LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Gaucho Matrero
- Gaucho Matrero, vero nome Eduardo Roberto Lopez, nato il 24 febbraio 1949 a Comodoro Rivadavia, Patagonia Argentina, sposato con due figli, emigrante dal '89, di professione operaio oleodinamico. Non ha pubblicato nessuna opera. È stato folgorato dalla sonorità ed ampiezza dell'italiano. Scrive disordinatamente in spagnolo da quarant'anni ed a stento adesso in italiano. Il suo pallino è la meraviglia ed il mistero dell'universo che si traduce a prendere in mano la penna e scrivere come terapia guaritrice momentanea e che non è altro che godere non pensando alla sua corporeità.
- Scoprendo l'italiano
- Per me che son forestiero
- l'italiano è...
- sono come grilli!
- che saltellano incorporei
- irrequieti, maneschi
- con campanelli alle zampe
- e dopo, in santa pace
- osservano incuriositi
- dall'altra parte, più in là,
- d'un sottilissimo estratto d'acqua
- che appena appena li sorregge.
- Mi consiglio il mutismo ma...
- Vorrei fermarmi senza grafia
- perché a nulla servono questi segni
- che mi scoprono nudo, ammutolito
- brandendomi così secco e inopportuno.
- Intanto le ore, gli anni fuggono
- perfettamente registrati in corsivo.
- Magari sia un linguaggio in estinzione
- che ne serbe un altro, più chiaro, più intimo
- perché questo non mi basta, mi tace
- ed il torrente dell'avvenire asfissia
- e non ci sarà più tempo
- la fretta si farà prepotente, avversa
- e devo registrare il passato, ordinarlo
- dalla "A", no! più indietro ancora.
- Sono tanti gli eventi!
- e certamente spero sia un linguaggio
- in estinzione
- e se non cova un altro
- vorrei che questo balbettare
- chiamasse al silenzio.
- I tempi probabili
- Il futuro indicativo
- fa scattare impreviste difese
- che azionano, allarmate
- l'allargamento della gola
- stringono gangli tessuti e nodi
- e rimbalzando si riflettono
- in cima alla calotta
- e li mettono in moto
- le galassie a - dimensionale
- dell'incerto
- in senso orario e no
- caotiche.
- Sarò... Starò... Avrò
- Invece il presente
- è un rudere e malconcio
- ex campione di box
- già avvilito ed incoerente
- che ride come un bambino
- sgranocchiando noccioline
- e osserva una vecchia scalza
- e raggrinzita che lo ignora
- e dedita sempre a sistemare cose
- sempre quelle
- sempre ieri.
- A mia figlia laureata in?...
- Quando ti deposero
- in questo universo
- io non sapevo
- che eri d'alloro
- così, tanto piccola
- con gli occhi spalancati
- e rasa la testolina
- paffuto mucchietto di gioia
- che negli anni che ti allevarono
- sei stata e hai fatto
- la mia figlia
- ed oggi me la rendono
- alta e cocciuta e mora.
- E ti scorrono e convergono
- veemenzi e veleni,
- sangue antica e scordata
- di "araucanos" pacifici (*)
- e "gringos" severi
- ed una grande goccia
- traboccante
- di italico linguaggio
- e adesso
- quel alloro verde
- tanto verde che ti circonda
- è tuo, tutto tuo
- seppure avrei voluto
- che soltanto una foglia
- fosse mia,
- ma sai figliola
- tu non sei stata
- e mai lo sarai
- il nostro premio.
- Tu sei l'alloro
- l'alloro è tuo.
(*) "Araucanos": aborigeni, miei antenati della Patagonia
- Siamo fatti dalla stessa materia
- Si vaga nell'universo
- al di fuori, appena appena
- dell'epiderme trasparente
- del cristallino stupefatto.
- Gli ammassi stellari?
- Le stelle morte e fredde?
- il buio universale?
- Mi son noti
- perché li trascino inquietanti
- nelle fibre microscopiche
- della pibede struttura.
- Vuoti ed astrazioni mentali?
- I buchi neri che divorano
- il tempo che pur si curva.
- E la luce?
- Ah, la luce, la luce!
- fatta e fitta in me
- per dipingere una giornata
- in buon umore...
- però ahimè, immane le galassie
- in agguato
- son passioni, odii attorcigliate
- lente
- inesorabili.
- Per questo compagna mia
- sfioro la tua mano
- e scrivo scrivo scrivo
- per non andare solo
- alla deriva
- come la polvere stellare.
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Ins. 21-10-2005