LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA
Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
- Elena Bartone - Sonagliere di corallo
- Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi) 14x20,5 - pp. 36 - Euro 5,20 - ISBN 88-8356-813-3
- Pubblicazione realizzata con il contributo de
- IL CLUB degli autori in quanto l'autore è finalista
- nel concorso letterario "J. Prévert" 2004
Prefazione
Questa raccolta di liriche di Elena Bartone è connotata da un'aura mistico-contemplativa che è propria della soggettività del poeta, del suo senso dell'ordine e del gusto costruttivo e creativo.- Convince per un'innata e solare affabulazione, per l'interiore spasimo innovativo vigile nello sforzo di evitare mode incongrue, capaci di destrutturate il testo, di ridurlo a fatto puramente visivo di impaginazione e disegno di parole o sillabe.
- Questa poesia di Elena in altri termini appare la presa di coscienza che l'arte sia tutto fuorché capriccio inventivo, arbitrario , imperfezione etico-formale, assenza di normative, sperpero di buon gusto, rifiuto ingenuo, perverso, radicale di appartenenza a una tradizione culturale che semmai è guida promotrice della volontà di ricerca.
- Elena intanto non ha fregola di apparire ad ogni costo moderna e originale.
- Le basta essere se stessa, aliena da ogni pretesa di imporsi una identità fragile, inconsistente, destinata a svanire assieme ai suoi effetti di design visivo squilibrato, con risultati fonetici anomali e urtanti.
- Elena Bartone candidamente e semplicemente si presenta e si spende per quello che è, anche se possiede cultura ed esperienze interiori e di studio, estro e attitudine creativa, capacità di modulare lo strumento lingua sui ritmi inventivi della fantasia, dei fermenti psico-cardinali, capaci di dare corpo a realtà spirituali e fluido mentale che consente le vita, il movimento dei sensi, la percezione del mondo esterno, distinto dallo spirito vitale, impulso di sentimenti, ardore, attitudine a sognare, a godere e fruire di ogni moto dell'anima, a interpretare e vagheggiare le forme e i significati della cose.
- I simboli del suo linguaggio, le parole-chiave pregnanti, categoriali ("la parola è l'anima del mondo/ nascosta tra pietre e cose mute/ in un mistico colloquio col silenzio") hanno una timbratura lucreziana, ma anche la tenuità e trasparenza di una impercettibile ascesi cosmica, "quando il destino bussa/ alla porta dell'anima/ adagiandosi su petale di nuvole" (L'ora consueta) e hai la sensazione che la vita sia "gioco a mosca cieca/ e quando ti levano la benda/ è già finita"(Vita).
- E nonostante i ricordi sbiaditi dal tempo sotto cumuli di foglie, la gioia è la nota del suo esistere per gli altri. Ha "un nido di api nel cuore" che mielificano "quando si innalza la parola/ e vola sulle nuvole e gli anfratti", insidiata dall'enigma, consolata dai mandorli in fiore, dai tepori della primavera e dalla sera, che induce a rigermogliare i tronchi del passato," i pensieri fatti muschio" e "noi granellini di sabbia quando un Dio ci guarda e il miracolo del vivere è vicino".
- Il percorso poetico di Elena Bartone si compone e scompone in ipotesi e prospettive, in sintesi di dimensioni cosmiche, di spiritualità ed esercizio contemplativo.
- Così si spiega anche il suo pudore d'anima, il suo congeniale rifugiarsi nella solitudine, l'amore per la sua terra, che si prospetta come qualcosa di più della nostalgia di chi è costretto per ragioni contingenti, a viverne lontano.
- Elena trasfigura dati e momenti oggettivi apparentemente atoni, in riferimenti di pietas, in tessitura di sogni, in slogatura d'anima. Non aderisce mai, per puro gioco mimetico, alla realtà, ma la fonde nella metamorfosi lirica del suo dettato, la vive in un'atmosfera metafisica di astrazione vagamente surreale.
- Una discorsività interiormente drammatica ricupera il fascino doloroso e gioioso delle cose, sulle quali, forse per eccesso di pudore o di riserbo, era passato il destino del non detto, caduto dal valalla di una memoria, affievolita e stanca, illanguidita, erosa, lisa, diminuita ma non spenta. Da lì emergono parole trasparenti e significative, incorporate in un contesto epidermico- sensitivo- liricante-coscienziale che ha forza incisiva, la leggerezza e l'irrealtà del sogno traveste e annega l'oggetto di una laguna "poietica", riscopre e riscrive la cifra personale, inconfondibile e la suggestione di affettuosa complicità, di intimismo autobiografico, che non si traduce in un ripiegamento ossessivo delle proprie sollecitazioni interiori. Elena è attenta e vigile ai climi delle stagioni del cuore, delle ricordanze e del flusso appena prevedibile, inudibile, inattendibile del divenire, dei silenzi, dei vuoti capaci di produrre squilibrio nel soggetto, che in qualche modo si sporge, si mette a rischio.
