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Gianpaolo Ripamonti


È nato il 3 luglio 1963 a Lecco, risiede ad Osnago (Lc). Sposato con Barbara ha due figli: Michele e Giorgio e lavora, a tempo pieno, presso l'Amministrazione Comunale di Arcore (Mi). Si è diplomato presso l'Istituto magistrale G. Bertacchi di Lecco e nel maggio 2000 ha conseguito l'abilitazione all'insegnamento nella scuola elementare a seguito di vincita di Concorso Nazionale Ordinario. Nel 1996 si è diplomato in Teologia presso l'Istituto Teologico dell'Italia Settentrionale a Milano con una tesi sulle nuove forme di evangelizzazione. È appassionato di storia, archeologia e musica. Nell'ottobre 2001 ha conseguito, alla prima partecipazione, la "Menzione d'Onore" al premio letterario naz. di poesia "Salvatore Quasimodo" a Siracusa. Successivamente ha ottenuto diversi premi, menzioni e riconoscimenti in concorsi letterari di poesia e narrativa a: Cassino (Fr), Santa Margherita Ligure (Ge), Cuneo, Rieti, Melegnano (Mi), Monza (Mi), Piacenza, Landriano (Pv), Roma, Pavia. Nel luglio 2003 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie "Il canto dei piccoli".
 
 

Inserito nell'antologia del Premio Poeti dell'Adda 2002
La ballata della bella principessa
 
Nacque,
al tempo dei mandorli in fiore.
 
S'invaghì d'esser bella.
E volle consacrarsi all'eterno.
 
Ammiccò alla luna,
perché con l'alone dei suoi raggi,
accarezzasse la sua pelle,
sublimandola di immortalità,
per essere pari a una dea.
 
Specchiò i suoi occhi
tra le stelle lucenti del cielo,
perché, ognora, brillassero
di luci infinite.
 
Lavò le sue mani
nell'acqua cristallina di fonte,
perché il candore
e i profumi della natura,
regnassero imperituri,
nel suo corpo prezioso.
 
Ma tra i foschi colori
del tramonto, vide la sua pelle,
i suoi occhi e le sue mani,
stingersi, lentamente,
verso il lungo viale dei cipressi.
 
Capì, allora, che il meglio
è nemico del bene.
Decise, dunque, d'esser donna:
 
e scelse il canto del cuore.

 
Una donna
 
Le persiane socchiuse della casa solitaria,
tradiscono la presenza del tuo sguardo assorto,
stingersi al mutare del giorno,
nel pensiero di un'ansia,
che sollievo non conosce.
 
Cara, bellissima, amica mia.
 
Muta resti
avvinta nel silenzio di quei momenti,
che infiniti si susseguono, al cangiare del tempo,
e come amati rifugi s'accomodano nel tuo cuore,
colmo di ferite e di fatue illusioni.
I tuoi occhi languidi come al mattino, in primavera,
proiettano ancora faville di speranza per un amore,
che tu, perfetta sognatrice,
aspetti ancora, all'uscio di casa.
Pensieri amari si rincorrono.
Come umori evanescenti,
di una vita avara, aspra, tradita,
che dall'età dei sogni attende ancora
di cingersi di sincera gloria,
per riscattare le amarezze e le sconfitte di passioni travolgenti
che, in un momento, come i vapori della terra, in autunno,
si sono dissolte nel vento, per mai più ricomporsi.
Lascia, però, che il tuo tormento s'abbandoni,
tra i morbidi cuscini della speranza,
e che il cielo, e lui solo, nel silenzio,
renda giustizia con un morbido abbraccio,
al tuo cuore malato e solitario.

 
Ricordi d'infanzia
 
Ricordo ancora quei giorni, radiosi, d'infanzia,
quanto i minuti sembravano eterni,
quando le ombre, d'estate, sembravan giganti
e accompagnavano, mute, le nostre rincorse,
quando la musica non parlava, ancora, al nostro cuore,
perché il nostro cuore non aveva bisogno di suoni.
Noi eravamo la melodia.
 
L'uomo, misurava sé stesso con la luna, splendente nel cielo.
Ma noi, già, conoscevamo quell'arcano pianeta.
L'universo intero, pasceva, nel nostro cuore.
 
L'uomo lottava, animoso, per nuove libertà.
Ma noi, piccini, ne avevamo la chiave e i vestiti,
a portata di mano.
 
Rileggo, ora, quelle pagine, intense, del diario degli anni,
quando i cortili, le strade, le piazze, i sagrati
fiorivan di grida, di urli, di schiamazzi,
senza lamenti, senza fastidi,
perché eran le gioie
di figli contenti, gloriosi, benedetti.
E chiedo al mio cuore, perduto:
"In quale cantuccio
hai nascosto la chiave di quei giorni,
mai più ritrovata?".
 
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