- SENZA
TEMPO
-
-
- Breve ouverture
-
- "Pronto".
- La sua voce assonnata. Non come se
l'attendeva. Riflettendo era sempre così
quando lo chiamava: il tono non era mai stato
allegro, spensierato. La sua voce non era
squillante, piuttosto cupa, sempre annoiata, come
se fosse eternamente distratto.
- "Ciao Davide. Sono Giulia".
- Aveva deciso: quella telefonata avrebbe
terminato la loro relazione.
- Ma sentiva che era debole. Ancora.
- Molto.
- Soprattutto temeva che la sua tremola voce
la potesse tradire. Ma non aveva dimenticato, non
aveva perso di vista l'obiettivo: mettere la parola
fine alla loro storia, una storia mai realmente
cominciata.
- "Vorrei vederti stasera, se fosse
possibile".
- Sentì di aver commesso il primo
errore 'se fosse possibile', lei doveva vederlo e
lui doveva accettare l'incontro. Lei aveva una
forte esigenza, una necessità che scottava
sotto la pelle, e che la rendeva ansiosa, nervosa,
insopportabilmente frenetica.
- Si corresse prima che la pigrizia di Davide
suggerisse la risposta: "Dobbiamo assolutamente
vederci, stasera".
- Ma anche questo non servì
perché lui senza aggredirla, senza rifiutare
l'invito, semplicemente e dolcemente le
chiese:
- "Cosa c'è Giulia. Ti sento
nervosa".
- Non era nervosa, Giulia era furiosa, lo era
diventata nell'istante preciso in cui lui glielo
aveva chiesto.
- Lei aveva compreso che era in trappola. Di
già.
- Ma non doveva arrendersi. Giulia doveva
perseguire il suo scopo, e non poteva lasciarsi
intimorire dalla sua dialettica.
- "Davide vediamoci. Devo
parlarti..."
- La interruppe "...di noi".
- "Certo. Mi accorgo che ne sei cosciente"
precisò Giulia freddamente.
- "Giulia, ti prego - detestava il suo tono
supplichevole - di cosa vuoi parlare?".
- "Io devo parlarti. Davide mi stai facendo
perdere la pazienza, e non voglio. Invece voglio -
esitò un attimo, poi addolcendosi - vorrei
discutere con calma".
- "O.K., O.K. stasera alle dieci".
- "No. Alle nove. Ho prenotato al 'La
conchiglia'. Vieni a prendermi alle nove".
- La telefonata terminò bruscamente,
Giulia aveva lasciato la cornetta consapevole di
interromperla.
- Aveva ancora tre o quattro ore davanti a
sé: aveva bisogno di tutto questo tempo per
recuperare la calma, e riconcentrarsi sul loro
incontro.
- Aveva tempo. Credeva molto. Per questo si
concesse una pausa, un tuffo nel passato.
Sicuramente una rilettura degli episodi
vissuti.
- Erano lontani ma, si accorse, le avevano
lasciato segni sulla pelle, indelebili.
-
- Primi accordi
-
- Giulia era già diventata donna ma non
ne era cosciente. Aveva parcheggiato le sue
passioni in un angolo profondo dell'anima e si era
dedicata a costruirsi un avvenire.
- Aveva accanto un ragazzo, snello e biondo,
che ovattava di tenerezza, inconsapevole, la sua
realtà.
- Gli aveva donato se stessa e la sua
verginità, credendo fosse l'uomo giusto, ma
Giulia valeva molto di più.
- "Credo che Silvio non faccia per te" Monica
era spudoratamente sincera, non riusciva a
trattenere il suo dissenso. Ma Giulia non faceva
caso alle sue parole: Monica voleva sempre aver
ragione e lei, con presuntuoso distacco, pensava
che l'amica, a causa dei suoi studi di psicologia,
credesse di capire tutti ed esprimesse giudizi
gratuiti e, talvolta, eccessivi.
- Però il tempo le mostrò il
rovescio della medaglia, ripagandola amaramente:
Silvio aveva le sue crisi sul lavoro, lei, piccola
ninfa bruna, doveva stargli accanto.
