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L' INOCCUPATO
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- Era seduto dietro
la scrivania di color mogano, col viso rivolto verso
il monitor e le mani che scorrevano veloci sulla
tastiera. Sembrava che fosse stato sempre lì,
senza nessuna pausa, senza ferie. Sembrava, che anche
quando l'ufficio fosse stato chiuso e si vedevano le
sue mani veloci abbassare la saracinesca, lui fosse
ancora lì, come un piccolo gnomo che riesce ad
introdursi in uno stesso luogo, sempre di nascosto,
utilizzando diversi ingressi, noti a lui solo. Invece
il signor Mazzotta lavorava in quell'ufficio della
sede distaccata dell'anagrafe appena da un mese, anche
se aveva alle spalle ben 25 anni di onorato servizio
presso l'ufficio anagrafe centrale. Perché
avessero deciso di trasferire proprio lui nel
distaccamento di via Isonzo, se lo chiedeva ogni
mattina, quando si svegliava accanto a sua moglie che
lo guardava con gli stessi occhi di agnello di un mese
addietro e lui si trovava ancora al suo posto. In
fondo non è cambiato nulla, si fanno sempre le
stesse cose, gli stessi pensieri, la stessa vita di
ogni giorno. I ragionamenti del signor Mazzotta non si
spingevano molto più in là, invaso dalla
preoccupazione di essere puntuale e preciso, aveva
vissuto in questo pensiero l'unico cambiamento
possibile. Ma poi, era stato puntuale e preciso, con
le mani nervose che picchiettano la tastiera e piccoli
occhi neri affacciati dietro gli occhiali da presbite.
Anche quella mattina, c'era una lunga coda di gente
che aspettava come ammassata dietro una speranza o una
condanna. Tutti rivolti da una stessa parte, verso di
lui, più ordinati in prossimità della
linea gialla disegnata sul pavimento, quella che
indica la giusta distanza per mantenere il confine
invalicabile della privacy. Tutti erano intenti a non
perdere il proprio turno mentre inseguivano un
pensiero o guardavano distrattamente le scarpe del
proprio vicino. Anche quella mattina era uguale a
tutte le altre, quella in cui quel giovane, dopo aver
preso il suo foglio, gli aveva voltato le spalle e si
avviava verso l'uscita per poi voltarsi all'
improvviso e ritornare verso di lui. Il signor
Mazzotta incrociò il suo sguardo, una breve
domanda si fece largo nella sua mente, mentre il
giovane tornava verso di lui.
- "Mi scusi avete
sbagliato a scrivere" disse all'uomo che, nonostante
la gentilezza del ragazzo formulava già nella
sua mente un'equazione evidente: lo sbaglio equivaleva
ad un'infrazione dell'ordine, ad un disordine
inaspettato, quindi l'errore era
inammissibile.
- "Che cosa dite?"
rispose visibilmente seccato.
- "Credo che abbiate
sbagliato a scrivere" ribadì il
giovane.
- "Mi faccia vedere".
- Il signor Mazzotta
guardò il foglio inarcando le sopracciglia
mentre strizzava gli occhi fino a quasi farli
scomparire
- "io non vedo nulla
di sbagliato" sentenziò con
fermezza.
- "Si- insistette il
giovane- avete sbagliato qui vedete, all'indicazione
della professione avete scritto che sono
disoccupato".
- "E allora? Me lo
avete detto voi" esclamò con sorpresa il signor
Mazzotta
- "No -replicò
il giovane- io vi ho detto che sono
inoccupato".
- "Volete farmi
perdere tempo con tutta la gente che aspetta?"
sbottò fissando con durezza il suo
interlocutore.
- "No affatto, vorrei
solo che fosse corretta questa imprecisione"
insistette il giovane con gentilezza.
- "Imprecisione?! Ma
quale differenza volete che ci sia tra inoccupato e
disoccupato" tuonò l'impiegato sempre
più nervoso nel vedere incalzare l'errore alle
sue spalle.
- "Ce n'è
molta invece, disoccupato è chi ha perso il
lavoro, inoccupato è chi non lo ha avuto mai"
.
