LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Incipit del libro dal titolo "Il libro" di Adriana Mosca Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi), pp. 18 L. 6.000 - Euro 3,10 ISBN 88-8356-108-2
- IL LIBRAIO
- Mi attiravano le luci della piccola libreria, che rischiaravano i masegni della fondamenta davanti all'ingresso e alle due vetrine quadrate, simmetriche. A volte mi divertivo a immaginare la bottega come una dimora accogliente o un piccolo asilo pieno di giochi e di bimbi felici. Ma questo succedeva soltanto quando i ricorrenti tormentosi pensieri allentavano la stretta dalle viscide spire e la mente - per poco - quasi si alzava in volo, bianca colomba dalle rinate ali.
- Quella sera sentivo di aver assaggiato la feccia dell'angoscia e improvvisamente provai una grande tensione verso la risalita, una forza scaturita da chissà dove, di cui avrei voluto possedere il controllo o il dominio. La forza magnetica mi spinse a fermarmi davanti alla bottega, per leggervi tutti i titoli dei libri esposti, osservare le copertine, ammirare la tecnica di disporre i volumi, scorgendo nel giovane libraio insospettate doti di vetrinista. Va detto che ho sempre amato i libri, ma anche che ho sempre odiato il freddo e quella sera era una delle ultime dell'anno, spazzata da una bora gelida che durava ormai da tre giorni. La mia attenzione fu attratta da un libriccino semi-nascosto, disegno astratto in copertina su sfondo grigio. L'autore era di lingua tedesca, cercai di ricordarne il nome mentre entravo per chiedere il libro. Mi accolse un delizioso tepore, che sciolse ogni rigidità nelle membra ma appannò gli occhiali e per qualche istante mi trovai smarrita e confusa, come se il potermi guardare intorno fosse condizione indispensabile all'aprir bocca. Quando la visione tornò limpida, il mio sguardo incontrò il caldo sorriso del libraio. "Desidera?" "Il segreto". Mi sentii strana e importuna, anche se è più che naturale chiedere un libro in una libreria. "Voglio dire... quel volumetto grigio nell'angolo, in alto...". Avevo dimenticato il nome dell'autore, sebbene avessi studiato tedesco. Il libraio però capì subito e in un attimo mi porse il libro. Solo in quel momento lessi il nome dell'editore. Mi stupì che una così grande casa editrice, solita a rutilanti best seller, avesse scelto una veste tipografica dimessa. Il libraio parve leggermi nel pensiero, perché senza perdere il sorriso aggiunse: "Questo è un libro veramente diverso, speciale. Praticamente non è riconducibile a nulla di conosciuto. Non appartiene ad alcun genere particolare: non si può definire esoterico, psicologico, filosofico o in altro modo; non è un saggio vero e proprio né un romanzo; nemmeno si può dire se sia prosa o poesia". Poi, abbassando la voce: "So che non sei entrata qui per caso. Forse ora intuisci confusamente che cosa significhi questo titolo, ma quando incomincerai a leggere te ne accorgerai e la sorpresa si farà sete e ogni pagina, ogni riga, sarà per te acqua. Acqua che berrai avidamente e nella quale ti specchierai, perché il segreto è quello della tua vita, è la risposta a tutte le tue domande".
- Mi irritavo sempre, allora, quando si rivolgevano a me con il tu, attribuendomi di sicuro un numero minore dei miei quasi vent'anni. Quella sera invece fu come una carezza il tono confidenziale del libraio. Mi sembrava di vivere un sogno, un incantesimo, forse perché lo desideravo. Avrei voluto un deus ex machina, che scendesse dal cielo a risolvere i miei problemi, "con mano potente e braccio teso", come è scritto nella Bibbia. Invece le lucciole natalizie, ammiccanti stelle multicolori, continuavano a ripetere il monocorde messaggio dell'intermittenza: "Attenzione! Attenzione! Attenzione!". E il bambinello di gesso, dai lineamenti delicati, continuava a tenere aperte le braccine rosee in un abbraccio sempre disponibile, che però non poteva chiudersi sul mio corpo ed avvolgermi di luce e di calore. Lui non sentiva il pizzicore della paglia attraverso il sottile abitino bianco e sorrideva, circondato da un'aureola di raggi d'oro, e la sua paziente immobilità sembrava dirmi: "Aspetta! Cerca e troverai. Bussa e ti sarà aperto". Ma a troppe porte avevo già bussato, inutilmente. Troppe risposte avevo già trovato, ma nessuna era la mia. Così quella sera sentii, per la prima volta, che la mia mano tesa a chiedere aiuto era stata stretta con un amore che non conosce abbandono. Non era un semplice rapporto di compravendita, né uno di quei trucchi pubblicitari abominevoli, che lasciano l'acquirente con la bocca amara. Nemmeno si trattava però - seguitemi bene - di un idillio nascente fra un libraio poco più che trentenne e la nuova cliente, matricola di lettere. No, il sesso non c'entrava affatto; benché il libraio fosse decisamente carino, il mio cuore era tutto per il libro e il suo autore. Che fosse questo l'aiuto tanto invocato dal Cielo? E se anche non fosse, che cosa ci avrei rimesso? Un tentativo in più potevo farlo e poi il prezzo era più che accessibile. Sentivo che era giusto così: la via della saggezza deve presentarsi umile, sobria, disadorna, aperta a chiunque voglia cercarla. Acquistai il libro - era l'unica copia rimasta e non erano previste ristampe - e uscii nel buio pervasa da un'emozione mista di turbamento e speranza. Mi voltai con l'impulso di tornare a ringraziare il libraio, ma sentii il cigolio assordante delle serrande, che si abbassavano rapidamente, e in un attimo la notte regnò assoluta nel tratto di fondamenta, sebbene fosse appena passata l'ora di chiusura. Sole, un po' più lontano, l'insegna al neon di una farmacia e la luce fioca di un lampione rimanevano a guidare i passi di qualche viandante frettoloso. Non potevo estrarre il libro dal sacchetto e leggerne qualche parola o almeno sfogliarne le pagine, come avrei desiderato, quindi affrettai il passo anch'io.
