- Il
segreto dietro l'edera
-
"Dalla finestra della mia camera si vede il muro
grigio dell'orfanotrofio. Chiunque vi passi davanti lo
definisce sporco e bisognoso di un' urgente
riverniciata. In realtà ha enormi scritte e
disegni fatti da chi è passato di lì.
Amore è la scritta che compare sul muro di
fronte alla mia casa. - disegnata con bombolette spray
e colorata di blu, nello stile degli artisti di
strada. - solo l'insieme di cinque lettere, ma allo
stesso tempo è un sentimento, un'emozione che
fulmina il cuore e lo attraversa come una scossa. Da
quanto tempo conosco questa parola? Non lo so. A volte
mi pare un'eternità, altre volte troppo poco. -
lei che scandisce il ritmo della vita e le da
significato. In nome di lei, direbbero in tanti, si
vive e si muore. Essa è l'unica cosa per la
quale è più semplice accettare con
sorriso l'esistenza di tutto ciò che è
portatore di lacrime. L'amore per i bimbi è un
cuore rosso disegnato su una tela. Per i ragazzi
rappresenta un sentimento da vivere fino in fondo. Gli
adulti, invece, rischiano di considerarlo una
"routine" indispensabile. L'amore per i nonni diviene
un nostalgico e agrodolce ricordo che galleggia sul
fiume che è la loro vita. Perchè una
parola così piccola è in grado
trasmettere tanto ed io non riesco ad apprezzarla? Io,
lo giuro, apprezzo ogni singolo petalo di fiore, ogni
filo di erba del mio giardino, ogni risata che
scaturisce dalle tue labbra. Forse non ho mai
conosciuto realmente l'amore. Probabilmente l'essenza
grazie alla quale sono vissuta fino ad ora, quella che
scorre assieme al sangue nelle mie vene, è solo
apparenza. L'apparenza, infatti, come i sensi, ci
mostra la realtà ambigua e non vera. Attraverso
di lei è come se guardassimo noi stessi ad uno
specchio che, però, è diviso in mille
pezzi. Comparirebbero, se chiudete gli occhi e lo
immaginate, tanti riflessi di noi stessi che ci
ammiccano davanti e che sembra vogliano dirci "forza
scegli me, sono io che ti rappresento meglio". In
fondo sappiamo di non poter scegliere perchè
tutti i riflessi sono uguali, ma, allo stesso tempo,
sono diversissimi. Nella nostra mente si
accavallerebbero mille pensieri e noi... "
-
-
- Lisa
si svegliò male quel sabato mattina.
Scivolò sul parquet della sua camera per
essersi dimenticata, intenzionalmente come le ricorda
sempre suo padre, di infilarsi le pantofole; si
macchiò la camicia appena indossata
perchè suo fratello, nell'evitare di arrivare
in ritardo a scuola come sempre, entrò in
cucina come un tornado; e poi incominciò a
piovere. La pioggia piace a Lisa perchè la
rilassa e può restare a casa al calduccio ma
quel sabato mattina la pioggia equivaleva a una doccia
senza asciugatura per recarsi a scuola. Eppure se solo
Lisa avesse saputo che cosa avrebbe affrontato poco
dopo...
-
-
- La
pioggia batteva beffarda sul vetro della finestra. Le
gocce si infrangevano sulla sua liscia e trasparente
superficie per poi scivolare e scomparire,
congiungendosi ad altre gocce. Esistenza spietata
quella di questi elementi: consapevoli che per
svolgere il loro compito sono destinate alla morte.
