. vengono incluse specifiche malattie ereditarie,
come la paraplegia spastica, i tremori congeniti e latetosi familiare, che sono
determinate da alterazioni di natura genetico dello sviluppo del sistema nervoso.
Fra le cause prenatali dobbiamo collocare al primo posto il
fattore anossia cerebrale che è indotto da alterazioni placentari (distacco
intempestivo, impianto anomalo ,infarto della placenta), oppure da compressione del
cordone ombelicale in fase intrauterina o da vari disturbi materni, come
lipotensione e lanemia. Lanossia del feto provoca quadri di grave
ipotensione arteriosa con conseguente danno cerebrale, perché si viene a determinare una
grossa diminuzione di apporto sanguigno nel sangue placentare e di conseguenza fetale.
Vi sono poi le infezioni virali materne che hanno una
fondamentale responsabilità sulla determinazione della p.c.i. e tra di esse in
particolare modo la Rosolia che ha unazione dannosa nellembrione nei
primi tre mesi di gravidanza. Anche la Toxoplasmosi materna può determinare nel
feto una encefalite da toxoplasma. In genere tutte le infezioni virali della madre possono
causare delle lesioni encefaliche.
La esposizione ai raggi x della donna incinta,
soprattutto nel primo trimestre di gravidanza, causa cospicue alterazioni cerebrali del
feto. Proprio per questo sono sconsigliati gli esami radiologici alle donne in gravidanza.
I disturbi dismetabolici sono da considerarsi come
unulteriore causa di p.c.i., fra cui il diabete .
Vi è poi il cosiddetto ittero nucleare, anchesso
causa di p.c.i., in quanto si viene ad instaurare un processo tossico a carico del sistema
nervoso. Generalmente gli itteri neonatali sono dovuti alla incompatibilità sanguigna
materno-fetale,( Fattore Rh.)
Inoltre le deficienze vitaminiche o proteiche hanno una
grossa influenza sulla morbosità del feto e sullimmaturità.
Infine la prematurità e limmaturità sono
condizioni molto particolari, in quanto il bambino appare particolarmente vulnerabile dal
punto di vista neurologico: Infatti sia nellimmaturo che nel prematuro esiste una
particolare fragilità capillare, per cui aumenta il rischio di eventi emorragici
cerebrali e trombosi al momento del parto.
Tutte queste cause prenatali danno origine ad alterazioni
nervose del feto di tipo malformativo.
Fattori perinatali.
Fra il gruppo di fattori connatali, l'anossia del
neonato è la causa più considerevole di p.c.i. ed é spesso associata a lesioni
vascolari, che determinano emorragie e necrosi dell'encefalo.
Anche se l'encefalo del bambino appena nato può resistere per
un maggior tempo alla mancanza di ossigeno rispetto agli adulti, un'anossia di lunga
durata che interessa una vasta zona cerebrale, provoca danni irreversibili che possono
interessare anche l'area che comanda il movimento.
L'Anossia o l'asfissia nel periodo perinatale è causata
da lesioni traumatiche dei vasi, da torsione del cordone ombelicale, da ostruzioni
respiratorie meccaniche ( aspirazione del liquido amniotico) e da alterazioni della
pressione sanguigna determinata dalla somministrazione di farmaci alla madre nel momento
del travaglio.
Rientrano in questo gruppo di fattori i traumi diretti
all'encefalo, in caso di parto distocico o per l'utilizzo di particolari strumenti come il
forcipe e la ventosa.
Quest'ultime non hanno molta rilevanza dato che alcune
statistiche recenti evidenziano una minor correlazione fra tali fattori e l'insorgenza di
p.c.i.
Sia le lesione anossiche che traumatiche sono molto piu'
pericolose se il feto presenta delle fragilità vascolari (tipica del bambino immaturo).
FATTORI POST NATALI.
I fattori post-natali rispetto a tutti gli altri, hanno
statisticamente una minima incidenza nel determinare le p.c.i.
Non tutti gli autori sono d'accordo nello stabilire uno stesso
limite al periodo cronologico in cui la noxa (causa) agisce, determinando danni al tessuto
cerebrale.
Alcuni studiosi, sono convinti che la causa patogena agisca in
un periodo limitato che va dalla nascita a pochi giorni o settimane dopo il parto, altri
invece prolungano il periodo fino ad alcuni anni di vita.
Nonostante ciò la maggioranza degli studiosi sono concordi
nello stabilire il limite cronologico d'azione nella noxa al dodicesimo mese di vita.
Infatti entro il primo anno il processo mielizzante delle fibre nervose del S.N.C.
dovrebbe ormai essersi completato .
Tra le cause post-natali vanno inclusi inoltre tutti i processi
di tipo infiammatorio sia delle meningi che dell'encefalo, e perciò tutte le
encefaliti e encefalopatie parainfettive o post-infettive che potrebbero dare luogo a
p.c.i. in un bambino nel primo anno di vita.
Inoltre a tali cause infettive si devono aggiungere tutte le
lesioni cerebrali verificatesi nel periodo post-natale e in genere provocate da traumi
cranici, turbe vascolari e neoplasie.
Quest'ultimo gruppo di fattori una volta verificatisi creano
delle alterazioni di tipo infiammatorio, che danno esito a fatti cicatriziali, i quali
vanno ad ostacolare il successivo sviluppo del nevrasse.
La diagnosi della P.C.I.
Nel caso in cui un neonato abbia subito traumi prima, durante,
e dopo il parto, si può formulare una diagnosi di lesione cerebrale.
La diagnosi della p.c.i. solitamente è possibile quando il
bambino, affetto da questa sindrome, presenta particolari ed inconfondibili segni che si
verificano pochi giorni dopo la nascita e che fanno pensare ad una sofferenza cerebrale.
