LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Francesco Porcino
- VIII
- Nel mondo delle galassie,
- l'abitante della terra, ha perduto;
- alla vista, paradiso e inferno (insieme)
- i difetti suoi e i pregi sono morti. E
- solamente la perfezione, regge ancora
- il creato.
- Piangi, col vento.
- Questo vento, non mi fa dormire, invade e carpisce i miei pensieri.
- Vedi! vagano le nuvole su in cielo
- vagano come i cupi, pensieri miei.
- Ascolta, questa notte piange il vento, urla alla pallida luna
- tutte le sue pene d'amore.
- Senti! ascolta questo mio cuore, piange d'amore per te.
- Sento un tremendo dolore, come se una bruna lama d'acciaio
- mi squarciasse l'anima mia, mi spacca il cuore.
- Lo so i miei pensieri, non li puoi sentire.
- E quando gli occhi miei piangono, tu non li puoi vedere.
- Ma! anche tu piangi, io le sento le tue lacrime, cadono giù dal cielo.
- Li sento tra le mie mani, accarezzano il mio viso
- sono come soffice neve, soffiata dal vento.
- Questo vento, non mi fa dormire, invade e succhia via, i miei pensieri
- e come polvere, al ciel l'invola.
- Il vero artista, non è
- colui che fa l'esecutore d'arte
- Ma! chi l'arte la crea.
- È Musica
- Senti! Questa notte le stelle, cantano alla luna
- Cantano, la nostra canzone.
- E... La musica, questa musica soave, suonata da cento violini la senti! Soffia, sulla cima dei pini.
- Noi, in questo immenso Mare di sabbia, ove si incrociano
- i nostri pensieri siamo soli.
- Soli. abbracciati, sotto un cielo stellato come marionette,
- mossi da un burattinaio incominciamo a ballare
- Balliamo, come candele al vento.
- Ascolta, è la nostra canzone, è la musica, questa
- musica, suonata da cento violini scaturisce
- dai sospiri del vento.
- Ma! Ora tu come per incanto, a poco a poco, come
- una vana sembianza scompari, su una nuvola d'oro
- Solo, sotto questo cielo stellato io! continuo a ballare
- Ballo col vento.
- Senza titolo I
- Ramingo e solo, spesso mi trovo
- Ma! Lieto al cuor tuo confido, o mio amor.
- Esso, ascolterò (forse) il sussurro lieve
- che dal mio petto mesto, in canto vola.
- Sarò felice, se in questo tormento infinito
- e del mio dolce lamento
- avrà ristoro, l'anima... tua sola.
- Senza titolo II
- Un foro si è aperto,
- nel soffitto del Cielo.
- Di lassù, ove illuminati i mondi,
- in perpetuo giostrano
- invisibili occhi, ci additano.
- Giostramento, immemorabile di mondi,
- ove la Terra (cioè l'uomo
- è larva appena) tra
- insetti famelici.
- Visioni
- Ho visto Stelle vaghissime,
- è il buio multicolore
- della luce della notte;
- Violenta come un'onda
- sente addensarsi forme incessante.
- E come un'onda l'immaginazione
- compare e ricompare
- tutto è vibrazione, nell'Universo
- e l'Uomo! Finalità d'intenti
- e capacità intensa d'Amare.
- Senza titolo
- È solamente, quando la mia mente
- non viaggerà più in cerca
- dei tuoi ricordi,
- ecco! che solo allora mi sentirò
- finalmente libero per addormentarmi
- nel Mare immenso, dell'Eternità.
- Il vento
- Eccolo, che all'opera sua viene.
- Già odo scricchiolii di secchi legni, un improvviso
- sbattere di finestre, e il suon di vetri frantumarsi.
- » giunto, al suon di mezzogiorno, mentre m'accingo povero,
- al pranzo giusto.
- Incuriosito di vederlo lavorar, nel valentino, la tavola
- pronta lascio, ed esco. Faccio quattro passi, e mi trovo del vento
- in faccia, il suo sferzar.
- Eh... che sei impazzito gli dico, se soffi ancora un po' più forte,
- svelli tutto, per l'amor di Dio, fermati! Quietati un attimo
- e ragioniamo un poco no! Non vedi? Gli alberi del corso
- agitano i rami, come mani i forsennati!
