- Avere
un problema
-
-
- Finalmente Omar
aveva un problema.
- Erano passate
dodici lune dal giorno che aveva lasciato le sue
caprette, laggiù in basso nel Grande Reg1 del
Mille Venti, per raggiungere il
Passo-delle-pietre-che-bucano-gli-zoccoli dove con un
dito poteva toccare tutte le stelle del cielo ed
unirle con linee immaginarie nei misteriosi simboli
del tifinar2.
- Già da
cinque lune si era reso conto di avere realmente un
problema.
- Le prime sette le
aveva spese cercando di scoprire se quella magnifica
ed inquietante sensazione che progressivamente gli era
entrata nel corpo fosse veramente un
problema.
- Problema.
- Una parola che lo
affascinava, gli incuteva paura per la sua
enormità.
- Una parola che si
appropriava di ogni atomo del suo corpo quando la
sera, attorno al fuoco, i capi ne parlavano con
solennità.
- Ognuno di loro
aveva un problema. O più problemi se era un
uomo importante. E ne parlava con gravità,
quasi il problema avesse un corpo e un'anima. Il
problema era l'essenza della vita, la ragione stessa
dell'essere, in funzione del quale ognuno era
sollecitato a dare il meglio di sé.
- L'amrar3, il capo
dei capi, l'aveva del resto detto più volte
rivolgendosi agli altri: ognuno di noi ha un problema.
Avere un problema era segno di nobiltà,
dell'essere imohar4, l'uomo libero, di distinzione dai
servi che non sono liberi e non hanno
problemi.
- Lui, Omar, piccolo
e mingherlino, umile guardiano di capre, che problema
poteva mai avere? Se avere è possedere, lui non
aveva perché non possedeva nulla oltre la
tunica marroncina di lana caprina ispida come
un'acacia ed i sandali del colore del cielo che aveva
trovato tempo addietro, abbandonati ai bordi della
Grande Pista che porta a Nord.
- Ah, che gran giorno
quel giorno!
- Quasi non voleva
credeva ai suoi occhi nel percepire quella minima
stonatura di colore nell'arancione infuocato della
sabbia della grande pista, fumante di diafani miraggi
nell'ora più calda di quella giornata
d'ewilen5.
- Tra i fiumi della
silice in liquefazione ondeggiava quella macchiolina
visibile ad intermittenza, tra il c'è e il non
c'è.
- Incertezza di un
segno che alle volte demarca con la sua
estraneità al tessuto del deserto il confine
tra la probabilità di una direzione qualunque e
la certezza del nulla, tra la vita e la
morte.
- Quel giorno,
assieme alle volute maligne del calore, si agitava un
djenoun6 che trascinava nel suo vortice leggere volute
di sabbia fine facendo affiorare, quel giorno per poco
tempo e poi mai più per tutta la vita
dell'universo sino alla sua fine, un paio di vecchi
sandali di plastica azzurrina col tallone tutto
consunto che chissà chi aveva chissà
quando abbandonato proprio lì, dove Omar
passava in quel momento e dove non sarebbe mai
più passato per tutta la sua vita sino alla
fine dei suoi giorni.
- Per la prima volta
in vita sua Omar aveva calzato una protezione sotto la
pianta dei piedi.
- Per molti giorni la
felicità gli aveva oscurato i sensi, tanto da
non accorgersi che lui con quegli attrezzi ai piedi
camminava male e lentamente e che gli provocavano
delle spellature tra le due dita più grandi.
Poi i piedi impararono a muoversi assieme a quei due
corpi estranei, le spellature si trasformarono in
pelle scura e grinzosa e non gli dettero più
fastidio.
- Il tempo
passò ancora e cambiò anche la pianta
dei suoi piedi, che divenne più chiara e
più morbida, tanto che nelle ore più
calde della giornata non ne voleva sapere di stare a
contatto diretto con la sabbia incandescente.
- Ecco, grazie a quel
fortunato ritrovamento di tante lune prima che aveva
completamente cambiato la sua vita, ora lui, assieme
alla tunica e ai sandali finalmente aveva anche un
problema.
- Per la
verità soffriva un po' per il ginocchio destro,
molto gonfio e bluastro, ma era felice.
- Oh, come avrebbe
desiderato essere al campo in quel
momento!
