Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Nella Re Rebaudengo
Con questo racconto ha vinto il ottavo premio al concorso
Città di Melegnano 2006, sezione narrativa

«Ottima conservazione»



L'amore no.
Quello non l'aveva mai avuto, Lavinia Miller. L'avevano adulata, riverita, scopata, leccata, picchiata, ammanettata, insomma, nessuno si era mai tirato indietro; nel suo letto passavano tutti quelli di cui si invaghiva; sempre pronti, sempre in tiro, ma lei sapeva benissimo che a un uomo per eccitarsi, basta pensare al culetto o alla fessurina di una bambina magari mulatta (oppure di un bambino, a seconda delle intenzioni, delle possibilità o dell'inclinazione del momento), o al mirabile arnese di un mandingo squartatore, oh, sì, sì, spaccami in due, sì, sì, riempimi tutto! Quindi non si faceva eccessive illusioni sulle proprie attrattive; sapeva di averne poche, in realtà una sola, ma che attirava irresistibilmente gli uomini: era ricchissima, l'unica erede di un patrimonio infinito, che sua madre aveva accumulato tradendo, ingannando, prezzolando assassini in affitto, fregandosene del Bene e del Male.Sì, accorrevano a frotte, gli uomini, tutti lì, con la lingua penzoloni, che poi sai che roba, doveva pagarli, perché si dessero da fare decentemente; gratis, quelle lingue non sapevano farle andare, così come non sapevano far andare quei loro attributi in fregola. Ma, per qualche soldo in più, si sforzavano.
Diciamo così, che si sforzavano, pensò Lavinia sorridendo. Ma adesso basta, era quasi vecchia e quasi brutta, sempre cattiva, ricchissima, sola, lì nel suo castello con i ritratti degli antenati sul muro, che la guardavano quando passava, e lei li sentiva amici, tutti, anche se, a volte, quando le pareva che la sua fosse una vita senza stelle, si domandava che cosa avessero da guardarla così, sempre, sempre. Lavinia Miller: gli autisti, le guardie del corpo, i servi e le serve... Tutti la odiavano; certo, i servi odiano sempre i padroni, e più sono servi veri, più li odiano - e i suoi erano servi verissimi, una meraviglia: pulivano, lavavano, cucinavano, si inchinavano- Ah, sì, erano servi davvero, e poi lo si vedeva dalle facce, lombrosianaménte da servi. Lei restava lì, Lavinia Miller, a leggere, a pensare, a ascoltare musica, a scrivere, chiusa nel suo castello, con i suoi servi, i suoi avi e la sua ricchezza infinita. L'amore no, quello mai.
Non le sembrava fondamentale, ma un po' le dispiaceva.
«Come sarà il sesso nell'amore?» si chiedeva ogni tanto, quando c'erano su di lei cieli senza stelle e non riusciva nemmeno a immaginarne uno, o a disegnarlo su un foglio. Il sesso nell'amore: chissà se esisteva. Lavinia pensava di sì, ma in fondo non l'aveva mai cercato davvero: già costava tanto il sesso eiaculatorio (che faceva rima con consolatorio, cosa per lei mirabile), figurarsi quanto sarebbe costato l'Amore; certo, quello non si pagava con assegni o bonifici, bensì con strazi e lacrime, con vite spezzate e stelle sparite per sempre, cancellate, annichilite... Ma no, perché esagerare, era meglio staccare assegni per qualche lingua penzolante e qualche verga in tiro, e poi neanche li firmava lei, quegli assegni.
Lavinia Miller quel mattino lo vide - e le stelle furono tutte lì, intorno a lui, nei suoi occhi e tra i suoi capelli, nel suo sorriso e agli angoli della sua bocca: Colin, il figlio del cugino di sua madre; Colin, quello che lei vedeva bambino quando già pagava dei coglioni per leccarla in modo decente; Colin, com'è già che si chiamava di cognome? Colin, e poi?
E poi? E poi arrivò lì con una Porsche e un sorriso, le foto fatte insieme tanti anni prima: dovevo passare da queste parti, Lavinia, ti ricordi di me? Colin.
E per lei furono stelle sempre; le disegnava da sola, bellissime, poi le attaccava su in alto, con un po' di saliva su un dito - e più niente manette, né assegni, né lingue penzoloni, né verghe sgocciolanti, inutile sperma su lenzuola pulite - ma amore, fiori nel giardino, panchine e gazebi profumati, fontane e pesciolini, persine i grilli, mai sentiti prima, i grilli. - e le cicale... le cicale, figurarsi, lei pensava che fossero i timer dei sistemi di allarme, e invece erano le cicale... Colin: il sesso nell'amore. Da quasi vecchia, da quasi brutta. Colin: i grilli e le cicale.
«Lavinia, resta qui, dove vai, dove vai...».
«Colin, è tardi, devo andare».
«Ma dove, amore, dove? Stai qui con me...».
«Colin!».
«Tesoro...».
«Non ingannarmi, Colin, non mentirmi mai. Io sono quasi vecchia, tu sei l'ultimo amore, e sei anche il primo; adesso so com'è, adesso so che cos'è. Ma tu non farmi del male, Colin, parlo sul serio, non spaccarmi la vita...».
Rise, il primo e ultimo amore, abbracciandola. Le baciò gli occhi e le dita, le disse che era stupida (no, disse SCIOCCA), la tenne stretta, le sussurrò che lei non sarebbe stata mai vecchia e brutta, le promise, le giurò. Colin: i grilli, le cicale e le stelle.
No, quello non era il profumo di Colin, e l'autista in macchina non se ne metteva mai; a Lavinia non piacevano gli uomini profumati come puttane; anche i suoi gigolò di merda dovevano sapere di bidet, non di fragranze orientali.
Eppure in macchina c'era un profumo quasi estraneo; quasi, non del tutto; lo riconobbe: era il profumo della serva; di quella che si occupava delle lenzuola e degli asciugamani; lo conosceva bene, Lavinia, quel profumo: ogni tanto lo ritrovava nei cassetti della biancheria, quel profumo da serva, quel profumo da troia. E quel mattino era lì, in macchina, con lei e Colin: già; lei, Colin e il profumo che a volte impestava ì suoi cassetti.
«Colin...».
«Dimmi, amore mio...».
«Profumi di morte».
Lui non capì, lei rise.
Quella notte non trovò più le stelle negli occhi di Colin, né le cercò. Maledetto schifoso: con la serva. Amore mio, godi, godi, sbrodola, mugula, fai schifo... bestia in calore, fai schifo... Venne l'autunno, venne Natale, la serva olezzante si guardava intorno con aria inquieta, ma nessuno osava fare domande; la Porsche di Colin era sempre in garage, ma il suo posto a tavola non c'era più.
L'avrebbero ritrovato molti anni dopo in un barile, tagliato a pezzi ma ben conservato, il Sesso nell'Amore.
Un'erede di Lavinia aveva deciso che nella sala della torre dovevano starci dei computer, così aveva fatto togliere i libri e portar via tutti i mobili; trovò il barile e lo aprì. Mise tutto a tacere.
Ma intanto Lavinia Miller, fino all'ultimo giorno della sua lunghissima esistenza, continuò a vivere tra stelle, fiori, fontane, panchine e gazebi profumati, tra grilli e cicale, trovando adorabili le donne che si vendicano.

Nella Re Rebaudengo


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 Ins. 20-09-2008