- Prefazione
-
- La nascita
di ogni idea per una storia da raccontare ha una
genesi semplice: un luogo, un evento straordinario,
una illusione tradita o quant'altro possa far
scaturire un'emozione o magari racchiuda soltanto
all'interno di sé una voglia incontenibile
di esternare, di narrare la propria vita. A volte
l'Autore riesce a far diventare partecipe il
probabile lettore enfatizzando emozioni o
trasportandolo dentro la narrazione come fosse in
presa diretta. Altre volte si limita a raccontare
con un susseguirsi di avvenimenti, più o
meno avvincenti, la semplice e cruda realtà
della storia.
- È
questo il caso del romanzo "Il segreto di Geltrude
" di Linda De Luca dove seguiamo passo dopo passo
le vicende esistenziali della protagonista Carina,
la figlia maggiore di Geltrude, la quale si muove
in una storia d'altri tempi che fa riassaporare il
piacere delle cose semplici e della vita fondata su
sani principi morali nonostante la palpabile
ostilità vissuta anche nell'ambito
familiare. Scopriremo solo nella parte finale del
romanzo il motivo segreto che spinge la madre ad
avere un comportamento anomalo verso la propria
figlia maggiore.Infatti la domanda che ci si pone
dopo la lettura delle prime pagine è appunto
questa: cosa può spingere una madre ad
adottare un comportamento così differente
nei confronti solo di una delle figlie se non un
terribile segreto che l'angoscia?
- Nonostante
questi forti dissidi familiari e di conseguenza le
difficoltà di rapporto con l'esterno nulla
riesce a piegare la volontà di Carina nel
credere nei sani principi dell'amore, della
rettitudine e dell'onestà.
- Carina si
adatta a fare la ricamatrice per sopperire ai gravi
problemi economici della famiglia e deve mettere in
secondo piano la ricerca della sua autonomia
sacrificandosi per il bene comune.
- La figura
del padre che lavora come bibliotecario è
marginale perchè è completamente
indifferente alla vita familiare e l'unico suo
interesse sono gli amati libri. Infatti alla morte
del marito Geltrude svela il segreto a Carina che
finalmente si affranca dalla famiglia e si innamora
di Sirio: un uomo bello e ricco che può
offrirle l'amore sincero che ha sempre sognato.
Nonostante una scrittura prolissa l'Autrice riesce
a trasportare il lettore in questa narrazione
divincolandosi nei meandri delle crisi esistenziali
e delle speranze per un futuro migliore. Le
espressioni di profondo dolore, di rinuncia e di
sacrificio vivono sempre in parallelo con la voglia
di compiere qualche gesto significativo per non
soccombere nel marasma della vita. È sempre
costante la ricerca dell'armonia interiore
attraverso l'amore e l'onestà spesso
avvertite anche nelle situazioni più
profonde del proprio sentire. Siamo quindi davanti
ad una storia dei tempi passati dove predomina
tout-court la grande dignità morale
all'interno della quale niente e nessuno riesce a
distruggere il rapporto d'amore sincero e puro,
limpido ed inattaccabile tra Carina e Sirio.Il
lieto finale è inevitabile come la
consapevolezza che finalmente si può vivere
senza dover correre dietro ai sogni e alle chimere
ma si può gioire avendo ritrovato il proprio
equilibrio e l'agognato amore della propria vita.
-
Massimiliano
Del Duca
-
-
- "Dalle
difficoltà nascono i
miracoli".
- La
Bruyère
- "La
volontà si tempra nel
dolore".
- G.
d'Annunzio
-
-
-
- I
-
- Era quasi
mezzogiorno quando Carina lasciò il lavoro e
andò in cucina ad aiutare sua madre per il
pranzo. Non lo faceva volentieri perché
stare, anche per pochi minuti con lei, non era di
suo gradimento. Tra madre e figlia, c'erano
divergenze di opinioni su molte cose e Carina
cercava sempre di evitare i litigi per i quali
Geltrude invece era piuttosto portata. La ragazza
era retta, buona, generosa e queste virtù
sembravano dare fastidio alla madre che le parlava
quasi sempre con astio.
- Carina non
se ne spiegava la ragione, arrovellandosi alle
volte per trovare il motivo per il quale veniva
trattata in quel modo, ma non voleva neppure
approfondirlo per paura di sentirsi trattare ancora
peggio. Le ripugnava di sostenere discussioni
litigiose in quanto il suo carattere era mite,
gentile, in questo assomigliava moltissimo al
padre, e soffriva enormemente essendo sicura di non
meritare quei rimproveri che Geltrude le elargiva
di continuo.
- Ripensando
alla sua fanciullezza, ricordava che la madre non
era stata sempre così dura nei suoi
confronti, ricordando con nostalgia i suoi
abbracci, i suoi baci, il calore del suo affetto.
