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- MANI
SULLE COSTOLE
- Oggi la maestra
ci ha detto di scrivere una storia sulla prima
trombata.
- La maestra mi
piace perché ci racconta la città
senza utilizzare le sedie. È anche simpatica
perché dice che scriviamo come cani randagi.
Io mi diverto tantissimo quando ci insulta, quando
sale sul suo trono azzurro e scarnifica le nostre
malattie. Ci inumidisce l'anima, anche, con la sua
saliva policromatica, piena di trofei e di profumi.
Ma io non mi metto mai in prima fila. Mi nascondo
negli ultimi posti, con le mani sulle
costole.
- Di me dice che
sono un masochista della scrittura e che assomiglio
a Leopold von Sacher-Masoch. Ogni tanto mi chiama
anche con questo nome, Leopold von Sacher-Masoch, e
tutti gli altri in coro: Sacher-Masoch,
Sacher-Masoch, Sacher-Masoch! Non so che significa
masochista, io non so molto delle parole,
preferisco il suono ai significati, le risate ai
libri, i rumori alle cerimonie. In aula io sono il
più matto di tutti. Scrivo poco, anzi non
scrivo affatto, farnetico a volte, e con le mani
faccio sacher-masoch sulle costole, cioè
batto forte i pugni sul torace, e produco un tonfo
simile al suono di queste due parole messe insieme.
Questa è una forma rara di convulsione, mi
hanno detto. Mi viene quando ho paura. Quando non
riesco a capire oppure quando vogliono darmi la
minestrina in bianco.
- Appena la
maestra ci ha detto di scrivere una storia sulla
prima trombata, gli altri mentecatti hanno fatto il
diavolo a quattro. Si sono alzati dalle sedie, si
sono sputati, toccati, abbracciati. Una giornalista
addirittura mi ha promesso che scriverà un
articolo sulle bare, ma non sulla prima trombata.
Poi s'è tolta le scarpe e ha raggiunto gli
altri in corridoio. Io sono rimasto da solo con la
maestra, sacher-masoch, sacher-masoch! Io non so
neanche che significa prima trombata.
- A casa l'ho
detto a mia madre. Di questa storia che bisogna
scrivere. All'inizio non la trovavo, mia madre. Non
la trovo mai quando mi serve. Sono rimasto per
diverse ore seduto con le mani sulle costole e la
schiena appoggiata alla parete di un muro
qualsiasi. Poi m'è venuta in mente la
cucina. Mia madre era là, in piedi davanti
ai fuochi, mentre il vapore usciva dalla finestra.
Lei ha smesso di preparare la minestrina in bianco,
mi ha guardato e ha posato gli arnesi da cucina sul
tavolo. Poi senza dire una parola è andata
in una stanza, non mi ricordo che stanza, forse la
sua, quella dove ci sta il letto grande per tre
persone, e ha preso un libro. È un
vocabolario, mi ha detto. Cercati la tua parola
là sopra. Poi sparisci, mi ha sussurrato. Io
ho cercato subito la parola.
- Trolley, tromba,
tromba, trombaio, trombare, trombata. Trombata:
derivato di trombare. Trombare: tirare l'acqua con
la tromba idraulica; pompare.
- Ho strappato la
pagina e sono corso da mio zio al
casolare.
- * *
*
- Spesso vado a
giocare con mio zio nel suo terreno. Lui ci vive da
solo, con alcuni cani e un pozzo nero che fa paura
solo a guardarci dentro. Lo vedo che tramite una
macchina tira su tanta acqua e poi la porta nel suo
casolare in grandi secchi d'acciaio. Il sudore gli
si appiccica sulla camicia e lui diventa ancora
più brutto. Il viso sembra senza movimenti,
rigido, come un sasso sul fondo di un fiume. A me
fa ridere, più che altro. Ma se mi vede
ridere lo dice a mia madre e addio giochi. Non mi
ha mai visto ridere di fronte a lui. Rido sempre di
nascosto, e i giochi che mi fa fare sono con i
cani, oppure con un pallone sgonfio che tiene in
cantina. Il pallone puzza di formaggio e di vino.
Ma poi quando lo prendo a calci la puzza svanisce
piano piano, e il pallone si colora di verde e di
fango.
- Così oggi
ho detto a mio zio se mi faceva trombare con la
pompa sacher-masoch.
- Mi ha guardato
come se fosse sorpreso da quella frase.
- Gli ho spiegato
che la maestra voleva un storia sulla prima
trombata, che gli altri mentecatti erano tutti
contenti di questo esercizio come se avessero visto
la madonna, che anche la giornalista era contenta,
che voleva scrivere l'articolo sulle bare ma non
sulla prima trombata, che io ho capito che
cos'è trombare e che in aula mi chiamano
Leopold von Sacher-Masoch.
- Gli ho fatto
vedere la pagina del libro dove ci sono tutte
quelle parole, trolley, tromba, tromba, trombaio,
trombare, trombata.
- Mio zio mi ha
lasciato lì da solo, ed è ritornato
al pozzo.
- Io mi sono
toccato le costole, ma più lentamente, non
con forza come faccio sempre. Le ho quasi
accarezzate. Un cane dello zio è venuto
verso di me e mi ha leccato le mani.
- Da lontano
vedevo lo zio che faceva su e giù con la
pompa, ma stavolta l'acqua non usciva dal tubo e
non finiva nel secchio d'acciaio. Sentivo solo il
rumore metallico della macchina che faceva su e
giù nel pozzo, sentivo tutto un tramestio di
ferri, bulloni, catene, su e giù, su e
giù nel buco nero del pozzo, clangori,
sferragliate, lamenti d'acciaio in mezzo al campo
dello zio. Poi ho chiuso gli occhi perché ho
cominciato ad avere paura.
- A un certo punto
è tornato mio zio, tutto sudato, come al
solito. Ma stavolta non m'è venuto da
ridere.
- Mi ha preso per
mano e insieme siamo entrati nel suo
casolare.
- Le sue mani
erano sporche, come di ruggine, di qualcosa di
viscido e freddo.
- Dopo me l'ha
lasciata la mano, ha afferrato una scatola di
fiammiferi e ha acceso una specie di torcia. Siamo
arrivati in una stalla, vuota, senza fieno e
animali.
- Mi ha detto,
domani scriverai la tua storia sulla prima
trombata.
- Poi ha soffiato
sulla torcia. Sacher-masoch,
sacher-masoch.
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