- Il
cerchio immaginario
-
- Era davvero uno
strano circo!
- Lì gli
uomini non esistevano!
- Era un circo che
andava in scena nell'interno di un teatro!
- Le balconate
gremite!
- Gli applausi pronti
per partire!
- C'era in esso
un'atmosfera surreale!
- Victoire Chaplin si
tramutava in un pesce preistorico dai mille colori che
aveva quattro occhi e colori sgargianti!
- Le musiche
classiche che salivano dall'interno dello spettacolo
creavano un'atmosfera onirica!
- Adesso c'erano
donne, uomini e bambini in platea!
- E per una volta il
silenzio!
- Per carità:
niente radioline stordenti dei clacson delle
automobili, niente vecchi depressi col bastone che
ascoltavano nei programmi televisivi pomeridiani
storie di vecchi che per strada tutti ignoravano, per
un paio d'ore, nessuna vittima e nessun carnefice e
dopo il silenzio "il Cerchio Immaginario", che era il
nome e lo spettacolo stesso apriva le sue porte a
tutti!
- Il clown, di nome
Baptiste, illusionista incantatore che sembrava un
nobile Augusto di serata, diceva le sue battute in una
lingua incomprensibile, facendo cadere per terra tre
palle colorate, nessuna delle tre emetteva rumore una
volta toccato il pavimento, mentre la quarta faceva
gran stridore e il pubblico rideva, e ridevano le
donne, gli uomini, i bambini e gli anziani
pure.
- Entravano animali:
finti!
- Poi animali di
cartone: veri!
- Non c'era un minuto
di pausa in quel circo!
- Vittoria Chaplin da
terra si alzava come in preda ad una mistica evasione,
si trasformava in una vecchina dell'Ottocento, con
tanto di occhialini piccoli e rotondi, una parrucca
tenuta nascosta sotto le ascelle che poi infilava con
disinvoltura, una veste scura che da lontano la
rendeva più bambina e da vicino la rinchiudeva
in un tempo troppo lontano.
- Di nuovo entrava
Baptiste, il clown: battute, smorfie, interazioni col
pubblico, e parlava con una voce esile e profonda che
riscuoteva esito favorevole con il
pubblico!
- Baptiste indossava
una parrucca bianca, che lo rendeva più vecchio
di quanto non fosse, e al pubblico continuava a
piacere, lo trovava esilarante, mentre nell'aria
già si preparavano gli applausi che sarebbero
scoppiati a fine spettacolo e i bambini ridevano, e
gli adulti ridevano, mentre il "Cerchio Immaginario",
rimaneva un mondo sospeso che camminava parallelo in
una dimensione esoterica accanto alle persone, senza
che esse se ne accorgessero.
- Lì dentro in
quel Cerchio succedeva di tutto: delle ballerine
truccate come se fossero uscite dalla leggenda di
Ulisse portarono ad un certo punto una grande tela
bianca.
- Su di essa fu
proiettato il finale del film: "Le luci della
Città", di Charlie Chaplin.
- Il volto della
fioraia cieca appariva nelle immagini in tutta la sua
bellezza, mentre il vagabondo Charlot le sorrideva a
malapena e poi camminava per la sua
strada.
- All'esterno del
teatro, il caos delle automobili, l'esplosione del
traffico e le maschere violente creavano il
presentimento di un altro mondo.
- Manifesti
pubblicitari di corpi di donna di alta società
che mettevano in rilievo pregiati aperitivi, mentre i
semafori diventavano le case ambulanti di piccoli
zingari.
- Odissea
nell'Odissea!
- Il silenzio era
finito!
- Ricominciava il
mondo dei consumi con le sue nevrosi
istrioniche!
- Laester era ancora
seduto all'interno del teatro: la sua poltroncina
rossa sembrava appena uscita da uno degli episodi
delle: "Mille e una Notte!"
- "Perché
doveva finire lo spettacolo?
- E se rimanessimo
qui, cosa succederebbe?" - Pensava fra
sé.
- Laester era un
pittore che amava l'arte e amava le persone, ma che
soffriva quando restava incompreso, e cercava nella
sua vita solo il suo mondo per esprimersi.
- Aveva davanti a
sé tre ragazze.
- Erano
bellissime!
- Che facessero
anch'esse parte dello spettacolo?
- Vittoria Chaplin
ora si esibiva come un'acrobata in un
circo.
- Saltava in aria
colle mani appoggiate a una sbarra e il suo corpo
roteava libero e felice.
