LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Gianna Giovannelli

È nata il 12 luglio 1952 a Prato. Ha conseguito il diploma di scuola magistrale ed ha esercitato tale professione per diversi anni.
Predilige la vita tranquilla e contemplativa. Vive nella Valle del Bisenzio con suo marito e sua figlia, circondata dai suoi amatissimi animali, autentica passione che ha fin da quando era bambina.
 

A me venisti
 
A me venisti
silente come un sogno
avvolto dalla luce
della luna.
Né immagine, né voce
avevi nell'istante
dell'incontro,
ugualmente avvertii
la tua presenza.
Sospesa a quel filo,
rilucente di speranza,
alzai lo sguardo
in cerca del qualcosa
a cui anelavo.
Capii, nell'attimo sublime,
l'importanza
di quell'immobile momento.
Fidando nel destino
mi resi vulnerabile
offrendoti per sempre
la mia anima.

Notte invernale
 
Limpida notte invernale,
simulacro per venti scabri,
che graffianti s'insinuano
fra cime puntute
di fieri cipressi,
ammanti, con gelida carezza,
l'oscuro mistero
che trasfigura sembianze fraterne
di luoghi familiari.
Evidenzi, nell'animato silenzio,
l'ululato struggente,
volto alla luna,
d'un lupo solitario,
ombra fedele, d'antiche credenze
sussurrate da voci irreali.
Notte fonda d'abissi inesplorati,
smerigli dei monti
le guglie fiammeggianti
di moniti senza tempo,
mai giunti ad orecchie mortali.
Austera ti stendi,
consacrata sacerdotessa,
su altari pagani
ed osservi paziente
le lente ore passare
sino allo spuntare del giorno.

Orrore
 
Orrore,
infinito orrore
in quegli occhi!
Occhi persi nel vuoto
d'un insensato vivere.
L'ultimo limite d'aberrazione
hanno incontrato
in quel mattino.
E in quegli occhi,
anime smarrite,
alla mercè di vili
dall'odio, dal rancore manovrati,
alla vendetta, alla sopraffazione dediti.
Quegli occhi angosciati,
increduli!
Occhi lontani,
di bimbi sfruttati,
mercificati,
annientati
con viscido inganno,
nell'innocenza dell'età più bella
calpestati.
Ma ciò alla filosofia
del tutto o niente non cale,
voltar pagina,
come sempre,
è d'uopo.
L'orrore di quegli occhi
dimenticare.

Incenso
 
D'incenso profuma l'aria
densa di preghiere inascoltate.
Un'umanità in attesa
d'un tempo migliore
affolla il vivere insensibile
al grido di pace
che graffia la coscienza del mondo.
Arabeschi di sangue
solcano sguardi
che hanno perso ogni innocenza,
stanchi di morti adagiati
in fosse anonime
scavate nella nuda terra,
sì martoriata da profonde ferite,
bocche spalancate in squassanti gorgoglii
di bruciante impotenza.
E negli occhi atterriti
di quella madre piegata,
costretta a squarciar,
con ruvida lama,
la gola del figlio "traditore",
più niente,
solo l'abissale vuoto del nulla
più sordido, più vile.

 
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Ins. 08-11-2004