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Prefazione
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- Quella di Fabrizio
Maci è una poesia di rapide e improvvisamente
luminose versioni, una poesia cioè
continuamente ribaltata fra passato e presente che
trovano nella Natura una fortissima e conclusiva
identità. La vita con le sue impalpabili
contraddizioni è al centro di questo lungo
interrogarsi. Ma Maci non rimane mai dietro le quinte,
il suo scrivere è anche un parlare ininterrotto
che si manifesta per categorie di sogni e di
rivelazioni successive. Dunque, un esito che potremo
definire, come ci suggerisce l'autore
stesso,
- "Rimanere/andare",
la sosta o l'esilio che ha nella speranza un poco di
ombra e un poco di luce al tempo stesso: meravigliosa
e meravigliata presenza di altri mondi che hanno nella
consuetudine e nella mediocrità il loro essere
e il loro sembrare.
- E poi una poesia
amorosa. Che comunque non si compiange, nè si
enumera per offrirsi alla contemplazione del lettore.
Semmai, invece, lo aggredisce, lo sollecita - a volte
anche con violenza - e ne rivela gli umori e i
condizionamenti. Come se un maestro continuamente
chiedesse ai propri scolari: "Mi sentite? Mi
sentite?":
- Maci immagina la
propria condizione e pertanto la dichiara: "Bambini/
si torna bambini/ nel gioco della mente/ sulle
convenzioni quotidiane/ un esposto si fa/ mettendole
al bando./ E gli occhi percorrono/ i contorni di ogni
superficie,/ cercando un segno,/ un'interruzione,/ una
risposta interessante/ al percorso della linea
ferroviaria."
- E l'interrogazione
continua "sulle lunghe distanze", per tutti quei
sapori, odori e voci che s'infittiscono dentro la
fantasia possibile degli "echi del tempo/ che passa"
trascinandoci tutti sull'orlo del destino. In questa
chiave misteriosa e al tempo stesso quotidiana, il
tramonto e l'aurora del respiro lirico di Maci ci
colpiscono come sentimenti di una forte
personalità che conquista ogni giorno i tanti
segmenti della realtà così come essa ci
si offre sfuggente e precaria.
Giuseppe
Marchetti
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Angeli
e valchirie
-
-
- Per un
momento
-
- Un bacio
consentimi,
- accarezzarti,
guardarti,
- sarò
felice per un momento.
- Esserti
vicino consentimi,
- abbracciarti,
stringerti,
- addormentarmi
sul tuo corpo.
- Sarà
un viaggio magnifico,
- respirerò
aria pura,
- mi
drogherò d'affetto,
- sarai la
mia evasione,
- interpreterai
la sicurezza.
- D'adorarti
consentimi,
- sussurrarti,
goderti.
- Piacere
avremo,
- per un
momento.
- Questo
consentimi,
- per un
momento.
Foglie
secche
-
- Una
incandescenza lunare m'illumina
- e pone
un'ombra al mio seguito,
- mentre
fogliame seccato
- urla il
dolore del calpestio.
- Quanto di
questo fogliame
- squarcia le
mie membra sopite
- e forma
cumuli di humus
- su un
terreno senza verde.
Utile
-
- Ammesso
fossi io
- a non fare
niente
- per rendere
utile
- questo mio
vivere
- ammetto
anche:
- l'utilità
perviene
- quando gli
altri
- la
sfruttano
- per il loro
vivere.
Fuuu...
-
- Con cura
raccoglie la biancheria,
- l'accarezza,
la guarda
- ne annusa
il profumo pulito.
- Mentre la
solitudine incombe
- il tempo
scricchiola i suoi tic,
- parla da
sola a voce alta.
- Un pelo
sfuggito alla vista,
- con un
soffio leggero, fuuu
- cade
aspramente nello spazio,
- si rivolta
lento nell'infinito
- un tonfo a
ripetizione.
- Come il
pelo,
- nero
rivestito e lucido alla luce,
- nel tempo
che scricchiola i don,
- l'ora
imminente di qualcosa,
- un semplice
soffio di vento:
- fuuu e una
caduta aspra,
- una rivolta
lenta,
- un
tonfo...
Rimanere/andare
-
- Giunge il
motore
- del rombo
attraverso,
- tra le
fessure
- di una
grande finestra,
- entra da
invasore
- il mio
silenzio
- conquistando.