- Su questo non c'erano dubbi. I problemi di
Giulia, semmai fossero esistiti, erano secondari,
banali. I problemi di Silvio, o meglio le sue
repentine e sempre più frequenti crisi
cominciarono a sfibrare il loro rapporto.
- I sentimenti si trasformarono, si
affievolirono lentamente. Il sesso, frequente
valvola di stress, divenne un campanello d'allarme,
ma soltanto per Giulia.
- La giovane donna cominciava a sentire una
profonda insofferenza.
- Dopo l'amore, a volte, provava un senso di
rabbia verso se stessa, per la sua debolezza, per
la sua incapacità di ribellarsi, di
finirla.
- Ed intanto erano trascorsi degli anni.
Cinque.
- Sentiva crescere un'insoddisfazione, una
leggera amarezza nel vedere passare il
tempo.
- In ufficio Giulia aveva possibilità
di stare a contatto con tanti uomini. Erano
giovani, spudorati e alcuni di loro si cimentavano
in un velato corteggiamento. Lei cominciò a
stare al gioco distrattamente, poi notò che
le piaceva.
- Stava crescendo inconsapevole il bisogno di
confrontare le sue sensazioni con altre: Silvio era
stato il suo primo ed unico uomo.
- Giulia non voleva ammettere che sentiva
nascere la curiosità di esplorare, di
esplorarsi. Altri uomini avrebbero potuto
risvegliare in lei qualcosa che aveva ancora
dentro, che tentava di far capolino, accennando a
venir fuori, ad esplodere... questo cercava di
fermare: l'insospettabile forza e il giustificato
timore di rivelarsi diversamente. Nel frattempo
giunse Federico. Veramente si conoscevano
già da tempo: lavoravano nello stesso
ufficio.
- Lui, nonostante avesse una ragazza, amava
giocare con le colleghe, con fare estroverso e
scanzonato.
- A Giulia piaceva per il suo modo di
affrontare la vita, per il suo sguardo che,
malizioso, posava su di lei, per il suo sorriso di
smorfie complici.
- Avevano sempre scherzato, senza mai fare
riferimenti personali, ma non fu così
quell'inaspettato pomeriggio. L'auto deviò
all'improvviso, senza premeditazione: complice la
sfida che Giulia lanciò durante il loro
gioco verbale.
-
- Quando Federico colse il suo sguardo
impaurito si eccitò e proseguì verso
una meta tranquilla. Intanto il pomeriggio
prometteva un temporale che non tardò a
venire: lontano echi di cani tirati a guinzaglio da
padroni colti senza ombrello, vicino qualche
motorino che passava rapido in cerca di
riparo.
- All'interno dell'auto, invece, Federico e
Giulia erano impacciati.
- Lei aveva temuto quel momento: Federico
aveva accettato la sfida, aveva fatto sul serio e
lei, ora, non poteva tornare indietro. Era
eccitata, confusa; si ritrovò a pensare a
tante cose, ma non si sentì
colpevole.
- Federico, altrettanto imbarazzato, le
sorrise cercando di vincerlo.
- Erano lì, pensò Giulia,
vicinissimi, ed inevitabilmente caddero in un
bacio. Timido, seppur eccitante.
- Il bacio si prolungò e le mani
cominciarono ad esplorare il corpo dell'altro, ma
finì presto.
- Federico ebbe dei rimorsi improvvisi. Per
non fermare bruscamente il loro approccio
clandestino Federico cercò qualche altra
effusione che si spense tra le mani.
- Giulia accettò la sua decisione, e
non aggiunse nessun commento: non avrebbe avuto
senso.
- L'auto a fari accesi percorse la strada in
senso inverso, quindi si fermò davanti il
portone di Giulia. Si salutarono come semplici
amici, consapevoli di custodire un
segreto.
- Giulia tornò a casa senza rimpianti e
senza colpa, ma con l'amaro in bocca. Lei aveva
cominciato ad assaporare qualcosa di nuovo, e lo
aveva trovato gustoso, delicato.
-
- Dentro di sé la certezza di voler
andare oltre. La voglia.
- Uscirono altre volte. Altre volte l'auto di
Federico si fermò in angoli appartati
strappando al tempo effusioni sempre più
audaci. Ma non altro.
