- L'OPERA
IN FIABA
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- L'opera
da quattro soldi (da un libretto mai
musicato)
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- C'era una volta,
non troppo tempo fa e non importa dove, un giovane
assicuratore di non so quale Compagnia, il cui nome
non ha molta importanza. Quello che ci preme stabilire
è cosa facesse il suddetto assicuratore nei
ritagli di tempo, nelle ore buche quando gli saltava
un appuntamento o durante le code ai semafori o a
notte tarda o la mattina presto ogniqualvolta non
riusciva a dormire, cioè quasi sempre. Se si
fosse potuto leggergli nel cervello, sulle prime si
sarebbe rimasti colpiti dal groviglio di segni neri
costituenti una matassa indistinta; poi con pazienza e
lenti adeguate il groviglio avrebbe preso forma di
lettere, parole, frasi e infine periodi separati da
una congrua punteggiatura. Insomma perché
girarci attorno? Il nostro assicuratore pensava e
ciò che pensava lo metteva su Word, come dire
nero su bianco: era uno scrittore. Per la precisione
era convinto di esserlo, il che è comune a
tanti.
- Tutto era
cominciato anni prima con un diario segreto, indi
c'erano stati tentativi di racconti, qualche timida
poesia, un breve romanzo epistolare pubblicato a sue
spese ed ora il grande salto, la fatica degli ultimi
mesi, un romanzo vero. Di quelli con tutti i crismi,
bei personaggi, bell'intreccio, dialoghi serrati,
parolacce al posto giusto, sesso quanto basta: a dirla
tra noi il solito giallo che se fa tanto di piacere al
pubblico è come il maiale(o la tesi di laurea),
non se ne butta via niente. E stavolta lui faceva sul
serio, voleva il successo e l'avrebbe avuto. Cosa poi
si celasse dietro questa determinazione, frustrazioni
varie, ossessioni di grandezza o spinte mediatiche,
noi lo rimettiamo all'analista e al sociologo di
turno, poiché onestamente non ce ne può
fregar di meno. Ci interessa invece il modo insolito
con cui ebbe a ottenere ciò che voleva
più di ogni altra cosa al mondo.
- Appena finito di
depositare (personalmente, non fidandosi delle poste)
il frutto dei suoi sforzi presso i grandi editori
(basta con le mezze tacche aveva giurato a se stesso),
egli si disponeva ad attenderne un qualche responso,
quando del tutto inaspettata gli giunse la
convocazione da parte del più grande, il
mitico, il supremo. Certo non da lui in persona, ma
tramite un funzionario inequivocabilmente attendibile
che fissò l'appuntamento il tal giorno alla tal
ora. La certezza di non essere vittima di uno scherzo
lo sosteneva incrollabile, fondata su un basso
continuo che gli andava ripetendo che quella era la
volta buona. Per cui non si concesse neanche il
beneficio del dubbio domandandosi almeno perché
lo avessero chiamato tanto presto: ciò
corrispondeva talmente ai suoi desideri e all'intima
convinzione di essere un genio che non si pose alcun
dilemma, andò.
- Il funzionario, di
cui riconobbe la voce gracchiante, lo ricevette un
lunedì pomeriggio alle cinque. L'ufficio non
aveva nulla di speciale, era solo stranamente privo di
mobilio, fatta eccezione per un largo tavolo di stile
avvocatesco e due sedie di pelle nera. Di fronte al
nostro scrittore stava un tipo apparentemente
insignificante di età indefinibile, col cranio
liscio e un paio di occhiali all'antica, grandi e
dotati di lenti scure. Benché fosse impossibile
coglierne l'espressione e si presentasse a mezzo
busto, come tagliato in due, giacca e cravatta senza
pantaloni, il giovane seppe all'istante con chi aveva
a che fare. Si stupì tuttavia di non provare
terrore, ma solo una vaga inquietudine e un senso di
freddo. Ci sono fenomeni che si comprendono prima con
l'istinto che con la ragione, e certezze che si
raggiungono senza bisogno di prove. Restava da vedere
se avrebbe potuto ricavarne effettivi vantaggi o se in
cambio gli si chiedesse troppo. Per troppo egli
certamente non intendeva l'anima, poiché quella
era già disposto a barattarla, bensì
qualcosa di oscuro, una clausola che al momento gli
sfuggiva e in seguito non avrebbe potuto controllare.
Tutto questo gli balenò per un attimo, mentre
teneva sotto gli occhi il contratto pronto per la
firma. Si provò a leggerlo e rileggerlo, ma non
riuscì a trovare niente di scorretto. Chi
può dire se leggesse davvero o credesse invece
di leggere? Diciamo che il suo sguardo era fortemente
distratto dall'assegno che la mano dell'altro gli
aveva allungato sotto il naso. Anche la penna gli fu
porta con sollecitudine: firmò.
- Da quel fatale
lunedì l'esistenza dell'ex assicuratore non si
limitò a subire un mutamento radicale. Il
successo o meglio la fama o più esattamente la
gloria lo investì come un'onda anomala di
proporzioni planetarie, uno tsunami che avrebbe potuto
sommergere la Terra con i suoi abitanti. Fu un caso
letterario senza precedenti che fece il giro del mondo
e dei talk- show; apparve negli angoli più
remoti e improbabili del Pianeta, fu tradotto in
lingue mai sentite, fu veduto in mano agli analfabeti;
se ne fecero film per la televisione, per il cinema,
pezzi teatrali d'avanguardia e non, letture pubbliche,
letture radiofoniche, riduzioni per bambini, fumetti,
poster, T-shirt. E naturalmente ad esso seguirono i
libri-fratelli, sfornati dopo una gestazione di circa
nove mesi e non meno osannati del libro-madre. Infine
arrivò il Nobel.
