Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Diego Bizzotto
 
Con questo racconto ha vinto il terzo premio del concorso Città di Melegnano 2000, sezione nerrativa
 
Il vecchio
 
Il vecchio (così lo chiamavano tutti in paese, perché non si sapeva quale fosse il suo nome, o forse non ne aveva neppure uno) entrò con discrezione quasi religiosa, come sua abitudine. Gli metteva paura l'idea che fosse la sua figura grave e massiccia a smorzare il ronzio cantilenante delle chiacchiere dei paesani. Gente modesta, in gran parte pescatori come lui, che la sera si ritrovavano a svuotare la loro giornata e il boccale di scura. Il vecchio richiuse piano la porta, percorse con una lenta occhiata il locale da destra a sinistra, quasi cercasse un tavolo libero. Ma tutti sapevano che il vecchio sedeva anni testardamente allo stesso tavolo, sebbene nessuno fosse mai riuscito a sapere perché; nessuno aveva mai osato sedersi a quel tavolo, quasi temendo di irritare una divinità bonaria ma severa con un gesto che a tutti (nessuno escluso) sarebbe apparso sacrilegio.
Il vecchio si riaggiustò il collo del cappotto, appoggiò la mano al muro e diresse i suoi passi verso un vecchio tavolo di quercia , proprio nell'angolo più buio del locale, non distante però dal focolare in cui ardeva guizzante un grosso ceppo. La luce fioca delle poche lanterne ad olio gli era sempre piaciuta, fin da bambino, quando suo padre lo portava là dove c'era la vita, diceva, a sentire i discorsi degli uomini. Ora sapeva che in fondo suo padre aveva ragione. Ora che aveva visto città brulicanti e operose formiche, tormentate da luci metalliche e irreali che violavano la verginità religiosa della notte, dove la luna era quasi come una palla di Natale, solo un po' più grossa e goffa, che lui pensava da bambino poter spegnere e accendere con un bottone, beh, ora che aveva visto tutto questo, capiva il senso delle parole di suo padre. Non rimpiangeva di essere scappato di casa ancora fanciullo; no, questo no! Ma dopo tanti anni riusciva ancora a stupirsi che suo padre non lo avesse cercato, e di come lo accolse quando lo vide tornare stanco e deluso, senza rancore nella voce, senza astio nel cuore. Era proprio il ricordo violento di quelle luci fredde, scolpito indelebilmente nella sua anima, che gli permetteva ora di godere con una gioia intatta giorno dopo giorno, quasi miracolosamente autoricreantesi di volta in volta, della fiamma sonnolenta e tremolante nascosta dietro alle ragnatele di quelle lampade...
Il tepore del focolare non tardò ad arrossare le sue guance e la fronte bassa e rugosa, tanto che lentamente si aprì il cappotto sul petto, incrociò le mani posando i gomiti sul tavolo, e rimase lì quasi immobile, lo sguardo fisso verso chissà dove.
Dinanzi a lui il futuro, il presente e il passato nelle braccia irsute di un giovane pescatore, schiumante di rabbia mentre raccontava come quel grosso pesce spada gli era scappato dopo un'ora di lotta, e le risate di scherno dei compagni, sempre composte,mai eccessive, rinchiusi fra le pareti ovattate di un mondo senta tempo. Il vecchio si lisciò la folta barba bianca; le sue labbra dure accennarono un sorriso benevolo. Poi, lento, cominciò con cura a sistemare il tabacco nella pipa, la accese, e cominciò calmo a sbuffare. Non disse una parola, ma in compenso ascoltava in silenzio i discorsi dei ragazzi, e gli piaceva rinnovare il piacere di sentire l'incoscienza dei vent'anni, il profumo delle ragazze in fiore, le corse a piedi nudi sulla spiaggia, accarezzati dal tepore del sole, o le notti in barca in solitudine; gli sembrava ogni volta di sentire lo sciabordare delle onde sullo scafo, il guizzare dei pesci, e il maestoso silenzio del mare.
