LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
  Poesie di

Guglielmo Vivan

Poesia


Che cosa è mai poesia,
se non l'esser gaudente,
l'esistere dolente,
il perdersi estasiante,
il credere fervente.
Se non l'urlo potente
dell'universo umano,
uscito dalla gola
d'un figlio incontinente.


 
La mia luna


Che l'orma storica t'abbia violato,
nulla conta, candida luna.
Che l'uomo deluso enumeri pietre
negli antri mostruosi ove scienza eletta
e ardita esperienza invano l'appaga,
non t'importi, innocente luna.
Che l'uomo volga il guardo ad altre stelle
e te obliando cerchi altri lidi ai sogni,
e intime emozioni all'essere inquieto,
non ti umigli, pacata luna.
Che in te abbia esaurito il divino afflato,
millenni d'amore e d'arcani affanni,
non ti affligga, nobile luna.
Che novello Beethoven ti trascuri,
e più non ti supplichi la chitarra
o il canto di languida serenata,
non ti rattristi, dolce luna.
Quando percorri l'ingrato pianeta,
e piena rallegri l'ambigua notte,
e tonda contendi a intoccabili astri
gli spazi profondi all'uomo preclusi,
ti sento compagna, ridente luna,
e l'orma scompare nel contemplar.


 
Il grillo


Saltelli e canti
sotto la luna,
allietando quanti
han la fortuna
d'amare il creato
e ogni creatura,
di goder d'un prato
in fioritura.
Saltelli e canti
cullando ardori
accesi da amanti
sotto i bagliori
d'un cielo stellato,
che astri cadenti
d'agosto han dorato
di scie radenti.



Il giorno al crepuscolo
si spoglia del sole,
e si veste da sera.



Si spegne
il giorno,
e di silenzio
s'accende
la notte.



E' sera, ascoltate.
Parla il silenzio.


 
Roma


Sprofondo impaurito
nel vuoto
di questa Roma,
caput mundi.
Un vortice di vita,
ignoto,
inghiotte senza sosta
i passi
d'anime assenti,
inespressive.
E il moto
d'assurda ferraglia.
Figure d'uomini
e di macchine
si confondono -
in disgustosi impasti
di volti
e di ferro,
di soffi
vitali
e letali.
Restano i ruderi
a mostrare,
muti,
che l'uomo un tempo
fu,
artefice di civiltà.


 
Il cane e le vespe


Delle vespe fan l'amore
nel bel mezzo del cortile.
Al mio cane vien la bile
nel vedere tanto ardore.
 
Con cipiglio da pantera
scatta dritto sulle zampe.
Quant'è buffo, sembra un pampe,
nulla avendo della fiera.
Occhi freddi, muso teso,
si fa sotto a passo morto.
Non respira perché assorto.
Pare quasi sia sospeso.
 
Ma barcolla procedendo
sul terreno dissestato.
Ed infatti è sbilanciato,
ecco forse sta cadendo.
 
Nient'affatto, si riprende,
e risfodera la grinta.
Si concentra sulla spinta
come nerbo che si tende.
 
Finalmente spicca il balzo
sulle piccole bestiole.
Poveraccio già si duole
mentre arretra di rimbalzo.
 
Caro cane temerario,
ti sei preso una puntura.
Tu non sai che la statura
è un valore secondario.
 
Ora vienimi vicino,
ed accucciati al mio fianco.
Avrai male, sarai stanco.
Perciò fatti un pisolino.


 
La sigaretta


Tra le labbra stretta
ti consumi d'amore.
Ed io teco all'empireo
salgo,
d'aureole circonfuso.


 
Il mio ufficio


Entrate, prego.
Vi offro una stanza
di fumo.
Ma vi troverete
anche l'arrosto.



Caro cane
che segui i miei passi,
e mite sopporti
i miei alti e bassi.
Che senti per tempo
i miei tormenti,
cui contrapponi
sguardi fidenti.
Che chini il muso
appena ti sgrido,
e muovi la coda
quando sorrido.
Amico cane,
che mangi il mio pane,
le bucce di pera
e di banane.
Che vegli attento
ad ogni bisbiglio,
ma ami indugiare
nello sbadiglio,
ai piè accucciato
del focolare,
ove s'attenua
l'umano errare.
Amico caro,
non mi lasciare.



Con voli radenti sulla piscina,
le rondini suggono atomi d'acqua.
Lo specchio liquido ha un brivido al graffio,
e svolge un lamento in cerchi concentrici.



Incollerita la prostata sbotta:
ipertrofica un cavolo!
Son rotondetta ed un poco vecchiotta,
ma ci vuol tempo perché vada al diavolo.



Ma quale "falce di luna calante".
Mostri stasera la faccia vermiglia
e l'aspetto stralunato e giocondo
d'una donna assuefatta alla bottiglia.



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Ins. 30-08-2008