Era stata severa ma anche amorevole nell'educarla,
cosa che non aveva fatto con gli altri figli venuti
dopo di lei. A sua sorella Isolda specialmente che
meritava rimproveri e rabbuffi non diceva mai una
parola cattiva, non le rivolgeva mai un rimprovero
anzi, le lasciava fare tutto quello che le piaceva,
tutto quello che le passava per la
testa.
- La ragazza
era ribelle alla disciplina per natura e avendo
assimilato tutte le idee più avanzate,,
copiando gesti e parole della gioventù
moderna in cerca di bravate, non sopportava
né i rimproveri né le buone maniere
alle quali si opponeva sgarbatamente o facendo
finta di non sentire. Ciò faceva arrabbiare
enormemente Carina sempre ligia al proprio
dovere.
- Isolda era
impiegata presso un fotografo alla moda: lei diceva
di essere impiegata, ma in effetti non portava a
casa nessuna busta paga. In cambio esigeva sempre
soldi con la scusa di dovere rinnovare spesso il
suo guardaroba, altrimenti avrebbe perduto il posto
e lei voleva fare carriera come modella. Quella
carriera di modella alla moda richiesta da tutti
era la meta alla quale voleva giungere, ma era
ancora lontana dal realizzarla.
- In cambio
si dava da fare facendosi accompagnare ora da un
uomo ora da un altro; frequentava tutti quelli che
le correvano dietro e non certo per motivi buoni e
altruistici. Lei non se ne dava pensiero
perché l'affascinava quella vita rischiosa
ed inutile.
- Carina,
alla quale non piaceva affatto quel modo di
comportarsi, lo aveva fatto notare alla madre ma la
signora Geltrude l'aveva zittita rispondendole male
come di solito. Dalla figlia minore invece
sopportava tutto senza reagire. La giovane non
aveva insistito ben sapendo che i suoi suggerimenti
o consigli non erano accettati di buon grado, ma
dentro di lei condannava decisamente il
comportamento della sorella.
- "Isolda
deve mettere la testa a posto" ragionava Carina,
"deve trovarsi un buon lavoro e lasciare gli uomini
da parte. È ancora troppo giovane per
pensare a loro".
- Una volta,
esasperata da quel modo di fare, Carina si permise
di rimproverare la sorella a questo proposito: ne
successe una scenata così disgustosa che le
rimase impressa nella mente in modo indelebile.
Isolda fu molto cattiva nelle sue espressioni,
inoltre le disse velenosamente:
- "Dici
queste cose perché sei invidiosa e dovresti
invece guardarti allo specchio. Ti sei mai
guardata? Sei una vecchia zitella scialba,
inaridita e brontolona. Guarda me invece, sono
tanto più giovane di te, ho un corpo
stupendo, un viso meraviglioso: per questo motivo
gli uomini mi corrono dietro; tu non troverai mai
uno straccio di uomo che ti voglia".
- Quelle
espressioni colpirono profondamente la ragazza, si
sentì disprezzata, odiata quasi.
- "Preferisco
rimanere zitella ed essere una persona onesta.
Ciò che stai facendo non è bello e
non ti porterà nulla di buono", aveva
ribattuto Carina infiammata in volto.
- "Non
venire a dirmi certe cose, sono sicura che se un
uomo si accorgesse di te gli cascheresti ai piedi
per la felicità di averti notata. Sai che ti
dico? Sei proprio invidiosa della mia bellezza e
del mio successo". Isolda non aveva misurato le
parole, anzi l'aveva fatto apposta per mortificarla
e ferirla. Eppure da lei le veniva quell'aiuto
finanziario di cui aveva bisogno per il capriccio
di fare quella carriera di modella. Carina si
prestava a sborsare le somme necessarie al rinnovo
del guardaroba che lei faceva spesso, avrebbe
dovuto avere almeno un po' di gratitudine, ma
Isolda era incapace di questo, era egoista e
cattiva.
- La signora
Geltrude era intervenuta, dato che quello scambio
vivace di parole si era svolto in
cucina.
- "Finiscila,
Carina, tu non capisci certe cose". E il suo viso
era più buio che mai.
- "Che cosa
non capisco?" la ragazza si volse verso la madre
aveva alzato la voce per difendere il suo
ragionamento e controbattere quelle cattiverie.
"Che Isolda stia facendo una vita sconveniente con
la scusa della carriera? Se è questo che non
capisco, bene, preferisco non capire". Carina era
terribilmente arrabbiata, offesa. Che lei non
avesse lo stesso fisico di Isolda lo sapeva, ma
sapeva pure di essere molto ben fatta anche se
minuta. Aveva bei capelli ondulati che lei lasciava
sciolti sulle spalle, gli occhi erano grandi,
luminosi e la bocca carnosa non aveva bisogno di
rossetto.
- Isolda
aveva detto il vero affermando che non si guardava
mai allo specchio, ma le mancava il tempo di farlo:
doveva solo lavorare, guadagnare per gli altri e
mai per se stessa.
