| 
             
            
            
               Profumo di
               viole La primavera in città arriva di
               soppiatto.Un giorno il cappotto ti dà fastidio e
               capisci che l'inverno è finito. Le strade, le
               case, la metropolitana: tutto resta perfettamente
               uguale. Grigio come sempre.Ma se ti spingi per i sentieri sulla collina,
               di tanto in tanto una folata di vento ti porta il
               profumo della terra umida, dell'erba appena spuntata.
               E delle viole.Ricordi? Lo stesso profumo che, una primavera
               di tanti anni fa, entrata prepotente dalla finestra
               spalancata: una ragazzina del primo anno di liceo si
               cimenta con un passo di Cicerone; di tanto in tanto
               sbuffa, sospira e rimane a fissare la strada di
               periferia, bianca, abbacinata dal sole.Come si fa a studiare con un sole
               così?Ecco, anche il libro di latino è caduto
               a terra.E questa cos'è?Una lettera. È per lei. È
               sgusciata fuori dal libro. Qualcuno deve avercela
               infilata all'intervallo. Ma chi?Strappa in fretta la busta e gli occhi corrono
               subito alla firma: Andrea.Possibile? Andrea è uno dei grandi, fa
               il penultimo anno. Ed è bello, il più
               bel ragazzo del liceo.Possibile che fra le tante ragazze che gli
               cinguettano intorno abbia notato proprio lei, che
               è poco più che una bambina, troppo magra
               e troppo cresciuta, lei che si sente così goffa
               nelle lunghe gonne a pieghe e così bruttina per
               via di quel caschetto di capelli bruni e lisci che
               incorniciano un visetto spaurito, a cui non è
               ancora concesso nemmeno un velo di cipria?Sarà uno scherzo.Invece no. Dentro la busta c'è una
               poesia, una poesia tenerissima che Andrea ha composto
               per lei. E una viola.Da quel giorno alzarsi presto non le
               pesò più. Arrivava a scuola tra i primi
               piena di trepidazione. Le aule, i corridoi, i banchi
               del vecchio liceo, tutto le pareva bellissimo e
               durante le lunghe ore di lezione non poteva che
               pensare alla stessa cosa: troverò anche oggi la
               lettera?Poi, a casa, si chiudeva in camera sua, buttava
               all'aria libri e quaderni finché trovava il suo
               piccolo tesoro.E la sera rimaneva a lungo sveglia, in silenzio
               per non svegliare la sorellina che accanto dormiva il
               sonno tranquillo e profondo di bambina, sul cuore
               stringeva la lettera che profumava anch'essa di viole,
               persa dietro a sogni più grandi di
               lei. Ormai la primavera era nel suo pieno fulgore.
               Un giorno Andrea all'uscita dalla scuola le si
               avvicinò con una scusa qualsiasi, ma era
               emozionato, arrossiva come un ragazzino. Iniziò
               ad accompagnarla fin quasi sulla porta di casa,
               parlavano di tante cose e tutto riusciva meraviglioso.
               Erano giorni magici quelli.«Il suo profitto ha subito una flessione.
               Lei è spesso distratta, signorina» la
               rimproveravano gli insegnanti.Ma cosa ne potevano sapere quei vecchi
               professori di quel dolce stordimento, di quel
               languore, di quel batticuore? Ormai era arrivato giugno. Lei, come tutti gli
               anni, doveva passare l'estate nella casa in collina
               dei nonni, Andrea andò al suo paese d'origine,
               in meridione.In ottobre, alla riapertura delle scuole,
               Andrea non c'era: le dissero che la famiglia era stata
               trasferita in una città piuttosto
               lontana.Non lo vide mai più. Non seppe
               più nulla di lui.Chissà se anche a lui, quando una folata
               di vento gli porta gli effluvi della campagna, ritorna
               il ricordo di quella primavera!  La notte insonne dei
               girasoli Notte di sabato. Sono una delle tante mamme in
               ansia. Il silenzio in casa è interrotto solo
               dal russare cadenzato di mio marito. Domani (oggi,
               anzi) giurerà di essere rimasto sveglio ad
               aspettare i ragazzi.A quest'ora alla tv proiettano vecchi films,
               è il premio per chi resiste impavido alla
               paccottiglia di prima serata. Inganno l'attesa con
               «I Girasoli» e affiorano i ricordi: è
               la prima volta che vado al cinema con Paolo. La sera,
               mi giro e mi rigiro nel letto. Cosa mi succede? Io
               sono della generazione del «dopo Carosello tutti
               a nanna» non ho mai perso un sonno. Quando ho
               cercato di far nottata a studiare sono immancabilmente
               crollata sui libri. E ora perché quel
               batticuore, quelle sensazioni nuove, sconosciute, che
               non mi fanno chiudere occhio?Dissolvenza sulla Sofia nazionale china sulla
               culla del figlio, vero e cinematografico. A me
               ciondola la testa mentre allatto, quasi quasi crollo
               come su quei benedetti libri!Figli piccoli, pensieri piccoli... morbillo,
               varicella, rosolia... ancora notti in bianco.Quando arriva la pertosse, metto a frutto le
               veglie forzate e mi preparo al concorso. Basta con le
               supplenze e i doposcuola. Docente di ruolo finalmente,
               che vuol dire stipendio così così e sede
               chissà dove. Mi alzo che è ancora notte.
               Quando l'aurora arrossa il profilo delle colline brune
               sono già in viaggio da un pezzo.Incomincia la girandola dei trasferimenti per
               guadagnare, anno dopo anno, qualche
               chilometro.Ora insegno a due passi da casa e non faccio
               più levatacce.Qualcosa si è perso per strada: un po'
               d'entusiasmo l'incanto dell'Appennino, i giochi non
               fatti con i miei figli.Si è fermata un'auto. Riconoscerei tra
               mille quella di Marco. Non mi troverà alzata.
               È il mio segreto del sabato sera.Poco dopo il tacchettio in corridoio annuncia
               che anche Chiara è rientrata. Sempre più
               tardi! Devo dirle qualcosa.«Mamma, non ti sembra che sia grande
               abbastanza?» so già che mi risponderebbe
               così. Meglio non muoversi e continuare a
               fingere di dormire.Già, grande. Pare ieri che giocava con
               le bambole e pretende di essere grande. O sono io che
               non voglio convincermi che la bambina che giocava con
               le bambole è diventata una giovane donna che
               sta cercando la sua strada?Paolo, nel dormiveglia, biascica qualcosa:
               «Sono tornati i ragazzi?» e quando gli
               rispondo di sì, «Ah, finalmente - aggiunge
               con la bocca impastata di sonno - ero così in
               ansia! Non sono ancora riuscito a chiudere
               occhio!»      |