- Tutto è espresso in tono dimesso, inavvertito, sottovoce quasi per una legge non scritta, maturata in una dimensione di solitudine, di parvenze che stentano a porsi come oggetti definiti, vestiti di identità, di timbricità fonica, di connotazioni certe, di verità sfuggenti agli aculei dei sensi e alla memoria e recuperate come inganni e illusioni, dall'estro creativo.
- È trascritto come in trance il senso abdito delle percezioni separate dalla insignificanza, dal troppo e dal vano, dalla atonia, dal grigiore del silenzio, dagli abbagli e dagli scarti, dalla caducità delle forme e delle parole.
- Elena Bartone con la sua voce e i suoi desideri attraversa il muro d'ombra e di silenzio e approda a rive di stagioni, a bordi di complicità, di segni che le consentono di percepire traumi di lontananza, di esilio dalla sua visione ideale del mondo e della vita.
- La sua poesia è diario in cui sono trascritte consuetudini di paesi d'anima, scenari familiari, le delusioni delle sue scoperte e delle sue ferite, le sue stimmate, la verità del presente e dell'altrove, le avventure del cuore e del pensiero, le trasmutazioni fenomeniche e le loro noumenità, i rimedi inefficaci, gli spiragli che ravvivano le cose periture, che pure finiscono con l'essere interpretate come momenti di salvezza, o postumi di ferite ossidate da croste.
- La poesia di Elena Bartone è canto- rassegna del non dicibile, del non udibile.
- È l'eco di voci segrete interiormente pensate, meditate, ritmate, donde estrarre il sensus inditus balenante di schiume e di stupori, rivissuti, rivisitati, portatori di una inafferrabile consistenza magica, il mistero dell'essere.
Prof. Sirio Guerrieri
Sonagliere di corallo
- A mio padre
- e
- A Giuliana
- L'ora consueta
- Il canto della luna
- si fa stillato di mare per il cuore
- fra i rumori della strada
- e di finestre socchiuse.
- Ritorna l'ora consueta
- nell'immaginario dell'esistere
- tra sonagliere di corallo
- e le note argentate della sera.
- Rimurgina la strada
- le ore di vita ormai svanite
- nell'impercettibile ascesi del momento
- quando il destino bussa
- alle porte dell'anima
- adagiandosi su petali di nuvole.
- Anche l'olmo è più leggero
- aspettando il sole al suo risveglio
- e invita il gufo a innalzare
- il suo canto triste.
- Ritorna l'ora consueta
- anche per l'uomo solo,
- per chi non ha più nulla
- da ricordare.
- Ai confini dell'anima
- Ai confini dell'anima
- ti ho ritrovato
- correndo nell'ineffabile
- gioco della vita.
- Ho raccolto il tuo sorriso
- come petali di rose e l'ho innalzato
- là dove finisce il cielo.
- Mi son rinchiusa in una stanza muta
- per regalarti i sospiri più profondi.
- Solo questo ho da dirti e confessarti:
- la gioia nasce là dove finisce
- il tormento, ai confini dell'anima.
- Muore il giorno come ieri
- L'oggi sta per morire,
- come l'ieri è caduto
- e lascia nei cuori
- foglie di effervescenze mute
- e parvenze illusorie.
- Singhiozzano le fonti
- con un passo di danza indefinita
- e voli appannati tra le sfere.
- Giacciono addormentate
- le foglie autunnali
- in un sonno d'ombra e di ristoro.
- Ritornano alla mente
- reliquie del passato.
- Si ingigantiscono i ricordi
- in un ronzio senza meta
- lasciando che la pioggia sopra i tetti
- inventi ghirlande di rugiada.
- Scendono mute le tenebre
- accarezzando i pensieri e le cose
- in un sussulto di cenere e parole.
- Muore il giorno come ieri
- in un intricato gioco di eventi
- e regala a soli occidui
- venti intrisi di speranze.
- Il cerchio conclusivo della vita
- I cerchi si rincorrono
- lungo fili sconosciuti
- uniti dal mistero dell'esistere
- in un orizzonte trapunto di innocenza.