- Giunta la sera,
consumata la semola e il tè assieme ai capi ma
all'esterno della circonferenza che essi, seduti,
descrivevano attorno al fuoco, lui avrebbe atteso che
ciascuno iniziasse ad esporre il suo problema. Per
tutti quasi certamente sarebbe stato lo stesso
problema del giorno precedente, che era lo stesso del
giorno prima, che era a sua volta lo stesso del giorno
prima ancora. Dovevano passare tantissime lune prima
che qualcuno potesse avere un nuovo problema. Ma non
importava. Tutti avrebbero esposto il loro con
solennità, col tono e coi gesti di sempre, e ne
avrebbero discusso in comune con gli altri ogni
aspetto. Ed anche se le conclusioni erano sempre le
stesse, ne avrebbero parlato come se quella fosse
stata la prima volta.
- Omar avrebbe atteso
ancora che ciascun capo, in ordine decrescente
d'importanza, prendesse la parola ed esponesse il suo
problema.
- Poi , quando il
fuoco fosse stato sul punto di spegnersi ed i corpi
avessero iniziato ad assumere posizioni più
adatte al riposo notturno, lui sarebbe entrato nel
circolo con molta legna secca tra le braccia, avrebbe
cavato dai tizzoni ormai scuri una bella fiamma gialla
e crepitante, avrebbe allestito un nuovo bricco per il
tè.
- Sempre in silenzio,
senza dir nulla, consapevole che gli occhi di tutti
erano fissi sulla sua schiena e che questi occhi lo
interrogavano silenziosamente sui motivi di quel suo
strano agire, lui avrebbe continuato a rimestare la
brace, a sistemare per bene il grande bricco di smalto
verde in bilico tra i tizzoni.
- E quando avesse
percepito, pur senza guardar nessuno, che una bocca
era prossima a muoversi per chiedergli conto di quelle
azioni che nessuno gli aveva ordinato, ecco, allora
lui, Omar, il piccolo capraio figlio delle dune,
avrebbe destato in quei grandi uomini, padroni del
più grande deserto del mondo, un'attenzione
ormai corrotta dal sonno.
- Si sarebbe voltato
rispettosamente e con voce calma anche se un po'
tremula per l'emozione, con gli occhi verso la sabbia
per non sostenere tanti sguardi importanti, avrebbe
detto: «Ho un problema.»
- Ah se avesse potuto
essere al campo stanotte!
- Nelle ultime due
delle cinque lune nelle quali aveva acquisito la
consapevolezza del suo problema, ogni qual volta con
lacrime di gioia pensava al campo e alla sua presenza
al centro del circolo dei grandi capi, una strana ed
estranea sensazione aveva cominciato a far capolino in
mezzo a tanta felicità.
- Si imponeva
un'accurata analisi della questione perché Omar
non era disposto a permettere ad alcunché di
oscurargli quel sogno così a lungo inseguito e
finalmente realizzato.
- Dopo altre due lune
giunse alla conclusione che c'era un problema nel
problema.
- Possibile che nel
cielo per lui fosse scritto un destino così
luminoso?
- Possibile che lui,
Omar, fosse giunto in sole 14 lune al punto di
possedere ben due problemi?
- 14
lune.
- Il tempo che
occorre, dalle Montagne Parlanti dove lui si trovava,
per raggiungere il Pozzo dello Spirito
Nero.
- L'unico posto dove,
scavando con attenzione e con pazienza, era possibile
trovare qualche ciotola d'acqua nel tempo che occorre
al sole che sorge per mangiare ogni ombra sulle
sabbia.
- Due
problemi!
- Quando capi
valorosi e discendenti da antiche e fiere famiglie
portavano davanti al fuoco della sera sempre lo stesso
problema che gli altri ascoltavano ormai solo per
rispetto.
- Doveva esserci un
trucco.
- Sicuramente uno dei
Dijn più maligni si era insinuato nella sua
testa passando dal naso, o dalla bocca, o forse
dall'orecchio, organi che solo un'Imohar ha diritto di
proteggere col lungo tagelmust7.
- Ed ora questo
spirito malvagio lo stava ingannando.
- Omar sentiva che
qualcosa non andava, che una voce estranea gorgogliava
parole incomprensibili dal tono
minaccioso.
