Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Mauro Trapasso
Con questo racconto ha vinto il terzo premio del concorso Città di Melegnano 2002, sezione narrativa

L'ultimo desiderio
 
La macchina, infuocata dall'ira e dall'incomprensione viaggiava sinuosa e ribelle lungo l'infido percorso. La strada ghiaiosa e la notte nefasta avrebbero in poco tempo "rapita" un'altra vita dalla landa terrena. L'angoscia dilaniava la ragazza, violentata da un branco di sciacalli: nella serata dedicata alle debuttanti. La vergogna agguantò la giovane incapace di vivere una vita tormentata dal turpe ricordo che, l'avrebbe agghiacciata e resa schiava all'infinito. La morte, irradiò la sua essenza, desiderosa di purificarsi dal puzzo donatogli da rampanti maiali. Tutto ebbe fine e la vita s'annullò: dopo il tremendo impatto contro il guardrail. La fiammante mercedes e la giovane debuttante in un connubio di morte s'infuocarono e volarono al di sotto della tetra scogliera. Il giorno dopo, la notizia del suicidio di una diciottenne troppo sensibile, avrebbe scosso momentaneamente i mass media. Dopo una settimana, costei fu posta nel cestino della dimenticanza: mentre barbari sciacalli multicolori continuavano a violentare altre dignità... Seguirono altri suicidi di giovani ed avvenenti ragazze. Seguirono altre interrogazioni senza discernere i veri motivi, che fanno compiere gesti drastici ed inconsulti. Seguirono altre barbarie...
 
Da cinque ore, leggevo il primo romanzo di una giovane scrittrice. Costui, mi rapì la mente e con la fantasia volavo verso spiagge dorate dall'amore. L'ultimo desiderio... era stato tradotto in molte lingue. L'ultimo desiderio, aveva venduto in pochi mesi cinque milioni di copie. Il cartaceo, era stato scritto da una mia amica che, in gioventù aveva abitato nel mio spoglio paese. L'agghiacciante romanzo, ... consacrò nel mondo Letterario la mia amica balbuziente.
Non vedevo Manuela da quindici anni. Costei era oramai irraggiungibile. Manuela era una donna che, riuscì a fuggire da una realtà infida ed insensibile. Ricordo ancora le sue ultime parole prima dell'addio definitivo e la sua voglia di riscatto in un posto solare. "Caro amico, non piangere", mi ripeteva con il volto rigato dalle fredde lacrime della falsità umana: che la bruciavano. "Come farò senza di te? Come andrò avanti Manuela...? Quando uscirò... dal baratro della timidezza?!". Lei a quel punto espresse il mio ultimo desiderio! Il motivo di restar vivo, e continuare a sperare che, dal firmamento un coro d'angeli giungesse ad alleviare le sofferenze dalla mia caduca persona.
"Oramai sei un uomo..." mi ripeteva.
"Tornerai a trovare un tuo pezzo di cuore?"
"Ormai hai ventitré anni... ed il motivo del nostro distacco: lo analizzerai soltanto tra molti anni. Allora... capirai!"
"Non ti capisco", farfugliavo amaramente.
"Capirai, capirai. Sappi soltanto che, l'ultimo desiderio lo dovrai esprimere al momento opportuno. L'ultimo desiderio, lo dovrai rivelare ad una persona amata. Lo dovrai cullare, per lustri... anni, fino al fatidico momento! L'ultimo desiderio è...? ... Addio!"
Queste furono le ultime parole della mia amica balbuziente. Come d'incanto, Manuela svanì dalla vista di un ragazzo timido fino all'inverosimile... timoroso della vita e del suo veleno o gaudio.
Si dissolse e volò lontano da un paese colmo di pregiudizi che, invece d'aiutare le persone deboli: le lasciano in balia dei mari impetuosi dell'emarginazione. Manuela, abbandonò la mia anima che, viveva soltanto per vedere la luce infinita: insita in una ragazza elevata. Manuela si stemperò dalla mia vita, ed al suo posto, comparve lo spettro della tristezza e l'amica malinconia... ammaliò la mia esistenza.