- Come una
mela acerba,
- come un
quadro grigio,
- come una
luce sbiadita,
- come il
tempo che cambia,
- d'atmosfera
annebbiata.
- Di
là della porta
- il
corridoio corre
- verso
rumori casalinghi,
- la casa si
accende,
- apre gli
occhi,
- si fa
abitare
- accoglie
te.
- Dalle scale
- schiamazzi
bambini.
- Fruscio di
buste da spesa
- tacchi
decisi sui gradini.
- Androne di
punto luce,
- steso il
bucato bianco
- s'affaccia
candidamente
- sul
parcheggio di biciclette.
- Non
c'è panorama,
- nè
sorridenti presenze.
- Gli uccelli
sui vetri
- beccano
scivolando
- ovviando
volano poi.
- Solo, non
solo,
- insieme i
soli.
- Sbatte la
porta,
- spinge
qualcosa entrando.
- Movimento
di vita
- come i
pensionati tristi
- che
rumoreggiano litigiosi
- nel bar a
giocare.
- Scene di
vita
- a
ferragosto o di sera,
- quando
tutti partono
- qualcuno
rimane.
Assopito
-
- Del sole
che si intrufola,
- attraverso
i vetri,
- il calore
mi resta
- che sulla
pelle si posa,
- mentre
mosche giganti
- cattive
punzecchiano
- il corpo
nudo.
- Solitario e
un po' assopito,
- tenace,
- dondolo il
braccio
- dagli
insetti infastidito
- e al
soffitto guardo
- di un
ricordo
- la
proiezione.
Al
sicuro
-
- È
vero che m'aggrappo
- a foglie
d'alberi
- per
rifugiarmi nell'ombra
- e stupire i
contadini
- che frugano
nella terra
- il bruciore
rimasto
- degli
anni.
- Cado
ingenuo poi,
- dal loro
netto rifiuto
- nell'accogliere
la mia stanchezza,
- sul
rossiccio materasso
- che la
terra mi offre.
- E i
contadini che ridono
- appoggiati
alle zappe.
- Mentre io
che mi lamento:
- Vorrei
essere seme allora,
- accoglimi
ti prego
- e mi scavo
la fossa
- per essere
al sicuro.
Negli
occhi
-
- Saltellano
le colline
- sul cielo
incerto
- dal sole
aggredite
- a tratti si
ritraggono,
- con pali
come lance,
- alberi che
fan scudo,
- flash dalle
auto caute
- sulle
strade in pendenza,
- case
incastonate
- sono
solitari eremiti,
- meditano
sul destino.
- Ai
lati,
- destro o
sinistro che sia
- lampioni
che fuggono,
- cartelli
stradali,
- siepi e
luci rifrangenti.
- Ai
lati,
- destro o
sinistro che sia,
- gli
occhi
- per un
attimo guardano,
- fotografano
nel pensiero
- immagini
apparse,
- apparse e
scomparse
- s'adagiano
sui viali,
- si
proiettano sui muri,
- ondeggiano
- come piume
al soffio,
- negli
occhi, tutto negli occhi,
- negli
occhi, i tuoi occhi,
- negli
occhi, tutto negli occhi.
Come
definirlo?
-
- E tu
sfili
- per una
vittoria,
- ridi e
batti le mani
- alla
morte.
- Di undici,
quattordici,
- di venti
erano gli anni
- ti sei
divertito
- hai
applaudito
- l'assassinio.
- Ignaro,
indifferente
- ignobile
animale.
- Non avresti
ceduto la coppa,
- non avresti
gettato la spugna,
- per salvare
tante genti.
- E tu hai
sfilato,
- incurante
- hai
ballato, urlato
- intorno
alla morte.
- Schiavo del
tuo, stesso,
- viver
meschino.
Monumenti
-
- Alza lo
sguardo
- vede il
cielo
- ride e
ride.
- Vidi
quell'uomo,
- con
sporcizia storica,
- cibava
uccelli,
- nel parco
dei vecchi,
- nel parco
dei vagabondi,
- nel parco
dei disoccupati
- nel parco
delle siringhe,
- delle
checche, dei teppisti.
- Vidi una
donna,
- lurida,
spettinata.
- Cip,
cip,
- in tutti i
parchi,
- in tutte le
città,
- cip
,cip.
- Eroi,
- oasi in un
deserto.
- Monumenti
del parco.
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