- Federico non riuscì a fare l'amore
con lei.
- Giulia però sembrava stordita da
queste emozioni che stavano colorando la sua
tiepida esistenza. Ma voleva ancora attendere.
Voleva dare a lei e Silvio un'altra
possibilità: la doveva soprattutto al tempo
che era trascorso, ai sincronismi raggiunti, ai
ricordi accumulati, come le foto e gli amici in
comune.
- Si sentiva come una bambina disciplinata che
improvvisamente disubbidisce: nessuno avrebbe
sospettato di lei, perché riusciva a
sostenere il suo ruolo.
- Neanche la vecchia se stessa avrebbe creduto
a questa nuova donna, che era capace di
mentire.
- Si concesse l'ultima vacanza con Silvio. Fu
un inferno espiato lungo un percorso bellissimo:
l'agosto andaluso ed il mare portoghese.
- Una notte Giulia non riusciva ad
addormentarsi: Silvio era nel letto
accanto.
- Non si erano dati la buonanotte ed erano
distanti dopo l'ennesima discussione.
- Aveva gli occhi chiusi quando udì un
fruscio di lenzuola. Era Silvio: ebbe un attimo di
impotenza, non poteva accettare un riavvicinamento.
Rimase all'impasse e con l'orecchio in attesa... le
lenzuola continuarono a frusciare in maniera
regolare, allora capì ciò che stava
accadendo nel letto accanto.
- Silvio era sveglio, si accarezzava,
cercando, da solo, il sonno, forse, o forse
no.
- Si continuò a toccare, sempre
più freneticamente, fino a raggiungere
l'orgasmo. Lei lo sentì gemere nonostante
avesse cercato di soffocare il rumore, poi il
silenzio.
- Fu allora che Giulia si sentì
sconfitta. La verità le era giunta con
quella rivelazione, ma le faceva male. Era delusa
ed impotente. Quella notte aveva deciso la fine,
l'aveva suggellata.
- Trascorsero altre notti ma Giulia non
riuscì, dopo quella, a fare l'amore con
Silvio, o se lo fece, cercò di
dimenticarlo.
- Oramai Giulia odiava Silvio. La fiamma
dell'odio si era accesa, forse lo era già da
tempo, e si era mantenuta viva sotto le ceneri dei
giorni andati.
- Ma una cosa era certa: la loro storia era
finita.
- Ci sarebbe voluto del tempo per dimenticare,
o forse, più probabilmente, non avrebbe mai
dimenticato.
- La loro storia sarebbe stato l'esempio da
non emulare.
- Si lasciarono calando il sipario in una
serata grigia di perturbazione: Giulia si
sentì lacerata mentre sui tetti della
città danzava una luna
indifferente.
- Ma riuscì a dire basta, a voltare
pagina, per ricominciare.
-
- Il ricordo l'aveva resa debole: si
risvegliò dal torpore e controllò
l'orario dalla sveglia sul comodino.
- Era tardi: era tempo di prepararsi. Di farsi
bella, di rendersi irresistibile.
- Avrebbe lasciato Davide non rinunciando a
sedurlo.
- Accese la radio per farsi compagnia mentre
continuava a pensare a lei e Silvio.
- Mancava un quarto d'ora alle nove: era
pronta, avrebbe indossato scarpe ed orecchini solo
un attimo prima di scendere.
- Quindi prese una scatola che aveva riposto
in fondo all'armadio. Le lettere, le foto, i
momenti di quella storia che le aveva lasciato
indelebili segni, ma che l'aveva resa adulta. Dopo
la separazione da Silvio aveva dovuto cavarsela da
sola.
- Raccolse un foglietto ripiegato, scritto con
una grafia rapida, nervosa. Lesse:
- "Ho dato tempo al tempo: ho concesso a me
stessa il dubbio e poi ho chiuso... con te, mio
adorato fratello di 5 anni di vita... tu con molte
più certezze, con l'unica che ti avrebbe
fatto proseguire: con me SEMPRE e PER
SEMPRE.
