-
- Crepuscolo
-
- Un quarto
di luna d'argento,
- le grida
di qualche gabbiano,
- risacca
che, dolce, accarezza
- l'antica e
morbida riva...
- È
grigio e invisibile il mare
- soffuso di
tiepide nebbie
- e, in
esse, ogni cosa scompare...
-
-
- Ascolta...
-
- Ascolta
anche tu l'immenso silenzio
- di questo
bosco maestoso
- dove non
si indovina il cielo.
- Il
silenzio è rotto soltanto
- dal lieve
stormire di mille foglie
- mosse dal
vento della calda estate,
- è
una musica dolce, strana
- come di
cento arpe misteriose
- suonate da
angeli o da fate...
- Il passo,
sullo spesso tappeto di foglie,
- non
disturba gli spiriti immortali
- custodi
del tempo e di animali,
- raccogliti
e ascolta questa musica
- e lascia
che la mente, libera,
- nuoti in
questo nulla immenso,
- lascia che
il tuo spirito ritrovi qui
- tutti i
fantasmi del passato
- che ti
attendono alla fine del vagare
- tuo in
questo bosco
- lungo un
sentiero invisibile
- che
Qualcuno ha già
tracciato...
-
- Un nome sulla
sabbia
-
- Il sole
scende ad occidente,
- è
quasi notte e, l'alta marea,
- manda
timide e frettolose onde
- a
carezzare strisce si sabbia
- disegnando
morbidi festoni
- arricchiti
di candide conchiglie.
- Corre il
bernardo verso l'onda
- trascinando
la casa rapita
- ed il
pensiero vola, vola
- verso
altri lontani lidi dove,
- giovanili
ardori, si fusero
- con
rimpianti e inutili speranze.
- Sorrido
amaramente e guardo
- il mare e
ne ascolto le acque
- mormoranti
mentre, la punta
- del mio
piede, traccia
- un nome
breve sulla sabbia...
-
Grandi storie di
piccoli uomini
La magia del
monte
Sergio era seduto
sul primo scalino della scala esterna, gli piaceva
fermarsi ogni tanto in quel punto a godere della
solitudine del suo piccolo paradiso ma, quella volta,
erano le preoccupazioni che lo trattenevano e che lo
avevano indotto a prendersi il capo tra le mani. Forse
si era troppo sbilanciato nel promettere ai suoi la
costruzione della cappella entro l'agosto 2002 ed ora
era assalito dal dubbio di non riuscirci e, l'addurre
una scusa plausibile come avrebbe fatto chiunque
altro, non rientrava nella sua mentalità
infatti egli riteneva una promessa, ancorché
fatta ad amici intimi e parenti, una questione d'onore
alla quale tener fede a qualsiasi costo. Ciò
che dapprima gli era parso facile come la presenza in
loco del materiale necessario e la facilità di
ottenere l'aiuto dell'elicottero per il restante,
urtava ora contro la difficoltà di tradurre in
Madonnina un blocco di marmo tratto dalla cava del
Mazzucco, infatti aveva scartato a priori la
possibilità di una statua marmorea di altra
provenienza. A parte dunque anche l'onere finanziario,
erano i tempi richiesti per l'esecuzione a rendere
tutto difficile né, egli sarebbe potuto
accontentare di altre soluzioni che si scostassero dal
primitivo progetto, era una testa dura Sergio e quando
diceva una cosa, si metteva in quattro e superava ogni
possibile ostacolo pur di realizzarla, ma quella volta
temeva proprio di dover dilazionare nel tempo le
realizzazioni: senz'altro la cappella con una
Madonnina provvisoria nell'attesa di quella definitiva
anche se ciò avesse comportato due feste e le
non indifferenti spese relative da aggiungere a quei
quattro milioni necessari perla scultura. Rifece
mentalmente l'inventario del materiale occorrente
reperibile in loco e si avviò verso il retro
della baita quasi assicurarsi che esso si trovava dove
lo aveva accatastato e riandò mentalmente al
progetto... e gli tornarono sia la sicurezza che la
tranquillità necessaria a ragionare sulle cose
con maggiore ottimismo, si fregò le mani con
aria soddisfatta ed esclamò: - Ma certo!... Ho
rifatto praticamente la baita, l'ho ingrandita e...
