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LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Giuseppe Carnabuci
Ha pubblicato il libro

Giuseppe Carnabuci - Tra i chiarori, voci

 

 

 

 

 

 

Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi) 14x20,5 - pp. 76 - Euro 7,30 - ISBN 88-8356-467-7

 

Questa pubblicazione è realizzata con il contributo

de IL CLUB degli autori in quanto l'autore

si è classificato 10° nel concorso «Age Bassi 2001»

Prefazione
Poesie


PREFAZIONE
Ogni stato d'animo tende ad adattarsi a qualcosa di esterno che corrisponda al suo genere e gli occhi dell'uomo vedono all'esterno ciò che in realtà è un tormento interiore. Una sensazione di vuoto e di abbandono verso il nulla è sempre presente nella melanconia e queste liriche di Giuseppe Carnabuci sono caratterizzate appunto da una seduzione tremenda, da una cupa ebbrezza, avvinghiano e conquistano con il loro continuo afflusso di immagini e parole. Le sensazioni e le visioni nascono dall'essenza della realtà: dura come lama di coltello, pericolosa come graffi d'unghia, dolorosa come chiodo di tortura. Le illusioni della vita lasciano cadere la maschera e le riflessioni si affastellano in una vertigine creativa.
La vita è un cammino prolungato verso la morte e la molteplicità delle sue manifestazioni genera una dinamica fatta di incertezze spirituali, di spettacoli stupefacenti, di turbamenti affettivi, di agitazioni profonde, di tristezze e rimpianti. Assistiamo ad un traboccare di forme e di contenuti attraverso un tentativo, lucido e tenace, di rinnovare di continuo la parola e lo scenario della stessa, in un desiderio frenetico e torturante di mettere sul tavolo ogni stato d'animo, ogni problematica, ogni potenziale attimo di meditazione.
Una sorta di incessante vagabondare alla ricerca dell'esperienza dell'ingenuità, della purezza, forse unica via di salvezza: si tuffa nei codici delle parole, avvolto in una miriade di segni, di connessioni e di rappresentazioni sempre vagante in un labirinto di parole estranee e prigioniero in un mondo fatto di versi, come un canto silente in una necropoli di idee.
Un sentimento metafisico dell'esistenza che affonda le sue radici in una forma particolare di estasi. L'Autore, come in uno stato di trasognamento, procede per la sua strada nella visualizzazione delle immagini che sono una serie inesauribile di scoperte e riscoperte: antiche presenze di memorie, caroselli di voci, figure sommesse, evocazioni di antichi ricordi, ferite dissolte, attese e rinascite di un mondo nel quale ogni cosa si confonde.
Sempre sospeso tra la realtà ed il paradossale, tra l'alba e il tramonto, tra una pioggia di luce e le ombre misteriose che dilagano: ecco allora che le ombre mute, pallide, sbilenche, immobili e cangianti, s'incrociano nella sera, s'azzuffano ed infine scompaiono inghiottite dal mistero del buio.
Nel tempo che passa si confondono le stagioni, si srotolano i giorni nel continuo rinnovarsi della natura, ed il poeta, nel lento ed inesorabile cammino della sua esistenza, è sempre teso alla ricerca di una strada sicura: per arrivare alla sua méta cammina deluso tra i sentieri sotto le stelle, ammalato di tristezza, confuso in tragitti indefiniti, vagante nei pensieri, evocante spettri ed ombre d'incubi, ansie sommesse e veloci passaggi: anima sempre implorante conferme al cuore stanco di sognare.
È immancabilmente presente la malinconia di cose velate e posizionate in una natura silente direi dechirichiana: l'atmosfera è evanescente ed impalpabile nella fissità neutra dell'acqua.
Come chiusa finale possiamo decisamente affermare che con questa silloge Giuseppe Carnabuci offre una prova di grande sapienza e di lucidità estrema soprattutto con inaspettate soluzioni d'immagini ed incanti memoriali che trafiggono come lame taglienti e scarnificano il verso come fossero soggiogati da una volontà demoniaca. La sua voce emerge da un mondo silente e si fa strada, supera la coltre di rimpianto e ricerca nuova linfa: fuori dal tempo.
 

