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- La
scogliera
-
- Lune di
cartone
- dipinte sui
nostri visi
- come note
senza ritornello,
- scanzonate
- da un gelido
maestrale.
- Distinguo la
notte
- serafina di
stelle
- rubate
- al timido
mattino.
- Il sinuoso
dondolare del mare
- favilla
costante
- negli
occhi
- di un ultimo
pescatore.
- L'alba si
prepara
- per un giorno
nuovo
- e colora di
bianco plumbeo
- i primi
movimenti
- di un'erba
danzante.
- E tu
così leggera
- conosci quei
mattini,
- fatti di
luci,
- e
ombre,
- e fuochi
fumanti
- rapiti dal
vento,
- che
scompare
- forestiero
- oltre la
scogliera.
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-
-
- Polveri
-
- Un confuso
folgore
- nella luce
assopita
- in una
sera
- lenta e
rotonda
- e di lucidi
pensieri
- e immagini di
nebbia
- di nidi e
sentieri
- Luna
- per pochi
viandanti
- e uomini
poveri
- privi di un
volto
- e anime
sconosciute
- nello
specchio
- Gabbiani
feriti
- di
stelle
- polveri
lontane
- sole e
bianche
- e zattere
immobili
- sospese
- fra il mio
cuore
- e il tuo
cielo
-
-
-
-
- Sensibile
-
- Ho visto
cadere il sorriso
- sul tuo viso
senziente,
- che di
lacrima è già
rugiada,
- che di
respiri è affannato
l'istante.
- E sei ferma
lì,
- tu, cristallo
di brina primaverile,
- di dolce
affanno del cuore,
- bella e
sensibile.
-
-
-
-
-
- Le vele
perdute
-
- In ogni uomo
vaga,
- come lento
desiderio,
- un navigante
solitario,
- artefice
spontaneo
- di
volontà e destini perduti.
- Così
rapiti, osserviamo il mare
- e ne
ricerchiamo
- le vele
perdute,
- che ad ogni
bagliore
- pargono
ritornare.
- Ma la vista
è un senso assassino,
- e quel che si
vede spesso ci è d'inganno.
- Cadiamo
così,
- abbandonati
come cani
- soliti a
latrare,
- malinconici,
- verso il nudo
orizzonte.
- Ma se prendo
coraggio
- e porgo
attenzione
- a lunghi e
sconosciuti silenzi,
- sento da
lontano
- quale pallida
pietà
- distrugga le
mie lacrime ed il vento,
- e capisco
l'uomo,
- vagante come
umido ruscello
- quando non vi
è sbocco,
- mentre mi
abbandona,
- distratto,
- anche
l'ultimo mare.
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