Col passar degli anni e grazie all'amica bottiglia che, distoglieva dalla mente: l'immondizia insita nella mia città! Cominciai a dimenticare l'amica amata. Cominciai ad obliare le sue ultime parole ed esecrai il suo messaggio. Era bello bere in compagnia fino all'ultima stilla di vino e "giornalmente" navigare il bel mare dei vari liquori o cocktail. Quando bevevo m'ergevo al di sopra della mia timidezza e dimentico dei pregiudizi altrui: viaggiavo verso lidi diafani ed avventurosi. Nella cosmica notte, scrivevo poesie e racconti di vita di un ragazzo timido che, sperava di diventare "qualcuno!" Nell'alba rinascente, scrivevo poesie e racconti da inviare a qualche casa editrice. Nel vespro serale, con la comparsa delle prime nubi infernali... affogavo nel rhum e nel bacardi i miei desideri infranti. La scrittura, fin dalla tenera infanzia, fu il mio deterrente, nei confronti di un mondo: dominato dall'ostentazione e dall'indifferenza.
La lettura, era da sempre, la mia migliore amica. Con lei navigavo le amene vette: dominate dalla saggezza di uomini immortali.
Affondai la vita reale: ed innalzai un mondo di sogni che, mi portavano verso l'annullamento. Continuai a bere... a sbronzarmi di rabbia ed alienazione nei confronti di un mondo superficiale. Continuai a frequentare l'amica malinconia ed abbandonai l'amata lettura... impossibile da decifrare nelle catastrofiche condizioni che, ti crea l'alcool. Nel contempo, continuai a scrivere versi lamentosi: rivolti alla mia esistenza. Rimembrai il passato ed i calci inferti ad un pallone; l'amata scuola, abbandonata per l'incomprensione: creata dalla timidezza. "È brutto arrossire e dimenticare le lezioni studiate!" Rimembrai i verdi campi, dove correvo in compagnia d'amici e le speranze di un ragazzo timido che, solo come un cane bastonato... Affogava nel suo strazio interiore la mesta vita!
Impossibilitato, suo malgrado, ad aprire la porta del dialogo. Ricordai il paese oramai spoglio d'anime giovanili. Pensai alla vita sognata da ragazzo: m'alienai alla non vita cui, la mia anima fu destinata. Ricordai, rimembrai: lodai la morte che, divenne un'amica ed odiai la vita. Nella stamberga della stazione, era normale bere in compagnia di uomini e donne senza ricordi. Era normale cercare il conforto di donne disponibili. Donne che, senza amore, t'aiutano ad ore a sbarcare le pene terrene. "È facile, giungere in fondo al dirupo... difficile è risalire l'irta roccia della moralità umana." Arenavo, affondavo... ed alla fine del naufragio; uno spiraglio Divino, una illuminazione Superiore: mi rammentarono le parole dell'amica, dimenticate nei tetri meandri della mia anima. Anima invasa da anni da alcool ed inedia... che, all'improvviso: ritrovò la luce!.
"L'ultimo desiderio!" Ripetevo a me stesso.
"L'ultimo desiderio!..."...
Ed ancora, per ore ed ore...: "L'ultimo desiderio!"
Non riuscivo a capire... non riuscivo a decifrare la persona che lanciò quella frase. Sospeso nel baratro dell'emarginazione, aggrappato allo scoglio della speranza: cominciai a ricordare la dolce e balbuziente Manuela. Cominciai a rimembrare le mie note stonate che, dal momento della sua partenza atterrirono la mia vita! Cominciai a ricordare le sofferenze morali: inferte alle nostre anime di diversi!?!... Cominciarono a sgorgare lacrime calde dal cuore di un clochard, intrise, a mille frecce infuocate d'ira. La voglia di rivincita, nei confronti di un mondo crudele: cominciò a trafiggere la mia timidezza.