Infatti il bambino mostra una cute molto pallida, dovuta alle conseguenze secondarie di
una anemia grave, oppure a lesioni del tessuto cerebrale con una particolare espressione
del viso, sguardo fisso e occhi sbarrati, e il volto esprime una intensa sofferenza ed
ansia.
Altro segno caratteristico è la presenza di una certa
difficoltà nella respirazione (dispnea) e una incapacità nella alimentazione, nonostante
risulti presente il riflesso della suzione.
In presenza di tali fatti è necessario attuare un controllo
generale con un esame neurologico in modo da verificare in che misura il cervello ha
subito dei danni. Non è così semplice, però, diagnosticare precocemente tale patologia,
soprattutto perché le ripercussioni del danno cerebrale sull'apparato motorio si notano
col tempo.
METODI DI INDAGINE
ESAME CLINICO OBIETTIVO
Durante lesame neurologico di bambini affetti da
p.c.i. non ancora diagnosticata, si possono evidenziare due sintomi ipotonia o ipertonia
muscolare caratteristici di un'emiplegia flaccida o spastica. Il sospetto di ciò nasce
dalla constatazione di ipoattività della mano appartenente alla metà corpo plegica la
quale tendenzialmente è chiusa a pugno. Generalmente l'esame neurologico prevede una
attenta osservazione dei riflessi neonatali: Tra questi riflessi, a volte, si nota nel
neonato la mancanza del riflesso di Moro, che fa sospettare un edema cerebrale, mentre
quando tale riflesso è presente ma scompare in seguito, si diagnostica una probabile
emorragia cerebrale .Oltre a ciò si può osservare che non sono presenti i riflessi di
incurvamento del tronco e, della prensione.
In altri casi invece, si può osservare che i riflessi non
scompaiono, come normalmente accade entro il secondo o terzo mese di vita, e la loro
persistenza può essere spia di un incipiente spasticità oppure ipotonia muscolare.
RACHICENTESI
Un esame che normalmente viene eseguito in questi casi è
la rachicentesi che consiste nel prelievo del liquido cefalo- rachidiano.
L'esame può mostrare la presenza di globuli rossi che stanno
ad indicare una emorragia cerebrale. In altri casi grazie al liquor si possono
diagnosticare encefaliti da virus come la Toxoplasmosi.
Il prelievo va fatto pungendo, con materiale sterile, la
colonna vertebrale nello spazio L3/ L4, L4/L5.
ELETTROENCEFALOGRAMMA
Questo esame consiste nella registrazione grafica
dellattività elettrica spontanea enormemente amplificata di milioni di cellule
nervose dellencefalo soprattutto quella della corteccia cerebrale.
L'esame viene eseguito applicando elettrodi al capo del
paziente mediante lutilizzo di una apposita cuffia.
Il paziente deve stare completamente immobile, ora ad occhi
chiusi ora, ad occhi aperti. Nel caso dei bambini vi è la necessità di somministrare un
farmaco sedativo in modo che lesame risulti più attendibile possibile senza che vi
sia la presenza di artefatti che potrebbero falsare l'esito dell esame.
Durante lesame vengono eseguite prove di
sensibilizzazione come la polipnea, studi luminosi, stimolazioni rumorose.
TOMOGRAFIA ASSIALE COMPUTERIZZATA TAC
Allinizio degli anni 70 viene introdotta la tomografia
assiale computerizzata. La metodica rappresenta levoluzione naturale della
tecnologia che sfrutta le proprietà dei raggi x. La realizzazione più importante è
quella di aver sostituito la pellicola radiologica con dei detettori di raggi x.
La TAC ha consentito il passaggio storico dalle immagini
analogiche della radiologia convenzionale a quelle digitali .Si è potuto cosi per la
prima volta sottoporre le immagini a manipolazioni di ogni tipo per aumentare il contenuto
informativo. IL risultato più importante è stato tuttavia lincremento
impressionante del contrasto radiologico che ha consentito per la prima volta la
visualizzazione diretta dei parenchimi. In campo neurologico ha significato la scomparsa
di indagini invasive e pericolose come lencefalografia e la ventricolografia. La TAC
può evidenziare emorragie dei ventricoli cerebrali o, idrocefali post emorragici o
idrocefali congeniti del neonato .
RISONANZA MAGNETICA
Allinizio degli anni 80 ,fa la sua comparsa la RMN. La
metodologia sfrutta la caratteristica che hanno alcuni atomi di reagire in modo
particolare a segnali di radiofrequenza se sottoposti allinflusso di un campo
magnetico statico di sufficiente intensità . In altre parole .gli atomi di idrogeno dei
tessuti viventi, immersi in un campo magnetico, tendono a raggiungere una situazione di
equilibrio che può essere turbata da un impulso appropriato di onde elettro-magnetiche
con caratteristiche simili alle radio onde inviato dal sistema. Gli atomi di idrogeno
vengono in tal modo distolti dal loro equilibrio con il campo magnetico in cui sono
immersi e alla cessazione dellimpulso tendono a ritornarvi emettendo un segnale
misurabile e localizzabile nel volume in esame. Il segnale dipende da numerosi parametri
utilizzabili nella costruzione di immagini contrariamente a quelle ottenute con la
tecnologia a raggi x che ne sfrutta uno solo. Questo processo comporta una tecnologia
estremamente più complicata e sofisticata di quella della TAC a livello cerebrale è
possibile una perfetta differenziazione fra la sostanza bianca e grigia grazie all'
aumento della risoluzione di contrasto che è stata valutata circa in cento volte quella
ottenibile con le migliori attrezzature TAC, a programma di ricostruzione elettronica.
CLASSIFICAZIONE
DELLE P.C.I. IN BASE :
- disturbo motorio
- alle forme cliniche
- ai sintomi associati al disturbo motorio
Classificazione base al tipo di disturbo
motorio
La classificazione proposta dalla American Academy for Cerebral
Palsy, è da tenersi la più esauriente.