- Non aveva rete di
protezione!
- Alla fine del
numero ebbe molti applausi.
- Su un piccolo
tendone circolare, gli animali da cortile camminavano
come sentinelle per poi sparire nel nulla.
- Poi entrava
Baptiste!
- Altre gags, altre
battute!
- E il pubblico
applaudiva come fosse allo stadio.
- E gli applausi gli
erano arrivati nella mente!
- Laester diceva a
bassa voce: "Dio ti prego fammi rimanere
qui!
- Demonio se solo mi
stai ascoltando: fammi firmare un contratto
affinché la mia vita non esca da questo
teatro!".
- Ma lo spettacolo
era finito.
- Laester se ne
andò da solo.
- Pensò di
andare a stringere la mano agli artisti, ma "Non
sarebbe sembrato ridicolo?
- Vedeva davanti a
sé la sua vita: il padre colto e malato che
giocava sulla vita delle persone e non si
fermava?
- La madre chiusa
dentro una camera da letto che non parlava più
con nessuno?
- Tornava a questo
dopo lo spettacolo del Cerchio Immaginario? E gli
bastava?".
- Le cartacce che
fuori al teatro nessuno raccoglieva si alzavano da
terra per la strada, chissà se un tempo avevano
fatto parte dei manifesti pubblicitari, di zingari non
c'era più traccia e qualche ragazza ben
truccata usciva per il primo appuntamento!
- Da una finestra
antica si ascoltavano i suoni di una televisione e la
città già dormiva.
-
- Qualche giorno dopo
Laester si ritrovò in macchina con degli amici
a raccontare queste storie.
- La macchina
sfrecciava via velocemente.
- Lui gli
parlò dello spettacolo.
- Gli amici gli
davano l'impressione che fingessero di
ascoltarlo.
- Per un attimo
Laester pensò al film Gilda, con Rita Haiworth
e Glen Ford, e al cattivo e miliardario Ballin, l'uomo
che vendeva materiale chimico ai nazisti..
- Pensò alle
ragazze che gli stavano davanti nella balconata del
teatro.
- Pensò ai tre
amici: scuri in volto, corpi statuari, chissà a
cosa stavano pensando.
- I manifesti
pubblicitari erano più calorosi di quelle
persone.
- Continuava a
parlare in quella macchina e nessuno lo
ascoltava!
- Sentì il suo
cuore battere forte, immaginò di
colpirli:
- il titolo sui
giornali avrebbe riportato la notizia. "PITTORE
INCOMPRESO UCCIDE TRE PERSONE IN
MACCHINA.".
- Si sentì un
omicida.,
- si sentì
sporco ma vero.
- Il battito del
cuore gli ritornò normale, cambiò umore,
scese dalla macchina e se ne fregò degli
amici.
- Mentre camminava
sul marciapiede vide delle fotografie per
terra.
- Di chi
erano?
- Ora era l'unico
spettatore dello spettacolo che si trovava fuori dal
teatro.
- Qualcuno o
qualcosa, lo spinse lì dentro.
- Le facce degli
amici gli ritornavano in mente.
- Entrò dentro
il teatro da una porta secondaria.
- Si sentiva come un
viaggiatore, ma che non sapeva dove iniziasse il
viaggio.
- Vide strani animali
che camminavano.
- Ma non ebbe
paura.
- Ricomparve
Baptiste, quello strano clown dai capelli
bianchi.
- Coriandoli, stelle
filanti e note musicali caddero per terra.
- Vittoria Chaplin
ora vestita come un'educanda dell'Ottocento camminava
come un'invasa mostrando una sublime
eleganza.
- I ricordi
tormentarono Laester.
- Ora lui
guardò in fondo al teatro.
- Sentì dentro
di sé una voce che lo chiamava.
- E in lui era
scomparso l'assassino: era nato l'artista!
- Si voltò
dietro, ma nessuno era in platea.
- Guardò in
avanti e delle donne col cilindro scesero da scale
raffinate e gli porsero la mano, Laester già si
sentiva sfiorato da quella carne.
-
-
- Dietro
le quinte
-
- Era sdraiato sul
suo divano, aveva l'aria annoiata tra il console
romano seduto nel Circo Massimo col pollice abbassato
e un gangster uscito indenne dalla lettura del Grande
Gasby.