Il giovane albero, bruciato dal fulmine della moralità umana, da insani e lividi problemi dovuti alla sua irrequieta adolescenza: rivide, lo sprazzo di luce donatogli dall'amica balbuziente; seguì i consigli e le virtù di costei. Ricordai, che Manuela era lo zimbello del paese e le mie pene, al suo confronto, erano problemi veniali. Manuela era derisa e del suo handicap, si beavano bambini incoscienti. Manuela andò via, perché della sua balbuzia si beavano ragazzi deficienti. Io, ero soltanto una timida radice!
 
Avevo vinto la scommessa con me stesso. L'uomo emerse dalle profondità della mente, ed il clochard barbuto che, aveva abbandonato da anni "tutta la benamata famiglia", in un bel pomeriggio di maggio... nel mese dei fiori dai mille colori che ammantavano i verdi campi del suo paese... riabbracciò la vecchia madre. Portò dei garofani rossi, sulla tomba di un uomo: al qual chiese perdono! Inviò fiele, a gente colma di paura e di pregiudizi. Portai amore, a vecchi amici, cui raccontai l'avventura di un uomo: partito alla ricerca del successo e ritornato senza sogni. Dopo anni di sbandamento; anni di costrizione morali: ed un lungo periodo d'adattamento ad una condizione sociale ristretta!
Soltanto un libro avevo salvato dalla mia avventura. Costui, l'avevo dattilosritto molti lustri precedenti. Per costui, lasciai il paese alla ricerca di un editore. Il libro, avvolto in un ritaglio d'un consunto giornale, s'intitolava: "Gnòti Sautòn!" Il libro, era un saggio filosofico che, prendendo lo spunto dall'ammonimento delfico... affondava le barbarie umane e proclamava la gioia terrena.
Lo scartocciai, dal lurido pezzo di giornale. L'abbracciai al minuto petto e con lui trascorsi la prima notte di quiete:
dopo anni d'inumane privazioni.
Quella notte, era libera dal freddo e dalla paura di morire, per colpa di uomini senza cuore. Quella notte, le calde coperte materne avvolsero le mie membra e la mia anima riassaporò la gioia di una casa. Mi svegliai all'alba ed intravidi: l'aurora rosata.. Piansi, col tormento, che mi portavo dentro. Amai, il piccolo e consunto ritaglio di giornale; servito a proteggere il saggio, dalla polvere: dell'inafferrabile tempo. Dal ritaglio, gettato sul pavimento: spuntava un abbagliante elzeviro...
... dove era scritto a caratteri cubitali: "La nuova stella della letteratura e della suspense mondiale si chiama Manuela Savion". Ed ancora: "Col suo primo romanzo, intitolato: l'ultimo desiderio e dedicato ad un suo vecchio amico scomparso da quindici anni. La scrittrice ha venduto cinque milioni di copie in tutto il mondo."
"Amico scomparso", balbettai! "Dov'ero, in quel lasso di tempo?" Ed ancora: "Allora è vero che l'alcool "alla lunga" brucia il cervello."
La cara madre mi delucidò sugli innumerevoli accadimenti: sulla disperata voglia di Manuela di appurare una bella o brutta realtà. L'amica della pubertà e la silhouette di una balbuziente, mi cercavano invano da molti anni. Per molti ero morto... per altri non ero mai esistito! Per lei, ero rimasto il suo unico amico.
"Hallo... Pronto... Hallo... Pronto...?"
"Ciao sono Roger" risposi sommessamente.
"Se è uno scherzo, è di cattivo gusto!"
"Manuela, come sta il tuo "bel" Rogerino?"
Rogerino, era l'appellativo che diedi al fondoschiena della mia amica scrittrice. Le piaceva molto il mio nome! Ed allora...
