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- Mi piace
soffermarmi...
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- Mi piace soffermarmi nel passato
- dove irruenza, fallimenti, amore
- fanno parte del mio modo di essere
- teso ad "inventare" la vita che
posseggo
- e che mi ha resa matura più di quanto
avrei supposto.
- L'età che pure considero ad ogni pie'
sospinto
- dice poco al mio spirito desideroso di
rinascere
- giornalmente attraverso accadimenti
interiori
- che mi gratificano pur se talora
logorano.
- È bella la vita, attraverso i sogni
che sono in essa
- e che il nostro spirito estrinseca
- dolcemente e amaramente a un tempo.
- Ogni attimo, a una certa età ha il
valore di un dono
- e si riempie di una vita nuova che assume
colorazioni
- fulgide ed esaltanti come un volo in luoghi
lontani.
- Qualcosa di me riesce con gioia a
liberarsi
- dalle negatività che sono in agguato
nel cuore
- e in tal modo il cielo ridiventa splendido e
rassicurante
- attimo per attimo.
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- Alla scoperta di noi
stessi
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- Segreti e verità
- vengono lentamente a galla
- come un sottile gioco di spirali
- che non hanno nulla di casuale.
- Accadimenti, sorprese, scosse
psichiche
- tutto fa parte del vivere
- cui non riusciamo ad abituarci
- se non verso la fine della vita
- che ci mette a confronto con noi
stessi.
- Ascoltare (e non soltanto udire),
- amare e comprendere a fondo
- oltre la superficie delle cose:
- queste sono le azioni più
difficili
- che ci scavano dentro
- per avviarci alla maturità.
- Non sempre riusciamo ad aprire gli
occhi
- tenendoli chiusi,
- né ad essere pronti a tutto senza
scendere
- al fondo di noi stessi.
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- Pensieri
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- Il nostro rapporto col cosmo o
l'infinito
- è il problema spirituale che di
continuo assilla l'inconscio.
- Siamo dettagli in un'atmosfera in cui tutti
gli avvenimenti
- che ci hanno visti partecipi sono
collegati.
- Liberiamoci dal concetto del tempo
finito
- talora limitativo, e ci sentiremo liberi e
comprensivi
- spiritualmente nei confronti degli
esseri
- con cui veniamo in contatto.
- Emotivamente dobbiamo distaccarci da tutto
quello
- che ci pare domini il nostro modo di
essere.
- Sono gli accadimenti che creano il
tempo
- e indicano la strada che ancora dobbiamo
percorrere.
- Camminiamo lungo il sentiero della
conoscenza
- se vogliamo comprendere il perché del
male e del mondo
- in cui viviamo e che dobbiamo
accettare.
- Il vero dramma del vivere e che ci
coinvolge
- è il pensiero del male che talora
avvertiamo
- nel nostro spirito e va dominato per
giungere al bene.
- Il mondo del nostro tempo pare
avviarsi
- ad una distruzione angosciante a
meno
- che una catarsi psicologica non realizzi una
nuova forma
- di equilibrio e di pace.
- Solo allora potremo percorrere un nuovo
itinerario
- di quell'ignoto che recherà
serenità
- e indirizzerà il nostro "io" verso
quella pace
- che ci attende al di là della
vita.
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- Considerazioni sui
tappeti orientali
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- I tappeti orientali, noti comunemente come
tappeti persiani, sono fra le cose che maggiormente
fanno presa sulla nostra fantasia.
- Un mistero che si chiarirà subito se
provvederemo a guardarli ascoltando "Persische
Lieder - La carovana", un antichissimo canto nomade
pare del Medioevo. Le dolci note struggenti vi
parleranno delle trasmigrazioni di tribù in
spazi ora desertici, ora montani, ma sempre aridi,
dove la vita si concretava in una continua e aspra
lotta. In questa comunione con la natura l'uomo si
formava gradualmente ad una filosofia superiore,
superando i concetti di spazio e di tempo,
comprendendo la complementarità sia della
gioia che del dolore, guardando alle cose al di
là della loro apparenza e, in ultima
analisi, giungendo ad una visione unitaria di tutto
il cosmo. Da tutto questo... i tappeti orientali i
cui vivaci colori parlano di gioia ma anche di una
inconscia reazione alla monotonia cromatica
dell'ambiente prevalentemente desertico o comunque
aspramente montano in cui vivono i nomadi. I loro
disegni stilizzati che si ripetono da tempo
infinito: il "botèh", il tralcio il "gul",
le greche, le bande fiorite, la croce uncinata,
l'albero della vita, gli uccelli; gli "herati di
campo" e così via ci parlano della loro vita
altamente essenziale dove tutto è
trasfigurato in forme altrettanto essenziali.