- Portava una
vestaglia di flanella, un paio di occhiali grossi
stile anni '70, quelli con le lenti deformate e una
collanina d'oro che roteava a destra e sinistra un
piccolo Gesù Cristo.
- Leggeva, poi
interrompeva la lettura, annoiato.
- "Ma il telefono non
squilla mai?" -diceva.
- Era stato una
gloria della televisione e del teatro, un mostro sacro
dello show business, una leggenda vivente.
- Viveva in una
grande villa dove fino a qualche anno fa aveva dato
dei party scintillanti.
- Quelle stanze
avevano visto di tutto: incontri tra attori e
produttori, crisi esistenziali di donne non più
giovanissime, esistenze lacerate dalla droga, sesso a
volontà che si era ripetuto nelle camere da
letto a quantità industriale, quella casa
bellissima con piscina, sala da ballo, bar incorporato
in un mobile richiuso, era stata la culla del mondo
dello spettacolo.
- Edith era un uomo
sulla cinquantina, anche se portava un nome da donna,
era uno di quegli uomini che la sapeva lunga sulle
cose della vita, che ne aveva visti di tutti i
colori.
- Aveva dato
un'intervista il giorno prima ad un giornale, che nel
suo editoriale ne aveva riportato il talento e la
forza d'animo, raccontando i suoi successi e il suo
incontro col mondo della televisione, per diffondere
la sua immagine alle nuove generazioni.
- Il pubblico
conosceva un Edith presentatore che si batteva anche
per nobili cause, come per la raccolta di denaro da
devolvere alla ricerca scientifica per la cura delle
gravi malattie e tutto avveniva dietro i fasti
dell'Era della Televisione.
- Ma in quel mondo
che arrivava in ogni casa che era la t.v. e che teneva
a bada milioni di famiglie, c'erano due facce: una era
quella pubblica degli applausi delle standing ovation,
del vogliamoci-tutti-bene, l'altra, quella privata,
nascosta, in cui valeva l'olocausto biblico
dell'occhio-per-occhio-dente-per-dente.
- Era questa una
regola che nascondeva i peggiori crimini dietro i
sorrisi più ipocriti e vite spezzate, lavaggi
di cervelli, promesse disattese, corpi di adolescenti
toccati e molestati e pieni di lifting, si
nascondevano dietro la barbarie catodica: il paradosso
era che nella società dei consumi, tutti
volevano arrivare in televisione.
- Edith quando andava
in chiesa la domenica era ben voluto da tutta la
comunità.
- Elargiva grandi
offerte: "Che avesse sensi di colpa?".
- Durante il "Padre
Nostrum" in chiesa c'era chi guardava la statua del
Cristo Redentore e poi chi guardava lui, che era stato
un dio della televisione.
- Una sera dei
ragazzini volevano parlare con lui e si avvicinavano
al suo palazzo, bussarono al suo citofono, ma solo per
sentire la sua voce.
- "Pronto?" -disse
Edith.
- I ragazzini
scapparono via dalla paura.
- Gli anni '90,
l'epoca in cui il cinema sprofondava nell'oltretomba e
la televisione diventava il cervello collettivo,
diventarono più frenetici dei ruggenti anni
'20.
- Tutto: dal lavoro
ai rapporti interpersonali, dai listini della Borsa
alla sessualità che si consumava come un
breakfast, correva ad una velocità
centuplicata.
- Gli anni '90 erano:
l'epoca delle immagini della finta democrazia, dei
personaggi come Edith, amici e buontemponi quando
conveniva e pronti a commettere qualsiasi reato o
delitto in nome della propria vanità, "Per
questo la gente lo venerava quando entrava in
chiesa?".
- Anche se gli anni
continuavano a passare anche per lui, Edith restava un
uomo raffinato ed elegante, sua madre quand'era
piccolo gli diceva: "Un uomo ricco e famoso può
permettersi di diventare qualsiasi cosa nella
vita!".
- Ora il telefono di
casa squillò realmente:
- "Edith?".
- "Si?".
- "Ciao! Sono Dwain
Patrick! Come stai?".
- "Bene!".
- "Ho letto
l'articolo! Davvero bello!".
- "Grazie!".
- "Senti, stiamo
pensando di darti la direzione di un programma che va
in onda sulla nostra t.v. via cavo, che lancerà
nuovi talenti comici, e credo che tu saresti la
persona ideale per...!".
- "E il
compenso?".
- "Per questo
risolveremo ogni problema, una volta che ci saremo
incontrati!".