"Allora sei pronto Roger! Soltanto Roger conosceva quel nome!"
"Chi credevi Siddharta o Cappuccetto rosso!"
"Ma sapevo!... Credevo! Hanno detto che eri..." seguì il silenzio.
"Che ero morto? C'è mancato poco!..."
"Dove sei stato? Dove sei? Roger, sono anni che ti cerco."
"Ora sono a casa. Per anni ho naufragato nella melma...
Ero partito per diventare uno scrittore. Ero fuggito da un posto colmo d'ipocrisia per, detergere il mondo di sogni. Sono tornato a casa, da emerito fallito. Senza un soldo e confuso dalle gioie momentanee ed ingannevoli dell'iridescente bottiglia."
"Non dire così! Non ti affliggere..."
"Cara Manuela, soltanto una cosa ho capito: dopo aver sofferto e vissuto anni nefasti! Soltanto l'ironia e l'autoironia: ... m'hanno salvato dall'autodistruzione."
"Roger, domani mattina prenderò il primo volo per Roma e nel pomeriggio ti raggiungerò."
"Fai presto a venire, altrimenti riprendo il viaggio. Questa volta, invece di fare lo scrittore, diventerò un illustre poeta, alla ricerca della sua "vera" dimensione."
"Aspettami ironik... ho delle grandi novità per te!"
"Okay Manuela... okay amica. Ci vediamo domani."
"A domani, poeta senza patria."
"A domani, scrittrice famosa. Un abbraccio da un poeta-scrittore senza un soldo ma, con la coscienza pulita e la vista autoironik."
Riattaccai la cornetta e m'accinsi a rincontrare le inutili e vuote esistenze d'esseri ipocriti. Erano quindici anni, che avevo lasciato un piccolo paese: circondato dalle insensibili montagne e battuto dai freddi venti. Nulla era cambiato, l'ipocrisia e l'invidia, che albergavano nei vacui corpi d'esseri stolti: erano ancora lì! Ed io, chiedevo ed elucubravo alla mia anima ribelle... il senso del mio ritorno in una landa dimenticata da Dio; lo scopo della mia vita; il senso della gente che, viveva in un contesto sociale altamente falsificato. Gente, che con l'odio e l'arroganza creava elaborati ed arzigogolati pensieri, destinati a compromettere la dignità altrui. Gente, che cercava il potere politico e religioso e con bui sofismi: riusciva a fare il bello e cattivo tempo, a discapito dell'inerme popolazione. Fece, che riformava articoli e dettava legge, come al tempo del nero flagello. Era il tempo della falsità che cambiava la moralità e la dignità ed imputridiva i veri sermoni dell'uguaglianza etnica. Lo spoglio paese, prolificò di pece straniera, fuggita da malsane carceri. Pece che sfruttava, violentava, inermi ragazze straniere. Clan maledetti che, vendevano al miglior offerente corpi d'adolescenti, rapite e rivendute! Costrette a soddisfare: schifose voglie d'esseri che, formavano la società globale. Grazie all'aiuto dei mafiosi nostrani... ed altri sporchi animali a due zampe...
"i malfattori stranieri la facevan da padrone in un paese destinato alla rivoluzione dell'anima!" Ricordai, la mia gioventù ed il tempo perduto. Ricordai, la mia vita ed il tempo bruciato. Lodai il mio cuore che, in una cinerea alba; decise di ripartire; decise di fuggire: da un paese che, gli faceva schifo. Decise d'andar via da un'epoca malsana... innalzante al funesto vento: le ingiustizie. Terra, che detestava le calde parole di scrittori e vati: intrise di diritti paritari.
Ed alla fine di montagne cariche di fiele. Alla morte di sogni infranti e mix di carichi depressivi. Alla fine di ansie affogate nei caldi ma, ingannevoli fiumi alcolici. Percepii, che l'esistenza è soltanto una spirale anormale. Capii, che la vita, comunque nasca il solco: val la pena d'esser vissuta... soltanto per elevare al mondo i veri ideali che giacciono in noi. L'aria di Parigi, era densa di smog e bruma mattutina.
