Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Silvia Giuliano Con questo racconto ha vinto l'ottavo premio del concorso Fonòpoli - Parole in movimento 2001-2002, sezione narrativa
A mezzanotte - Salì.
- Subito il suo profumo gli inebriò i sensi.
- Lo specchietto retrovisore inquadrava una bocca carnosa e rossa. La guardò incurvarsi e aprirsi impercettibilmente: Via Barbaroux.
- Macchinalmente mise in moto la vettura, fece stridere leggermente le gomme sull'asfalto. S'inoltrò nel traffico ormai sfumato di un martedì notte.
- «Posso fumare?» si piegò nuovamente quella splendida bocca.
- «Certo».
- Silenzioso la condusse per quelle vie che conosceva a memoria. La cullò con una musica dolce ma intensa.
- Aveva preferito lavorare si notte, aveva voluto guidare per gente che si muoveva nell'oscurità. Gli abitanti della notte avevano tutti una storia speciale fatta di mezze parole, silenzi, sospiri, mai le lamentele i le urla dei clienti diurni. I loro discorsi gli sembravano più affascinanti, la loro voce gli dava sicurezza.
- Non aveva mai sonno, forse per questo aveva deciso di lavorare quando il resto del mondo dorme. Il letto gli sembrava una morbida prigione per i suoi incubi ad occhi aperti. Aveva cercato di curarsi, ma alla fine si era convinto che apparteneva alle tenebre, era una di quelle creature che vivono in sordina, protette dal buio che le circonda.
- Aspettando i clienti in auto leggeva, proprio come quella sera, quando si accomodò sul sedile posteriore dell'auto quella donna dalla bocca rossa e gli occhi tristi.
- Ormai aveva imparato a comprendere i segreti dei suoi clienti osservando minimi dettagli. Era sufficiente un gesto, una parola, uno sguardo. Erano sfilati su quei sedili tanti tipi diversi di umanità, che poteva capire il loro destino da come chiudevano la porta del taxi. Credeva di aver già incontrato tutti gli esemplari di uomini, donne, anziani, bambini, ma questa sera non ne era più tanto sicuro.
- La donna dalla bocca rossa fumava tranquilla, guardando fuori dal finestrino. Sembrava non accorgersi della sua presenza.
- «Sta andando alla festa?» domandò, come non aveva mai fatto con i suoi clienti per una forma di pudore e discrezione.
- La donna trasalì un poco, ma non volle farsene accorgere e si affrettò a rispondere: «No» Si sentì gelare dal tono con cui quelle due labbra avevano formulato il suono. Si zittì nuovamente maledicendosi.
- La donna continuò a fumare guardando fuori dal finestrino.
- Guidava tentando di pensare ai fatti suoi, ma non riuscì a distogliere lo sguardo da quelle labbra perfette. Immaginò i baci che avevano dato e provò una immotivata gelosia, che dovette scacciare con un sospiro.
- La donna spense la sigaretta nel portacenere. Inaspettatamente puntò gli occhi nello specchietto retrovisore cogliendo lo sguardo di lui. Non si ritrasse, fu lui a non reggere la sfida.
- «Timido?» chiese lei senza ironia.
- «No, imbarazzato. Lei è la prima persona con cui non riesco a iniziare un discorso. Ed è strano, ho conosciuto tanta gente e sempre diversa».
- «Non le è venuto in mente che sia io a non voler parlare?» restò muto, totalmente spiazzato «Evidentemente no» riprese lei «Ma adesso non ha più importanza».
- «Sono stato indiscreto a chiederle della festa, me ne rendo conto, mi scusi solitamente sono uno che si fa abbastanza i fatti suoi».
- «Ha già avuto molti clienti questa notte?»
- «Un paio»
- «Con loro ha parlato?»
- -«Sì»
- «Di cosa?»
- «Non ricordo bene, erano discorsi banali, che si dimenticano in fretta».
- «Dimenticherà anche il nostro?»
- «non credo».
- «E per quale ragione non dovrebbe?»
- « Per la sua bocca rossa penso, non ho mai visto nulla si più perfetto».