- Per l'aria volano, cadono ovunque rami, a tre per volta, a cinque,
- a dieci, cadono sopra mille auto ferme. Non vedi! Vento?
- Hai staccato agli alberi qui intorno, mille volte per mille,
- foglie secche, mescolate l'une alle altre, le hai tutte nel vento,
- nell'aria tersa. Ed ora che fanno esse. Ballano?
- Sì ballano, ma par che bollono, nel tuo soffio astruso, ballano
- sopra il selce, tra i binari del tram, a quattro dita
- sopra il suolo volar. Vorrebbero star ferme,
- non sanno se a terra giacere o al ciel volare.
- Io oggi
- Sono scontento del cielo, e
- le sue leggi.
- Felice però di non essere stato destinato
- ai posti di comando, ove il comandante: Ë guidato.
- Gioioso, pensandomi non morto inutilmente soldato,
- come a non dovermi; fregiare altero. E
- ringrazio il Dio, in cui non credo
- per non avermi fatto nascere in Egitto, ove
- imbavagliato, in un sacco chiuso perché ribelle...
- avrebbero potuto spingermi nel Nilo, sotto i
- ciechi occhi, degli antichi Re.
- E vigliaccamente me ne vanto! Perché amo
- vivere in pace, come il grappolo scampato alla
- filossera, che teme la grandine, già che vuole dar:
- vino al calice, pur sapendo, che solo potrà divenire
- rossigna orina!
- L'artista, marzo
- Quest'anno Marzo, s'è visto nascere piovoso e subito m'è parso triste
- e senza fine. » nato in una notte senza stelle e senza luna, una
- notte fatta, metà del mese corto e metà di quest'estroso...che
- mi detta i versi, che tu stai leggendo (o amico)
- I giorni che l'allevano ancora adesso, vinsero il principio per
- uguale uggia, di tutte le ere gli autunni e naturalmente la gente per
- quanto sa e può dire, amareggiata subito, presi a dire.
- È proprio vero, gli scoppi delle atomiche hanno stroppiato le stagioni.
- Quand'è che s'è visto piovere così a Marzo?
- Che pur sia un mese pazzo, ma Marzo così non è mai stato.
- Oggi guardate! a mezzogiorno è quasi buio
- Naturalmente (dico) scherzando, appena un poco. La gente nove volte
- su dieci, parla sol perché ha la lingua in bocca... Ma non è sciocca.
- Marzo è Marzo, è sempre quello, il solito antico pazzarello,
- che ti fa vedere il sole e aprire l'ombrello.
- Un lavoratore Ë marzo, che diletta l'uomo.
- Presto o tardi scaccerà l'inverno e porterà il caldo sole.
- Io l'ho visto un giorno, adunare in poco tempo, tutti i nembi in un
- angolo di cielo, nembi folti e neri, come la selvatica gregge oscura,
- li ammassò li compresse, poi col suo gran soffio, intorno intorno
- e sulla città, lorda di quattro mesi, li scaricò, lavando case e vie.
- Mutata quindi in cirri candidi, la nuvolaglia nera, ben la terse e
- ad asciugare, al chiaro sole, in ciel la stese.
- Marzo, si ubriaca una sola volta in vita e come l'uomo saggio. Ed è
- allora che diventa un grande artista, in cielo, e in terra.
- Scrolla allora le foreste, ogni albero di campagna, viale e piazza,
- staffila batte, sveglia ogni pianta, che a nuova vita chiama.
- A tutte, ogni ramo secco strappa, tutte le foglie morte, invola
- Marzo e come un bimbo, unico (nervoso) si ricalma e dorme, ma prestissimo
- si sveglierà. Marzo e come un poeta, non può dormire a lungo!
- Dimenticar mi hai fatto, guardandoti per un'ora. (forse di più) le russe
- atomiche, le americane e le cinesi, che tutta l'Europa vantando,
- vecchie glorie, solo imbruttisce e invecchia ne più mirandoti
- al lavoro ho pensato, che pure Roma una volta era grande
- e comandava, e guai a chi gridava! Sei un amico o Marzo.
- Tu mi hai mostrato oggi, che solo la Natura, è grande!
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Agg. 08-08-2002