Nascono per svanire su di noi, sul viso di un
passante, per adagiarsi su un terreno stremato dalla
siccità, causata, non dal sole, ma
dall'aridità dei sentimenti umani, per
accompagnare il pianto di una persona che soffre: un
invisibile frammento di cielo che scende quasi
silenziosamente, sospirando un flebile lamento alla
sua morte. Tante piccole generose gocce che vivono per
morire, che scompaiono l'una nell'altra, e si
trasformano in un'unica, leggera, cascata di cristalli
che, grazie alla loro trasparenza, assorbe i rari
raggi di luce che ci sono concessi. Poi crea leggeri
riflessi cangianti, simili ad angeli che danzano
dolcemente, sulle note, non udibili da orecchio umano,
di una celestiale armonia. Il cielo piange una vita
così breve che quasi può essere definita
morte, se non fosse che essa viene assorbita da noi
allo scopo di vivere. Ed è proprio questo
pianto di morte che purifica e sostiene la vita,
è il dolore del cielo che scaturisce tale
meraviglia che è la vita.
- Il
cielo cupo incuteva paura al solo pensiero di
avventurarvisi sotto, ma una pallida e determinata
ragazzina aprì la porta della sua casa pronta a
sfidarlo e... si fermò, colpita da un qualcosa
di indefinito che spuntava da sotto lo zerbino
consumato e scolorito, simbolo di tanti ritorni e
partenze. Nel grigiore di quella malinconica giornata
brillava un candido foglietto. Mentre il cielo
piangeva, e tutto sembrava avvolto da una triste
aurea, quel solitario apparente lembo di carta
sembrava illuminare tutto ciò che gli stava
intorno. Per un momento quel candore risvegliò
qualcosa nella ragazza, che era rimasto nascosto per
troppo tempo, e dopo un leggero tremolio proveniente
dall'interno, ella si chinò con un sorriso
verso il misterioso oggetto, come se già
sapesse, inconsapevolmente, che quel foglio le avrebbe
sconvolto l'esistenza. Colse quest'ultimo
delicatamente, quasi sfiorandolo, e senza nessuna
fretta cominciò a maneggiarlo con estrema cura
e dolcezza. Un suo lieve movimento aprì la
busta e le sue esili dita estrassero il biglietto
contenente un apparente messaggio. Dopo essersi
adagiata contro il muro Lisa cominciò a
leggere. Più il suo sguardo scorreva sulle
parole, più i suoi occhi si velavano e da essi
traspariva una curiosità viva. La lettera
conteneva qualcosa di veramente speciale,
poiché aveva raggiunto un luogo dove nessuno
aveva mai osato entrare, poiché quelle parole
avevano toccato un punto troppo profondo del suo animo
ed avrebbero fatto si che ella non sarebbe più
stata la stessa. Parole quasi incomprensibili a
chiunque, ma trasparenti e chiare a lei: un messaggio
inconfondibile. Una persona senza nome l'aveva scelta
... perchè? Lisa girò la busta e scorse
il destinatario di quelle parole. Il nome, scritto in
inchiostro nero sbiadito dalla pioggia e
dall'umidità, le provocò un sussulto al
cuore. La lettera non era destinata a lei, ma a sua
madre. Lacrime le rigarono il volto al ricordo della
dolorosa perdita. La persona che aveva scritto non
doveva essere a conoscenza di questo. Lisa si
incuriosì per l'incompletezza della lettera e
si domandò chi ne fosse l'autore. Numerose
domande senza risposta si accavallarono nella mente
della ragazza creando un sentimento d'amarezza che
giungeva dall'animo, l'amarezza di chi scopre (come le
era accaduto) che la persona perduta, a cui avevi
donato tutta la tua fiducia, in realtà aveva
nascosto una parte di sé. Lisa rincasò
ripiegando la lettera, certa solo di una cosa: la
scuola avrebbe potuto aspettare quella mattina
perchè una scritta sul muro di uno sconosciuto
orfanotrofio la stava aspettando.