- Ho ceduto e non per pigrizia, forse un
po' per egoismo, molto perché non provavo
più emozioni.
- Ho dato tempo alle lacrime di venir
giù e poi ho dormito molto, sperando di
dimenticarti, ma non é
accaduto.
- Ho concesso tempo ad un forestiero, avaro
d'amore, che ho ospitato nel mio cuore. Gli ho dato
tempo, quello necessario, per farmi innamorare di
lui, ed ho perso".
- Leggeva e non ricordava quando aveva scritto
quelle parole, non sapeva più se le parole
appena lette fossero dirette a Silvio.
- Soprattutto non riusciva più a
ricordare se il forestiero a cui si riferiva fosse
Davide.
- Questo il nome dell'uomo che aveva mutato la
sua esistenza: l'aveva resa viva. Il suo amore per
lui era pregno di cosciente passione, di
sofferenza, di rabbia.
-
- Improvvisamente lo squillo del telefono.
Trasalì: la sua voce al telefono era
preludio di una delusione. "Davide cosa
c'è?"
- La voce aggressiva di lui era l'unico modo
per frenare le sue reazioni: "Ho un forte mal di
testa. Non vengo a prenderti. Telefona per disdire
il tavolo".
- Giulia chiuse gli occhi, cercando di
calmarsi. Non sapeva se credergli, ma non voleva
insultarlo.
- Davide si rese conto di averla messa in
difficoltà e cercò di sfinirla: "Non
mi sento bene, veramente; usciamo domani, se
vuoi... " - lasciò sospesa l'ultima frase,
sapendo di aver vinto.
- Giulia gli rispose con freddo sarcasmo:
"Riposati allora, ci sentiamo domani".
- La telefonata si interruppe, Giulia l'aveva
conclusa pigiando il tasto, la cornetta era calda
tra le sue mani.
- Era pronta per uscire, non voleva rinunciare
alla sua serata.
- Raccolse le chiavi dell'auto, prima di
spegnere tutte le luci si specchiò un'ultima
volta.
- Poi si avviò al ristorante. Da
sola.
- L'atmosfera era troppo intima per consumare
una cena così raffinata: il tavolo tondo
coperto da una leggera tovaglia di fiandra, la
posateria d'argento, una bugia accesa.
- Giulia volle coccolarsi: bevve un vino
bianco, leggermente frizzante, per accompagnare un
delicato risotto agli asparagi. Spiò i
tavoli vicini nell'attesa del secondo piatto,
sorseggiando il suo freddo vinello.
- Soltanto un altro tavolo, nell'angolo
opposto della sala, era occupato da una persona,
sola come lei, da un uomo.
-
- L'elegante figura fumava controllando dei
fogli che estraeva da una cartella aperta accanto a
lui, sotto il tavolo.
- Non riusciva nemmeno a distrarlo un attimo:
Giulia aveva, infatti, giocherellato con lo
sguardo, insistendo su quell'uomo non più
tanto giovane, ma ben curato.
- Arrivò il carpaccio e lei
cominciò ad assaporarne il gusto facendo
piccoli bocconi.
- Un sorso di vino la costrinse ad alzare lo
sguardo, e fu allora che se ne accorse: l'uomo
d'affari la stava spiando. Disegnò un
sorriso complice quando i loro sguardi si
incrociarono. Giulia rispose al sorriso, ma
abbassò subito gli occhi. Ora che aveva
ottenuto la sua attenzione non voleva
provocarlo.
- Era una serata da dedicare a se stessa:
voleva rimanere sola con i suoi ricordi. Non
avrebbe permesso a nessuno di
rovinargliela.
-
- Dopo aver lasciato Silvio aveva creduto di
rimanere sola per un po' di tempo, invece
così non accadde. Davide irruppe nella sua
vita prepotentemente.
- Giulia doveva sentirsi attratta da tempo, ma
l'aveva taciuto a se stessa. Poi un giorno Davide
le aveva confessato di desiderarla.
- Era lontano il ricordo di Federico, anche se
lavorava nella stanza accanto. Giulia sentiva di
provare un'attrazione fisica per Davide.
- Fortissima.