- "Senti Edith,
abbiamo in mente una grande produzione, abbiamo degli
sponsor eccellenti, ospiti illustri e se la cosa
funziona potremo anche produrre più ore di
diretta!
- Il progetto
è quello di diventare entro i prossimi sei mesi
la trasmissione più seguita del paese, che ne
pensi?".
-
- Nella mente di
Edith l'immagine protettiva e asfissiante della madre,
il ricordo suo di quando era ragazzino si alternava
alla gente che lo guardava dentro la chiesa fingendo
di pregare e poi ai ragazzini che lo importunavano per
sentire solo la sua voce, quella di uno che ce l'aveva
fatta!
- Qualcuno
bussò alla sua porta.
- Era un ragazzo di
24 anni, un promettente ballerino che aveva lavorato
l'anno prima in uno show televisivo e a cui Edith
aveva dato il suo biglietto da visita dicendogli:
"Vieni quando vuoi a casa mia! Ti darò una
mano. Se hai necessità, fammi solo un colpo di
telefono."
- Il ragazzo si
chiamava Ivan Petrovic ed era un ballerino d'alta
classe ed il suo sogno era: IL LAGO DEI CIGNI, i suoi
miti erano: NIGHISKJ e NUREJEV, ma dov'è che si
ritrovò, fu: all'INFERNO.
-
- Passò
qualche giorno in quella casa dove c'era solo un divo
viziato della televisione che si approfittava dei
più deboli.
- Non una sola volta
Edith volle conoscere le capacità artistiche
del ragazzo.
- Ivan Petrovic era
giovane, ma sveglio.
- Guardava foto di
personaggi celebri incapsulate dentro portaritratti di
legno di ciliegio, volti sorridenti ma senza luce,
fantasmi che chissà ora dentro quale casa
stavano vagando per costruirsi la propria
solitudine.
- "Ivan, vieni
qui!".
- "Si?".
- "Dovresti andare un
attimo dal fornaio!".
- Poi quando
tornò, trovò Edith che aveva messo nel
videoregistratore una videocassetta di un suo vecchio
programma di cinque anni prima e che ebbe un grande
successo.
- Lo show si
chiamava: "INDOVINA CHI VIENE A CENA?" e mostrava la
faccia stupita di persone Normali che si vedevano
piombare in casa divi del cinema o altre
celebrità.
- Il gioco andava
avanti e le persone potevano vincere una settimana di
viaggio in compagnia di qualche divo.
- "Vieni qui Ivan!"
-disse Edith.
- "Dove?".
- "Edith lo
invitò sul divano, gli disse che se voleva
partecipare al suo prossimo show, sarebbe dovuto
andare a letto con lui.
- Ora i fantasmi dei
ritratti sulle mensole parevano ancora più
spettrali.
- Ivan gli si sedette
accanto, poi Edith gli carezzò la testa e lo
aggredì!".
- La videocassetta
trasmetteva ancora immagini di: "INDOVINA CHI VIENE A
CENA?".
- Qualcuno
bussò al citofono ma nessuno andò a
rispondere, forse erano ancora i ragazzi che avevano
paura?
- "Lo sapevi che
saremo arrivati a questo!
- Vai avanti...!".
-disse Edith.
-
- Edith toccava il
ragazzo mentre aveva ancora l'immagine della madre
nella mente che gli diceva cosa fare per arrivare al
successo!
- Ivan Petrovic si
scostò, mentre la madre di Edith, il suo
ricordo feroce, confondeva il divo, gli annebbiava la
mente!".
- Edith non si
sentiva per niente al sicuro.
- Aveva nausea del
suo vecchio show, aveva nausea di sua
madre.
- Poi guardò
Ivan Petrovic.
- Il ragazzo
osservava un antichissimo vaso di cristalleria
italiana.
- "Ti piace quel
vaso?" -disse il divo.
- Ivan seguì
il suo impulso, lo colpì non una, ma una
trentina di volte.
- E mentre lo faceva
pensava ai passi di Nighisky, alla forza di
Nurejev.
- Il sangue che
usciva dal collo di Edith ora bagnava il pavimento,
formando strane macchie.
- Ivan Petrovic
guardò il divo sanguinante, gli prese il
portafogli e corse via d'un sol fiato col denaro
appresso.
- Mentre la madre di
Edith lo sgridava, lo show televisivo "INDOVINA CHI
VIENE A CENA", non aveva per la prima volta più
spettatori.
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