Seguendo questa si possono distinguere sette gruppi
fondamentali di paralisi infantile considerando il disturbo motorio.
A - FORMA SPASTICA
E caratterizzata da alterazioni che colpiscono
prevalentemente le vie piramidali, atte alla coordinazione dei movimenti volontari e tale
forma si manifesta con la perdita della motricità.
Il fenomeno basilare di questa forma consiste nell'aumento
patologico del tono posturale, dovuto all'inefficienza del potere inibitorio del primo
motoneurone e alla super efficienza del secondo neurone di moto.
Questo tipo di paralisi si presenta con un'ipertonia che è
evidentemente più accentuata a carico dei muscoli flessori degli arti superiori ed
estensori di quelli inferiori, interessando in particolare le parti corporee
terminali (come avambraccio, la mano, la gamba e il piede).
Si nota, inoltre, un'accentuazione del riflesso di stiramento.
La resistenza allo stiramento è massima all'inizio e cede poi bruscamente (fenomeno del
coltello a serramanico).
B - FORMA ATETOSICA.
A causa delle lesioni localizzate a livello corticale, in
questa forma si evidenziano disturbi di tipo extrapiramidale. Questa paralisi è
caratterizzata dalla presenza di alterazioni ipercinetiche (aumento dei movimenti
involontari), che si manifestano in movimenti subcontinui, irregolari nella ampiezza e
nella frequenza e piuttosto lenti .Tali fenomeni si alternano al movimento volontario,
rendendolo inadeguato ed inefficiente dal punto di vista funzionale. L'atetosi può essere
accompagnata sia da ipotonia che da ipertonia muscolare.
Inoltre la muscolatura mimica, quella della fonazione e degli
arti superiori, sono i distretti muscolari più interessati.
C - FORMA ATASSICA. Questo tipo di p.c.i. è
espressione sia di una lesione cerebrale sia di un danno a carico dei propriocettori (
recettori che raccolgono gli stimoli provenienti dall'interno di un organo).
Il disturbo più evidente, nei soggetti affetti da questa
forma, è l'incapacità di coordinare i movimenti, che si manifesta con un'alterazione
dell'equilibrio in stazione eretta, barcollamento nel cammino, incoordinazione e tremore
della mano.
Si nota quindi un notevole ritardo nello sviluppo motorio che
aumenta in particolare modo quando questi bambini iniziano a camminare. Perciò essi si
muovono in stazione eretta a gambe larghe e rigide, in modo da acquisire maggior
equilibrio nel movimento.
Molte volte assieme a queste alterazioni, si verificano delle
altre che vanno a compromettere la vista, l'udito ed il linguaggio. Quest'ultimo spesso
interessato nel senso di un rallentamento nell'emissione della parola, che viene scandita
in modo particolare.
D - FORMA RIGIDA. E' caratterizzata da ipertonia
muscolare plastica di tipo. extra piramidale che determina una resistenza uniforme nei
movimenti passivi di flesso - estensione ed interessa nella stessa misura sia i segmenti
prossimali che quelli distali.
E - FORMA CON TREMORE. I sintomi più caratteristici di
tale forma sono i tremori e questa manifestazione clinica è piuttosto rara. Tali fenomeni
sono rappresentati da una ipercinesia fine, rapida e ripetitiva, presente in particolare
modo nei segmenti distali (sono soprattutto interessante le mani).
F - FORMA ATONICA. E caratterizzata da una
drastica riduzione del tono muscolare ed è molto rara.
G - FORMA MISTA. E' costituita dalla combinazione delle
precedenti forme di p.c.i. determinando quadri clinici poliedrici che possono essere
classificati tenendo in considerazione il sintomo prevalente. Si distinguono perciò
quadri con ipertonie di tipo piramidale extrapiramidale, distonia atetoide e atassia.
Classificazione della P.C.I. in base alle forme cliniche.
In base alla distribuzione topografica del disturbo motorio
si possono evidenziare le seguenti forme cliniche di p.c.i.
1 MONOPLEGIA. Questa forma è caratterizzata dalla perdita
della mobilità di un solo arto. Tale quadro è molto raro, perché solitamente si tratta
di una emiplegia o una diplegia nella quale l'arto, che apparentemente non sembra colpito,
conserva una discreta attività funzionale.
2 PARAPLEGIA. Il deficit motorio è localizzato ai soli arti
inferiori ed è sempre bilaterale. Solitamente si osservano anche dei lievi difetti motori
agli arti superiori. La forma di paralisi, che si verifica, però può essere sia di tipo
spastico che rigido.
3. EMIPLEGIA. E un difetto motorio che interessa una sola
metà del corpo (quella contro laterale cerebrale). Le alterazioni sono di tipo spastico
prevalente dell'arto superiore.
4. TETRAPLEGIA.Questo è il quadro più frequente e più grave.
Le lesioni motorie interessano tutti e quattro gli arti e sono inabilitati da un deficit
prevalentemente di tipo rigido e con minor frequenza può essere di tipo spastico.
5 DOPPIA EMIPLEGIA .Questo quadro consiste in una emiplegia
bilaterale di tipo spastico che interessa in particolare modo gli arti superiori.
Sintomi associati al
disturbo motorio
Poiché l'encefalo è la sede di una quantità di funzioni
relazionali importantissime, una lesione encefalica può portare ad una alterazione
multiforme di tali attività. Si possono perciò distinguere sei gruppi principali di
turbe che si accompagnano a disturbi motori:
1. TURBE SENSITIVE
Si possono notare con frequenza disturbi della sensibilità
generale, sia a carico della sensibilità superficiale che di quella profonda. Tale
alterazione crea uno scompiglio notevole nel modo di essere del bambino.