- A volte si fermava a respirare il profumo
della sua pelle, cercava di memorizzarne il
profilo.
-
- Davide le sussurrava paroline gentili,
cercando di conquistarla.
- A volte si sfioravano, consapevoli di
provocarsi brividi.
- Infine uscirono, desiderosi.
- Consumarono la prima sera a parlare,
cercando di resistere. Poi un secondo
appuntamento.
- Infine il terzo...
-
- Giulia doveva avere un'espressione
allucinata: il ricordo le aveva imporporato le
gote, reso lucidi i suoi grandi occhi.
- Il cameriere rimase sospeso accanto a lei,
attendendo che riprendesse coscienza; Giulia
sott'occhio notò un'ombra, la riconobbe.
Cercò di ricomporsi e non senza imbarazzo si
rivolse al cameriere ordinandogli la carta dei
dessert.
- Per un attimo guardò in fondo alla
sala: il tavolo era vuoto. L'uomo aveva terminato
la cena ed era andato via.
- Aprì convulsamente la borsa,
cercò, annaspando, tra rossetti,
portafoglio, una spazzola.
- Cominciò ad innervosirsi: odiava le
donne per tutto ciò che erano capaci di
portarsi dietro.
- Continuò a cercare, promettendo a
sé stessa di cambiare, ed al limite
dell'esasperazione la trovò: quella busta
era lì con i suoi preziosi fogli.
- Era eccitata: quella lettera l'aveva scritta
un anno prima, per Davide, in un momento molto
delicato del loro rapporto.
- Ma non l'aveva mai inviata.
- Quelle parole esprimevano le sue emozioni,
di allora, e Davide non lo sapeva. Non l'aveva mai
saputo.
-
- Arrivò il menù dei dessert:
lesse distrattamente, sapendo di non volere
nulla.
- Invece "Un crème caramel"
ordinò e richiamando il cameriere aggiunse
"ed un caffè, per favore".
- Le mani le tremavano mentre apriva la busta
e sfilava i fogli. Sembravano vecchi di secoli, un
po' ingialliti. Spiegò i fogli e
cominciò a leggere. Le prime frasi la
rigettarono nel passato recente, che sembrava aver
dimenticato, poi si soffermò su un
brano.
- "Non riesco a piangere né per
rabbia, né per dolore, né per gioia
perché aspetto... non posso credere che mi
stai cacciando dalla tua vita... o forse sono io
che ci sono entrata di prepotenza..."
-
- I sospensivi aprirono in lei una voragine:
una domanda che non trovava risposta neanche ora,
poi proseguì:
- "...le cose non succedono mai da sole,
gli affetti vengono alimentati, curati... ho
bisogno di cure" - sentiva che ne aveva bisogno
ancora e fortemente - "..e se i tuoi dubbi non mi
daranno ragione, calmati e trova la forza di farmi
del male, dicendomi che non posso far parte della
tua vita. Almeno il dolore avrà motivo di
esistere, ma non credere che ciò mi
impedirà di amarti, perché IO TI AMO
sopra ogni dolore ed ogni gioia".
- Arrivò il crème caramel ed il
caffè, lei provò ad ingoiare, senza
riuscirvi, il primo boccone. Si sentì
soffocare. Non era mutato nulla da quella lettera,
solo la sua sofferenza si era moltiplicata, come la
pazienza spesa in attesa di un cambiamento, che non
era mai avvenuto.
- Lei non poteva perdere altro tempo.
-
- Non poteva permetterselo. Era una donna
adulta ed emancipata, ma schiava dei suoi
sentimenti. Per Davide.
- Era una storia che non era mai cominciata:
come un quadro appena abbozzato sulla tela di un
grande maestro.
- Sì, di una cosa era certa: la loro
storia sarebbe potuta essere grande, appagante,
romantica.
- Una vera e propria opera d'arte.
- Invece era rimasta lì, come il
disegno su una tela grezza, come un'immagine di una
foto mai realizzata, come una melodia nella testa
del suo autore.
- Non poteva rimproverarsi nulla,
perché non era dipeso da lei.
- Di questo era sicura. Ma ciò non le
procurava pace.
