- Il cuore
spera
-
- Sento nel
cuore pulsare la vita,
- onde,
giovane o vecchio, rivoglio,
- vedere
l'anima ringiovanita,
- cerco
vigore, coraggio od orgoglio?
-
- Misero
uomo, cosa tu vuoi?
- Tu hai
tarlato le fibre del cuore,
- Tu che da
solo nulla far puoi,
- ancora tu
cerchi dalla vita il sapore?
-
- Si, io mi
sento impaurito e anche solo,
- una
farfalla dall'ala spezzata,
- che non
riesce a spiccare il suo volo,
- e dal suolo
non s'è più alzata.
-
- Però
posseggo un segreto solenne,
- cui posso
attingere nuovo vigore,
- come
sorgente di vita perenne,
- essa
è la mensa che m'offre il
Signore.
-
- Onde mi
sfamo racquieto il desio,
- vivo
rifatto, figliolo di Dio.
-
-
-
- Apprezzo il
creato
-
- Noi sempre
e dappertutto T'invochiamo,
- Padre del
redentore e Padre nostro,
- ma i giorni
che son Tuoi io mi mostro:
- Più
docile e devoto al Tuo richiamo.
-
- Che cielo e
terra e l'universo intero
- e qui con
mè questi alberi giganti,
- mostran
chiaro ai poveri passanti
- che, la
bontà di Dio non è un
mistero.
-
- Chi
è che muove i cieli e che fa il
sole?
- Spunti
ancora per tutti e a tutti dia
- da
conservar la vita e l'energia
- in questo
mondo pieno di parole.
-
- Ancora in
tutto il mondo a te si canta
- e
più si prega in casa e
dappertutto,
- che a
guardar il mondo si fa brutto
- ma, di
bontà Tua che n'è ch'è
tanta
-
- Què
altro più dolcezza e
meraviglia,
- guardo nei
prati, fiori di giunchiglia.
-
- La giovane
che sogna e fissa avanti,
- con gli
occhi pudichi a rimirar lontano,
- ti fa
promesse, ti sussurra piano
- i tremiti
del cuor che ne ha tanti.
-
- E il buon
vecchietto ch'è agli estremi
giorni,
- passa e ti
dice di sua vita grama.
- Ti offre i
suoi mali, supplica e ti chiama.
- Che presto
l'alma sua da te ritorni.
-
- Ed io
confuso e stanco più di
quello?
- Ti offro i
miei versi. No! Che son da poco,
- ti offro il
mio cuore con tutto il suo fuoco
- e apprezzo
il creato a rimirar ch'è bello.
-
-
-
- Maestoso
sole
-
- Quando un
mattino, lontano, lontano,
- tra i pini
a schiera rivolti ad Oriente.
- Il primo
raggio del sole africano,
- saluta il
giorno, conforta la gente.
-
- Come
qualcosa che apre la via,
- sembra
cammini con l'ali del vento,
- l'eco,
dolcissimo in tanta armonia,
- che pace
nel cuore, di questo io sento.
-
- E ascolto
l'eterno cantico,
- che il
creato, a Dio, dà gloria,
- questo
è l'inno più
antico,
- se si
apprezza, è ancor
vittoria.
-
- Cuor
paterno, il mondo errante,
- dai uno
sguardo all'uomo in terra,
- che da Te,
tutto sperante,
- cerca
quiete ma fa guerra.
-
- Chi
consola, quei lamenti?
- Od evitare
quei flagelli?
- Che ogni
giorno Tu li senti!
- Ma ai Tuoi
comandi siam ribelli.
-
- Si
rafforza, odio e bora,
- si fan
l'onde più frequenti,
- l'uomo, non
si ravvede ancora,
- nel
distrugger siam contenti?
-
- Padre
eterno, placa l'ira,
- e che
ragioniam con coerenza,
- qui si
piange e si sospira
- qui
ignoriam la Tua esistenza.
-
-
-
- La generazione del
2000
-
- Hai visto?
Hai sentito?
- Per il
mondo s'è diffuso,
- non sei
rimasto sbigottito?
- Che ad
osservare mi son confuso.
-
- Gli
infelici avvenimenti,
- la morale
che è scomparsa,
- ai nostri
giorni son presenti,
- come una
moda lenta passa.
-
- Il
matrimonio è in disuso,
- che un
segnale questo sia?
- Con il
conviver s'è diffuso,
- lo sposarsi
è una follia?
-
- A me vaga
per la mente
- che
bellezza, era un incanto,
- guardo
ieri, non il presente.
