Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
- Luigi Giarnieri - Mutevoli impulsi violente pulsioni
- Collana I gigli (poesia)
- ISBN 88-8356-853-2
- 14x20,5 - pp. 120 - Euro 9,00
Prefazione- Nel leggere le poesie di Luigi Giarnieri ho improvvisamente riportato in superficie alcune esperienze che hanno segnato, lacerato, squarciato la pelle di un uomo e il ricordo di quel vortice doloroso mi ha trascinato ancora una volta al cospetto del dramma dell'esistenza.
- Non vi sono altre spiegazioni, è inutile attendere illuminazioni che vengano da chissà dove o mettersi a preparare intrugli per ricercar l'elisir della felicità perché "la vita è una commedia e va recitata bene".
- Punto e basta.
- "Certuni diventano lirici solo nei momenti cruciali della loro vita; altri solo nell'agonia, quando tutto il loro passato si attualizza e si riversa su di loro come un torrente": ricordo, come fosse oggi eppure son passati anni, di aver letto queste parole in un momento in cui non avevo più niente che mi facesse credere in qualcosa. Camminavo su questa amara terra e davanti agli occhi nessuna via di salvezza; dentro di me il desiderio di scordare tutto, di chiudere le paratìe, di "dimenticare me stesso": il mondo aveva perso tutto il suo splendore e non potevo sentirmi che involucro abbandonato alla sua solitudine glaciale.
- Ma il tempo cambia le cose: raramente le migliora, sovente le plasma e le trasforma, altre volte le trucida o le impicca alla forca più alta e il cappio insaponato non allevia mai il dolore.
- Si arriva infine al vertice dell'eroismo per combattere la disperazione: con la propria coscienza, con la "parola" che rende ogni uomo unico, con la sensazione di piacere che regala un pomeriggio d'estate, con l'estasi d'una bocca calda d'una donna, con la pace interiore che ci rende tutt'uno con il ritmo universale e, a volte, fa pervenire alla magia di questa vita, al senso ultimo di ciò che pareva irraggiungibile.
- E Luigi Giarnieri come "solitario viandante", in una immaginaria e dolente sera, ha ripercorso tutti i sentieri; ha "frugato vanamente" tutte le vie del suo cuore fino a scrivere "Oggi il mio cuore/è di pietra/arso da lapilli/incandescenti"; ha scavato nelle illusioni e nei tormenti "Oscuri misteri popolano il mio essere/che langue trafitto/da insondabili abissi privi di fondo"; ha imparato a soffrire in silenzio mentre il dolore soffoca, la carne duole e la mente s'inabissa.
- Un "groviglio di pensieri" che si mescola alle "parole non dette" e quel continuo rovello ha permesso di entrare in un cuore sbandato, assetato d'amore, desolatamente solo, fino a spingersi alla confessione: "Il mio cuore trabocca di miele/e tu con arte lo trasformi in fiele" e tutto il veleno assorbito ha ormai torturato il "misero corpo", e il tormento ha "sfibrato le cellule".
- Ecco un uomo che "ha bevuto nettare e fiele", dolci amori che son diventati acide menzogne, e s'è trovato a gustare nude speranze, follie d'un attimo, "vane lacrime e vuote carezze": a niente è servito intrecciare dialoghi, farsi lava incandescente e amare con cuore puro perchè tutto s'è dileguato nell'ultimo sospiro: gli ultimi brandelli di illusioni sono appassiti lasciando il posto al nulla che evoca ombre e tenebre in un irreale silenzio.
- "Il tempo non concede ritorni" scrive Luigi Giarnieri e non v'è niente di più vero: il lampo di felicità che la vita riserva deve essere gustato alla svelta perchè il tempo concesso è misero, così fulmineo che basta distrarsi un attimo e tutto s'è già consumato: noi vorremmo restar "eterni fanciulli" per correre felici in campi colorati dai papaveri, tuffarci in limpide acque che fan vedere ciò che si nasconde sul fondale per non romperci la testa, profumar di menta per difenderci dai nauseabondi effluvi d'una ipocrita esistenza ma la vita è solo un "groviglio di pensieri e sogni" che svaniscono nel nulla.
