- Polvere
C'è
una gran polvere al Parco Nemorense oggi.
Io e
Laura siamo al caffè sotto gli alberi più
freschi dove c'é meno polvere. Polvere bianca,
fatta di lanugine estiva, i semi delle piante svolazzano
per la città insieme all'aria irrespirabile,
polvere bianca sollevata dai bambini che giocano
ferocemente per la loro età, a pallone
laggiù, nello spiazzo centrale del parco. La
polvere è negli occhi di Laura e nella mia gola.
Prendo il broncodilatatore spray che ho sempre con me
nella borsa.
Cos'è?
È
un broncodilatatore, quando respiro male.
Si
ricorda anche lei che a scuola avevo già un po'
d'asma, leggera però.
Il
giorno degli esami di quinta ero stata
male.
È
buona Laura, con la ruga profonda intorno alla bocca, che
ora le pende appena da un lato, segno di età e di
dolori, molti. Ma è sempre lei, la Laura
dell'Estate delle farfalle, la sua prima raccolta di
poesie dopo una meravigliosa estate d'amore. "Quante
parole non dette" è l'inizio che mi piace di
più "su riva nuda erosa all'infinito", il suo
verseggiare assorto e trepido sa tanto di Novecento alla
grande, e intanto mi batte il cuore per qualcosa che non
so, bello e brutto insieme.
Sarà
questa polvere.
Sarà
che dopo venti anni che non ci si vedeva, il ritrovarsi
così in un caffè di un luglio biancastro di
caldo, col cremino in mano come due ragazzini, non sa di
niente ma è sempre tanto, tanto, rispetto al tempo
che non ci siamo viste, parlate, che non abbiamo cercato
insieme il senso dei giorni, e il futuro. Il fumo di una
sigaretta che Laura si concede mi fa tossire. Eppure sono
felice. Si può essere felici e stare male,
è nella letteratura di tutti i tempi. È che
qualcosa mi manca, proprio mi manca, capisco che non
siamo come "prima", che prima passeggiare mezzo
pomeriggio ci dava gioia, e speranza, per una festa del
sabato, per la telefonata di un ragazzo, per il commento
dei compagni di classe, per le chiacchiere
stesse.
Oggi ci
dà consolazione.
La
polvere e la lanugine si deposita su di me, capelli,
vestiti, dovremmo scrollarcela di dosso e sentirci
libere, e nuove, come tanti anni fa. Ma non si riesce.
Forse non è possibile e non è giusto, ora
siamo qui, ora siamo queste. Mi guardo e vedo un'altra al
posto che era il mio. Scendiamo per Via Lago di Lesina e
arriviamo alla scalinata? Va bene, ma lei sa che si
giocava a rubabandiera sulla scalinata a 13 anni. Alla
fine sbagliamo strada, chissà com'è, siamo
già a Viale Libia, i lavori della metropolitana
spaccano la strada in due con le loro transenne
arancione. Facciamo il "giro lungo" per arrivare sotto
casa sua. È finito il pomeriggio, la polvere si
mescola allo sporco dei muri di città. Sono triste
per aver parlato tanto, riso forte, rifatto il rossetto,
gesticolato da donna matura, conversato di lavoro, di
carriere interrotte, di vecchi amori, di mariti, di casa,
di vecchi, di figli, di soldi come una qualunque, ma sono
allegra per non aver pianto. Di gioia, o di non so che
altro, difficile non farlo guardando gli occhi cari e un
po' amari di Laura, che sbattono le palpebre nel sorriso,
come fa sempre lei, solo appena un po' arrossata dalla
polvere d'estate.
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