- Come
dispiace al padre Santo!
-
- Guarda
attento, o popol mio,
- uccide il
padre, l'hai sentito?
- Dov'è
il rispetto, oh mio Dio?
- Al genitor
che l'ha nutrito?
-
- Al
contrario il padre ingrato
- uccide i
figlio e s'è ammazzato.
- Se la nonna
mia sorgesse,
- questo
mondo non lo accetta,
- e se
l'occhio in terra volge,
- ritorna
indietro in tutta fretta.
-
-
-
- La prima coppia
nell'Eden
-
- Furono
messi in giardini eccellenti,
- che
contenevano i più candidi
gigli,
- ove Adamo
ed Eva contenti,
- del
Creatore si sentano figli.
-
- Si
conciliavano con la vita,
- e del
Divino, la presenza
- poteva
essere infinita.
- Che
preziosa ricompensa!
-
- Un eterno e
soave canto,
- si sentiva
in tutti i lati,
- dolci
frutti tutti accanto
- e in fiore
erano i prati.
-
- Allora, vi
erano assidue primavere,
- e la
rugiada le bagnava il suolo,
- ignoti
erano il caldo e le bufere
- e tutto si
svolgeva senza duolo.
-
- Fretta non
c'era, si procedeva piano
- freddo,
gelo, abiti o pastrano,
- solo le
vesti di quell'evo antico,
- era la
foglia del famoso fico.
-
-
-
- Mattin di
festa
-
- Quante
persone vedono i miei occhi,
- forse
è festa e divertir si
vuole;
- vado a
vedere e cerco anch'io di farlo,
- ma no! Me
ne sto qua e da lontan li guardo.
- Come
splendono bene i loro volti,
- come
luccicano di smeraldi i loro
occhi.
- Vedo la
pace e, mi sfugge un pensiero
- Che l'animo
mi morde e, mi domando:
- se quella
gente a me sembra tranquilla
- perché
di tanto odio la natura?
- Tutto ad un
tratto mi concentro e penso,
- se la vita
è bella e a viver vale
- perché
siamo degli esseri mortali?
- Forse
perché ci son le
sofferenze
- Delle
persone spietate, crudeli
- Anormali o
senza sensi?
- Natura,
tutto questo è per
punirci?
- Dimmi colui
che peccò per primo,
- perché
lo fece a chi lui diede poter?
- Sei un
mistero troppo dolorante
- Morir mi
fai d'angoscia e anche straziante.
-
-
-
- Un giorno di
maggio
-
- Alba bella
rugiadosa,
- s'annunciava
tutt'intorno,
- quando,
tutta frettolosa,
- si
rivestiva al nuovo giorno.
-
- Che
sollievo, che bellezza,
- che
piacevole frescura,
- è un
incanto quell'ebbrezza,
- verde e
rosa è la pianura.
-
- Se mi basta
il poco genio,
- un sol
raggio di quel giorno,
- qui
risplende come premio
- il mio
verso disadorno.
-
- Come quando
un bel roseto,
- fiorito
è in tutti i rami
- sorto il
sol, diventa lieto
- meta d'api
e vespe, a sciami.
-
- Quando poi
vien la sera,
- che il sol
a vista scende
- vedi i
colli tutti a schiera
- sembra un
sogno, si protende.
-
- La vallata
che pianeggia,
- quegli odor
di pini e abeti,
- il torrente
che serpeggia,
- fa
risplendere i vigneti.
-
- Mi raccolgo
solo un fiore
- Maggio
bello, che splendore.
-
-
-
- Una luce sulla
terra
-
- Ah, se si
potesse far risplendere,
- una gran
luce sulla terra,
- far fuggire
queste tenebre,
- i timori
della guerra.
-
- Stare
insieme greco, ebreo,
- sentir
lingue differenti,
- non
considerar nessun plebeo,
- ma sentirsi
ugual parenti.
-
- Come quando
in lontananza,
- vedo un
prato in fioritura,
- e che volge
alla speranza,
- di non
avere più paura.
-
- Cessa il
pianto, cessa il duolo,
- che
commuove il mondo intero,
- e rovina
cielo e suolo.
- È di
troppo quel che spero?
-
- Dondolarsi
al colle a al piano,
- quando
spira il venticello,
- comportarci
da umano,
- e dire
insieme, il mondo è bello!
-
- Io
nient'altro chiedo e voglio,
- uno sguardo
mite e pio,
- rigettar
tutto l'orgoglio,
- e
s'è così, far parte
anch'io!
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