- E' palese che in
tutto ciò vi fosse qualche stortura,
principalmente per il fatto che mai una critica si
levò all'indirizzo dell'opera, nemmeno uno
straccio di voce dissidente da nessuna parte. Se si
apriva bocca era per cantarne le lodi, quasi che tutti
fossero vittime di una strana forma di persuasione,
una sorta d'ipnosi collettiva che in tempi lontani e
fiabeschi avrebbe preso il nome
d'incantesimo.
- L'unico a non
essere sfiorato dalla magia era il diretto
interessato, che pur navigando e quasi affogando
nell'oro non ne aveva la mente ottenebrata, anzi
più il tempo passava più si sentiva
investito da una tagliente lucidità.
Innanzitutto riguardo a se stesso. Lui che si era
creduto un genio, prima, ora che ognuno lo considerava
tale senza un briciolo di discussione, ebbene adesso
era il solo critico della sua opera. E tanto severo da
concludere alla fine che si trattasse di un'opera da
quattro soldi, madre e fratelli compresi, tutto un
cumulo di fesserie. Passando i giorni ciò gli
divenne insostenibile e visto che sapeva bene chi
dover ringraziare per lo scherzo di pessimo gusto,
tornò dopo anni al punto di
partenza.
- Pareva che il tipo
non si fosse mosso di un millimetro dalla postazione
che faceva svettare il suo mezzo busto, quasi avesse
sonnecchiato tutto quel tempo nell'attesa della scena
che doveva svolgersi, unico scopo del suo essere
lì. Solo qualcosa di simile a un ghigno ne
deformava impercettibilmente l'espressione, il che
offrì al nostro scrittore un appiglio per
entrare in argomento. Protestò di essere
vittima di una frode, o meglio si corresse, di un
vizio del contratto introdottovi a sua insaputa o di
cui probabilmente non s'era accorto, magari,
perché lui aveva sempre creduto che in gioco ci
fosse la sua... e invece solo ora si rendeva conto che
ben altro era stato il prezzo. A questo punto
raschiò la gola e fece una pausa in cui l'altro
s'inserì con perfetto tempismo.
- Caro signore,
proferì con estrema pacatezza, non vorrà
farmi credere che Lei ignorava le nostre regole. Il
contratto non ha mai, dico mai, indicato la Sua anima
quale risarcimento dei...chiamiamoli favori da noi
elargiti riguardo alla di Lei carriera, se così
vogliamo definirla. Aggiungo che il commercio delle
anime da tempo non è più nel quadro
delle nostre attività. La invito pertanto a
rileggersi il sopracitato contratto. E gli porse una
cartellina nera anticipando la mossa che l'altro fece
per afferrare la sua, di colore viola. Lo scrittore
lesse e leggendo fu quasi abbagliato da una luce di
suprema consapevolezza: vide se stesso e si comprese
come mai gli era accaduto prima. Seppe di essere un
artista mediocre, ne fu definitivamente certo come si
può esserlo di fronte a un'equazione
matematica. Era tutta scritta sul contratto la storia
della sua trasformazione da felice illuso con manie di
grandezza a disperato cosciente di sé. Questo
il prezzo in cambio dell'oro e della laude dei
contemporanei, che si sarebbe dissolta in indifferenza
dei posteri. In pratica un'enorme bolla di sapone
della quale soltanto lui era a conoscenza e che
dimostra quanto in simili casi il sapere costituisca
una condanna. Stavolta l'impassibile funzionario
ghignava apertamente.
- Tentando di
scusarsi per la sua dappocaggine il poveretto
domandò con voce flebile che gli fosse concesso
recedere dal contratto. La risposta si perdette in un
sibilo e risultò difficile coglierne il senso,
almeno per noi impotenti spettatori di quella
situazione incresciosa. Privati della consueta
onniscienza di narratori in quel caso dovemmo
soccombere, non ci fu verso di conoscere come la
storia andasse a finire. Fiduciosi tuttavia che il
lettore sappia trovare da sé una soluzione per
questa vicenda, da parte nostra suggeriremo due
ipotesi principali. A) Non è impossibile che il
solerte funzionario fosse una sorta di buon diavolo
moralista e finisse quindi con l'esaudire la richiesta
dello scrittore - il quale in tal caso se ne
tornò a fare l'assicuratore - dopo aver
cancellato il tutto (compresa l'opera da quattro
soldi) con un provvidenziale colpo di spugna. B) E'
altresì possibile che si trattasse di un vero
diavolo maligno e non fosse disposto a fare sconti a
chicchessia, onde per cui si aprono due sottoipotesi:
B1) lo scrittore si rassegnò e col tempo
imparò ad apprezzare gli innegabili vantaggi
della propria condizione, ritrovando la perduta
autostima a colpi di strizzacervelli; B2) lo scrittore
non si rassegnò, cadde in profonda depressione
e una notte senza luna si gettò da un ponte
dell'autostrada con un pesante zaino sulle spalle
contenente tutta la sua opera.
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