2. TURBE SENSORIALI.
Questo gruppo è composto da particolari alterazioni (uditive e
visive), che con più frequenza si verificano nel caso di p.c.i. rispetto a tutti gli
altri sintomi. Circa la metà dei bambini affetti da p.c.i. accusano disturbi della vista.
Le principali alterazioni visive sono: lo strabismo, la diminuzione della vista e
l'alterazione del nervo ottico e della retina. Si possono notare inoltre, alcune
restrizioni de! campo visivo, le quali non permettono al bambino colpito, di avere delle
esperienze sensoriali complete. Più raramente si possono avere altri difetti, come la
cataratta, il nistagmo (instabilità dei globi oculari ) e I 'anoftalmia (non sviluppo
dell'apparato visivo).
Ai disturbi della vista si accompagnano quelli uditivi che sono
presenti in circa il 30% di tutti i casi L'alterazione uditiva si manifesta con ipoacusia,
che consiste in una diminuzione dell'attività uditiva e disacusia; in tal caso è la
percezione dei fenomeni più acuti ad essere compromessa. Risulta quindi alterata la
percezione delle consonanti, le quali hanno molta più rilevanza delle vocali e sono
necessarie ai fini della comprensione del linguaggio.
3. I DISTURBI DEL LINGUAGGIO
Sono presenti nella maggioranza dei casi. La forma più
frequente di questo gruppo è la disartria che si divide in spastica, distonica e
atassica. Nel primo caso il linguaggio di un bambino affetto da p.c.i. appare
conglutinato, semplificato e molto spesso incomprensibile mentre il secondo caso è
caratterizzato da un'espressione molto tremolante, spesso difficile da capire.
La disartria atassica, invece, si distingue per il noto quadro
della parola scandita, dovuto ad un'incapacità nel coordinare i muscoli interessati alla
fonazione.
Con minor frequenza si verificano altri disturbi come le
disfasie (difetto di elaborazione del linguaggio distinguendo afasie motorie e afasie
sensoriali), le dislalie e le disfonie. Questi ultimi due disturbi sono dovuti ad
un'ipoacusia.
4. L'EPILESSIA
Interessa circa il 40% di tutti i casi di p.c.i. I disturbi
convulsivi sono di tipo parziale, non intendendo perciò un'epilessia essenziale.
Tuttavia non si conosce con certezza quale sia la causa che la
determina .
5. I DISTURBI PSICHICI E PSICOMOTORI
Si manifestano in modo costante nelle p.c.i. anche se si
verificano in forme diverse e con un'intensità non uniforme. Fanno parte di questo gruppo
di disturbi sia i difetti globali che quelli lacunare come le disprassie, le agnosie, le
afasie e i disturbi dello schema corporeo, i quali sono riconosciuti come dei deficit di
organizzazione psicologica dell'esperienza elementare.
In base ad alcune statistiche si è osservato che in circa il
50% di tutti i cerebroplegici il quoziente intellettivo è inferiore di molto a 70. Mentre
l'altra meta dei casi è affetta da un deficit lieve, nonché da una forma così
insignificante di insufficienza mentale che possono essere considerati come dei soggetti
aventi un'intelligenza "normale".
6. I DISTURBI DEL CARATTERE
Sono ulteriori difetti presenti nel bambino affetto da p.c.i.
Queste alterazioni sono dovute alla notevole eccitabilità che questi soggetti presentano,
che si manifesta in seguito alla lesione organica e alle limitate esperienze che essi
vivono.
Di conseguenza a questo stato di eccitazione insorgono alcuni
sentimenti, :l'insicurezza e lansia, che inducono i bambini ad avere enormi
conflitti fra il proprio modo di essere (l'io) e la realtà esterna. Tutto ciò è la
causa di reazioni sia aggressive che depressive, che, nei casi limite, possono sfociare in
un isolamento autistico.
GLI INTERVENTI TERAPEUTICI
NEL BAMBINO AFFETTO DA PCI
La terapia può essere di due tipi: medica e / o riabilitativa
Terapia medica
La terapia medica prevede limpiego di anticomiziali e
sedativi in modo da controllare eventuali crisi comiziali o epilettiche .Luso dei
farmaci ha lo scopo di ridurre linsorgere di episodi che possono anche aggravare lo
stato di malattia. In alcuni casi di regressione della malattia la terapia medica, può
anche essere sospesa dopo aver valutato attentamente il miglioramento clinico del bambino.
Tuttavia nei casi più gravi la terapia medica sarà sempre accompagnata da terapia
riabilitativa.
Terapie
Rieducative Riabilitative
La fisioterapia è la modalità più importante nella cura
della paralisi cerebrale poiché ha lo scopo di correggere le condizioni di fondo della
sindrome motoria. Le teorie riabilitative più efficaci appartengono all'ultimo ventennio
e, la più importante è stata espressa dalla scuola inglese e che fa capo ai coniugi
BOBATH.
Sia questo metodo che quello di KABATH fanno parte delle
tecniche di facilitazione neuromuscolare, le quali hanno come finalità la riattivazione
della funzione dei muscoli plegici o paretici, attraverso la stimolazione diretta e
ripetuta dei recettori periferici.
I metodi di rieducazione motoria si suddividono in due gruppi
fondamentali:Kabath Bobath.
Il metodo Kobath consiste nella esercitazione ripetuta di un
muscolo o di più gruppi muscolari in schemi di movimento più complessi. Mentre il metodo
Bobath si fonda sulla assunzione di posizioni inibitrici in modo da eliminare i riflessi
patologici sottocorticali responsabili dei disturbi della motricità. Alcuni distretti
corporei (soprattutto il corpo, le spalle e il collo) se messi in una postura inibitoria
lasciano liberi gli altri.
METODI ANALITICI che tendono a rieducare la capacità di
movimento di singole unità motorie o di gruppi muscolari funzionalmente correlati;
METODI GLOBALI che sono orientati a far percorrere al
soggetto le fasi normali dello sviluppo psicomotorio tappe che il bambino non ha compiuto
per la presenza del danno cerebrale.
