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Fatima Cardoso
E' nata a Rio de Janeiro, in Brasile, nel 1966. Laureata in Architettura e Urbanistica, all'età di 24 anni si trasferisce in Italia, dove tuttora risiede. Ha scritto un romanzo new age, una raccolta di racconti e attualmente sta lavorando a due nuove storie. Scrive per cercare di dare un senso alla fugacità dell'esistenza umana.

Mio marito era scettico
 
Mio marito era scettico. Stavo facendo il corso "Il Potere della Mente" già da tre mesi, ma ogni volta che arrivavo da una lezione, Rodrigo mi guardava di sbieco, senza dire una parola. Nel suo sguardo potevo leggere distintamente che quello che facevo per lui era senza senso.
Così, quando quella mattina di sabato lui arrivò con il sacco di cemento nel porta bagagli della macchina e mi disse, con una voce sarcastica: "Toglilo da lì e portalo su con la forza del pensiero", fu per me come una sfida.
Nel corso avevo già imparato tante cose: muovere oggetti, rompere vetri e leggere il pensiero. Richiedeva molta concentrazione e pratica. Certo, fino ad ora avevo avuto esito positivo soltanto con oggetti piccoli, e sempre in presenza del mio maestro. Sapevo che il sacco pesava 50 kg: qualche volta Rodrigo mi aveva chiesto, con un tono ironico, che gli prendessi altre confezioni come quella. E sapevo anche, poiché avevo già provato prima, che questa era per me un'impresa impossibile. Non riuscivo a spostarlo minimamente il pesantissimo sacco. Rodrigo rideva, rideva, e facendomi vedere tutta la sua virilità, alzava il cemento, lo appoggiava sulle spalle, e come se trasportasse un chilo di farina, andava su per le scale, ridendo, ridendo.
Lui stava ristrutturando il secondo piano di casa nostra. Era il suo hobby. Tutti i week-end ne completava un pezzettino e allora mi chiamava per contemplare la sua opera d'arte.
Quella mattina di sabato decisi che avrei provato a mio marito che la mente ha un potere incommensurabile, contrariamente a quello che pensava lui. Anche se avessi dovuto metterci tutta la mattinata, non avrei desistito.
"Che cosa avrò in cambio, se riesco a sollevare il sacco?" chiesi.
Lui rise, divertito: "Comincia a provarci, poi ne parliamo" e prendendo una confezione di sabbia altrettanto pesante, la mise sulle spalle e sparì su per le scale. Rideva e rideva.
Allora mi sedetti per terra in mezzo al cortile, incrociando le gambe in posizione yoga. Prima iniziavo e prima ci riuscivo. Chiusi gli occhi e mi concentrai. Rodrigo aveva cominciato a spaccare lassù, e il rumore martellante mi disturbava. Ma sarei riuscita lo stesso. Dovevo riuscirci!
Non so bene quanto tempo passò fin che tutti i suoni intorno a me scomparsero. Ero completamente sola. Esistevano soltanto il mio corpo e il sacco di cemento. Silenziosamente gridai vittoria: il primo passo era stato raggiunto. Ero totalmente concentrata.
Immaginai allora di alzarmi e di prendere con le mani l'oggetto pesante. Ma quant'era pesante! Mi concentrai ancora di più, dissi parole magiche, usai la potente energia delle mani, ma non successe niente. Provai di tutto, tutto quello che avevo imparato nelle ventiquattro lezioni sulla forza della mente. Aprii gli occhi, allora: il sacco continuava, stabilmente, a stare appoggiato sul fondo del portabagagli aperto.
Guardai l'orologio: era passata quasi mezz'ora da quando avevo cominciato gli esercizi. Sospirai stanca.
Mio marito continuava a martellare lassù. Che delusione! Quanto avrebbe riso di me...
No! no! dovevo riuscirsi a trasportare il benedetto sacco fin lassù, costasse quel che costasse!