Massimo Barile


POESIE
 
A Massimo Burgarella

Guarda il riflesso delle illusioni
le scintille del gioco perverso
se vuoi avere qualcosa
corri nel senso inverso!
 

da «Acrobazie rabbiose»

di Massimo Barile


 
L'URLO DELLA CITTÀ
 
L'urlo che hai sentito nella sera,
al di là di quiete persiane chiuse,
oltre i davanzali di marmo agglomerato o naturale,
e dietro i vetri infrangibili degli
infissi di PVC o di legnoalluminio,
è urlo di dolore,
lacerato dal silenzio delle allodole
e dallo stridio uniforme, assorto
delle cicale.
Lama di coltello, entra nel cuore
delle carni, recide vasi e vene,
tocca zone sensibili, dolorifiche,
traumatiche.
L'urlo della città assomma
in un'unica eco mille pianti
fasciati di silenzio, colorati di paura,
come graffi d'unghia su una pelle arrossata.
È chiodo di tortura nell'angoscia di chi geme,
è sale su piaghe vive, è bruciore
di squarcio su ferita aperta.
L'urlo della città non lo puoi ignorare:
silenzio per molti, turbine di suono per altri,
si sente distinto, vivo, lancinante
quando intorno c'è pace e tutti paiono dormire,
ma affonda dappertutto come un'onda lunga,
vigile, sottile, stridente,
e ti avverte che qualcuno
in quel momento soffre senza scampo.

PAESAGGIO INTERMEDIO
 
Tra squilli d'aurore e ristagni di vesperi
ho costruito un paesaggio immaginario
sospeso tra l'alba ed il tramonto,
in ombracoli di bosco,
con chiarori di ragnatele
sfiorate in traiettorie
trasversali ed oblique.
Dentro una pioggia di luce,
gemme lucenti si chiamano
in un'eco di riflessi,
in croci di bagliori spenti.
In questo paesaggio evanescente,
ho posto tutti i sogni senza nome,
ho cercato patria per essi,
come zona di confine
chiesta ai dubbi del giorno,
alle speranze della notte,
come incognita e spazio vuoto
d'ogni ritorno di memoria.

TENTATIVI
 
Ammalato di tristezza,
percorrono i miei pensieri
strade confuse nella notte
derubata dalle attese
di sogni non partiti.
Nei piccoli rumori
che s'affiancano
alle ore lente
che scorrono invisibili
in tragitti indefiniti,
fievoli idee,
che non hanno storia,
tentano di costruire
una realtà.
S'adeguano
alla luminescenza discontinua
d'esili lucciole
desideri inespressi
che cercano
un po' di chiarezza.
Vagano
come residui di palpiti,
che si spengono piano
in una sventagliata di brezza.

 
FANTASMI
 
Un'inattesa fuliggine
sulla sera si spande
creando ombre
che dovunque dilagano,
una massa sinistra formano,
squallida e grigia.
Simili a vaganti pensieri,
spettri evocano
con passi che rintronano stanchi.
Un pizzico di paura m'allerta
mentre il vento fischia
tra i rami secchi degli alberi.
Ombre s'allungano:
Nella mente larve s'accendono.
I resti carbonizzati vedo
di qualcosa che una volta era verde.
Sconfitte speranze con occhi avviliti
sciolte vagano,
in balia d'irriguardosi fantasmi
che di paura le subissano.
Gioie violate d'incanto si sperdono,
non lasciando in scia sogni
piccoli di rivincita
ma ansie d'ignoto
che non accendono immagini,
e con la paura convivono,
nel buio si spargono,
come sogni spezzati,
come castelli scortecciati,
in un rovinio di travi infrante.

PUPILLE
 
Rivali non temono
pupille nascoste
che da un'isola
scrutano
tra riflessi che cambiano strada
e con l'acciaio combattono;
freddi a volte, s'accendono
in uno sguardo nato, risorto
mentre s'apre un sorriso
che crea un mondo nuovo,
di luce propria fornito
davanti cui trarupano
ansie sommesse,
inaspettate rivincite,
bagliori esplosi sulla scia
d'una favola cominciata
che non può finire,
nella visione d'un sogno
schiuso d'incanto nello sbattere
di ciglia in palpebre aperte
che non si chiudono più.

