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- Roberto Distefano
nasce il 10 settembre 1969 a Genova. Dopo il diploma
di ragioneria entra nella Marina Militare Italiana che
lascerà dopo due anni portandosi via numerosi e
contraddittori ricordi. Agli inizi degli anni '90
inizia la gavetta lavorativa che lo porterà ad
approdare alla professione di commercialista (che oggi
esercita con moderata soddisfazione). Da quel momento
il suo tempo libero si riduce drasticamente ma,
nonostante tutto, non ha mai smesso di scrivere,
sebbene con irregolare continuità; nel 2000
è perfino riuscito a trovare il tempo di unirsi
in matrimonio con Claudia. A tutt'oggi, mentre si sta
laureando in Economia, si dedica alle grandi passioni
di sempre: la lettura (possiede centinaia di libri che
sua moglie disperatamente cerca di tenere in ordine),
l'informatica (se la cava piuttosto bene tanto da
ricevere spesso richieste di aiuto da amici e
colleghi) e l'estremo oriente (vanta perfino due anni
di studio della lingua e cultura giapponese).
Purtroppo ad esse dedica prevalentemente le ore
notturne. Restio per natura, si è finalmente
deciso a esporre il fianco facendo affiorare brandelli
di sé in forma scritta.
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- Tu il flauto io
il serpente
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- tu il
flauto
- sottile,
affusolato, misterioso strumento degli
dei,
- evochi
immagini di sogno che con arte infinita rendi
reali
- io il
serpente
- altero,
sinuoso, indomabile portatore di antiche
paure,
- sordo al
mondo eppure domato dalla tua
melodia
- tu il flauto
io il serpente
- catturato
dalla tua musica fascinatrice mi
inarco,
- ondeggio
indugio, indago e alla fine mi
avvicino
- faccia a
faccia, mente contro mente,
- risoluti a
disputarci la vittoria attimo per attimo,
centimetro per centimetro
- agguerrito,
ma come sempre destinato a non avere un
vincitore, il duello inizia:
- troppo vicini
io morderei, prima di morire schiacciato dal tuo
incantesimo
- troppo
lontani tu perderesti il tuo potere e io il mio
equilibrio.
- Tu schiava
del mio sguardo io schiavo della tua
voce,
- con i piatti
della bilancia in pari, in eterno
attendiamo.
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- Poli di
attrazione
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- Tu sei il mio
nord e il mio sud:
- punti cardine
tra i quali oscilla l'ago della mia
esistenza.
- Tu sei la mia
stella polare e la mia croce del
sud:
- influenze
astrali che disciplinano la mia vita sulla
terra.
- Tu sei la
rotta lungo la quale naviga il mio
spirito
- e non potrei
sceglierne altre né per volontà
né per obbligo.
- Tu sei il
centro verso il quale il mio cuore
gravita
- e il tuo
attrarre diventa il più dolce dei
naufragi.
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- Venti
contrari
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- Noi siamo
come due venti costanti tra loro
contrari
- e i nostri
soffi accomunati dall'intensità e mai
dalla direzione
- invece di
unirsi per viaggiare insieme a sconosciute
velocità
- ci spingono
ad allontanarci fino al prossimo violento
incontro
- scontro che
comunque non appena ci separiamo
desideriamo
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- Satelliti
gemelli
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- Vicini, come
satelliti gemelli,
- noi ruotiamo
intorno ad un'inafferrabile essenza,
- condividiamo
la stessa orbita
- e un giorno,
allo spegnersi del nostro sole,
- congeleremo
insieme nella notte eterna.
- Vicini, tanto
da poter scambiare pensieri
reciproci,
- eppure mai
arrivati a sfiorarci nemmeno in sogno o per
sbaglio,
- il nostro
giorno sorge da uno e cala
nell'altra,
- albeggia da
una e tramonta nell'altro.
- Vicini, come
solo possono esserlo due metà dello
stesso intero,
- destinate a
rimanere uno per disegno superiore
- e in seguito
dallo stesso disegno separate,
- forse per
invidia o forse per la maggior gioia del
ritrovarsi di nuovo.
