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               Il
               silenzio della musica: intervista immaginaria con
               Franz Kafka Mi
               è successa una cosa strana pochi giorni fa,
               forse il motivo scatenante per il quale, ora, mi trovo
               qui a parlare con te. Stavo ascoltando una canzone, un
               brano dove l'atmosfera cupa è solcata da un
               basso distorto e da chitarre sporche. La musica
               è accompagnata da queste parole: "Sunk deep in
               the night-I sink in the nigth-Standing alone
               underneath the sky-I feel the chill of ince-On my
               face-I watch the hours go by-The hours go by-You sleep
               in a safe bed-Curled and protected-Protected from
               sight-Under a safe roof-Deep in your house-Unaware of
               the changes at night-At nigth-I hear the darkness
               breasth-I sense the quiet despair-Listen to the
               silence-At night-Someone has to be there-Someone has
               to be there-Someone must be there"La
               musica è stata scritta nel 1980, cosa ne
               pensi? Questa
               è una mia poesia, At Night. Sarei curioso di
               sapere chi canta questa canzone. Lui
               si chiama Robert Smith e vive a Londra, suona in una
               band e di solito, salvo qualche eccezione, scrive da
               sé tutti i suoi testi, una sorta di diario
               intimo, anche tu se non sbaglio hai tenuto dei Diari,
               ma di questo ne parleremo dopo. Il tuo amico Max Brod
               ha scritto che quasi in compenso della particolare
               musicalità dello scrivere, eri privo di senso
               per la musica. Le tue parole, dunque, sarebbero come
               la musica, e a sua volta la musica a distanza di anni
               si è servita delle tue parole. Questo ti fa
               piacere? Io
               non conosco questo tale, come l'hai chiamato?... ah,
               sì... Roberto Smith... ma penso che tutta la
               musica sia un mezzo al quale affidare la divulgazione
               della cultura. Il mio mondo poetico riscopre molte
               immagini musicali e forse questo Robert ne è
               rimasto attratto. Molto tempo fa iniziai lo studio del
               violino e del pianoforte, non ho proseguito per la
               mancanza di uno spiccato talento musicale e preferii
               dedicarmi alla letteratura. Avevo molti amici con una
               approfondita conoscenza della musica, ricordo Oskar
               Baum, Felix Weltsch e Max Brod, come hai detto tu. A
               causa di questo interesse per la musica, Max ci
               definì "il circolo di Praga
               ristretto". Hai
               seguito le attività musicali dei tuoi
               amici? Sì,
               con molto interesse. Spesso mi faci portavoce
               lavorando come critico e promotore della cultura
               musicale del tempo, soprattutto della musica del mio
               amico Max. quando eravamo giovani eravamo soliti
               frequentare i teatri d'opera e di prosa, ma anche i
               cabaret e i caffè-concerto. Grazie a Max,
               nell'autunno del 1911-1912 conobbi una compagnia di
               attori ebrei orientali, venuti a Praga per
               rappresentare alcune commedie in jiddish e feci
               amicizia in particolare con il loro direttore Jizchak
               Lowy. Fu un incontro molto importante. Come
               ricordi, allora, l'operetta di quel tempo? Erano
               commedie recitate, un semplice intreccio in prosa che
               collegava tra loro brani lirici e canzoni, spesso il
               pubblico partecipava attivamente riprendendo in coro i
               ritornelli delle canzoni. Mi sono riscoperto sempre
               sensibile verso la musica. Quelle melodie
               determinavano un coinvolgimento immediato e
               addirittura fisico, molto intenso. Forse il tuo amico
               Robert è tanto sensibile verso le parole,
               quanto lo sono stato io verso la musica, anche se non
               conosco la sua. Come
               ha influito la musica nella tua fantasia, come ne
               è entrata a far parte? Semplicemente
               mediante il canto sempre vivo di quegli attori. La
               musica di quei canti è l'espressione di un
               accordo spontaneo con il mondo, è l'espressione
               di un'armonia naturale di cui l'uomo è parte.
               La musica ha in sé una primordiale forza di
               attrazione e questo significa che chi la compone, ma
               anche per chi la ascolta, esaminare la solidità
               del mondo della quale, allora, avevo molto
               bisogno. Ma
               in che modo viene attratta la tua sensibilità
               musicale, cosa ti colpisce della musica? Penso
               che la sensibilità sia attratta dagli aspetti
               timbrici e ritmici della musica. Sono elementi
               semplici, ma capaci di evocare in modo immediato delle
               corrispondenze e di suscitare inoltre espressioni
               motorie e gestuali che ne amplificano ulteriormente
               l'espressività. La voce, i movimenti del corpo,
               i gesti erano la cosa che più mi attraeva di
               quegli spettacoli. Se
               non sbaglio i movimenti melodici, le cadenze ritmiche,
               il timbro sono gli elementi che insieme concorrono a
               creare la musicalità del linguaggio
               poetico? Sì,
               mi sono dedicato interamente a questi aspetti
               dell'arte. Nei Diari, in effetti, appare questa mia
               estrema sensibilità per l'elemento musicale del
               linguaggio. Quasi nessuna delle parole che scrivo
               è adatta alle altre, sento come le consonanti
               stridono tra loro con suono di latta e le vocali le
               accompagnano col suono del canto come negri
               all'esposizione. I miei dubbi stanno in cerchio
               intorno a ogni parola. Sono
               ammutolita... Mi pare di cogliere l'assoluta
               importanza della musicalità come elemento
               privilegiato di comunicazione espressiva nel
               linguaggio, sembra quasi che tu cerchi di assimilarla
               e farla propria sull'esempio dei classici? La
               mia non è una ricerca di analogie musicali,
               quella tipica degli espressionisti. Nella prosa sdegno
               ogni effetto musicale, ma questo esprime in pieno
               l'effetto della musica. La prosa è il risultato
               dell'attenzione a ogni parola, a ogni sillaba in cui
               non vi è distinzione tra forma e contenuto,
               poiché la forma stessa è intrinsecamente
               produttrice di senso. Per me ogni periodo, ogni
               parola, se mi è lecito, ogni musica è
               collegata con l'angoscia. Nei
               Diari e nelle Lettere sembri molto attento
               all'ambiente acustico, intendo sia la musica sia i
               rumori che ti circondano? Sono
               lo spunto per riflettere su me stesso, sul mio bisogno
               di tranquillità e di solitudine, sulla mia
               incapacità di integrarmi con il mondo
               circostante. Questa mia spiccata sensibilità
               non fa altro che rendermi estremamente suscettibile
               nei confronti della multiforme vitalità sonora
               del mondo esterno. A certi rumori non vi è
               sonno di scrittore o di musicista che possa loro
               resistere. È questo il caso dei topi, quel
               popolo spaventevole, muto e rumoroso. Credo
               però che tu apprezzi di più "il silenzio
               della musica", tu stesso l'hai ammesso qualche volta,
               non è vero? Il
               fastidio che provo verso il mondo acustico spesso
               è il riflesso della mia naturale inquietudine.