- Appena dette queste parole si chiese se fosse davvero lui o se uno spiritello si fosse impossessato della sua parola facendogli dire tutto ciò che gli passava per la testa.
- Calò il silenzio. Non era più imbarazzato.
- Si fermarono ad un semaforo e lui estrasse una sigaretta dal pacchetto che teneva nel taschino della camicia.
- «Le da fastidio se fumo?» chiese osservando lo specchietto retrovisore in cui vide la testa della donna muoversi in segno di dissenso.
- «Posso offrirle una delle mie sigarette?» domandò pensando di aver fatto una richiesta banale, dato che la donna aveva appena spento la cicca.
- «Sì, grazie» udì invece sorpreso. La bocca di lei era piegata in una sorriso malizioso e divertito.
- «Prego, prenda anche l'accendino» le loro mani si sfiorarono.
- Le lunghe dita di lei accesero con grazia lo stretto tubo di carta e tabacco.
- «Grazie» ripeté fra una voluta di fumo, con la bocca piegata in quello splendido mezzo sorriso.
- La strada cominciò nuovamente a filare sotto le gomme del taxi.
- Un nuovo silenzio lo colse a pensare alle sue mani che esploravano il corpo di lei, che pazientemente svelavano i suoi segreti più nascosti, che con un misto di timore ed ebbrezza si facevano strada su una figura splendida, quasi scolpita.
- «A cosa sta pensando?» gli chiese lei, come se avesse potuto percepire i desideri di lui.
- «A nulla».
- «Non si pensa mai a nulla» il sorriso ora scopriva anche parte dei bianchissimi denti.
- «I miei pensieri hanno fatto rumore? Li ha sentiti tentare di uscire dalla mia mente?»
- «Direi di no, ma gli occhi delle persone, gli atteggiamenti, come lei sa bene, possono svelare molto». Non seppe rispondere altro.
- «Accosti, sono arrivata» la frase gli sembrò irreale, gli sembrò provenire da un altro pianeta: una bomba che d'improvviso spezza serenità.
- Accostò stordito e incredulo.
- «Quant'è?»
- «Come?»
- «Dico: quanto le devo per la corsa?»
- «Non lo so... no, ma che dico... nulla... si diverta».-
- «Non le ho detto che vado ad una festa».
- «Sì, è vero. Per la verità non mi ha detto proprio nulla; come si chiama?»
- «I nomi hanno poca importanza» disse scendendo dal taxi. «Grazie di tutto, ma davvero non vuole che le paghi la corsa?»
- «No».
- «Arrivederci».
- «Arrivederci... ».
- La guardò allontanarsi avvolta nel suo cappotto sancrato morendo dalla voglia di scendere dal taxi e correre da lei - non si mosse - si decise finalmente a ripartire, ma una figura stranamente nota aprì la porta destra del suo taxi e si sedette sul sedile al suo fianco.
- Ebbe tempo a malapena di capire chi fosse. Due labbra rosse e carnose, le più sensuali che lui avesse mai visto, si protesero verso le sue fondendosi in un bacio intenso e pieno di una passione travolgente.
- La donna scese quindi dal taxi e scomparì inghiottita nel buio della notte lasciandolo confuso, intontito e bruciante di desiderio. Lui scese dal taxi e corse in varie direzioni, cercando di scorgere quell'ombra chimerica, ma senza successo.
- Risalì sconfitto sul taxi.
- Accese il motore e ripartì. Fermandosi ad un semaforo scorse qualcosa sul sedile accanto al suo. Una carta d'identità? La aprì con fremente impazienza, ormai certo di poter dare finalmente un nome alla donna che lo aveva stregato e di poterla presto reincontrare.
- Gli stessi occhi tristi lo guardavano da una fototessera un po' sgualcita, la stessa bocca perfetta ammiccava tra le sue dita tremanti. Ma c'era un che di diverso in quel viso ormai familiare, anche se non riusciva a cogliere cosa.
- Corse con lo sguardo al nome, stampato con inchiostro nero su uno sfondo beige, un po' rosato.
- Lesse lettera dopo lettera, rilesse e ancora cantilenò: Federico.
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Ins. 03-10-2002