- IL
BUIO
-
- "Vedova, non
vedente cerca lettrice ore pomeridiane. No perditempo.
Referenze obbligatorie. Tel.
0331/7788787".
- Telefonai
immediatamente e fissammo per il giorno successivo
alle tre del pomeriggio.
- Angela aveva
più o meno quarantacinque anni. Il suo lineare
carré nero lucido contornava un perfetto ovale
di pelle bianca, al quale apparteneva un naso
così sottile da sembrare in miniatura e due
labbra altrettanto snelle da non lasciare spazio alle
tracce di un eventuale rossetto.
- Lenti scure e
spesse invece coprivano la vista dei suoi occhi. Una
montatura in osso ramato la facevano sembrare una diva
degli anni cinquanta.
- Era seduta davanti
a me su una enorme poltrona Frau, in pelle rossa.
Giocava con le gambe magre, scoperte da una gonna
elegante beige, accavallandole una sull'altra ad ogni
sua domanda.
- Un vezzo più
che un movimento nervoso. L'abitudine ad essere seduta
per ore intere, mi lasciò pensare.
- Mi fece accomodare
sul divano e mi parlò di lei.
- Era stata sposata
con Maurizio, professore di matematica nello stesso
istituto dove si era diplomata. Più vecchio di
lei di venti anni, due anni prima un infarto lo aveva
stroncato nel sonno.
- "Mi svegliai
accanto al freddo di mio marito. Capii subito che non
l'avrei più rivisto..."
- Lo aveva immaginato
castano e con gli occhi scuri per
- oltre quindicianni
di unione. A lei bastava. Il suo handicap non la
intimidiva e neppure la limitava. Aveva fatto la
stenografa in un noto studio di avvocati ma adesso non
se la sentiva di avere a che fare con un
accompagnatore piuttosto che con un cane per non
vedenti. Aveva preferito ritirarsi con dignità
e cercare di godersi ogni cosa della quale si poteva
gioire senza vedere.
- Ascoltava. Sentiva.
Il suono della parola.
- Le parole della sua
collaboratrice domestica, Anna, che tre volte a
settimana occupava dalle prime ore del mattino fino al
pranzo. Aveva cominciato lei, infatti, leggendo il
quotidiano a tavola un giorno in cui una giovane donna
venne uccisa davanti ad un noto ospedale di Milano,
dal suo ex fidanzato, guardia giurata.
- Lasciava tre figli
di un matrimonio precedente e una pozza di sangue
intorno al suo corpo.
- "Dicono che fosse
troppo appariscente, che se l'è cercata,
perché aveva proprio l'aspetto di una
puttana..." aggiunse Anna, con le scuse alla
volgarità accennata.
- Angela la
licenziò quattro giorni dopo. Quando Anna
uscì dalla porta, non trattenne la sua rabbia
urlandole quanto era pazza una povera donna cieca e
sola in una casa così grande.
- Restai immobile
tutto il tempo seduta su di una sedia in legno rovere
dai braccioli molto larghi che permettevano una
comodità inusuale.
- "Vuole bere
qualcosa signorina Giulia?"
- "No, la
ringrazio."
-
- Come potevo sentire
il suo sguardo su di me!
- "Maurizio aveva una
voce calda e profonda. Io lo chiamavo
baritono...
- Non ho sentito il
suo ultimo alito di vita."
- Poi trattenne le
carni delle sue labbra all'interno della bocca fino a
corrucciare il mento in una espressione
contratta.
- Mi chiesi in che
modo i suoi occhi potessero piangere.
- Con un gesto
irreversibile si tolse gli occhiali.
- Due perle di
ghiaccio mi guardarono.
- Non so dire quanto
tempo passò.
- Dalla finestra
aperta alle spalle di Angela, improvvisamente
l'abbaiare di un cane smosse la tensione tra
noi.
- Mi accorsi di aver
mosso le labbra come a dirle qualcosa, ma non ne
uscì nessun suono comprensibile.
