LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
I grandi poeti contemporanei
Sergio Solmi Da Fine di stagione, in Poesie, Mondadori
- Se pur fatiche e sogni...
- Se pur fatiche e sogni
- e la mesta ubbidienza åme malvivo
- fanno, e rare tue fronde, poesia,
- un'ultima gaiezza mi soccorre
- e brevemente il mio deserto illude.
- Sorriso estremo, labile
- zampillo d'acque che dal perso tempo
- smorzato appena insorge, e i duri raggi
- del dispietato sole di mia vita
- fa un attimo brillare,
- ultimo dono dell'avara infanzia,
- questo: giocare.
- Preghiera alla vita
- Perché più bruci, per meglio sentirti,
- perché sempre il cuor mi divida
- il tuo taglio assetato di lama,
- perché la notte smanioso
- invano a cercarti io mi dibatta
- e mi raggiunga l'alba
- come una morte amica,
- tregua non darmi, mia vita,
- lasciami l'umiliata povertà,
- le nere insonnie, le cure ed i mali.
- Lasciami il delirante desiderio
- che si gonfia in miraggi
- e il timido sangue che s'agita ad ogni
- soffio.
- Perché più bruci, per meglio sentire
- questo tuo bacio che torce e scolora,
- ogni mia fibra consuma al tuo fuoco,
- ogni pensiero soggioga ed annulla,
- ogni tuo dolce, la pace e la gioia,
- negami ancora.
- Canto del convalescente
- Come un vento improvviso che m'investe
- sei tu, vuota felicità d'esistere.
- Tutto m'è uguale, nulla ha più sapore.
- Tutto potrei, e nulla voglio.
- Solo
- così sentirti, anima, soffio, vano
- della vita incantevole respiro.
- Batte il mio cuore immobile nel tempo.
- In te sola s'esalta, estenuata
- libertà, bianco spazio, entro cui vedo
- gli uomini farsi lievi ombre, scherzo
- le cose d'impalpabili riflessi.
- Lento mi schiudo a fiore del mio sonno,
- ricolorisce i miei occhi l'aurora.
- Simile ad un esangue iddio che sogni,
- la notte soffocata a cui nutrivo
- i miei pensieri, in fievoli parvenze,
- in carnee nubi trasfiguro, in chiome
- mutevoli di piante, in acque effuse,
- tutto un leggero ed ebbro mondo esprimo
- dalla carne rinata, e ne fiorisco
- immortalmente il nero della morte.
- Piogge d'aprile
- A queste interminabili piogge
- d'aprile, si feltrano i passi,
- si sfaldano le voci, si disfà
- il mondo
- in una nube di suoni assorditi.
- L'acqua del cielo lava le muraglie
- e i sonnolenti pensieri,
- come le piante, le pene antiche
- schiude, ma senza bruciore.
- Il corpo tracolla
- adagio nel grembo del tempo
- che senza illuse promesse ci guida
- e i desideri nutrisce
- anonimi e diffusi come foglie.
- Così, senza sapere,
- nell'impercettibile mutamento
- a un tratto, ci distacchiamo.
- Fusi in creta molle
- attendiamo l'onda volubile
- che ci riplasmi.
- La natura riscatta i nostri errori,
- mali d'un frutto suo,
- ci rende alle sue rive inermi e ignudi.
- E anch'io alla tua insidia gentile
- ai tuoi incantevoli pianti e sospiri
- m'affido,
- a te che improvviso all'anima
- nel nimbo piovoso mi rechi
- il tuo perdono,
- bella stagione.
- Bagni popolari
- Uomo che sfioro per via col braccio
- e sempre a me così paurosamente
- estraneo, ti ritrovo
- in questa bigia caserma, che grava
- l'oscura sera di dicembre.
- Tra gli scrosci dell'acqua, a mezza voce
- un motivo tu accenni, ti fa eco,
- invisibile, un altro.