Manuela, abitava al centro della bellissima città. Viveva in un superattico dal quale intravedeva la Torre che Aiffel, decise d'erigere. Scrutava le altre bellezze architettoniche... Intravedeva la vita fluire e la frenesia, con la quale alimentava la città. Palpava l'ansia e lo stress mattutino: d'operai e finanzieri d'alta quota. Amava, la calma e la pacatezza di artisti che dipingevano: opere surreali, in via della libertà. Manuela arrivò a Fiumicino, alle 15,30 d'un infuocato pomeriggio. La gaiezza ed il suo sorriso: ammantarono di vita il mio viso! Un caldo abbraccio e due baci prolungati m'invasero: trafiggendo i miei tristi pensieri. Una sorpresa desiderata ed a lungo cercata in terra; mi sollevò dalla mera e fosca realtà... in cui, da anni... ahimè: soggiacevo!
"Ti ricordi le mie ultime parole?" Mi disse.
"Vagamente... ricordo che dovevo esprimere un desiderio e rivelarlo ad una persona amata!" Risposi.
Lei, con gran pacatezza ed un sublime savoir-faire, rispose: "va bene Roger... sei pronto?! L'ora è giunta!"
"Pronto! Pronto per cosa...? Amica non ti capisco."
"Quale desiderio esprimi! Sbrigati... È ora di...! ...."
"Non ho nessun desiderio... ormai è tardi per sognare!"
"Ormai è ora di cominciare a sognare... amico che proclami: la caduta dei valori morali e del sommo sogno!"
"Cara Manuela, è facile sognare!? Forse, è facile sognare per una persona senza problemi impellenti: d'adattamento alla vita?! È facile sognare, quando lavori e non hai problemi quotidiani!? È facile sognare, quando sei potente e non te ne frega niente della massa!" Continuai, nel mio impeto: emanante rabbia e ribellione: "È facile sognare... quando stai bene, e non vuoi capire le sofferenze altrui!?"" Sempre, con un'irreale pacatezza... Manuela rispose: "caro Roger, credo, che il tuo ultimo desiderio: a questo punto lo esprimerà Dio!" Proseguendo nel discorso, una luce radiosa cominciò a fluire dalla sua bocca. Un fascio fulgente avvolse le nostre identità. Fu allora, alla vista di una donna infuocata da suoni aritmici, che provenivano dall'alto. Allora compresi... dissi: "Sei un Angelo!" Lei, sempre con una lentezza invidiabile... Senza destare: paura, fragilità, ipocrisia ed altre negatività, mi portò al di sopra della spoglia brughiera terrena. Mi lasciò sopra una candida nuvola, carica di Luce Divina. Con lei, galleggiai lontano dalle perpetue ingiustizie!.
"Ero a letto. Un tremendo scossone, mi riportò nell'insulsa realtà! All'improvviso, mia madre mi svegliò, ed urlò all'orecchio: "Alzati... sbrigatiiiii! È ora d'andare al lavoro! Sono le 6,30..." Ed io... risposi: "È ora del robot... è ora di timbrare un lurido cartellino. È ora di fare la rivoluzione! È ora di morire per gl'ideali." Mi vestii, mi lavai e nel frattempo: una macchia rossastra infuocò d'ambrosia (il nettare degli Dei), un romanzo già letto nel mondo onirico. Il titolo era cambiato ed era scritto col sangue coagulato: d'etnie emarginate. Il titolo del romanzo era: "Uomo del terzo millennio... qual è: il tuo ultimo desiderio terreno?!". Ricominciai a sognare... ricominciai a scrivere... ...ricominciai... ...a vivere!?!".
 
Dedicato alla mia anima!
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 Ins. 10-01-2003