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Benvenuti sulla pagina di Azeta
Azeta è nato al Santissimo (Adria RO) nel 1927. Da sempre subisce la dolce devastazione della poesia. Soggiogatore e soggiogato. Poeta solitario.
Macilento a terra sto ma ancor arto:
genti e fati canto, musa mi tiene
ai ferri ancor, ormai stanco e vegliardo.
Signora verrà, finiran le pene.
É
Ora, è indotto a partecipare ai concorsi
dalla affettuosa insistenza di amici e conoscenti.
Ha già avuto apprezzabili riconoscimenti.
Imo
No! Ignora l'invito
dell'empio destino.
Affonda le piante
nella tua terra.
Irrigidisci!
Qual verde palo
in sen metti radici.
Il primo passo e il senso
sarian la tua rovina;
pure i doveri
siano cento
gettali al vento
che nel turbine rota
e tutto trascina.
In queste pianure
non v'è cima ambita
che meriti
la giovane tua vita.
Sulla corteccia
nell'imo profondo
inciderò un nome
e Imo sarai
sino alla fine del mondo;
sulle tue fronde
gli uccelletti andran
come sull'onde:
rifiuta quella fredda strana
atroce terra dello ja
ti prego,
resta sulla nostrana
cara terra padana.
Essa ti farà dono
cotta al focolare,
d'una patata americana.
Lascito
A me che resterà
se non la malinconia
di un futuro negato?
Sarà vostro:
il caldo sole, la luce
l'azzurro del cielo
la magia dell'alba
la tavolozza del tramonto
le adamantine stelle
il chiarore lunare.
Vi lascerò:
sconvolgenti passioni
esaltanti gioie
laceranti dolori.
E occhi per vedere il sorriso
labbra per sfiorare
nari per aspirare il profumo
braccia per abbracciare:
l'amante.
Eppoi il mio cuore
il mio spazio.
Tutto.
Non sciupatele,
queste cose.
Insonne
Deng deng deng
tre ore, della cattedrale.
Per me è prassi;
veglio, la notte:
guardo ben
che il tempo passi.
Nel silenzio irrompe un bombo,
poi, si sperde;
non insultan meno gli acufeni:
mi sirenano il cervello,
e con ciò? Tutto normale.
Il tic tac subissa il vano
strepeando.
Sulla tele, pacato e solenne
siede, eterno, il Tempo.
Ei mi guarda e mi confonde:
«Non curar che il tempo passi»,
dice,
«pensa al poco che ti resta,
poi che tanto ti sottrassi;
se tu vuoi, con Me e la Notte,
puoi restar, È stabilito!
Pugna e vinci le tue lotte,
sbianca il bruno che ti pregna,
muori, eppoi, per sempre regna!».
Patetico
Nome scordato
non v'è più alcuno che possa dirti
e fermare così il rotolio
nell'immemore:
là, svanirai
siccome chi t'assunse.
Disse: «Éma, usa il dizionario
eppoi scrive così poco».
«Poco e conciso», udì.
Scarno ed essenziale come:
una sparuta strada ghiaiosa
negli immensi spazi verdi,
un cielo vuoto che remoto precipita,
un orfano.
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modificato il 27 gennaio 1998