Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Paola Pompei
Con questo racconto ha vinto il settimo premio al concorso
Fonopoli - Parole in movimento 2003, sezione narrativa

Ubriachi di vino, poesia e di virtù...
 
Fiorito sulla nuda pietra
racchiudeva minuscole gemme,
le gemme preziose di momenti
senza fine e senza inizio
che vivevano nel territorio incontaminato
dell'anima
dove tutto è mobile
eppur immoto.
 
Nella buia notte dell'esistenza racchiusa tra insignificanti confini senza vero perché, sedevi tra le mani, tra le mani e le bottiglie; m'invidiavi l'innocente incoscienza che osa essere semplicemente ciò che nell'anima si è.
Ero bella, sempre così bella, sempre assai vicina eppur così lontana nel territorio del coraggio del si e del no.
"Non appartieni a questa terra - dicevi - sei come la poesia scritta sui muri che si anima dal niente, nei magici momenti dei pensieri che si incrociano".
Già gli incroci, chissà mai perché gli incontri avvenivano nello stesso istante immaginato dietro gli angoli di vicoli, di giardini o di portoni; chissà mai perché, addormentati sui banchi dell'ultima fila, sognavamo sempre le medesime storie; chissà mai perché sorgevano insieme le parole nelle risa del cuore quando, sulle scale umide di quelle fredde notti senza fine, ci sfidavamo negli ardenti duelli.
Eravamo istrioni, attori sgangherati, ballerini improvvisati, tra sbronze, mercedes bianche e metallici rock senza fine...
Il caldo di quella mattina era pulito; aleggiava il profumo di salsedine che alla memoria l'estate riportava.
Gli ombrelloni a righe sulla riva rendevano retrò l'atmosfera inducendo il presente al tempo del passato.
"Cos'è la poesia?" - voltandoti chiedesti.
"Lascia cantar l'anima tua" - risposi - "ti insegnerà il dolce canto di questo momento.
Ti canterà dell'illusione, anche se subito non t'apparrà così.
Posa lo sguardo sul mare, sulle nuvole e prova a sorridere agli uccelli o alle farfalle.
Ascolta il profumo dei fiori e lascia che ti attraversino mille stelle cadenti, che ti pervada la forza del sole mentre assapori le carezze della luna.
Una, cento, mille son le strade per giunger proprio là dove sei sempre stato e quel che assai lontan t'appare è, forse, solo dentro te.
I tuoi occhi, il tuo sentire rendono poesia ogni cosa.
Ti basterà, per questo, posare lo sguardo sul cielo e sulla terra."
Mutato era ormai il caldo del mattino; l'intimo cielo d'azzurro e viola striava ora d'argento il mare.
Assaporando il canto delle onde infrante sulla riva segnasti con un dito l'orizzonte: "Acquamarina - dicesti - riflessi d'infinito cielo, nel mare"...
Nel colore del giorno che ancor giorno non era, seduti sulla sabbia umida dell'alba acre di salsedine, tra il pallido riflesso della luna nel sole che nasceva correvano i pensieri...
Fradici i vestiti dell'acqua fredda del mattino, fredda come la luna che s'affievoliva ma caldo il cuore per le risa, caldo come il sole che nasceva; ridevan gli occhi, rideva il cuore, rideva forte il cuore incontro al freddo mare del mattino...
"Sì! il mio corpo è oceano, si! oceano il cui potere corre sino alle rive lungo le braccia per rompersi in mani di schiuma... Sono il mare, sì! io sono il mare!"
New York era a portata di mano quella mattina...
Collocata sul piedistallo dell'invidia, volavo da te sospinta a recitar la parte della desiderata diva in un inseguimento senza fine, pieno di venerazione.
Fu in quel giorno chel'ardire tuo osò staccare insieme a me la spina degli inutili pensieri; ospiti inattesi delle magiche colonne avvolte d'edera, ci ritrovammo tra il riso e lo stupore, a mandar pensieri fin quell'istante assai riposti che cominciarono così a fiorir come le gemme, tra le pieghe di quelle nude pietre.
Assaporasti per la prima volta la bellezza vera dello schiudersi dei fiori e nuovi ti sembrarono allora i suoni dei versi improvvisati.
Libero il pensiero vagò nomade nelle regioni del c'è e non c'è, dov'ero regina di fiori e di perché, mentre accendendo stelle per spianar sentieri, ti nominai re, o mio re!
Spoon river ti faceva compagnia nel tuo lavoro estivo quando, disteso sul lacero divano, il richiamo dell'arcano anniversario chiuse senza rimorso la porta delle quotidiane responsabilità per festeggiar così la festa, tra edere, lucertole, fiori e ogni colore in un banchetto senza fine di odorosi dolci melograni, pieni del profondo degli sguardi e dei discorsi dalle mani intrattenuti.