farò anche la cappella... La Madonna e i miei
amici mi aiuterannooo! -
L'ultima parola,
quasi gridata, destò un'eco strana proveniente
dalla pietraia, come se un coro di voci infantili
avesse ripetuto: - Ti aiuterannoooo! - Sergio era
certo di aver detto "mi" e non "ti" e non lo aveva
gridato eppure quell'eco era stata chiarissima. - Che
strano, - mormorò Sergio a bassa voce poi,
facendo megafono con le mani davanti alla bocca,
gridò a piena voce: -
Sìììì, mi aiuterannOOOO! -
poi rimase in attesa dell'eco che stranamente tardava
ad arrivare e, quando gli giunse, egli rimase di sasso
infatti non si trattò della ripetizione esatta
o distorta delle sue parole, ma di un coro immenso di
risate come se tanti, tantissimi bambini nascosti
nella pietraia stessero contorcendosi dalle risa.
Nonostante il suo sangue freddo, Sergio fu sconcertato
da quel rumore inconcepibile e, con decisione, riprese
ad urlare tutto ciò che gli veniva in mente:
mucche, baita, prati, monti e, quasi ormai con voce
roca, - Artoert!!! - Contrariamente a quanto si
sarebbe atteso, gli rispose un silenzio irreale anzi,
pareva addirittura che ogni solito rumore fosse
sparito e la preoccupazione di Sergio fu quella
tremenda, di essere diventato completamente sordo,
sì sordo e lontano da casa e, con quella
terribile sensazione, si diresse verso la baita
guardando a terra e sollevò lo sguardo soltanto
per non inciampare nel primo scalino. Fu allora che la
preoccupazione si trasformò nel terrore di
essere in preda ad allucinazioni..; Prima la
sordità ed ora... seduto sul gradino sul quale
egli amava sostare, stava un minuscolo essere,
certamente uno gnomo dal modo di vestire e di portare
un lungo cappello rosso, un vero gnomo con il volto
raggrinzito racchiuso in un barbone bianco che pareva
un tutt'uno con i folti capelli che fuoriuscivano dal
cappello. Portava una casacca verde su calzoni di
panno indaco la parte terminale dei quali spariva in
stivali della foggia di quelli dei Babbi Natali. Non
poteva essere più alto di una quarantina di
centimetri infatti i piedi erano sollevati dal terreno
e teneva le piccole mani sulle altrettanto piccole
ginocchia squadrando Sergio, il quale era rimasto
impietrito con aria ironica e divertita poi, dopo un
momento che a Sergio parve lungo come
l'eternità, prese a parlargli con una vocetta
un po' rauca: - Mi hai chiamato ed eccomi qua ai tuoi
ordini e al tuo servizio, come sempre... - Ma chi sei?