-
-
- La
camera di Lisa ospitava fotografie incorniciate dentro
ad argentee cornici che mostravano due bimbi biondi
sorridenti a gattoni, intenti a giocare. Altre
immagini ritraevano i piccoli crescere e diventare
grandi. I vetri delle cornici proteggono le immagini
dall'esterno, ma non i loro reali soggetti. La
maturazione che richiede la vita per esservi adeguati
è veloce e dolorosa. Lisa lo sa bene. Mentre
ella rileggeva ancora una volta la lettera capì
una cosa: la vita le stava ponendo davanti una prova
il cui superamento era arduo da attuare. Quel foglio
stracciato non altro era che un mezzo da utilizzare
per scoprire il misterioso lato che la persona che le
aveva donato la vita mai le aveva mostrato. Sua madre
era, anzi è, come Lisa chiarisce, una donna
comparabile ad una goccia d'acqua nel deserto che si
posa su fronti arroventate dalla febbre. Una donna
cresciuta solo con se stessa, con i suoi dubbi, le sue
paure... donna meravigliosa e imprevedibile. Capace,
per Lisa, di provare solo amore e di pretenderne
soltanto. La ragazza sentì crescere dentro di
sé un desiderio di conoscenza e, intenzionata a
seguirlo, uscì decisa da casa. La porta si
chiuse dietro di lei con una folata di vento e il viso
di una donna bionda dentro una cornice dorata
sembrò sorridere.
-
-
- Il
cielo ora plumbeo sfogava la sua ira riversando sulla
natura sottostante la sua frustrazione. Le stradine
della grande città erano ancora illuminate
dalla fioca luce dei lampioni nonostante il sole fosse
ormai sorto. Un'ombra scivolava veloce lungo i
marciapiedi e i muri delle case fermandosi, di tanto
in tanto, ad osservarli. A poco a poco, il sole fece
capolino da dietro le nuvole e la pioggia cessò
di cadere. Con lo scorrere dei secondi, dei minuti e
poi delle ore la camminata della figura divenne sempre
più lenta. Nella quiete di quegli istanti la
voce di un bimbo uscì da una finestra aperta e
si diffuse nell'aria.
- "Mamma
non piange più"
- "Chi?"
domandò colei che doveva essere la
madre.
- "Il
cielo... "
- Lisa
sorrise a quelle parole mentre si appoggiò al
muro all'angolo di un incrocio, respirando
faticosamente con una mano sul cuore. La ricerca della
scritta le aveva prosciugato quasi tutta l'energia che
quella mattina le era entrata in corpo.
- "Sono
una stupida, un'ingenua a credere di poter trovare una
parola che forse non esiste nemmeno. Per giungere a
che cosa poi? Ad una verità che forse
vorrò non aver mai conosciuto? O ad una
semplice e pura casualità?" Lisa guardò
le persone che ora affollavano le strade. Noi esseri
umani siamo strani, pensò. Ci rintaniamo in
casa quando piove e usciamo quando il sole torna a
splendere: un'allegoria della forza d'animo umana.
L'uomo cerca di proteggere se stesso da tutto
ciò che può disturbarlo e, quando
è sicuro di non dover affrontare nessun
ostacolo, esce dal suo rifugio. In realtà anche
coloro che amano la pioggia la temono. Perchè
altrimenti usano gli ombrelli per proteggere il loro
capo appena la incontrano?
- Un
flash attraversò la mente della ragazza. Un
ricordo, dapprima sfocato, si fece sempre più
nitido nei suoi pensieri. Si rivide bambina
sgattaiolare, non vista da sua madre, in giardino e
tendere le braccia al cielo che piangeva, per
consolarlo, come un albero stende i suoi rami alla
luce. Ricordò i forti raffreddori e la febbre
alta che seguivano il suo gesto. Ma anche in quei
momenti Lisa non riusciva ad associare la pioggia al
dolore. No. Perchè lei poteva soffrire, gemere,
piangere, ma sua madre più lei soffriva, gemeva
e piangeva, più le riserbava attenzioni ed era
questa la cosa più importante grazie alla
quale, per la piccola, era divenuto impossibile temere
le gocce d'acqua.