- Il signor Mazzotta
continuava a tenere in mano il foglio che tremava tra
le sue mani "Sentite giovanotto io non ho tempo da
perdere con queste sciocchezze" disse con tono
più pacato.
- "Ma se ci pensate
bene questo non è un errore di poco
conto".
- "Errore? Lei parla
di errore, quello che dico è giusto vuole
capirlo?" ricominciò a sbraitare
l'altro.
- "Si-
acconsentì il ragazzo- senz'altro lo
sarà per lei ma non lo è per me"
ribadì il giovane e la sua calma determinata
sembrava infrangersi contro la rigida figura dell'uomo
che gli era di fronte.
- "Tenga questo
foglio e si levi dai piedi" sentenziò
l'impiegato evitando di guardare a lungo il volto di
colui che gli stava davanti.
- "Non posso farlo,
se lei non corregge l'errore" .
- Il signor Mazzotta
lasciò cadere il foglio sulla scrivania e
cercò di scrutare il ragazzo con attenzione,
indossava una camicia bianca, il suo volto era bianco
e gli occhi
no, non pensò ai suoi occhi,
si accorse solo di ascoltare la sua voce, lenta,
calma, cantilenante. Allargò gli occhi
liberando il naso dalla montatura nera degli occhiali.
Cercò di essere ragionevole. Chiunque lo
conosceva da molto tempo sapeva che lui era un
impiegato paziente e cortese, magari solo un po'
metodico, per questo non amava essere contraddetto.
Poi riprese ad ascoltare le parole del giovane cullato
quasi da quel ritmo uniforme
"
se chi ha
lavorato ieri oggi non lavora come volete che sia
uguale ad uno che non ha lavorato mai? Lui è
esistito una volta, per la società con i suoi
ritmi, la sua funzionalità e i suoi consumi, ma
anche i suoi doveri, ha acquisito i suoi diritti, ha
conosciuto le sue motivazioni. L'inoccupato è
l'anonimo a cui non è concesso neppure lo
spazio per esprimere il suo malessere. Per questo le
chiedo che sia rispettata e riconosciuta seppure sulla
carta la mia posizione
"
- Il signor Mazzotta
restava chiuso nel silenzio, nella sua mente
calcolatrice di errori, negli occhi mansueti di sua
moglie, restava immobile dietro il lungo tavolo e
ascoltava
"mi scusi io non sono capace di fare
la rivoluzione, non quella delle grandi azioni, dei
grandi discorsi, ma a questa parola sono legato come a
un atto estremo di solidarietà
verso la
mia categoria, quella che attende e di cui nessuno si
ricorda".
- Il giovane
guardò l'impiegato con intensità, ma lui
non seppe cogliere nei suoi occhi la stessa
espressività di quella voce e il silenzio
avvolse entrambi, anche dopo che lo vide uscire dalla
porta, a passi lenti
- Quella mattina il
signor Mazzotta chiuse il suo ufficio alle ore 13.00
in punto. Ma quella mattina pensò, mentre era
alla guida della sua panda, di passare a prendere suo
figlio da scuola prima di tornare a casa. Lo vide
uscire dal portone dell'edificio con la sua borsa
piena di libri insieme a decine di studenti. "Un bel
ragazzo senza grilli per la testa" pensò "alto,
magro, forse un po' troppo, ma sarebbe cresciuto".
Frequentava il secondo anno dell'Istituto per
geometri, "una bella scuola". Aspettava,, e si
accarezzava la mano "una bella scuola
", si
accarezzava la mano destra con insistenza stringendo
un foglio. Vide venire verso di lui, suo figlio,
lentamente, e gli sorrideva " un bel ragazzo senza
grilli per la testa". Il foglio bianco si urtava sulle
gambe del signor Mazzotta, le sue mani adesso erano
immobili e l'indice della mano destra nascondeva una
cancellatura, si confondevano alcune parole,
dis-in-cupato in-dis-cupato- pato-occ-in. La sua mente
prese il ritmo di quella cancellatura a tre tempi,
l'unica scritta su un foglio bianco e sorrise a suo
figlio, con quel ritmo.
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Racconto
tratto da "Balenii d'esistere", Um5, Gallipoli
2004.
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