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- Profumo di
viole
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- La primavera in città arriva di
soppiatto.
- Un giorno il cappotto ti dà fastidio e
capisci che l'inverno è finito. Le strade, le
case, la metropolitana: tutto resta perfettamente
uguale. Grigio come sempre.
- Ma se ti spingi per i sentieri sulla collina,
di tanto in tanto una folata di vento ti porta il
profumo della terra umida, dell'erba appena spuntata.
E delle viole.
- Ricordi? Lo stesso profumo che, una primavera
di tanti anni fa, entrata prepotente dalla finestra
spalancata: una ragazzina del primo anno di liceo si
cimenta con un passo di Cicerone; di tanto in tanto
sbuffa, sospira e rimane a fissare la strada di
periferia, bianca, abbacinata dal sole.
- Come si fa a studiare con un sole
così?
- Ecco, anche il libro di latino è caduto
a terra.
- E questa cos'è?
- Una lettera. È per lei. È
sgusciata fuori dal libro. Qualcuno deve avercela
infilata all'intervallo. Ma chi?
- Strappa in fretta la busta e gli occhi corrono
subito alla firma: Andrea.
- Possibile? Andrea è uno dei grandi, fa
il penultimo anno. Ed è bello, il più
bel ragazzo del liceo.
- Possibile che fra le tante ragazze che gli
cinguettano intorno abbia notato proprio lei, che
è poco più che una bambina, troppo magra
e troppo cresciuta, lei che si sente così goffa
nelle lunghe gonne a pieghe e così bruttina per
via di quel caschetto di capelli bruni e lisci che
incorniciano un visetto spaurito, a cui non è
ancora concesso nemmeno un velo di cipria?
- Sarà uno scherzo.
- Invece no. Dentro la busta c'è una
poesia, una poesia tenerissima che Andrea ha composto
per lei. E una viola.
- Da quel giorno alzarsi presto non le
pesò più. Arrivava a scuola tra i primi
piena di trepidazione. Le aule, i corridoi, i banchi
del vecchio liceo, tutto le pareva bellissimo e
durante le lunghe ore di lezione non poteva che
pensare alla stessa cosa: troverò anche oggi la
lettera?
- Poi, a casa, si chiudeva in camera sua, buttava
all'aria libri e quaderni finché trovava il suo
piccolo tesoro.
- E la sera rimaneva a lungo sveglia, in silenzio
per non svegliare la sorellina che accanto dormiva il
sonno tranquillo e profondo di bambina, sul cuore
stringeva la lettera che profumava anch'essa di viole,
persa dietro a sogni più grandi di
lei.
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- Ormai la primavera era nel suo pieno fulgore.
Un giorno Andrea all'uscita dalla scuola le si
avvicinò con una scusa qualsiasi, ma era
emozionato, arrossiva come un ragazzino. Iniziò
ad accompagnarla fin quasi sulla porta di casa,
parlavano di tante cose e tutto riusciva meraviglioso.
Erano giorni magici quelli.
- «Il suo profitto ha subito una flessione.
Lei è spesso distratta, signorina» la
rimproveravano gli insegnanti.
- Ma cosa ne potevano sapere quei vecchi
professori di quel dolce stordimento, di quel
languore, di quel batticuore?
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- Ormai era arrivato giugno. Lei, come tutti gli
anni, doveva passare l'estate nella casa in collina
dei nonni, Andrea andò al suo paese d'origine,
in meridione.
- In ottobre, alla riapertura delle scuole,
Andrea non c'era: le dissero che la famiglia era stata
trasferita in una città piuttosto
lontana.
- Non lo vide mai più. Non seppe
più nulla di lui.
- Chissà se anche a lui, quando una folata
di vento gli porta gli effluvi della campagna, ritorna
il ricordo di quella primavera!
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- La notte insonne dei
girasoli
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- Notte di sabato. Sono una delle tante mamme in
ansia. Il silenzio in casa è interrotto solo
dal russare cadenzato di mio marito. Domani (oggi,
anzi) giurerà di essere rimasto sveglio ad
aspettare i ragazzi.
- A quest'ora alla tv proiettano vecchi films,
è il premio per chi resiste impavido alla
paccottiglia di prima serata. Inganno l'attesa con
«I Girasoli» e affiorano i ricordi: è
la prima volta che vado al cinema con Paolo. La sera,
mi giro e mi rigiro nel letto. Cosa mi succede? Io
sono della generazione del «dopo Carosello tutti
a nanna» non ho mai perso un sonno. Quando ho
cercato di far nottata a studiare sono immancabilmente
crollata sui libri. E ora perché quel
batticuore, quelle sensazioni nuove, sconosciute, che
non mi fanno chiudere occhio?
- Dissolvenza sulla Sofia nazionale china sulla
culla del figlio, vero e cinematografico. A me
ciondola la testa mentre allatto, quasi quasi crollo
come su quei benedetti libri!
- Figli piccoli, pensieri piccoli... morbillo,
varicella, rosolia... ancora notti in bianco.
- Quando arriva la pertosse, metto a frutto le
veglie forzate e mi preparo al concorso. Basta con le
supplenze e i doposcuola. Docente di ruolo finalmente,
che vuol dire stipendio così così e sede
chissà dove. Mi alzo che è ancora notte.
Quando l'aurora arrossa il profilo delle colline brune
sono già in viaggio da un pezzo.
- Incomincia la girandola dei trasferimenti per
guadagnare, anno dopo anno, qualche
chilometro.
- Ora insegno a due passi da casa e non faccio
più levatacce.
- Qualcosa si è perso per strada: un po'
d'entusiasmo l'incanto dell'Appennino, i giochi non
fatti con i miei figli.
- Si è fermata un'auto. Riconoscerei tra
mille quella di Marco. Non mi troverà alzata.
È il mio segreto del sabato sera.
- Poco dopo il tacchettio in corridoio annuncia
che anche Chiara è rientrata. Sempre più
tardi! Devo dirle qualcosa.
- «Mamma, non ti sembra che sia grande
abbastanza?» so già che mi risponderebbe
così. Meglio non muoversi e continuare a
fingere di dormire.
- Già, grande. Pare ieri che giocava con
le bambole e pretende di essere grande. O sono io che
non voglio convincermi che la bambina che giocava con
le bambole è diventata una giovane donna che
sta cercando la sua strada?
- Paolo, nel dormiveglia, biascica qualcosa:
«Sono tornati i ragazzi?» e quando gli
rispondo di sì, «Ah, finalmente - aggiunge
con la bocca impastata di sonno - ero così in
ansia! Non sono ancora riuscito a chiudere
occhio!»
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