Ci scelse quel dì l'ultimo piano invitandoci a danzar le nubi, il vento e il sole, tra un brindisi, un sogno ed un perché; avevo al collo un magico collier di sogni, bacche, baci che aprivano le porte di noi e di te. Eran pietre, fiori e foglie, ciottoli e farfalle i paladini erranti che vagavano con noi per notti e giorni nelle regioni dell'ardita fantasia dov'eravamo il tutto e il niente che schiuse a noi quel che la vita a pochi concedea...
Giochi di rime segnati sulla nuda pietra attraversavano le notti avvolte di nebbie novembrine. Incuranti del domani, sui rami e sulle foglie arrampicati, ci raccontavamo di noi tra doni d'incoscienza e di saggezza, di dolcezza e di pietà.
Persi nella bellezza del lontano mare riflesso nello sguardo, lasciammo correre i riposti pensieri sul magico sentiero che erto verso il cielo poteva toccar la luna:
"Sai? - come un'eco mormorò l'anima tua - io una volta ho incontrato gli angeli..."
Forte era il vento in un pomeriggio di settembre che recava con sé la fine dell'estate.
Dolci compagni d'anime, in balia delle onde e della nostra vita, nel silenzio rotto dal vento e dai pensieri che correvano veloci, vivevamo piccoli spazi di profonde infinità in compagnia della solita poesia, a riuscir le fila delle banali storie a cui permettevano di attraversarci sempre, chissà mai perché.
Tutto ci parlava di noi realmente nell'infinito silenzio sotto quella stella cinta dalla luna che attraversava il cuore schiudendolo alle lacrime e alle risa.
Magiche eran le chiavi che aprivano quel territorio profondo e terso come l'acqua quieta di un lago nella notte, remoto sito dell'assoluta libertà che sa ignorar la tirannia di tempo e spazio...
Si respirava l'odore della festa quel giorno. L'eco delle risa vagava come il profumo di ciambelle, tra gli abbracci scherzosi, i baci nascosti tra i rami dei ciliegi in fiore e i soliti sollazzi.
L'erba odorosa del profumo della pioggia asciugata dal sole riportava alla memoria le notti affollate di profonde rime che intessevano piano le preziose trame degli animi nostri.
In quegli attimi di eterno presente, pieni di quell'aria di semplice allegria, giocavamo nel sostituirci l'un con l'altro, immersi in un banchetto senza fine di fantastiche ambizioni, nella complicità delle sottili emozioni che vibravano come il frinire ininterrotto delle cicale estive.
I pensieri attraversavano veloci gli sguardi nel rimare audace, tenero e irriverente di chi vive una vita che ignora ogni confine.
Nel rossore del volgere del giorno, attraversando gli umidi sentieri, la prima lucciola riaccese lo stupore per la nuova stagione che giungeva.
Ci abbracciarono in fretta quelle mille e mille luci ardenti e quiete, che sopravvissero al quotidiano vivere in un angolo remoto di paradiso in fondo all'anima.
Trascorsi erano gli anni quando un giorno all'improvviso comparve alla memoria il canto di quei versi incisi sulla pietra.
Raggiunsi una volta ancora la dimora del sogno per respirarla nell'aura della magica irrealtà.
Sospesa tra le nuvole azzurrine, tratteneva le ultime luci del giorno che scemava, lasciando entrar la luna come allora e continuar a tessere gli orditi rilucenti degli eroi dell'anima immortale.
Mi accolse come un tempo quell'arco di cielo azzurrocielo, trono dell'anima e del cuore, per invitarmi a ritrovare il perduto canto del fico che potea toccar le stelle.
Immerso nel silenzio della notte, quell'arco di cielo azzurrocielo pareva trattenere ancora l'eco del giorno che per la sua strada andava, a suggellar l'inevitabile momento in cui tutto in altro trasfigura e muta...
Lì, in quello spazio in cui il tempo pareva non conoscere principio e conclusione i luminosicentri si spandevano con la forza lieve del fiorir dei fiori.
 
"Lì la realtà era abdicata, splendidissima regnava solo la vita immaginata..."
 
"Domanda al vento, all'onda, alla stella,
a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme e a tutto ciò che scorre,
a tutto ciò che canta, a tutto ciò che parla, che ore sia;
e il vento, l'onda, la stella... vi risponderanno:
è l'ora di ubriacarsi.
Per non essere gli schiavi tormentati dal tempo, ubriacatevi.
Di vino, di poesia o di virtù.
A piacer vostro..."

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Premio Fonopoli - Parole in movimento 2003

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 Ins. 17-01-2004