- Tutti coloro che conoscono non solo l'opera di
Ferré ma anche gran parte della sua vita, sanno
perfettamente quanto gli animali siano stati
importanti, direi fondamentali, per lui.
- Ferré ha sempre avuto verso di loro una
sorta di amorosa indivisibilità, di
necessità coabitativa, di elezione fraterna, di
compartecipazione esistenziale. Il suo modo, tutto
affettivo, tutto interiore, tutto poetico, di
rapportarsi a loro nella quotidianità e anche
nei suoi scritti rasenta una tenerezza commovente, una
dedizione assoluta, una difesa strenue della loro
dignità e intelligenza, una "paternità"
inventata e ricca di emozioni profonde.
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- Leo Ferré viveva a Castellina
in Chianti con molti animali
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- Per tutto l'arco della sua esistenza,
Ferré si è circondato di animali,
soprattutto nelle sue residenze in campagna e al mare.
I nomi dei suoi cani riappaiono nelle sue poesie
così come spesso riapparivano nella sua
memoria, un branco del paradiso nell'inferno della
terra.
- Un maiale - Baba - che secondo Ferré
piangeva per strada, fu raccolto e portato in casa; un
gufo ferito venne curato, e anche i gatti non
mancavano mai.
- Il gufo poi divenne il suo simbolo, la notte
Baudelairiana, l'ormeggio per attraccarsi ai poeti
maledetti, suoi fratelli evocati. E anche la sua casa
editrice si chiamava e si chiama tuttora Gufo del
Tramonto.
- E tutti coloro che conoscono non solo l'opera
di Ferré ma anche gran parte della sua vita,
sanno la straordinaria, tenerissima e feroce storia di
Pépée, una scimpanzé cui fu
legato per ben otto anni a partire dal 1961. A quel
tempo Ferré si esibiva a Parigi in un
récital al teatro Alhambra e fu lì che
da un gruppo circense adottò la piccola
Pépée.
- E sempre a quel tempo andò a vivere con
la seconda moglie, Madelaine, in Bretagna.
- Si possono vedere le foto in cui Ferré
passeggia per i boschi con la scimpanzé nella
carrozzella, o quando Pépée gli accende
una Celtique.
- Un musicista cieco, il pianista Paul Castanier,
frequentava casa Ferré e la Pépée
muoveva la mano a "tergicristallo" davanti agli occhi
di Paul per poi passargli il bicchiere di vino. Per
ragioni ancora ignote, un giorno la seconda moglie
chiamò il guardiacaccia e fece uccidere
Pépée con una pallottola in fronte, e
allo stesso modo fece con altri scimpanzé di
Ferré. Il poeta, giunto a casa, si trovò
di fronte ad uno spettacolo sconvolgente e nella
stessa notte scrisse la canzone Pépée.
La prima volta che la ascoltai, e ancora non conoscevo
Ferré, pensai ad un brano dedicato a un figlio
morto in tragiche circostanze, ma successivamente
capii che ero stato di molto lontano dalla
verità.
- Alcuni anni dopo, a casa di Léo, mentre
si pranzava in cucina, lui si alzò e mi disse
che m'avrebbe fatto ascoltare la voce di
Pépée registrata su una nastrocassetta.
E così fu.
- Il viso di Léo, tanti anni dopo la
tragedia (eravamo nel '68) sbiancò,
s'irrigidì e gli occhi si inumidirono. Dopo
rimase chiuso in un lungo silenzio. Infine disse: "non
prendere mai uno scimpanzé, tu non sai cosa
sono, sono dei bimbi che non ti lasciano
più".
- Quando, durante un concerto, Ferré
eseguiva questo brano, si avvertiva, in qualche modo,
che tutto il pubblico sapeva, sapeva come era nata la
canzone e a chi era dedicata.
- E cadeva su tutti noi, quello stesso silenzio
che era caduto in cucina. Le luci si abbassavano e
Léo non era più là con noi, ma
era nei boschi, era tornato in quella orribile notte,
era con Pépée vicina nel buio.
- Alla fine della canzone, quando anche i violini
finivano, le mani di Ferré abbracciavano il
vuoto e nel vuoto un'immagine che anche noi riuscivamo
a vedere prima che le luci si abbassassero del tutto.
E' il miracolo tutto laico, tutto illusorio,
dell'eternità dell'istante, quando proprio
nell'istante tutto ritorna come noi vogliamo, se lo
vogliamo.
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