- Quand'era
piccola l'avevano ritirata dagli studi con la scusa
della sua salute cagionevole e dopo diversi anni
avvertiva ancora il bruciore di quell'ingiustizia.
Col passar degli anni aveva cominciato a notare la
differenza di trattamento con la sorella minore
alla quale tutto era permesso. Carina non poteva
esprimere un desiderio perché non c'erano
mai soldi per lei, aveva sentito allora la
necessità di lavorare, rendersi indipendente
ed era riuscita a farlo a costo di grandi
sacrifici.
- La
difficoltà di trovare un posto fuori di casa
con la poca istruzione che aveva, l'aveva fatta
ripiegare sul ricamo. Le era sempre piaciuto
ricamare ed essendo bravina si era messa d'impegno
ad imparare dei punti difficili; la buona
volontà non le mancava, l'intelligenza
neppure, si esercitava anche la notte quando
occorreva e così in breve tempo era
diventata molto brava nell'eseguire i lavori
più difficili.
- Suo padre,
quando lei gliene aveva parlato, l'aveva
raccomandata a qualche lettrice, dato che era
bibliotecario, e le clienti soddisfatte del suo
lavoro, erano cominciate a fioccare tanto che, alle
volte, non riusciva ad accontentarle tutte. Quello
che guadagnava però serviva sempre per casa
e non per lei, come aveva sperato perché
c'era spesso qualcosa da pagare e si ricorreva alla
sua borsa volentieri. Qualche volta lo faceva
spontaneamente per evitare i rimproveri della madre
se per caso diceva di non averne abbastanza per
dare quelli richiesti.
- Per quel
trattamento poco materno non ricorreva neppure a
suo padre per non infastidirlo. Era
affezionatissima a lui e avrebbe fatto qualunque
cosa pur di evitargli qualsiasi noia; era sicura
che ricorrendo al padre avrebbe fatto sorgere liti
tra marito e moglie con dispiaceri da entrambe le
parti. Domenico non si accorgeva di questo stato di
cose o faceva finta di non accorgersene, aveva
un'aria sempre svagata e a casa ci stava poco.
Impiegato presso la biblioteca comunale non pensava
che ai suoi libri, li trattava con delicatezza, ne
parlava come se fossero delle cose preziose. Non
aveva assolutamente tempo e voglia per le beghe di
famiglia. "Roba da donne" diceva e lasciava che se
la sbrogliassero da sole. Carina aveva capito da
tempo che non poteva sperare nel suo intervento per
cambiare le cose e avere un po' più di
giustizia e stava maturando, dentro di lei, l'idea
di andare a vivere per conto suo.
- "Ormai"
pensava, "quasi tutti i giovani lo fanno: ad una
certa età lasciano il nido dove sono
cresciuti per spiccare il volo con i propri mezzi".
Lo sentiva ripetere spesso alla televisione, lo
leggeva sui giornali; ormai tutti avevano
assimilato quelle idee e nessuno vi trovava nulla
da ridire. Era un comportamento moderno al quale
non si faceva più caso, anzi era accolto
favorevolmente da certi genitori egoisti,
perché li liberava dal fastidio di doversi
occupare dei figli rendendosi paritempo liberi di
disporre della propria vita come meglio
credevano.
- Si
riprometteva di farlo anche lei appena possibile.
Quell'abitudine di doversi accollare tutte o quasi
tutte le spese di casa la spingevano in quella
direzione con maggiore fretta, ma non riusciva a
raccogliere la capace somma che le sarebbe occorsa
per trasferirsi altrove, perché sembrava che
i suoi guadagni fossero una fonte alla quale tutti
potevano attingere impunemente e con
diritto.
- Sua madre
era la prima a ricorrerci e sollecitava anche gli
altri figli a farlo. La ragazza era arrivata ad un
punto tale di esasperazione che non sopportava
più quello stato di cose e spesse volte,
malgrado ne avesse poca voglia, litigava aspramente
con i fratelli che insistevano anche sgarbatamente
tacciandola di avara.
- Per amore
della tranquillità ad un certo punto, si
decideva a sborsare quanto le richiedevano
rimanendo poi completamente
all'asciutto.
- Le lacrime
che versava dopo quei diverbi non cancellavano il
suo avvilimento e premevano sul desiderio di
andarsene in cerca di
tranquillità.
- Avrebbe
mai raggiunto tale possibilità? Per quanto
rimuginasse quel pensiero di evasione, non poteva
negare di sentirsi legata a quella casa e alla
famiglia da solidissimi fili e rimandava ogni cosa
a tempo più opportuno.
- Sperava
che il domani le fosse più propizio e
lavorava con più accanimento per guadagnare
di più. Per lasciare quella casa, ne aveva
bisogno di un'altra con molta luce per il lavoro
che svolgeva e dubitava di trovarne una con quei
requisiti. Ancora non aveva iniziato a cercare e
rimandava tutto al domani.
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