- Giorno che risale
dal mare
-
- Il giorno,
che risale dal mare,
- gioca
- a far sparire
nella notte quercioli,
- campagne
- e le brecce
aperte nella camicia
- sul
cuore.
- Dai tagli le
recise vele
- d'un
amore
- sfilano
leggere, lasciano bianca
- una
nebbia.
- L'ho visto
soltanto per un istante
- l'abbraccio,
- immaginando
quel caldo respiro,
- avvolto
- fra trine di
tristi pensieri
- sconvolti.
- L'orologio
era un generale severo,
- scandiva
- sopra di loro
il minuto
- dell'abbandono.
- Il garbino
s'infilava nel seno
- dei
cortili
- fra le veglie
d'un rimorso
- a
mordere
- le spalle, a
inquietare gli equilibri
- a
spegnere,
- come veloce
ragazzo, l'ultima
- sigaretta.
-
-
- Mani che scavano
nelle parole
-
- Notte senza
luna, non c'è di vero
- che il buio e
l'acqua che raccogli,
- e conservi
per dissolverla d'un tratto,
- un poco,
tanto da non vedersi,
- senza
dimenticare quello che è
stato
- il giorno
respirato nelle mani e
- il pianto,
come se nulla fosse accaduto.
-
- Ti ho vista
mutare e riempire inverni,
- come sogno
che si consuma,
- tra emozione
e leggerezza, come volto
- a lungo
cercato, e che poi si aggira,
- muta
l'orizzonte, con mani in preghiera,
- mani che
scavano nel fondo delle parole,
- e nei
silenzi, e dispongono la morte,
- veloci, in un
riverbero di specchi.
-
- L'hanno
trovata
-
- L'hanno
trovata, dicono, in avanzato
- stato di
decomposizione, il capo reclinato
- in sonno
profondissimo, caritatevole,
-
- l'affilato
viso come sputo vivo
- alla luna e
al suo fragile lembo,
- nel poco
spazio lasciato dai fiori.
-
- Intrise le
mani alle celle di legno
- dove furono
mortali i sogni,
- caduto
angelo, reclina ogni segno
-
- al concerto
ebbro dell'insetto
- carcerato
nelle sue voglie di zucchero,
- ora un po'
nettare, un po' carne.
-
- Perché
chiedermi chi tu sia
- se il labbro
serrato dalle sbarre
- non una sola
risposta può dare?
-
- So che il tuo
giorno è finito
- alcune sere
fa in questo luogo
- qui e senza
permesso di soggiorno,
-
- dentro la
corte d'un erba selvatica,
- fra il
tremare dolce del silene
- da lontano
avvinto alle tue vene.
-
- Cresce
un'ombra
-
- Cresce
un'ombra e cade in brina,
- madre che non
vuole al declino
- scavare in
cerchio prati bianchi.
-
- Nessun
rifiuto pero' è coppa chiara,
- nessun
braccio scaglia tralci
- e li lascia
cadere su lacrime e baci.
-
- Hai lasciato
i fantasmi in commiato
- e una traccia
scura ora trasfigura
- in solitario
abbandono la nostra notte.
-
- Una donna
bionda
-
- Ha un modo
così vario di
- venire
vicino.
-
- Discreto.
Violento. Improvviso.
- Diverso.
-
- Un velo
trattiene, talora, appena
- il
suo volo.
-
- Se tendi
l'orecchio ha ferma voce
- di
carta.
-
- Questo suo
raggiungere con ticchettare
- d'orologio.
-
- Anche se
messa in disparte, sulla porta
- s'avverte.
-
- Respira
meraviglia nel centro grande
- freddo.
-
- Un pezzetto
alla volta ci porta con se,
- testarda.
-
- Nelle vene si
srotola come nuvola
- di
cotone.
-
- E fa sul
serio eh! Lavora ogni giorno,
- sempre.
-
- Ghianda che
cade
-
- In un
cristallo un sogno, il sigillo
- d'una
somiglianza e, nel bosco,
- s'adagia la
misura randagia.
-
- Tu senti: la
vertenza s'infrange.
-
- Una ghianda
si stira, poi si stacca
- dal ramo
ancora verde, lascia
- con un puro
addio, tocca il muro.
-
- Scocca l'ora
che sottile svapora
- e bagna
d'acqua uno sfinito fiore.
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