- "È sempre
meglio conoscersi, prima di esserne delusi, non
è vero, signorina Giulia?"
- Mi piegai in avanti
appoggiando i gomiti sulle ginocchia e congiunsi le
mani.
- "Non ho referenze
signorina Piscopo. Io... ho pensato di provare, anche
se è la prima volta... io..."
- "Proveremo certo.
Proveremo insieme."
- I suoi occhi di
perla stavano respirando l'emozione di un nuovo suono,
la mia voce silenziosa stabilì un patto tra
noi.
- Con autorità
si rimise gli occhiali.
- E accavallò
la gamba sinistra sulla destra.
- "Dal lunedì
al giovedì dalle re alle cinque, se per lei va
bene." Aggiunse che potevo scegliere qualsiasi tipo di
testo: "Sono sicura potrà essere di mio
gradimento".
- Cominciai con
racconti brevi di H. e di C.
- Capitò che
durante la lettura Angela mi
interrompesse:
- "Un attimo
prego..."
- In quell'attimo non
osavo alzare lo sguardo dalla pagina tra le mie
mani.
- Col tempo, imparai
a sentire in quali punti desiderava io mi
fermassi.
- Poi aspettavo che
accavallasse la gamba di turno e riprendevo la
lettura.
- Imparai ad
accavallare le gambe allo stesso modo.
- Alternai, dopo
mesi, su sua richiesta ai racconti, alcuni testi
teatrali.
- "Avrei potuto fare
l'attrice, vero Giulia?" e rideva.
- Quando rideva era
felice.
- Sentivo la vita
appartenerle più di ogni altra
cosa.
- E la
curiosità.
- La
sensibilità.
- La
fiducia.
- La
sicurezza.
- La mia vita
inorridiva alla mia sofferenza muta e
segreta.
- "Oggi le ho portato
una nuova collana di racconti, editi da una casa
editrice di solo donne che pubblica solo scritti di
donne. Se non le spiace..."
- "Certo che no,
Giulia. Comincia pure."
- Avvertii la fretta
nelle sue parole. La velocità del suo
pensiero.
- Per la prima volta
sentii il suo affetto per me.
- "Gli aveva intimato
di non farlo. Di non rivestirsi e di non andare via.
Lui freneticamente indossò pantaloni e camicia
e con un insulti greve si chiuse alle spalle la
porta.
- Lei camminò
dalla camera alla cucina. E di nuovo in
camera.
- Annusò le
lenzuola, i cuscini del suo letto.
- Si lasciò
scivolare a terra.
- Un sibilo continuo
e monotono uscì dalla sua bocca.
- Si schiacciò
le mani contro il ventre e raccolse le gambe in
posizione fetale. Poi prese a battere la testa contro
la ceramica bianca del pavimento.
- Il tam-tam
risuonava nella stanza deserta. Ma lei non
smetteva.
- I suoi incisivi si
spezzarono dalla forza con la quale li teneva uno
contro l'altro.
- Gli occhi sbarrati
e ciechi.
- Avvertì il
silenzio che stava per sopraggiungere dall'umido sotto
la sua guancia.
- Il liquido
penetrò l'orbita e ricadde fluido dallo zigomo
alle labbra.
- Ora tutto era
silenzio.
- Si abbandonò
al pavimento con la stessa morbidezza di quando si
addormentava sulla sabbia sotto il sole cocente. In
attesa che lui arrivasse a svegliarla con il sapore
delle acque di mare sulla pelle.
- Fu il suo ultimo
sorriso."
- Angela.
- Accavalla la gamba
destra sulla sinistra.
- Respira
forte.
- Trattiene le labbra
in bocca.
- Si toglie gli
occhiali da diva anni cinquanta.
- I suoi occhi di
perla sulle mie mani.
- "Dovresti smetterla
di mangiarti le unghie, Giulia."
- Non le avevo mai
detto quanto ci somigliassimo.
- Adesso lo sapeva
anche lei.
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