- Lisa
riprese a camminare lungo il bordo del marciapiede
seguendo i rivoli d'acqua che scorrevano lungo la
strada. Quando alzò lo sguardo da terra fu
sorpresa di aver raggiunto la periferia e, ancora di
più, di trovarsi di fronte ad un vecchio,
fatiscente edificio sul quale l'edera trovava dimora e
lo avvolgeva, simile ad un regale mantello ricamato da
infinite goccioline, che, catturando la luce,
brillavano. L'intrepida ragazzina si avvicinò
alle mura del casolare incantata dalla suggestiva
immagine che la natura le offriva, ma a pochi metri da
quello spettacolo si fermò, impietrita. Fra le
foglie d'edera un colore indaco contrastava quello
smeraldo della pianta. Una mano aveva scritto qualcosa
su quel muro probabilmente tanti anni prima.
Elettrizzata dalla sua scoperta, Lisa scostò
trepidante l'edera, mentre sentiva dentro di sé
la debole speranza riaccendersi. Quando la sua
perenigrazione sembrava essere stata inutile l'aveva
trovata. Felice, come chi ha a lungo cercato il
proprio tesoro, le sorrise e la accarezzò.
"Amore". Una parola semplice, ma nel contempo
complicata. Ricordò di averne cercato il
significato sul vocabolario tanto tempo prima. Amore:
moto affettuoso, inclinazione profonda verso qualcuno
o qualcosa. Non era d'accordo con questa definizione.
Per lei il significato dell'amore non si poteva
trasmettere attraverso una semplice frase. Solo una
volta aveva letto cosa fosse realmente quel
sentimento: poche ore prima nella lettera che aveva in
tasca. La estrasse, quasi con riverenza, e la distese.
Ormai era divenuta il suo portafortuna.
- Fissò
la scritta che risplendeva illuminata dal
sole.
- "Ora
che ti ho trovato cosa vuoi da me?"
- "Lei
non vuole nulla"
- Lisa
sobbalzò spaventata al suono di
quell'improvvisa voce e, timorosa, si volse
indietreggiando.
- Vide
un bambinetto con ruffi capelli neri che spuntavano da
sotto una buffa berretta color cachi, troppo stretta
per il suo capo. Gli occhi, vivaci e vispi, la
scrutavano attentamente quasi che ella avesse violato
un territorio di sua proprietà, mentre il
naso, arrossato dal freddo, gocciolava
impertinente.
- "Come
hai fatto a trovarla?" le chiese indicando la scritta
con un dito, ma continuando a guardarla negli
occhi.
- "Sapevo
dov'era" rispose la ragazza mentendo. Stranamente, il
bambino che aveva di fronte la metteva a disagio ed
ella avvertì la necessità di nascondersi
dietro una bugia.
- "Non
è vero. Solo io so che è lì. E tu
è la prima volta che vieni qui. Sono un
bambino, ma non sono stupido".
- "Cosa
sei il custode di questa scritta?" Lisa captò
una minaccia nello sguardo indagatore del bimbo. La
lunga ricerca l'aveva stremata e ora non voleva essere
costretta a giustificare la sua presenza ad uno
sconosciuto.
- Senza
alcun preavviso il bimbo si voltò e si
allontanò da lei incamminandosi lungo il
selciato che conduceva alla via. Lo vide attraversare
la strada ed entrare nel palazzo di fronte, grigio e
malinconico. Lisa tornò ad osservare il suo
tesoro e in quel momento comprese tutto. Il bambino
sapeva con certezza che lei non aveva mai visto la
scritta amore perchè l'aveva attesa. Voltandosi
alzò lo sguardo ed incontrò il suo.
Dalla finestra del secondo piano della palazzina il
bimbo la guardava con accanto una donna che,
sollevando il braccio, la salutò.
-
-
- Intuì
che la donna la invitava a salire da un morbido gesto
che compì con la mano. Ma Lisa non si mosse.