- Dal finestrino in sé raccolti tremano
- gli alberi scarni del cortile.
- Penso perché t'ho tradito, perché
- l'istessa tua lingua io non parli, perché
- l'eguale nostra pena
- io debba in queste confuse parole
- che non intendi, esprimere. La muta
- poesia mi fa nodo in cuore. Questa
- mano ch'io porgo, inutile
- lasci cadere.
- Ma stasera, invisibile, anch'io sono
- un tuo fratello. Tra gli scrosci d'acqua
- un motivo tu accenni, io seguo, un altro
- fischiettando fa eco, un coro sorge.
- Dalla dura ubbidienza quotidiana
- sciolte alfine le membra dentro il lene
- bagno domenicale, prigionieri
- rassegnati, la timida
- libertà nostra in musica s'esala;
- a mezza voce, finalmente insieme,
- miei fratelli, cantiamo.
- Ritorno a una città
- Risa di cielo alle finestre, case
- colline strade discese
- più tardi in sogno,
- al carosello improvviso che un tuffo
- d'aria attorno a un'edicola
- finge
- con ali variopinte di giornali,
- mi turbinano in cuore. E il fiume denso
- franto d'ombre di ponti, la regata,
- il pulviscolo acceso di bandiere
- ed il battere fermo delle pale.
- Città che m'hai cresciuto
- senza riparo
- per queste vie rettilinee, per questi
- interminabili viali, spazzati
- dal vento,
- la tua antica ferita non so ancora
- peredonarti: e come
- ad una donna che ci offese, e un giorno
- dopo tanti anni
- risale da un dolente sonno, ancora
- torno a chiederti in lacrime
- cosa m'hai fatto.
- Lagrime in sonno, perduta elegia,
- solo fievoli ombre e sensi, alcuna
- tua cosa viva non mi giunge incontro.
- discendo verso il fiume
- tra i neri mirti del viale, e l'aria
- scurisce, e tutto è consumato, e di tanta
- vita e tanto dolore
- più non affiora
- che quel baluginio d'acque lontane,
- fondo amaro del sangue, fantasia,
- ridente nulla che in sillabe esprimo.
- Più bruciante ti fai quanto più vano,
- ti chiudo e tu mi sfuggi tra le dita,
- volto della spietata adolescenza.
- Brancolo sopra le tue pietre sorde,
- tento le sconnessure dei ricordi,
- immobile e rapito
- ad occhi chiusi aspiro
- questo tuo inebriante odor di morte.
- Giardino
- L'iridato
- getto che il vento obliqua e sfrangia, vela
- per un istante il paesaggio
- lo appanna come una memoria.
- Poi di colpo s'imprimono
- nella stillante acqua il fico, il nespolo
- del Giappone, arde il chiaro
- deliquio delle rose. A sommo
- del muro gli archi del loggiato, le
- persiane verdi e nere
- s'inseguono, più su la fuga ilare
- dei meli scende a picco, scendono
- monti e ombre di monti.
- Bellezza un poco cruda, non mia forse,
- e troppo mia,
- come una spada lampeggiante un giorno
- mi feristi nel sonno adolescente,
- dentro t'ebbi a non farmi più dormire.
Da Levania e altre poesie, Mondadori
- Arte poetica
- Sospirata parola, che alla fine
- mi sei giunta, m'hai colto
- in un momento di disattenzione,
- e ti vuoi improvvisa, non cercata,
- sfuggi al gesto raro, alla misura
- esorbitante. D'una riga t'orli
- di mare, gonfi in nube, ti dibatti
- come colomba, sorgi in cima al semplice
- respiro della voce, all'indolente
- mano che ti scandisce, ed urgi - trepida
- cosa tra cose - a collocarti in questa
- calda, iridata, precisa esistenza.
- ©1999 Il club degli autori, Sergio Solmi
Per comunicare con il Club degli autori: info@club.it
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Agg 2 aprile 1999