- Il suo ginocchio
era ormai grosso, tondo e liscio del colore
dell'afeleleh8 ma non gli dava fastidio eccessivo.
Certo, non poteva alzarsi, camminare, ma non ne aveva
bisogno.
- I suoi animali
erano in giro, al sicuro su un buon pascolo, con acqua
in abbondanza a poche lune di distanza.
- Ma l'acqua era
ormai poca per lui, che aveva bevuto in
quantità eccessiva da quando sul
Passo-delle-pietre-che-bucano-gli-zoccoli aveva
deviato stupidamente e senza ragione di pochi metri
sulla destra, inciampando, cadendo e rompendo il
sandalo dalla parte della mano pulita9.
- Era nato il suo
problema, forse due problemi, ma anche un gran caldo
interno, più caldo del caldo del sole, che gli
aveva seccato la bocca e la gola e che lo aveva
costretto a bere come un uomo del deserto non fa
mai.
- Era l'acqua,
dunque, il problema nel problema?
- No.
- L'acqua non
è mai un problema per un uomo del deserto,
imohar o schiavo che sia, perché un uomo del
deserto sa sempre dove trovare, un attimo prima di
morire, l'acqua necessaria alla sua vita e a quella
dei suoi animali.
- Ma il djenoun
continuava a soffiare minaccioso nella sua
testa.
- Il suo piede privo
di sandalo non avrebbe più camminato sui sassi
aguzzi e taglienti del Passo che taglia come un colpo
d'accetta le Montagne Parlanti.
- La quindicesima
luna faceva capolino dietro il Pestello di Allah dando
inizio al nono tallit10.
- Quindici pietre
tonde, perfettamente sferiche e dal caldo colore della
terra rossa, erano disposte a semicerchio accanto a
lui. Al suo polso il filo di cuoio rosso che lo
circondava contava ormai quindi nodi.
- Dal suo riparo poco
distante dal
Passo-delle-pietre-che-bucano-gli-zoccoli, un gran
taffone liscio e curvo su di lui, Omar vedeva riflesso
nel cielo il tenue rossore delle fiamme che, al di
là delle Montagne Parlanti, aveva acceso la
gente del suo kel11 venuta a cercarlo.
- Ora che da due lune
aveva terminato l'ultima goccia d'acqua contenuta
nella sua pelle di capra e che aveva schiacciato sotto
i denti l'ultimo nocciolo dell'ultimo dattero
rimastogli, Omar riusciva a seguire i suoi pensieri
con molta efficacia.
- Come l'acqua scorre
fluida attorno alle pietre dell'oued12,
irresistibilmente attratta dalla sabbia nella quale
andrà a morire, così lui accarezzava i
suoi pensieri, sfiorandoli attento con le mani del
cieco che palpa un oggetto a lui sconosciuto per
costruire nella sua mente un'immagine personale di
ciò che non può vedere.
- Il sandalo... il
piede... il ginocchio... l'acqua... il freddo della
notte che mordeva il suo corpo indifeso.
- Sorrideva Omar,
pensando a quanto privi d'importanza fossero questi
singoli pensieri di fronte alla grandezza del suo
problema che lui avrebbe portato in mezzo al campo in
mezzo al circolo dei capi: trovare il miglior sistema
per riparare il suo sandalo rotto.
- Ma il dejenoun
nella sua testa soffiava sempre più
forte.
- Ed il soffio
prendeva sempre più il tono di una voce
distorta e lugubre.
- E poi la voce
diveniva sempre più chiara e
comprensibile.
- E diceva che lui,
Omar, capraio tredicenne figlio di un amore illecito
durato il tempo di una luna breve, sarebbe morto entro
sette lune, molte meno delle venti o trenta che
sarebbero occorse alla sua gente per trovare, non
distante dal
Passo-delle-pietre-che-bucano-gli-zoccoli, una nicchia
liscia e ricurva per la quale si passa una volta sola
nella vita e poi mai più.
- Morto col suo
problema che nessuno avrebbe mai saputo essere
esistito, per aver inciampato a causa dei sandali di
plastica coi quali non aveva mai imparato a camminare
bene, a pochi metri dal
Passo-delle-pietre-che-bucano-gli-zoccoli dove nessuno
passa mai, dove lui non sarebbe mai dovuto
passare.
|