Non accennò un passo, un movimento. Rimase
immobile come una statua. Per la prima volta, da
quella mattina, pensò a suo fratello e a suo
padre. Un senso di vuoto le attanagliò lo
stomaco e le gambe cessarono di sorreggerla. Cadde in
ginocchio sull'erba bagnata e poggiò le mani
sulla terra umida. Che cosa le accadeva? Ora che
poteva afferrare la verità aveva paura? Tornata
a casa avrebbe raccontato di aver lasciato la sua
ricerca a metà? Si sarebbe odiata per sempre se
avesse fatto ciò. Doveva concludere ciò
che aveva iniziato. Lo doveva a chi, quella mattina,
le aveva rovesciato il caffé sulla camicetta e
a chi le aveva rimproverato di dimenticarsi di
infilare le pantofole. Alle persone senza le quali non
sarebbe la persona che è adesso. Ascoltò
il ritmo del suo cuore che accelerava sempre di
più e, rialzatasi, iniziò a correre.
Imboccò il portone della palazzina e poi le
scale. Non si fermò a riprendere fiato. Se lo
avesse fatto non sarebbe più riuscita a
muoversi. Giunse al pianerottolo del secondo piano
dove la donna l'attendeva, calma e serena, sulla
soglia della porta. Riuscendo a reggersi in piedi,
tenendosi saldamente al corrimano, la ragazza la
fissò, incapace di parlarle. La sconosciuta
invece lo fece.
- "Ti
prego di entrare e lasciare che io ti spieghi
tutto"
- Lisa
annuì con la testa e seguì la donna
dentro l'appartamento.
-
- L'interno
dell'abitazione era stato arredato da una mano esperta
e delicata. Nel salottino, dove Lisa entrò,
l'azzurro ne era il padrone. Un tappeto laboriosamente
decorato ricopriva il pavimento in legno sul quale
erano collocate due poltroncine e un divanetto di
velluto color blu. Il tutto era disposto a semicerchio
attorno ad un caminetto che scoppiettava
allegro.
- "Accomodati,
sarai stanca" la signora le indicò una delle
due poltrone ed uscì dalla stanza.
- Lisa
si sedette su di essa e osservò le pareti alle
quali erano appesi numerosi quadri. Uno in particolare
la colpì. Sulla parete di fronte, dentro ad una
polverosa cornice, due bambine erano protette e
trattenute dal braccio di una donna, mentre un uomo,
seduto ad una scrivania, le fissava. Ciò che
incuriosì la ragazza fu il muro dietro i
personaggi: era decorato ugualmente a quello della
stanza nella quale si trovava.
- "-
di Edgar Degas. Si intitola "La famiglia
Bellelli ed è il mio quadro preferito".
- La
donna rientrò nella stanza con in mano una
tazza. Le si sedette davanti portandosela alla bocca,
placida e lenta. Lisa decise che era giunto il momento
di conoscere la verità.
- "Sei
tu che hai scritto la lettera?"
- La
prima domanda della ragazza fu questa. Il suono deciso
della sua voce attraversò l'aria e rimase
sospeso nella stanza, perciò le sembrò
un'eternità prima che la donna le
rispondesse.
- "
Lo sai già."
- "Perchè
l'hai scritta a mia madre?"
- "Se
l'avessi indirizzata a te non saresti mai giunta
qui."
- Lisa
sgranò gli occhi sorpresa e provò un
grande rispetto per la persona che le sedeva di
fronte.
- "Quella
lettera era un pretesto, un'esca. Io conoscevo tua
madre, sin da bambina, sin dai tempi
dell'orfanotrofio. Era la mia più grande amica.
E prima di andarsene mi ha fatto promettere una cosa:
avrei dovuto insegnarti cosa è veramente
l'amore. Tua madre aveva imparato da sola che cosa
fosse e non voleva che anche tu fossi costretta a
cercarlo come lei. Avrebbe voluto trasmetterti questo
insegnamento, ma non ha potuto. Allora ha chiesto a me
di adempiere a questo arduo compito. Però non
volevo entrare nella tua vita all'improvviso
sconvolgendola. Per questo ti ho scritto. So che hai
il carattere di tua madre e non ami essere delusa.
Anna non avrebbe mai voluto vederti triste, ma sapeva
che per essere felici bisogna conoscere il dolore,
come per amare la pace bisogna sapere che cosa sia la
guerra."