- Vicini, tanto
che tra noi esiste solo lo spazio di
un'emozione,
- un intervallo
infinitesimale quasi intangibile
- ma ai nostri
cuori sconfinato e in continua
mutazione:
- in questo
spazio miliardi di pensieri, di intese
inespresse
- e di
impossibili desideri che si
avverano.
- Vicini, come
satelliti gemelli,
- noi ruotiamo
intorno ad un'inafferrabile essenza,
- un fulcro che
esiste solo perché noi
esistiamo,
- un centro di
attrazione che qualcuno chiama
Amore.
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- Torre di
fede
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- Vacilla la
torre della mia fede.
- Vacilla
perché forse non esiste quello che non
sono riuscito a catturare
- in decenni di
silenziosi appostamenti ai margini
dell'anima.
- quel qualcosa
che oggi mi accontenterei di scorgere
appena.
- Ma continuo
ad aspettare.
- Vacilla
perché forse ancora oggi non vedo una
fine ai miei giorni confusi
- dominati da
un senso di impotenza più opprimente di
quel cielo
- che con tanta
ostinazione continuo a fissare.
- Ma continuo a
guardare.
- Vacilla
perché forse non c'è più
quell'appena intravisto miraggio di
pace
- per questo
contenitore consumato da un'erosiva
battaglia
- tra una
devozione ossessiva e un abbandono
ascetico.
- Ma continuo a
sperare.
- Vacilla la
torre della mia fede. Vacilla ma non
crolla.
- Non crolla
perché ci credo ancora.
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- Due fiumi e un
mare
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- Ho visto due
fiumi correre disperati verso lo stesso
mare
- e il loro
tormento è quello intenso degli amori
difficili.
- Nasce a
fatica il primo in alto tra le rocce e i
ghiacci,
- scava di
forza la sua strada a volte nuova e in
salita
- finché
orgoglioso ma stremato giunge in
prossimità della costa.
- Esce
silenzioso da un lago in pianura il
secondo,
- lento e
costante snoda su se stesso il suo corso
antico
- e quando
giunge alla spiaggia il suo delta si perde nel
fango.
- Due fiumi
diversi per nascita, in vita e nella morte ma
infine uguali,
- infine
insieme, indivisi per sempre
nell'immensità del mare.
- Due fiumi e
un mare quasi come due vite e un
destino.
- Ho visto due
fiumi correre verso lo stesso mare.
- Ho visto noi
due correre verso lo stesso amore.
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- Quattro pietre
(ins. antologia M. Yourcenar
2003)
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- Quattro
pietre segnano le stagioni della mia
vita:
- uno zaffiro,
un rubino, uno smeraldo e un
diamante.
- La prima mi
è stata regalata alla
nascita,
- ha il colore
del cielo o degli occhi di mia madre come io li
vedevo
- e sulle
facce, che allora riflettevano i miei possibili
futuri,
- oggi
splendono bagliori irraggiungibili.
- Il nome che
ho sentito darle è innocenza.
- Un'altra l'ho
trovata alla fine di una lunga ricerca che mai
ho cominciato,
- al suo
interno brucia una fiamma che si può
combattere ma non sconfiggere
- e il suo
calore è la falce che non mi permise di
avere solide radici.
- Il nome che
le hanno dato tutti i suoi amanti è
avventura.
- Nella terza
ho inciampato ma non per caso
- perché
è sorella maggiore della
seconda,
- guardandola
ho desiderato le eterne foreste e i prati
tranquilli
- dove trovare
la speranza di un significato nelle mie
esperienze passate.
- Il nome che
non tutti riusciamo a darle è
riflessione
- L'ultima l'ho
raccolta nel camino orami spento
- alla fine di
un fredda e malinconica giornata
d'inverno
- ma forse
è la più preziosa perché
dà valore a tutte le altre,
- attira la
luce ma non restituisce
nessun'immagine,
- sembra vetro
ma non esiste niente di più
duro.
- Il suo nome
non viene mai pronunciato.
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