BURRASCA
 
Cavalloni di spuma
intenti a leccare la spiaggia,
riflessi freddi azzurri dell'acciaio
in un cielo imminente, incombente.
Il sole guarda nel vuoto,
stralunato e sgomento, impotente.
Il vento digrigna i denti
come un lupo,
l'acqua comincia a scrosciare
contro il molo.
I gabbiani invertono la rotta,
i pensieri della sera
fuggono lucidi e fulminei,
accorati nella fretta
di non bagnarsi,
hanno voglia di parlare
e voglia di star zitti.
Il mare, con occhi smorti
e indifferenti, osserva
il veloce passaggio
di rami stecchiti degli alberi,
zattere naufragate
prima ancora di salpare,
come un sogno spezzato
da un improvviso risveglio,
in un sonno scacciato
passando le mani sugli occhi.

INCERTEZZA
 
Non so chi m'ha guidato
quando deluso vagavo
tra sentieri sconfitti,
sotto cento miliardi
di stelle impassibili,
ma vivi e palpitanti echi
d'armonie sconosciute,
e cercavo una strada sicura
nell'agonia d'un'attesa
ormai spenta, di cose lontane.
Tracce di parole
frugavo nella lanugine del buio,
nell'ora in cui si svegliano i fantasmi
e le memorie incidono nel dubbio
costruendo sogni a rovescio.
Sciami di nuvole sbaragliate
correvano in una fresca brezza:
io mi chiedevo chi ero e dove andavo.
Fragili occhieggi di ristoro
sparivano sotto nembi
che trapelavano tempesta:
un accavallarsi di pace instabile
in un mondo tranquillo.
Nel chiarore soffuso della luna,
ho frugato un assenso,
nell'alone iridescente del sole,
una promessa da trapiantare,
che è rimasta dipinta
come l'ombra d'un dubbio
in un pensiero vissuto
d'incerte speranze,
nate nella mente
a protezione da un enigma.

ANELITI
 
Si sfaldano fiori in un pianto
che tinge d'azzurro strade sparse
di corolle appassite,
tra gl'incerti presagi dell'alba.
 
Il sole non arriva
e le ombre la luce uccidono,
nell'agonia di sentieri
che hanno perso ogni strada.
 
Galassie sono piovute
nelle pozzanghere, dove rane
hanno smarrito il tempo
della schiusa delle uova.
 
Carrucole di sogni
precipitate nell'assenza di vento,
hanno trafitto impalcature
di speranze fortificate
da un sorriso fuggito nella nebbia.
 
Prati verdi
che non germogliano più,
attendono un bacio
dato da una mamma al suo bambino.
 
Nugoli di farfalle,
partite da una base lontana nel tempo,
aspettano una nuova stagione,
per non morire.

CERTEZZE
 
Chiedono
un sorriso di corolle
agli inganni di stagione
petali sfaldati.
 
Implorano
conferma
al cuore stanco di sognare
vecchie malinconie.
 
Nei cigli degli alberi
mute ombre
spiano,
come in una favola spenta
fuori dal tempo,
che chiede asilo
in maglie di certezza
ad un'assonata stanchezza
verso sogni reali.
 
Fremiti di farfalle
scuotono
un'aria greve di passi,
nascosti in brughiere sotterranee
che ospitano rimorsi
per strade perdute,
tra macchie compatte
senza certezza d'un orizzonte.
 
Solo piccoli respiri
svelano insieme un tracciato
tra le scommesse delle attese,
tra le altalene della paura.
 
Nel traguardo che un'alba vicina
bagna d'un lieve sorriso.

TEMPO
 
Nel tic tac dei giorni srotolati
in una scia che niente lascia,
si confondono stagioni
con cicli di vendemmie,
nascite di fiori,
cadute di foglie,
alberi scortecciati dalla pioggia,
tronchi uccisi dal fulmine,
rami squarciati dal vento.
In questa marcia insonne
resta solo un'ultima ora
per vedere, rivedere, ricordare
ciò che sta per finire
senza pensare al dopo,
quando le foglie ingiallite, cadute,
ogni cosa sommergeranno
con tutto il tuo tempo,
e tu te ne andrai
come in un bozzolo
da altri filato
che non ti appartiene.

 


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Ins. 24-04-2003