- Essere demoni o angeli non cambia le cose: la fiamma sempre divora la carne, l'inganno inevitabilmente procura ferite, il sorriso amletico ed ammaliante che inebria come narcotico immancabilmente tradisce e sconquassa il cuore ingenuo.
- Non rimane che gettare la maschera che cela la verità, liberarsi dalle pene, stritolare con le mani la coppa della vita per distillarne il succo agrodolce mentre i giorni si trascinano per le tortuose strade e i ricordi ci "interrogano come spietati giudici che scrutano la nostra piaga": niente implorazioni nè preghiere ma solo lo strazio di un'anima invaghita, folgorata da un angelico sorriso che ha infranto l'incanto d'un amore trasformandolo in martirio.
- È inutile agitarsi come in preda ad una vertigine o scrivere poesie come quando si è innamorati perché non basta alla purificazione interiore: la nostra vita è carne e sangue, abisso e estasi.
- Le autentiche confessioni si scrivono solo con le lacrime: sincerità e fiamme divoranti.
Massimo Barile
- Oscuri misteri
- Oscuri misteri popolano il mio essere
- che langue trafitto
- da insondabili abissi privi di fondo.
- Sappiamo ciò che siamo?
- Sappiamo cosa vogliamo?
- Un groviglio di pensieri
- si sperde e mescola nel sogno.
- Veritiero o menzognero?
- Sognare, pensare, vivere,
- morire, agire... essere o non essere?
- Chi guida la nostra mano?
- Chi agita la nostra mente?
- Un dio? Un demone? E perché?
- Quando l'uomo scoprirà se stesso
- e il suo mondo? E questo mondo?
- E quest'acqua, e questa terra, e quest'aria
- e questo devastante, furioso fuoco?
- Quando saprà chi è e dove va?
- Mormora il vento dolci lamenti.
- Abbaglia il sole e illumina l'anima.
- La notte rabbuia la mente
- sprofondata nel suo orrido abisso.
- Ad un amico
- La brezza spruzza goccioline d'oro,
- inonda di sale i nostri visi arrossati
- dal torrido sole agostano.
- S'arruffa il mare...
- Solo adesso ti dico addio,
- caro, ironico, triste amico.
- Ora so quale senso ha avuto la tua vita.
- Solo ora ch'è arrivata la fine.
- Anche se sconsolato, sorrido del tempo che fu.
- Fu gravida di gioia di sogni di amori
- la tua breve e travagliata vita.
- Non c'erano muri e ombre fra noi.
- Vuotavamo i nostri animi,
- riempivamo i nostri cuori.
- Patemi, illusioni, tormenti
- erano pane e carne per noi,
- miele e fiele. Anche ora, come un tempo,
- ascolti i miei lamenti con occhio teso,
- mente lucida, sferzante,
- pronta a ferire, a mordere, non a biasimare,
- ma a svegliare, a sondare il quia e il quid,
- a penetrare, e scavare in quei recessi
- remoti e insondabili, profondi e superficiali.
- Ora ti saluto, soddisfatto, rasserenato.
- Ho sproloquiato, come sempre,
- e mi sento vivo, vegeto, combattivo.
- Gusto la mia fetta di felicità
- come rossa e zuccherosa anguria
- che disseta la bocca stanca
- di masticare fetido lerciume.
- Il mio cuore
- Oggi il mio cuore
- è di pietra,
- arso da lapilli
- incandescenti.
- Oggi il mio cuore
- è assetato d'amore.
- Oggi il mio cuore
- è desolatamente solo.
- Io
- Io sono lava incandescente.
- Io sono rovello di pensieri
- che si sperdono al vento.