- Superata la farmacia, già in vista del ponte che chiude la fondamenta, mi accorsi che la bora era cessata e stava avanzando un banco di fitta nebbia. Dapprima sparirono la luna e le stelle, poi anche le case al di là del canale e il ponte e rimasero solo il biancore del marmo scivoloso al limite della fondamenta, le colonnine di ferro scuro del parapetto e lo sciacquio dell'acqua, invisibile come in un baratro senza fondo. Nel cuore ancora eccitato di entusiasmo penetrò una lama di gelida angoscia - sensazione non nuova, ma in quel momento con un indicibile presentimento di morte - e i battiti accelerarono, li sentii nelle orecchie come la corsa ansimante di una belva lanciata all'inseguimento, poi percepii distintamente dei passi alle mie spalle. Mi voltai e lo vidi; anzi vidi soltanto una figura alta e magra, oscura, e il lampo feroce negli occhi, che rilucevano attraverso il buio e la nebbia come quelli dei gatti. Capii che era lui, lo avevo sentito già prima di udirne i passi, nell'agitazione del cuore, nel fremito delle viscere, nei brividi lungo la schiena e nella debolezza delle gambe, incapaci di avanzare. Era lui, il Diavolo. La visione durò un attimo: mi sentii afferrare e spingere verso il canale, senza poter più scorgere l'aggressore, e nel divincolarmi pensai solo ad aver salva la vita. In una frazione di secondo percepii che il sacchetto aveva perso peso e guardando nell'acqua vidi un piccolo rettangolo chiaro che affondava fino a scomparire, inghiottito dal nero informe. La mia stessa vita affondava con il libro, inghiottita dalle tenebre della disperazione.
- A casa mi sembrava di avere la febbre. Il dolce sogno si era trasformato in incubo. Scese il torpore della depressione. In quel paio di giorni che mi separava dalla notte di San Silvestro, però, non provai alcuno dei consueti sensi di colpa, perché la mia mente era come paralizzata, e mi riuscì di dormire, oltre che a letto per almeno dieci ore, anche sulla poltrona o sul divano, prima del pranzo e dopo. A poche ore dalla mezzanotte, che segna il confine fra i rottami dell'anno vecchio e i sogni iperbolici dell'anno nuovo di cui son pieni gli oroscopi, sentii in me dissolversi progressivamente la sonnolenta foschia: all'inizio non la riconobbi, ma era quella forza misteriosa che mi aveva condotta nella bottega del libraio. Mi venne il desiderio di comporre una poesia. Già da parecchi anni mi dilettavo a scrivere poesie, ma solo occasionalmente, l'ispirazione era dono raro, che credevo frutto di adolescenziali incantamenti. Fu da quella sera che divenni... ma sì, perché aver timore di questa parola? "poetessa". Divenni dunque per sempre discepola della poesia. Vissi i festeggiamenti del Capodanno con serenità e il primo sonno di gennaio non nacque dalla depressione, ma da una rinnovata speranza di salute. Era il vestibolo del sogno. Un sogno il cui luminoso ricordo ancor oggi mi accompagna: inseguita dal Diavolo, giungevo non so come in un ameno chalet d'oltralpe. Lì il Diavolo non poteva entrare. Guardandomi intorno, vidi un angolo di soggiorno con una finta pelle di bue per tappeto e lo scorcio di un'altra stanza, che immaginai ampia e che si apriva, con larghe vetrate, sulla corona innevata dei monti. Mi dispiace di non riuscire a spiegare, se non in modo banale, l'atmosfera di quell'ambiente: era la casa della felicità. Sapevo, anche se non lo incontrai, che lì abitava l'Autore.
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