- Un cerchio finisce e un altro prende vita
- in un ritmo incessante di pensieri e desideri
- tra il chiudersi e il dischiudersi
- di vaganti primavere.
- Ad ogni cerchio il suo travaglio
- in una corsa senza tregua
- di chimere, sogni e prospettive
- travolgendo l'essenza muta della vita.
- È il cerchio conclusivo il più temuto.
- Si posa sulla soglia dell'esistere
- regalando agli ultimi sospiri
- l'armonia della pace.
- Nei tuoi occhi la mia terra
- Nei tuoi occhi la mia terra,
- le sue rocce, le sue colline
- in un ritmo di agavi e di ulivi.
- I suoi silenzi in te,
- le sue notti di luna piena,
- i suoi segreti ritorni
- da un altrove senza tempo.
- Si placano le onde nei tuoi sguardi
- percorrendo spiagge assolate
- e sconosciute in un intimo colloquio col passato.
- La mia Calabria è viva,
- palpita di luce e di lampare
- e abbandona al vento di ponente
- ricordi smarriti e attimi di plenilunio.
- Nascono speranze come zagare
- tra le crepe dell'azzurro e l'orizzonte
- e si levano come zampilli
- nel mondo delle idee, l'Iperuranio.
- Si posano gabbiani sugli scogli
- e ricordano che ogni zolla è nido
- che aspetta il mio ritorno.
- La vita
- La vita è brancolare nel buio
- senza mai scorgere
- porte né finestre.
- È trascinare i passi nel silenzio,
- paurosi di cadere.
- Gli angoli si sfiorano,
- si rasentano i muri
- convinti di andare avanti,
- di bussare alle porte del futuro.
- È un gioco a mosca cieca
- e quando ti levano la benda
- è già finita.
- La zattera della vita
- Ho adagiato i miei pensieri sul comodino
- e li ho riposti in una busta chiusa.
- Erano in fila in ordine di tempo,
- fin dal mattino.
- Il principio era per il sole
- che si faceva strada tra gli spigoli e i cespugli
- e regalava alle segale e alle spighe
- i primi attimi della giornata.
- Al meriggio erano più sfumati
- nella nebbia di ogni male
- e nel torpore delle illusioni.
- A sera un mare calmo raccoglieva
- i rottami del giorno
- e li faceva galleggiare
- sulla zattera della vita.
- L'anima del mondo
- Farfalla che va
- farfalla che viene
- in questa stagione bagnata di fragole.
- Ho un nido di api nel cuore
- che si tramuta in miele
- quando si innalza la parola
- e vola sulle nuvole e gli anfratti.
- La parola è l'anima del mondo
- nascosta tra pietre e cose mute
- in un mistico colloquio col silenzio.
- Si apre ad ogni dove
- e cattura del giorno il mistero
- rimanendo impietrita al suo ritorno.
- S'invola sulle stelle
- tornando sulla terra a San Lorenzo.
- Resta ferma a primavera
- abitando tra gli aghi di pino
- e i mandorli in fiore,
- la sua musica indorata dal sole.
- Un mattino
- I passi lenti
- di una foglia accartocciata
- accompagnano il mio cammino
- in un mattino tremulo
- di luce e di chiarore.
- Tace la mia preghiera
- in quest'ora di pause
- e ciechi silenzi.
- Rinasce la speranza
- tra le crepe dell'azzurro
- e il giallo di una mimosa.
- Tra gli amuleti mancati
- Mi resti solo tu pagina bianca
- a dare voce alle mie sere mute
- e un po' di movimento a questa vita
- ferma. Si muove la mia mano
- sul tuo dorso delicato, attingendo
- agli attimi e ai momenti della giornata
- le parole mancate e i tremori.
- Rovista l'anima nel suo profondo
- attirando nel mondo le sue perplessità
- e le emozioni del quotidiano, frutto
- d'incontro e di insperate sorprese.
- S'infila la parola tra le righe
- e come fonte d'acqua viva versa
- la sua voce tra gli amuleti mancati,
- tra i sussulti di un'umanità che sospira.
- Sole al tramonto
- Il sole morente si adagia
- su cuscini di nuvole
- triste di lasciare la terra
- alle tenebre imminenti.
- Da lontano scorge la luna
- in arrivo col suo corteo
- di stelle vaganti:
- opache visioni si alzano
- come zampilli nella luce
- che si consuma.
- Mollemente adagiato sui cuscini
- scioglie lacrime alla sera in arrivo
- e ricorda al poeta nostalgico che il tempo
- brucia fascino e giorni
- all'avventura.
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Ins. il 03-01-2005