Commovente è analizzare un tappeto orientale
riscontrandovi qualche particolare che ne fa un
pezzo unico: un inserimento di fili diversi, o
altra malformazione, come un colore che cambia
improvvisamente, o la trama che diviene irregolare.
In quel momento è avvenuta una distrazione,
voluta o forse no: comunque dev'essersi trattato di
qualcosa di inconsueto, anche solo nel campo della
fantasia, perché distrarre un orientale dal
porre tutta la sua attenzione alla cosa di cui si
sta occupando, non è azione da
poco.
- Oggi il tappeto orientale nasce più o
meno come quattro secoli fa. La lana è
sempre di pecora o capra e talora, di cammello. I
colori non sono più vegetali, è vero,
come quando il rosso era ricavato dalla "rubia
tinctorum", l'azzurro dalla scorza dell'indaco, il
nero dall'ossido di ferro, o il cammello ottenuto
miscelando la sabbia del deserto con colla di
latte, ecc. però serbano un certo fascino.
Un tempo i colori scolorivano facilmente e proprio
questo conferiva ai tappeti quelle sfumature
smorzate che oggi, al contrario, si ottengono a
Londra, con particolari lavaggi chimici, la cui
formula non è dato conoscere... ma che fanno
salire enormemente il prezzo dei tappeti
così 'anticizzati'.
- Anticamente i centri di maggiore splendore e
produttività furono Tabriz, Kum, Kashan,
Isfahan, Ardebil, Hamadan, Belucistan, Shiraz,
Meshed e così via. Oggi la lavorazione
fiorisce un poco ovunque in quanto vi si dedicano
intere famiglie, intrecciando fili di lana dagli
svariati colori. Anche se la scoperta dell'anilina
e il conseguente uso di colori chimici ha certo
modificato per un intenditore lo charme e la
souplesse di un tappeto di antica manifattura, la
lavorazione pur sempre eseguita a mano e con
passione dà ad ogni pezzo una 'dimensione'
umana e pregevole. Si pensi poi come vengono
trattati i tappeti alla fine della lavorazione.
Essi vengono lavati in pozze naturali d'acqua e
quindi stesi al sole ad asciugare. Oppure vengono
tenuti a bagno nei fiumi e poi stesi ad asciugare
con il pelo verso la sabbia e lasciati alle
intemperie per un certo numero di giorni.
Così i colori si attenuano e i nodi si
rinforzano. Quanto ai nodi, essi sono tre, due
autentici: il senné e il ghiordès,
uno il jufti che raddoppia i due sistemi di
annodatura senné e ghiordès e in tal
modo sveltisce il lavoro ma a rischio di
comprometterne la finezza. Occorre sempre osservare
il rovescio del tappeto e piegarlo fra le dita per
meglio osservare il nodo, tenendo conto che
è questo che crea il disegno, e che la sua
diversa lunghezza o il suo verso sono
basilari.
- Il modello cosiddetto "memorizzato" è
proprio dei nomadi che ripetono a memoria
determinati schemi, talora sbagliando e in tal caso
il pregio aumenta sotto un certo punto di vista.
Esiste poi il "talim" modello che viene tuttora
dettato ad alta voce, con aria cantilenante e il
modello disegnato sull'ordito, usato nelle
cittadine orientali.
- Infine sempre i nomadi si rifanno ad un
"modello spontaneo" che creano con la fantasia,
specie se il tappeto serve per loro. Se si viene in
possesso di un simile manufatto, occorre
considerarlo rarissimo. Occorre rammentare che il
tappeto per il nomade è "la casa",
nonché il suo unico lusso. Attraverso esso
esprimono la fatica, la solitudine, la fantasia, i
sogni.
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