Ovviamente le applicazioni di questi metodi sono individuali e
necessitano di strumenti ausiliari di varia natura come scale, specchi, attrezzi ginnici,
piani inclinati, tavoli e palloni.
Idroterapia
L'acqua dal punto di vista educativo può essere
considerata come un qualsiasi processo che aiuti la persona a maturare sul piano psico-
fisico -sociale e a valorizzare le specifiche potenzialità.
Inoltre l'ambiente piscina offre innumerevoli opportunità
quali la sperimentazione di nuove sensazioni di gioco e divertimento, di gratificazione,
di relazione, di sicurezza e di autonomia. Queste opportunità sono maggiormente benefiche
per i soggetti con difficoltà motoria, in fase evolutiva e con insufficienza mentale.
Il movimento in acqua e il nuoto:
- potenziano e valorizzano il complesso d'energie latenti in
ogni individuo;
- facilitano lesplorazione e la conoscenza;
- aiutano la presa di coscienza dello schema corporeo;
- richiedono il controllo, del corpo nel suo insieme, in una
strutturazione spazio temporale con il controllo del capo, del respiro, dell'equilibrio e
della postura
- richiedono l'educazione al rilassamento globale e
segmentario; facilitano il controllo dell'ansia e delle proprie emozioni.
- l'ambiente "acqua" offre,migliori opportunità ,ai
disabili fisici ,rispetto a qualsiasi altro ambiente, in quanto esso:
- riduce la forza di gravità, escludendo i problemi di
'carico" esistenti in alcuni ambienti con il galleggiamento.
- favorisce una maggior ampiezza di movimenti a livello
articolare
- a determinate temperature (28°e 32°)- riduce il dolore;
- il galleggiamento è in diretta relazione con il grado di
rilassamento; viene sentita e valorizzata la parte del corpo non malata;
- lambiente piscina è meno stressante di una palestra.
Le finalità della
terapia.
Gli interventi terapeutici si fondano in particolare modo sul
recupero della motricità, poiché laspetto caratteristico della p.c.i. è il
deficit motorio. Tuttavia la terapia deve ugualmente tenere in considerazione le sfera
affettiva e psichica di ogni bambino.
Lo scopo dellintervento terapeutico è quello di favorire
l'inserimento di questi soggetti in un ambiente sociale molto stimolante dai punto di
vista psico affettivo.
Influenza dei genitori
nella terapia.
Il comportamento dei genitori rappresenta un punto fondamentale
nel .iglioramento globale del bambino se lambiente è tranquillo ed i coniugi si
dimostrano affettuosi, disponibili e sereni, il bambino acquisirà fiducia in se stesso,
trovando anche una giusta posizione da ricoprire all'interno della società.
Al contrario se i familiari assumeranno degli atteggiamenti non
consoni, come l'iperprotezione e la cieca dedizione al figlio, limiteranno lo sviluppo del
bambino. Egli non sarà in nessun modo stimolato a costruirsi come persona indipendente
dal resto della famiglia, ne avrà nessun interesse ad acquistare e recuperare particolari
abilità, utili per vivere integrato nella società.
SECONDA PARTE
Carattere e personalità
del bambino affetto da P.C.I.
Il bambino affetto da paralisi cerebrale infantile è un
soggetto che presenta molti handicap, i quali aumentano considerevolmente quando il
deficit motorio è accompagnato da altri disturbi, come quelli uditivi, visivi, sensitivi
e così via. Quindi, tutta la sua esistenza, in particolare modo quella evolutiva, dipende
da uno o più impedimenti, che pongono un limite alla vita associata e all'inserimento di
questo bambino in un qualsiasi ambiente sociale.
Il bambino deve essere messo nelle condizioni opportune per
poter avere delle esperienze buone sia dal punto di vista qualitativo che da quello
quantitativo in quanto queste sono fondamentali per lo sviluppo della personalità.
Tuttavia possono verificarsi delle carenze inevitabili nelle sue esperienze che lo possono
condurre alla formazione di concetti diversi e fuori dalla norma e che incideranno
notevolmente sul rapporto che egli avrà prima con se stesso e poi con gli altri.
Il bambino affetto da p.c.i. solitamente ha una errata
concezione di se stesso, egli si vede e si sente diverso dagli altri bambini, poiché non
può esprimersi attraverso il suo corpo ed i movimenti.
Molto spesso può accadere che il fanciullo misuri le proprie
capacità in base alle limitazioni che subisce nei confronti dei coetanei; reagendo così
egli impone un rallentamento al suo processo di crescita. La situazione peggiora quanto
più gravi sono le alterazioni a carico della sfera sensoriale e soprattutto quando queste
sono accompagnate sia da disturbi convulsivi e da insufficienza mentale.
E molto importante che l'ambiente in cui il soggetto è
inserito sia ricco di stimoli. Il cardine dei progetti d'intervento educativi e
riabilitativi è quello di adeguare la modalità d'azione alle esigenze di ciascun
bambino, con il suo mondo interiore, le sue conoscenze, le sue esperienze ed i suoi
interessi. Nel caso in cui gli atteggiamenti che sono assunti dalla realtà esterna nei
confronti del bambino con p.c.i. siano sbagliati, questi possono compromettere
ulteriormente un quadro di carattere già alterato. Come tutti i bambini portatori di
handicap anche quelli con p.c.i. presentano particolari atteggiamenti poiché diventano
possessivi gelosi, in particolare modo rispetto alle persone che si prendono cura di loro
come la madre la quale spesso, finisce con il dedicare interamente la sua vita al figliò
Ciò rappresenta la motivazione per cui questi bambini preferiscono isolarsi dal mondo
esterno e rinchiudersi nel guscio famigliare o più raramente in un istituto, seppure
questi soggetti nella maggioranza dei casi hanno un quoziente intellettivo che rientra
nella norma.