Allora mi alzai e fissai l'oggetto provocatorio. Provai a spingerlo con le mani ma non si mosse nemmeno di un centimetro. Lo abbracciai fortemente, sperando di riuscire ad alzarlo, ma l'unica risposta fu un mio gemito, provocato dalla fitta di dolore alla schiena.
Capii allora che lì era tutta questione d'intelligenza, non di forza. Bisognava usare comunque il cervello. Alla mancanza di poteri sovrannaturali avrei sopperito con la forza dei miei neuroni. Non avrei dato a Rodrigo la soddisfazione di farsi beffa di me.
Pensai un po' e subito mi venne un'idea. Velocemente entrai nel garage e presi una fune lunga e robusta, un bastone di ferro e qualche mattone. Uscii e cominciai l'opera.
Usando la spranga come leva riuscii a mandare due mattoni sotto la grossa confezione di cemento. Così potei fare passare il cordone intorno al cemento e annodarlo strettamente.
Sempre veloce e continuando a guardare su per controllare che mio marito non mi beccasse nella "farsa", passai la corda intorno ad un albero del giardino poco distante. Cominciai allora a tirare, tirare, con tutte le mie forze.
Notai con estrema soddisfazione che il sacco cominciò a muoversi quasi immediatamente! Hip hip hurrà!
Quando l'estremità della confezione si bloccò contro il bordo del bagagliaio usai ancora il bastone come leva e dei mattoni come appoggio. Tirai e tumf, il saccone cadde per terra. Saltai dalla gioia. Sempre veloce, questa volta passai la corda intorno alle sbarre del cancello all'inizio delle scale. Tirai ancora, ancora e il sacco scivolò verso di me. Sudavo da tutti i pori. Le mie mani bruciavano per l'attrito con la ruvida superficie della corda, ma ero soddisfattissima. Rodrigo era lassù, inconsapevole dei miei stratagemmi.
Adesso cominciava la parte più difficile: tirarlo su per la scala. Senza fermarmi feci passare ancora la corda intorno al ferro della ringhiera del secondo piano e tirai. Ogni volta che il sacco si bloccava in un gradino usavo la spranga e i mattoni. Su e giù, cento volte. Sistema il sacco, tira il sacco, sistema, tira, su, giù. Se soltanto Rodrigo si fosse affacciato alla porta mi avrebbe smascherata. Ma non successe. Continuava a martellare. Probabilmente si era già dimenticato di me e della sfida.
Finalmente, con un ultimo sforzo disumano il saccone si appoggiò sul pavimento della terrazza del secondo piano. Ero riuscita! Sudavo copiosamente, facevo fatica a chiudere le mani talmente mi facevano male, ma esultavo dalla gioia. Sciolsi la corda, raccolsi il bastone e i mattoni e respirai profondamente.
Adesso dovevo soltanto scendere, sedermi e aspettare che mio marito uscisse a controllare cosa combinavo. Non avrebbe mai potuto contestare il fatto che era riuscita a portare lassù, con il potere della mente, il sacco di cemento di 50 chili. Che poi la cosa non fosse andata propriamente così non l'avrebbe mai saputo... Mi veniva già voglia di ridere, pensando alla faccia che avrebbe fatto!...
In quell'esatto momento Rodrigo apparve alla porta. Avendo visto la pesantissima confezione lì per terra disse attonito: "Ma che cazzo..." e guardò giù, sporgendosi dalla ringhiera. Non mi aveva visto alle sue spalle, e ne approfittai per scappare di corsa, in silenzio, giù per la scala.
Ma con un tremito che mi percorse tutto il corpo, mi fermai di colpo quando arrivai giù. Davanti a me, seduta per terra in mezzo al cortile, gambe incrociate in posizione yoga e gli occhi chiusi, c'ero io!
Il bagagliaio della macchina, aperto, era vuoto...
 

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Agg. 14-06-2004