IL CLUB DI

LETIZIA

Dedicato alla lesione cerebrale infantile

A cura di Maria Simona Bellini

 

in English

 

PER COMINCIARE

Storia di Letizia

 

E' buio e la casa é silenziosa. I ragazzi dormono e dalla mia stanza riesco a percepire, lievi, i loro respiri notturni. Scendo dal letto con un leggero brivido e vado a guardarli per stupirmi ancora una volta del loro sonno. Torno sotto le coperte e mi accoccolo accanto a Letizia, la mia piccolina che, come spesso accade, non dorme nel suo letto, ma qui, accanto a me.
 
Guardo il viso rotondo di Letizia che riposa come fanno in genere i neonati. E' stesa sulla schiena e le manine sfiorano appena, con le palme semidischiuse, i lunghi capelli biondi sparsi sul cuscino. I suoi lineamenti sono distesi e la pelle, sottile come quella delle donne orientali, é rosea e tenerissima al tatto. E' veramente graziosa.
 
Poi all'improvviso qualcosa mi torna in mente con violenza! Un flash riempie i miei occhi di ricordi da molto tempo sopiti, come un big-bang di mille colori fatto di immagini e sensazioni. Dove sono i giorni dell'angoscia? Sono veramente solo parte del nostro passato? Cosa accadde nella mia testa quel giorno che dissero che Letizia era una bimba cerebrolesa senza alcuna speranza? Ho tentato di rimuovere le sensazioni di quel tempo. Ma la morsa che sento stringermi lo stomaco mi fa calcare di nuovo, per un attimo, quella scena.

Un lungo periodo di peregrinazioni da uno specialista all'altro perché mia figlia, fin dalla nascita, non aveva un comportamento normale. Non cresceva come tutti gli altri bambini. Ma nessuno, oltre me, vedeva nulla di strano in quei suoi atteggiamenti: lo sguardo perso nel vuoto, neanche la minima reazione ai rumori, il rifiuto delle braccia e del seno materno, le lunghe notti di pianto senza singhiozzi, senza lacrime. E poi la crescita lenta, nonostante si alimentasse a dovere, e la lentezza dello sviluppo psicomotorio.

Ed ero io allora ad essere considerata nevrotica, depressa, bisognosa di cure, proprio per quella mia affannosa ricerca di una diagnosi per la mia bambina, di una cura. Poi il primo compleanno e Letizia ancora non era in grado di stare seduta, e pochi giorni dopo la sentenza, lesione cerebrale. Speranze di recupero, nessuna!

Unico consiglio che ricevetti fu quello di mettermi alla ricerca di un istituto idoneo a prendersi cura di mia figlia che sarebbe stata, secondo gli "esperti", un neonato a vita. Secondo loro era impossibile farla vivere in un contesto sociale e familiare normale. Tuttavia é proprio da quel giorno che ebbe inizio la riscossa della mia creatura. La diagnosi era un punto fermo dal quale partire, il centro del bersaglio, l'inizio di una lunga, incantevole lotta. Quella per la «vita» di Letizia. Una battaglia contro l'incredulità dei medici, i preconcetti della gente, gli ostacoli creati dalla burocrazia. Ma non eravamo soli a combattere, Letizia e noi, la sua famiglia. Abbiamo incontrato lungo la strada tanti compagni, coi quali piangere, gioire, condividere.

Carl Delacato, per cominciare, uno specialista italo-americano che ci ha regalato tenere parole di speranza: «Abbiate fiducia nell'intelligenza di Letizia». E noi l'abbiamo avuta. Poi l'esercito dei volontari che ci hanno aiutato nelle lunghe sedute di terapia: «Non ci ringraziate, per carità, siamo noi che dobbiamo ringraziare questa bambina». E anche noi abbiamo cominciato a ringraziare Letizia per essere venuta al mondo.

E cosa dire dei suoi fratelli: «Mamma non ti preoccupare, io valuto i miei compagni da come loro considerano mia sorella». E noi ora osserviamo con occhio diverso. E ancora i suoi compagni di scuola, le insegnanti, i conoscenti e gli amici che non si sono allontanati (quelli veri): «Letizia sei bravissima!» E Letizia era brava davvero. Si perché lei, forse per un miracolo di fede collettiva, improvvisamente cominciava a smentire tutto quanto previsto per il suo futuro.

Prima il procedere strisciando sul pavimento (... non si muoverà mai!), poi il gattonare in giro per la casa (... non raggiungerà il benché minimo sviluppo!), e infine i suoi primi passi, insicuri, traballanti, ma era CAMMINARE.

Siamo coscienti del fatto che Letizia oggi ha 13 anni e dovrebbe saper fare qualcosa di più oltre che andare a scuola, godersi le passeggiate, fare i capricci per una caramella e coprirci di baci. Eppure siamo contenti di quanto Letizia ci dona oggi e di quanto potrà e vorrà fare in futuro. Perché noi continueremo a lottare per lei e con lei che vivrà sempre nel grembo di questa nostra avvolgente, calda famiglia che lei stessa ha reso forte.

E nel frattempo il buon Dio ha preso la saggia decisione di non togliere a Letizia il suo fardello. Mentre, piano piano, irrobustiva le nostre spalle.

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