Tale reazione si verifica molto spesso, soprattutto perché
l'ambiente famigliare è quello di una struttura, che da al bambino la sensazione di
essere protetto dal minaccioso ambiente esterno; inoltre in tali spazi vitali le
limitazioni del soggetto sono accettate e rispettate.
Sicuramente in questo modo il soggetto assumerà un
atteggiamento di passività che se non viene stimolato ripetutamente, si trasformerà in
un'incapacità di reagire agli stimoli ambientali, cadrà quindi in una stato di inerzia e
di abbandono totale, che influirà negativamente sul carattere, poiché egli dimostra una
insicurezza nelle proprie capacità, tale da dipendere completamente dalle persone che si
occupano di lui.
In altre parole si viene ad instaurare un blocco emotivo, può
verificarsi, sia con una totale mancanza di interazione con il mondo esterno ,sia con una
forte aggressività. Questa ultima reazione va intesa come un meccanismo di difesa che il
bambino assume nei confronti di chi è "normale" e può muoversi come crede
all'interno dell'ambiente.
LA
COMUNICAZIONE VERBALE E NON VERBALE.
Tutti gli individui comunicano.
Ogni essere umano, ogni essere vivente, vive in una continua
situazione di scambio di relazione con l'ambiente esterno. E quindi, impossibile
immaginare che un individuo riesca a vivere senza avere alcun tipo di scambio col proprio
ambiente e con le persone che lo abitano. Così anche un soggetto con paralisi cerebrale
infantile o un qualsiasi individuo affetto da handicap, entra in relazione con il mondo
esterno comunicando i propri stati d'animo alle persone che gli vivono accanto.
L'individuo normalmente apprende, nel corso del proprio
sviluppo e della propria maturazione intellettiva, emotiva, psicologica, ogni avvenimento
ed ogni aspetto del proprio ambiente di vita. Egli impara a decodificare i vari segnali a
cui partecipa, e, ad interpretare quanto accade intorno a sé. L'uomo non potrebbe vivere
se non possedesse numerosi sistemi di decodificazione e di interpretazione della realtà.
Egli infatti può comunicare con l'esterno utilizzando sia il linguaggio verbale che
quello del corpo. (linguaggio muto).
Nel caso di un bambino con p.c.i. invece, il ritmo dello
sviluppo generale e sempre più lento rispetto agli altri bambini e conseguentemente anche
l'apprendimento del linguaggio avviene più tardi. Perciò questo soggetto nei primi anni
di vita utilizzerà maggiormente la comunicazione non verbale per esprimere i propri
bisogni e le proprie emozioni.
La
comunicazione verbale nellinterazione educativa
La comunicazione verbale si attua attraverso luso
di parole, appartenenti ad una determinata lingua. Quest'ultima rappresenta il codice
tramite cui un elevato numero di individui formulano e rendono comprensibili i propri
messaggi agli altri.
Se si conduce un analisi del comportamento interattivo in
ambiente educativo scolastico si osserva che l'aspetto verbale prevale su quello non
verbale e che esso influenza in modo determinante l'apprendimento dell'allievo.
Tutto ciò è valido anche nel caso cui l'alunno sia un
portatore di handicap psico-fisico, ma in questa situazione l'aspetto verbale deve essere
sempre accompagnato da quello non verbale. Con ciò si vuole sottolineare la necessità
del soggetto di costruire una relazione che sia effettivamente soddisfacente per offrirgli
oltre che una trasmissione verbale a distanza. anche un rapporto a distanza con
leducatore.
In tutti i messaggi comunicativi si possono evidenziare due
aspetti inscindibili:
- l'aspetto di contenuto che riguarda il messaggio,
l'informazione, la notizia che una persona invia esplicitamente ad un'altra;
- l'aspetto di relazione che consiste nel modo in cui si
esprime il contenuto. Attraverso l'uso della comunicazione non verbale (gesti, espressioni
del volto, tono della voce...), uno stesso messaggio può essere espresso in modi diversi.
Nella interelazione umana, ogni comunicazione ha un aspetto di
contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed è
quindi metacomunicazione.
Per metacomunicazione si intende "comunicazione sulla
comunicazione" che è data da particolari messaggi (verbali e non verbali), inviati
durante le transazioni comunicative.
L'analisi delle informazioni metacomunicative (che sono
pressoché inconsce) è uno strumento efficace per capire i problemi e i disagi psichici
di un soggetto, soprattutto se questo individuo è portatore di handicap. il quale molto
spesso non riesce ad esprimere il proprio bisogno direttamente. Un operatore attento, sa
cogliere attraverso la lettura dei messaggi metacomunicativi la manifestazione di bisogno.
La comunicazione non
verbale
Quando le persone si mettono in relazione tra di loro oltre che
ad inviare verbalmente un messaggio, inviano una serie di segnali non verbali che
esprimono emozioni e forniscono delle informazioni sulla propria personalità. Questi
segnali ovviamente influenzano il significato di ciò che una persona afferma, procurando
conseguentemente un cambiamento di comportamento da parte di colui che riceve il
messaggio. E noto quindi, che "noi parliamo con i nostri organi vocali ma
conversiamo con tutto il corpo (K.ABERCROMBE).
L'aspetto esteriore di un soggetto (come il fisico i lineamenti
del volto, la postura) trasmette informazioni non verbali ed è anchesso strumento
di comunicazione.
Il gruppo di segnali non verbali più significativi è quello
dei movimenti del corpo e della mimica facciale e rappresenta quell'insieme di messaggi
che oggi sono maggiormente oggetto di ricerche e di studio. Tali segnali possono essere di
vario tipo come l'espressione del volto, il movimento degli occhi, il contatto corporeo, i
gesti e la postura.
La mimica facciale.