- All'udire
il nome di sua madre Lisa sussultò. Sua madre
voleva che lei avesse una persona alla quale chiedere
aiuto quando si fosse trovata in difficoltà,
perchè comprendeva bene cosa significasse non
averla. Ma c'era suo padre...
- "Tuo
padre è un uomo fantastico"la donna
sembrò leggerle il pensiero.
- "Proprio
per questo Anna non volle lasciarlo solo ad educare te
e tuo fratello. Una responsabilità così
grande non poteva interamente gravare sulle sue
spalle: ne sarebbe rimasto schiacciato."
- In
quel momento da dietro la porta del salotto si
affacciò il bambinetto che Lisa aveva
incontrato davanti al casolare.
- "L'ho
pregato di avvertirmi quando sarebbe arrivata una
ragazza alla scritta. Il mio 'lupetto' ha passato ore
davanti alla finestra della cucina aspettandoti.
Quando ti ha vista non ho potuto trattenerlo. - corso
giù per le scale veloce come un levriero."
- La
donna sorrise candidamente al piccolo tendendogli le
braccia nelle quali egli si tuffò
gioioso.
- "Io
ti ringrazio"
- Dalle
labbra di Lisa uscirono queste parole provenienti dal
profondo del suo cuore. Meravigliandosi lei stessa di
averle pronunciate, abbassò lo sguardo e
sentì calde lacrime scivolarle lungo le gote.
Si accorse di non piangere per delusione o dolore, ma
di gioia. Sua madre non le aveva nascosto nulla, ma le
aveva, ancora una volta, mostrato la splendida donna
che era stata. Pur non essendo lì con lei aveva
comunque trovato il mezzo per aiutarla. In fondo Lisa
avrebbe dovuto aspettarselo. Sua madre non si
arrendeva mai. La morte, pur giunta, non l'aveva
fermata. Le aveva promesso di non abbandonarla mai. E
aveva mantenuto la promessa. Con orgoglio alzò
il capo, fiera di assomigliarle.
- La
donna, visto il lampo di trionfo negli occhi della
ragazza, si alzò in piedi e raggiunse una
credenza alle sue spalle. Aprì un cassetto che
emise un dolce cigolio ed estrasse un quaderno che le
porse.
- "Può
sembrarti scontato che tua madre ti abbia lasciato
qualcosa di lei. Questo è ciò che
farebbe chiunque, ma è la sua presenza che
troverai in queste pagine non quella di una persona
comune". La donna guidò la mano di Lisa ad
aprire il libro."Per una qualsiasi persona le parole
qui dentro potrebbero essere scritte da chiunque. Tu
sai che non è così perchè
lì ritroverai chi credevi di aver perduto.
Ritroverai la sua essenza: ciò che fa sì
che una cosa sia quella e non un'altra. Se non mi
credi leggi le frasi che sono qua dentro. Vedrai che
sono le stesse impresse nel tuo cuore".
- Lisa
lesse, e lesse ancora per un tempo che parve infinito
e interminabile. Poi comprese che tutto era stato
detto. La sua visita alla donna sarebbe stata la prima
di molte. Avrebbe voluto rimanere più tempo in
quella casa, ma aveva bisogno di tornare da suo padre
e suo fratello e anche da sua madre. Ora aveva capito
che non se ne era mai andata.
- "Devo
andare, ma tornerò. Te lo
prometto."
- "Non
è necessario che tu lo prometta. Quando sei
entrata in questa casa sapevo già che saresti
tornata."
- Con
un sorriso la ragazzina si incamminò verso la
porta d'ingresso. La donna poggiò una mano
sulla maniglia per ruotarla, ma Lisa si voltò
improvvisamente.
- "Come
ti chiami?"
- "Come
te"
- "Ne
ero sicura"
- Lisa
scese silenziosamente le scale della palazzina dopo
che ebbe salutato la donna e il bimbo. Stringendosi il
libricino contro di sé raggiunse l'atrio e
uscì in strada. In quell' istante un foglietto
- scivolò
dal quaderno e si fermò ai suoi piedi. Lo
raccolse e lo guardò attentamente. Era una
poesia scritta tempo prima in elegante calligrafia
ormai ingiallita dal tempo.