- osò azzardare Sergio, - Sono Artoert, il re
degli gnomi di questa montagna che tu ami tanto...,
siamo moltissimi e abitiamo la pietraia da tempo
immemorabile. Ho assunto il nome di questo luogo per
semplicità infatti il mio nome vero è
impronunciabile: Ventixouluk, non ti pare che Artoert
sia migliore? - Sergio era semiparalizzato dallo
stupore ma, la sua curiosità naturale ebbe
ragione della sua prudenza e stava per interloquire
quando lo gnomo riprese a parlare: - Io ti conosco da
quando, bambino, correvi su questi prati rincorrendo i
tuoi fratellini, ho conosciuto tutta la tua gente e vi
ho protetti da sempre... Tu hai sempre avuto bisogno
di noi... -, e l'ometto fece un largo gesto con la
mano, - ti sei assunto un impegno gravoso, questa
volta, ma noi ti aiuteremo ad uscire d'impaccio... Non
ti aiuteremo a costruire la tua cappella perché
la tua religione ammette i miracoli ma non la magia,
ma faremo ciò che abbiamo sempre fatto per te,
cioè terremo a bada gli elementi naturali e gli
animali, faremo in modo di evitarti possibili
incidenti o imprevisti che potrebbero rallentare il
lavoro e baderemo alla tua salute... -
Finalmente Sergio
si stava rendendo conto della fortuna di avere quei
piccoli amici e, rasserenato, rispose: - Ma come posso
ringraziarti? C'è qualcosa che io posso fare
per te? - E lo gnomo rispose: - Sì, alcune
cose. Per prima, devi intitolarmi la tua baita
scrivendo il mio nome in bella vista, anzi, scrivilo
alla Walser: Artört e non alla piemontese,
cioè Artoert. In secondo luogo, devi
promettermi di rimanere sempre buono come sei ora e
amare uomini e animali di questi monti tanto da non
ucciderli come facevi una volta e poi... -, e lo gnomo
esitò, - poi ogni sera prima di addormentarti e
dopo aver pregato il tuo Dio, devi rivolgere un
pensiero a me mormorando lentamente:
"VENTIXOULUK,
VEGLIA SULLA MIA BAITA". Questo è tutto
ciò che ti chiedo e che tu devi impegnarti a
fare. - - Lo farò..., stanne certo, lo
farò sempre... - e Sergio alzò il capo e
socchiuse gli occhi ripetendo mentalmente la frase per
non dimenticarla poi, mentre si apprestava a salire
pensando come avrebbe fatto a scartare lo gnomo, si
accorse che esso era sparito come se fosse stato
inghiottito dalla scala. Raggiunse la cucina e si mise
ad armeggiare per trovare una matita e un pezzo di
carta e, quando finalmente li trovò e si
dispose a scrivere, si accorse di avere completamente
dimenticato la frase e che essa non gli tornava in
mente per tanti sforzi egli facesse e così
facendo o, forse, per tutte le emozioni di quel
giorno, finì con l'addormentarsi profondamente.
Fece uno strano sogno nel quale appariva la sua baita
avvolta in un volo di ali grigie come il crepuscolo,
ali enormi di trenta gufi svolazzanti intorno al
tetto. Si svegliò di colpo e si
rinfrancò vedendo un raggio di sole penetrare
attraverso la porta aperta e illuminare il foglio
rimasto sul tavolo e, meccanicamente, afferrò
la matita e descrisse il sogno appena fatto: VENTI(+)
X (10, quindi 20+10=30) OULUK (gufi), si alzò e
corse sul pianerottolo della scala gridando: -
Grazieee! -, con quanto fiato aveva in gola. Ristette
un attimo tendendo l'orecchio per udire l'eco ma
invece di esso, dalla pietraia e dal paesaggio
circostante, gli giunse, portata da un leggero vento,
la voce magica e confortante del monte: strida di
rapaci in volo, musica di acque saltellanti,
campanelle lontane di armenti...
- Vento di
ponente...
- Vento di
ponente,
- vento caldo
d'estate
- che, dolce,
accarezzi il mare
- destando
piccole,
- innocenti
onde
- che corrono
alla riva...
- Una barca
alla fonda
- contende il
suo ferro
- al sommerso
scoglio
- danzando in
girotondo.
- Io guardo e
sogno,
- mi perdo nei
ricordi
- e visi, voci,
ombre
- di fantasmi
mi vagano
- intorno e
attendono
- la fine del
mio tempo...
-
- La vela si
affloscia
Freme la mano
aggrappata al timone
e la barca
corre sulle onde
con le vele
piene di vento...
Pare un
grande uccello
con le ali
bianche a fendere l'aria
mentre la
prora spacca le onde.
E il pensiero
corre a riconoscere,
in quella
corsa, la mia stessa vita
le
attività, gli amori nati e gettati
via
in quel mio
correre, in quel volare
per superare
il tempo,
per
raggiungere chissà poi quale
meta...
Ora, mentre
la notte scende
e la prima
stella tenta di brillare,
guardo la
vela floscia vibrare
al pigro
refolo di vento
e,
inutilmente muovo la barra
per sfruttar
l'abbrivo e giungere
all'ormeggio,
con la fatica
della mano e
del cuore che già sento...
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