Il volto è l'area specializzata del corpo per comunicare
atteggiamenti umori, ed emozioni attraverso il mutamento di posizione di occhi bocca
sopracciglia e i comportamenti muscolari facciali, nonché la sudorazione e il colore
della pelle. Secondo le ricerche di Ekman pare che i sentimenti mettano in azione segnali
mimici largamente universali che non dipendono in particolare modo
dallapprendimento. Tuttavia soggetti di culture diverse, oltre che a provare un
determinato sentimento di fronte a stimoli differenti hanno appreso regole di
comportamento diverse, che inducono a mascherare, inibire o viceversa ostentare la stessa
espressione del volto. La mimica è molto presente nella conversazione, infatti esiste un
sistema globale di comunicazione, in cui quello non verbale è complementare a quello
verbale. Per cui il volto di chi parla è in sincronia con ciò che dice contribuendo a
valorizzare e a dare più o meno peso al suo discorso, mentre nell'ascoltatore, il viso
esprime la reazione (fronte labbra e sopracciglio sono in particolare modo interessati
nell'indicare attenzione, accordo, o, dissenso, perplessità, sorpresa, soddisfazione).
Lo sguardo e il movimento degli occhi.
Gli occhi sono il centro di espressività del viso e assumono
un ruolo fondamentale nel comunicare atteggiamenti interpersonali e nell'instaurare
relazioni.
Il movimento degli occhi è quello che con più difficoltà
luomo riesce a controllare.
Le loro finzioni principali soprattutto nel contesto degli
scambi verbali. sono quelle di controllo della comunicazione di segnalazione di feed -
back e di espressione di emozioni.
Inoltre gli sguardi hanno un ruolo molto rilevante nella
gestione del ritmo e del flusso della comunicazione, al fine di evitare interruzione
inceppi, sovrapposizioni.
Normalmente le persone che detengono una conversazione si
guardano molto spesso negli occhi, mantenendo un contatto visivo che varia di durata a
seconda che uno parli o ascolti.
Dalle ricerche condotte in merito a questo argomento è emersa
una regola. L'educatore o linsegnante dovrebbe acquisire la capacità di posare lo
sguardo a turno su tutti i ragazzi che segue nel momento in cui parla, in modo da
dimostrare che tutti indistintamente sono presi in considerazione. Tale problema non
sussiste nel caso in cui il rapporto tra educatore e ragazzo è di uno ad uno (come capita
in una struttura per handicappati molto gravi), ma è importante in tale situazione che
ladulto mantenga un costante contatto visivo con il soggetto portatore di handicap,
in modo da incitarlo e incoraggiarlo nello svolgimento di particolari attività.
il contatto corporeo
Uno studioso Statunitense di psicologia animale HARLOW ha
condotto una serie di esperimenti a dimostrazione dellimportanza del contatto
corporeo.
Le conclusioni che Harlow ha ricavato dalle sue ricerche
dimostrano l'importanza del contatto fisico il quale è basilare nei rapporti sociali
infantili.
Un atteggiamento positivo ed efficace dell'educatore nei
confronti del bambino handicappato si può esprimere e si misura in particolare modo
attraverso il contatto corporeo, in quanto questi soggetti solitamente esprimono il loro
modo di essere. soprattutto attraverso luso del corpo.
La postura
Per postura si intende la posizione relativa delle varie parti,
che compongono l'organismo umano, nell'interazione comunicativa.
Le varie posture (eretta, a sedere, rannicchiata, in ginocchio
e distesa), che l'uomo può assumere, hanno la finzione di comunicare una particolare
immagine di se e capire quella degli altri e quella di indicare uno status sociale.
Particolari posture dell'educatore/insegnante accompagnate
sempre da una gestualità della mano possono avere un valore permissivo, avente quindi lo
scopo di incoraggiare il soggetto ad eseguire un compito oppure contrariamente possono
avere un valore di divieto. Una postura particolare del corpo che esprime disponibilità
ed incoraggiamento nei confronti dell'altro é quella che prevede l'inclinazione del busto
in avanti con le braccia protese a palmi in su.
La postura di un individuo riflette il suo umore e le sue
emozioni, infatti è abbastanza semplice comprendere ad esempio quando una persona è
depressa in quanto essa tende a incurvare le spalle e a compiere movimenti lenti e
pesanti.
La gestualita'
Con il termine gestualità si vuole comprendere quel complesso
di movimenti che il soggetto compie con le mani con le braccia, con la testa e con le
gambe, durante lo svolgimento di una relazione interpersonale questi comportamenti che
vengono più propriamente definiti come gesti possiedono anch'essi elevate funzioni
espressivo - comunicativo ed acquistano significati diversi nelle varie culture, i gesti
possono essere classificati in quattro categorie:
a) gesti metaforici: sono quei movimenti utilizzati dalle
persone per rappresentare una cosa, una proprietà, una caratteristica, un concetto (ad
esempio allargare le mani per indicare "grande");
b) gesti di adattamento: sono quelli che il soggetto utilizza
spesso inconsciamente per scaricare tensioni emotive (ad esempio graffiare muovere le dita
continuamente);
c) gesti punteggiatorl sono quei gesti che vengono usati per
regolare la comunicazione verbale, per accentuare e chiarire il significato di una parola
(ad esempio indicare col dito indice chi deve parlare in quel momento).
d) gesti emotivi: che sono costituiti da quel tipo di gesti
attraverso i quali una persona comunica il proprio stato emotivo nei confronti dell'altra
(ad esempio portare le due mani al petto per indicare "affetto, amore,
amicizia"),II contatto corporeo rientra in questo gruppo in quanto il contatto corpo
a corpo possiede sempre una carica emotiva.
Conclusioni.