-
- "A
voi piccoli fiori profumati sbocciati nel mio
giardino
- in
una giornata di primavera!
- Avete
scosso per un attimo le fondamenta della mia
anima,
- poi
l'avete resa più forte e generosa.
- Voi
avete riempito di gioia il mio cuore,
- voi
angeli discesi dal cielo ad allietare la vostra
mamma.
- Siete
per me il respiro del cielo,
- un
angolo di paradiso,
- nella
mia aiuola dove, prima di voi, non vi erano fiori che
tendevano
- il
loro stelo verso il sole!
- Siete
la luce di questo cuore a volte stanco,
- siete
la forza in questa vita che mi chiede
tanto.
- Grazie
Dio per avermeli donati!"
- Una
goccia di acqua toccò il foglio appena ebbe
finito di leggerlo e ,alzati gli occhi al cielo, vide
che riiniziava a piovere. In quel momento nulla la
trattenne. Si mise al centro della strada e
alzò le braccia in alto come non faceva da
troppo tempo. Percepì l'acqua che le bagnava i
capelli, il viso, le labbra e nutrì la sua
anima con essa, come un albero la cattura con i suoi
rami.
- Quasi
le parve di udire la voce dolce, ma ferma, di sua
madre che le sussurrava all'orecchio.
- "Bimba
mia ce l'hai fatta. Come da piccola trovavi sempre
ciò che nascondevo dalle tue mani in cassetti
segreti, ora tu hai scoperto la mia scritta. Cosa
è stato più facile? "Scovare" questa
stramba parola o nascondere la delusione di averne
concluso la ricerca? - stato faticoso trovarla, ma
credo di poter affermare con certezza che più
difficile sarà accettare la fine del tuo lungo
viaggio. No piccola, non sto parlando di un viaggio in
treno o con un altro mezzo, ma del viaggio che hai
compiuto dentro di te. Ti ho lasciato fragile ed
insicura, come può esserlo chi comprende di
lasciare il mondo roseo e ovattato di bambina per
raggiungerne uno spigoloso e buio. Non dimenticare che
il buio più terribile non è quello che
ti circonda, ma quello che abita nel tuo cuore, e la
luce più brillante non è quella che
risplende fuori, ma quella che brilla nei tuoi occhi,
l'unica che sale dal cuore. Ora, però, ti vedo
forte e orgogliosa di ciò che sei, capace di
affrontare la vita sulle tue gambe. Qualche volta,
purtroppo, cadrai, ma la tua forza consisterà
nel rialzarti, nonostante il dolore. Sono orgogliosa
di te e Gabriele. Vorrei dirvi tante cose, ma mi rendo
conto che la vita vi attende. Non voglio farla
aspettare. Ho visto il futuro. - come il presente...
solo più lungo. Perchè esso si attui
devi lasciarti condurre dalla tua luce e fidarti del
tuo istinto senza ascoltare che cosa dicono gli altri.
E se è vero che il presente è il domani
di cui ieri ci preoccupavamo io vi auguro di viverlo
intensamente. Vorrei che ricordaste sempre che potrete
fare ogni genere di errore, ma finché sarete
generosi, sinceri e fieri, non potrete fare del male
al mondo, né addolorarlo sul serio. Volevo che
tu capissi cosa fosse l'amore, mia bambolina, e che
per esso non vi è altra medicina se non amare
di più."
-
- Dopo
tanto camminare Lisa tornò a casa. Vide suo
padre e suo fratello che la aspettavano preoccupati in
giardino. Appena la scorsero arrivare in fondo alla
via le corsero incontro. Suo padre la
abbracciò dicendole che non era più
giovane e certi spaventi non giovavano al suo cuore,
mentre Gabriele la guardò e con un sorriso le
suggerì:
- "Penso
che sia il momento di cambiare quella
camicia"
- La
vita è così... non altre parole
potrebbero descriverla.
-
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