               Fa vacillare la pace che a volte riesco a conquistare,
               nei momenti in cui provo fastidio è come se il
               mondo fosse tutto nel luogo dal quale proviene il
               rumore. Mi sento dentro un tamburo sul quale si batte
               di sopra e di sotto, ma anche dai lati. Non esiste
               sulla terra tante pace quanta occorre a me. Vorrei
               nascondermi per almeno un anno col mio quaderno e non
               parlare più con nessuno. Scrivere, purtroppo,
               è aprirsi fino all'eccesso. Quando si scrive
               non si è mai abbastanza soli, quando si scrive
               non si può mai avere abbastanza silenzio
               intorno, la notte è ancora troppo poco
               notte. Mi
               sembra di capire che la musica può essere anche
               una distrazione? Lo
               diventa quando non mi permette di ascoltare la mia di
               musica, quella interiore, e di trasformarla in
               scrittura. Però il rumore, in sé, ha
               anche qualcosa che stordisce. Il fatto che a un rumore
               superato, in seguito, alla densità del mondo ne
               subentra sempre uno nuovo da superare, in una sequenza
               senza fine. L'universo acustico è portatore di
               significati che lo trascendono. Ti
               definiresti privo di sensibilità
               musicale? Il
               lato essenziale della mia mancanza d'orecchio è
               che non so godere la musica in continuità,
               soltanto qua e là essa provoca in me un effetto
               che molto raramente è musicale. La musica udita
               erige intorno a me un muro e l'unico influsso musicale
               durevole che subisco è questo: così
               imprigionato sono diverso da quando sono libero. A
               volte, assistevo agli spettacoli quasi privo di sensi,
               era il momento in cui pensavo che non avrei più
               potuto annoiarmi ascoltando musica. Mi definisco privo
               di sensibilità musicale nel contesto della
               musica colta. Mi sento imbarazzato perché non
               sono in grado di cogliere e comprendere con
               compiutezza il complicato linguaggio dei suoni. Non
               capivo niente di musica così, quando ci si
               trovava tra amici che improvvisamente suonavano,
               scorrevo da solo la collezione di cartoline illustrate
               di Samuel o leggevo il giornale. Questo ha l'aspetto
               di una tragedia umana affine o identica al non saper
               piangere, al non saper dormire. Nel
               tuo rapporto con la musica, come spiegheresti il
               fallimento nei confronti dell'esistenza,
               dell'incapacità di vivere? Da
               parte mia non ci fu neanche la minima condotta di vita
               che in qualche modo si facesse valere. Sembrava che a
               me come a tutti gli altri fosse dato il centro del
               cerchio e come tutti gli altri io dovessi percorrere
               il raggio decisivo e poi tracciare il bel cerchio.
               Invece ho preso sempre la rincorsa verso il raggio, ma
               sempre ho dovuto interromperlo. Alcuni esempi: il
               pianoforte, il violino, le lingue, la germanistica,
               l'antisionismo, il sionismo, l'ebraico, il
               giardinaggio, la falegnameria, la letteratura, i
               tentativi di matrimonio, la propria
               abitazione. Per
               concludere, queste sono parole tue: 2Sprofondato nel
               profondo della notte-affondo nella notte-in piedi da
               solo sotto il cielo-sento il freddo del ghiaccio sul
               mio viso-guardo le ore passare-le ore passare-tu
               dormi, dormi in un letto sicuro-accoccolata e
               protetta, protetta dalla vista-sotto un tetto
               sicuro-nel profondo della tua casa-ignara dei
               cambiamenti della notte-di notte-sento
               l'oscurità che respira-avverto la placida
               disperazione-ascolto il silenzio, la notte-ci deve
               essere qualcuno là-ci deve essere qualcuno
               là-qualcuno doveva stare
               là... Essere
               musicali vuol dire essere aperti verso il mondo,
               essere in grado di saper cogliere con immediatezza
               ciò che da esso ci viene di più vero, di
               più autentico, essere in grado di comunicare il
               proprio mondo interiore. Io sono come un punto che non
               ha niente di allettante, dove me ne sto senza
               felicità e infelicità, senza merito
               né colpa, soltanto perché mi hanno messo
               là. |