L'aspetto non verbale del comportamento riveste una funzione
privilegiata sul versante modale-relazionale della comunicazione. Dunque i vari
comportamenti non verbali sono strumenti estremamente significativi soprattutto
nell'espressione di emozioni, di atteggiamenti interpersonali e di conflitti (sia consci
che inconsci). Tutti gli educatori e gli assistenti di bambini portatori di handicap
dovrebbero avere una buona abilità nel recepire il linguaggio non verbale e
un'altrettanta capacità di usare una particolare gestualità, un'espressione mimica e una
postura atta a suscitare interessi a aiutare la comprensione, a sollecitare la
partecipazione attiva e a rinforzare l'apprendimento.
TERZA PARTE
L'INABILITAZIONE
E LINTERDIZIONE (IN GENERALE) DI UN SOGGETTO CON RITARDO MENTALE.
Premessa.
La paralisi cerebrale infantile p.c.i. come abbiamo visto nei
capitoli precedenti, è caratterizzata da un disturbo di tipo motorio che solitamente è
accompagnato da altre turbe quali quelle sensitive, sensoriali, del linguaggio, convulsive
e soprattutto intellettive e del carattere.
Nelle forme più gravi il soggetto affetto da p.c.i. presenta
un grosso deficit psichico e come tale non è in grado di assumersi la responsabilità
delle proprie azioni..
La capacità giuridica e
d'agire.
La legge attribuisce la capacità giuridica ad ogni soggetto
dal momento della nascita a quello della morte, per cui ogni individuo ha la possibilità
di essere titolare dei rapporti giuridici (cioè di diritti e doveri) riconosciuti
dall'ordinamento. Capacità di essere titolare non vuoi dire necessariamente titolarità
effettiva, perciò ad esempio un minore ha la capacità giuridica ma non può disporre
come crede dei propri beni, i quali sono amministrati dal tutore (genitori) o dal curatore
nominato dal giudice.
Tutti gli atti compiuti direttamente dal minore sono
annullabili. Quindi il soggetto è incapace di agire nel senso che non può disporre
validamente dei propri diritti mediante manifestazione di volontà Normalmente la
capacità di agire viene attribuita dalla legge soltanto ai maggiorenni (Art. 2, libro
primo "delle persone della famiglia Codice Civile).
Esistono persone che, pur avendo capacità giuridica non hanno
capacità di agire.
Si dicono incapaci di agire coloro che sono privi totalmente
(incapaci assoluti) o parzialmente (incapaci relativi) della capacità di agire.
Sono incapaci assoluti i minori e gli interdetti (giudiziali e
legali), mentre sono incapaci relativi i minori emancipati e gli inabilitati.
L'incapace assoluto:
linterdetto giudiziale e legale.
Il giudice, soprattutto a causa di malattie mentali, può
decidere di privare totalmente il maggiorenne della capacità d'agire, adottando un
procedimento chiamato "l'interdizione giudiziale". L'interdetto giudiziale è
una persone che, pur avendo raggiunto la maggiore età, si trova in una condizione di
infermità mentale, che gli impedisce di provvedere ai propri interessi. L'interdizione
giudiziale comporta una totale incapacità d'agire ed è
pronunciata con sentenza dopo che il giudice ha accertato
l'esistenza dellinfermità L'interdetto giudiziale si trova nella stessa condizione
del minore, anche in questo caso è il tutore a compiere gli atti in suo nome, sempre
sotto la sorveglianza del giudice.
In caso di miglioramento delle condizioni di salute,
interdizione giudiziale può essere revocata dal giudice e la persona riacquista la piena
capacità di agire.
Esiste anche l'interdizione legale che viene dichiarata quando
una persona è condannata ad una pena superiore ai cinque anni. L'interdetto legale perde
completamente la capacità d'agire.In questo caso l'interdizione è una sanzione
aggiuntiva, che colpisce chi si è reso colpevole di reati.
L'incapace relativo: il
minore emancipato e l'inabilitato.
L'incapacità relativa riguarda il minore emancipato e
l'inabilitato. Il minore è emancipato di diritto con il matrimonio che può essere
contratto al compimento del sedicesimo anno di età.
Il minore emancipato cessa di essere sottoposto alla potestà
dei genitori (o tutela ) e diventa parzialmente capace di agire; con l'emancipazione il
minore può compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione nel non quelli di
straordinaria amministrazione.
Non sempre l'infermità mentale è così grave da portare
all'interdizione giudiziale; un maggiorenne affetto da una lieve malattia mentale viene
dichiarato inabilitato con sentenza del giudice.
Il giudice quando si trova di fronte ad una persona affetta da
infermità mentale, può decidere per l'interdizione o per la inabilitazione in base alla
gravità del disturbo (su questa decisione incidono soprattutto gli esiti delle perizie
mediche).
L'inabilitazione comporta una limitata capacita d'agire.
L'inabilitato viene fiancato da un curatore che lo assiste negli atti di straordinaria
amministrazione.
In caso di miglioramento delle condizioni di salute,
l'inabilitazione può essere revocata dal giudice e la persona riacquista la piena
capacità di agire.
Sono annullabili tutti gli atti di straordinaria
amministrazione compiuti dagli incapaci relativi (minori emancipati e inabilitati) senza
l'assistenza del curatore.
Bibliografia
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prevenire, come curare, Editori Riuniti, Roma 1980
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Editrice Internazionale, Torino 1983
G. DEL CARLO GIANNINI M: MARCHESCHI P: PFANNER;
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M.DE NEGRI Neuropsichiatria infantile, Bozzi Editore, Milano
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interazioni. Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1979, traduzione di Interpersonal
Comunication di R:STEVENS, The Open University,Bletchlej1975
P. RONCHETTI Diritto ed Economia, Zanichelli, Bologna 1995
G.COPPI La Diagnostica Strumentale
J. QUEVAUVILLIERS - L. PERLEMUTER Dizionario medico
dell'infermiere a cura di Carlo Vettore Masson