Si alzò, fece solo un leggero cenno di saluto col capo, e uscì. Si riassestò il cappotto per respirare le folate gelide del vento d'inverno e si avviò con passo grave verso la spiaggia deserta. Sebbene fosse ormai notte inoltrata, riusciva con chiarezza a distinguere le povere barche dei pescatori ancorate sulla riva. Alzò lo sguardo verso la luna, vide quanto era tonda e luminosa, e sorrise. Pensò alle barche che non c'erano, perché erano fuori al largo. Ma non c'era pericolo con questa luna, chi lo sapeva meglio di lui? Ebbe un fremito improvviso, insensato; strinse i denti, si fece cupo. Un lampo quasi diabolico percorse i suoi occhi, una scintilla inattesa, un pensiero folle, di quelli che accendono il cuore a vent'anni. Scoprì la sua vecchia barca, la accarezzò, la spinse in acqua e vi balzò dentro con un'agilità che lo sorprese. Prese a remare con una foga assurda, tanto da non sentire neppure la fatica.
Si accorse di ansimare solo quando fu al largo, ma il cuore gli scoppiava di entusiasmo, per che di fatica. Aveva cercato quella solitudine, era andato a stanarla.
Voleva riabbracciare il mare, cui doveva così tanto, e che ancora non rifiutava di svelargli i suoi infiniti segreti. Si accorse di avere gli occhi lucidi quando vide le poche luci del villaggio più tremolanti del solito. Osservare il mondo lontano dalla riva... lontano abbastanza per vederlo tutto insieme, in una volta, ma non così tanto da pensare che non ti appartenga. Il vecchio remò freneticamente ancora per mezz'ora, poi stremato, si distese sul fondo della barca.
Cominciava a tremargli la vista ormai, non riusciva a rialzarsi, neppure appoggiandosi sui gomiti e facendo leva su di essi. Sapeva che non sarebbe più riuscito a tornare a riva da solo, e non gli restava altro da fare che aspettare. Il mare avrebbe deciso la sua sorte, e questo pensiero gli era dolce. Abbozzò un sorriso affaticato, sospirò, poteva vedere ormai solo il cielo sopra di lui; non riusciva più ad alzare la testa sopra il bordo della barca, non vedeva più la costa e neppure il mare stesso. Poteva ascoltarlo però, e cercare di decifrarne il linguaggio nello sciabordare delle onde contro la chiglia della barca. Tutte le cose avevano una loro voce, tanto più il mare... bastava solo saper ascoltare, soleva dire il vecchio ai ragazzini ansiosi che in cerchio attorno lui gli chiedevano casa succede là, quando si lascia la riva per consegnarsi all'umore del mare, quando si sfida sé stessi per cercare qualcosa che non afferra mai del tutto... e il vecchio di solito taceva, sapeva che non avrebbe mai potuto spiegarlo fino in fondo, e sapeva anche che ognuno avrebbe finito per trovarci un proprio senso, una strada solo sua, esperienze incomunicabili.
Un profondo senso di amore per tutte le forme della vita lo colse improvvisamente e lo spinse fino a quelle regioni oscure della coscienza, dove la gioia non si distingue più dal dolore, e si fa l'esperienza del tutto. Non chiedeva null'altro il vecchio che aveva sfidato il mare per tornare giovane; vi era tornato, in effetti, e ora ne pagava volentieri il prezzo, ora che non poteva far altro che abbandonarsi al suo destino, cullato dalle onde del mare sul fondo della barca che aveva condiviso con lui così tanta parte della propria esistenza ... Si lasciò a poco a poco vincere dalla stanchezza e cadde in un sonno pesante.
Il sole forte del pomeriggio successivo lo scoprì ancora inerme, lui, la barca e il mare, come in una fissità senza tempo. Ma il vecchio aveva già fatto il grande salto e lo aveva fatto con un cuore traboccante di vita. Ora era là, steso sulle assi della sua bara galleggiante, abbandonato per sempre al volere del mare. Tutto intorno si erano radunate le barche dei pescatori del villaggio, quasi a celebrare un rito funebre dove il silenzio sostituiva le parole. Avevano capito tutti, anche i più giovani, per se non nella piena chiarezza della coscienza; e tutti sapevano che il vecchio doveva rimanere lì, che sarebbe stato il mare a custodire le sue spoglie, con un rispetto che spesso gli uomini non conoscono. Poi, a sera, pian piano tutti se ne tornarono al villaggio con nell'anima un pezzo di vita in più da spendere. E il vecchio tornò ad essere solo, come aveva sempre desiderato, solo lui e il mare.
 

 

Classifica Concorso Città di Melegnano 2000 sez. narrativa
 
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inserito il 13 dicembre 2000