- Io sono mani
- che stritolano inezie.
- Io sono.
- Sento di essere.
- Io sono?
- Vorresti
- Vorresti trarre dal nulla
- mondi inesistenti.
- Vorresti spirare come rabido
- vento di scirocco agostano.
- Vorresti veleggiare verso mari
- invasi da vele multicolori.
- Vorresti intrecciare dialoghi
- con l'armonia del caotico cosmo.
- Vorresti planare su placide acque
- e affidare al vento melodioso
- l'ultimo urlo di consunta vita.
- Vorresti entrare nel mio cuore sbandato
- e inebriarti del suo candido sorriso.
- Vorresti... No. Oramai non è possibile.
- Dissipa questi estremi grani dorati.
- Sono stanco di sapermi sfatto mortale.
- Ho bevuto anch'io nettare e fiele,
- nel breve spazio d'una vita.
- Fra poco sarà notte senza stelle.
- Passerà l'inverno e la primavera.
- Suoneranno campane a martello.
- Nel buio brillerà un angelico sguardo.
- Il tempo non concede ritorni.
- Io vado.
- Ti prego, non lasciarmi solo.
- Dammi la mano.
- La sera
- M'invade la sera
- con i suoi tinnuli rintocchi
- con i suoi accesi riverberi
- la dolente sera d'altri tempi
- con i suoi dolci amori
- con le sue nude speranze
- con la sua follia di un attimo
- che si abbatté violenta
- sul mio misero cuore.
- Ricordo
- Da quando ho schiusa la mia mente
- il cuore trabocca ricolmo di miele
- e tu con arte lo trasformi in fiele.
- Galleggi nella gora fresco fiore d'alisso
- dal vento dimidiato una notte di tregenda,
- lampi e tuoni balzanti tra lumini e candelieri
- su occhi da terrore devastati.
- Sei fiera della tua vivida luce,
- requie non concedi a chi chiede una prece.
- Prosegui il tuo cammino con passo altero
- e non pensi al dolore che arrechi,
- non senti l'urlo di chi geme
- da tempo piagato da giaciglio di spilli.
- Il ricordo di te non è sfiorito,
- un tuo ricciolo in mano m'è rimasto,
- una pena nel cuore stampata sta.
- Il tuo profumo respira la mia bocca,
- la tua luce alita intorno ai miei occhi.
- La tua statuaria figura
- La tua statuaria figura emersa da marmo pario
- - possente e sfavillante soffio di sublime vita -
- eternamente viva nel freddo scorrere del tempo
- serpeggia nel mio cuore e lo martella
- ed empie di sfrenate brame.
- Sei tanto lontana e la solitudine
- lima e ronza nell'anima.
- Chiudo gli occhi e veleggiare vedo
- il tuo corpo su onde popolate di sirene
- che cavalcano spumeggianti marosi
- da erranti gabbiani trainati.
- Odo il vento frusciare sull'erba
- e accarezzare verdi spighe di grano
- che allettano la chioma alla tua divina danza.
- Inganno d'amore
- Non mi chiedere se inganno d'amore
- punge l'animo e corrode.
- Non so dirti lo strazio che abita
- la mente attorta al tuo cespo fiorito
- in quel vaso infranto dal mio pianto.
- La fiamma che dentro mi brucia
- divora la carne rossa di grumi
- di sangue schiumato da vene recise.
- Credevo... e non capivo che fuggivi
- sfatta e dolente messaggera d'amore
- in altra terra, in altro lontano luogo
- per smemorare il mio volto smagrito.
- Ti sento e palpito
- Incastonata in ogni mia cellula
- rifrangi brillii d'oro e d'argento
- come onda a solleone.
- Ti sento e palpito,
- frastornato bimbo,
- intento a succhiare turgido seno
- di materno latte vitale.
- Ah, come fu lunga quella notte
- e calda e dolce e piena di passione!
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Ins. 21-03-2005