- Bevve il caffè, che intanto si era
raffreddato, poi chiamò il cameriere per
chiedere il conto.
- L'attesa le sembrò eterna: il tempo
era scaduto. La sua serata conclusa, e l'umore
mutato.
- Era nervosa, furiosa con sé stessa,
ma soprattutto stanca. Voleva andare a dormire,
dormire per dimenticare... se solo ci fosse
riuscita. Ci aveva già provato, ed aveva
fallito.
- Miseramente.
- Ora il tempo era scaduto. "Bye bye, saluti e
baci" pensò tra sé.
- Non poteva concedere altro tempo a Davide.
Assolutamente.
- Pagò il conto: si avviò quasi
correndo verso l'auto. Aveva deciso la direzione da
prendere: casa di Davide.
- Solo per curiosità lesse l'orario sul
cruscotto: erano appena passate le undici.
L'avrebbe svegliato.
- Ma non le importava.
- Non più.
-
- Sinfonia stonata
-
- Giulia parcheggiò l'auto sotto casa
di Davide. Si avvicinò al portone, una donna
la lasciò entrare e lei salì le scale
fino al primo piano, poi avanzò verso la
porta del suo amante che era in fondo al
pianerottolo.
- Si avvicinò lentamente, solo allora,
accanto al campanello esitò. Ma fu un
attimo. Era più importante
concludere.
- Il suono del campanello le risuonò
nello stomaco, poi si espanse nell'appartamento:
immaginò che il suono attraversasse il
corridoio, superando la cucina, svoltando a destra,
penetrando nella camera di lui da sotto la porta,
giungendo fino a Davide, rannicchiato nel letto.
L'attesa fu breve, ma a Giulia sembrò
eterna.
- Provò ad immaginare ogni singolo
movimento di Davide: era stato sicuramente sorpreso
e, dato l'orario, avrebbe disegnato una smorfia di
disappunto sul viso. Poi si era alzato dal letto, a
fatica, bestemmiando per il gelido impatto sulla
pelle, ed avanzando lentamente verso la
porta.
- Giulia udì i passi di Davide farsi
sempre più vicini, fino a che la porta fu
aperta.
- Davide guardò Giulia e non disse una
parola. Giulia guardò Davide: i capelli
arruffati, la tuta felpata, un'espressione di
meraviglia disegnata sul volto leggermente
assonnato.
- La donna non si fece cogliere da alcuna
emozione: "Devo parlarti Davide".
- "Entra" disse l'uomo chiudendo la porta,
Giulia intanto, si fermò nel corridoio.
Davide alle sue spalle notò il fondoschiena,
fasciato da quel vestito aderente che adorava.
"Come va il mal di testa?" chiese Giulia, sempre di
spalle, con tono volutamente provocatorio. Davide
non raccolse.
- "Vuoi un caffè?" le chiese
gentilmente e Giulia rispose acida "L'ho già
preso al ristorante".
- Credeva di provocargli curiosità,
certamente non di scatenare in lui una piccola
scenata di gelosia.
- "Dove sei stata?" - Davide si era
precipitato su di lei, cingendola affettuosamente
alla vita - "Stronzetta dove sei stata vestita
così provocante?".
- Davide aveva cominciato a giocare con lei,
come faceva quando la desiderava; quella scenata,
infatti, ne era il pretesto. Era possessivo: lei
gli apparteneva sempre, comunque.
-
- In principio questo suo modo di agire le era
piaciuto: Giulia sentiva, attraverso i suoi
attacchi di gelosia, che Davide ci tenesse a lei.
Poi questa sensazione si era trasformata: aveva
capito che Davide si comportava così con
tutte le sue cose. E le era inaccettabile.
-
- "Lasciami Davide - il suo tono volutamente
aspro ruppe l'atmosfera di intimità che si
era creato - sono andata al ristorante..." - Davide
l'interruppe stupito - "Da sola?".
- Giulia gli sorrise. Davide era troppo
diverso da lei.
- "Non hai capito niente di me. Proprio
niente".
- "Sono qui per questo Davide: non mi va
più di continuare... - prese fiato - la
nostra storia. Davide ti rendi conto che la nostra
storia è balorda?".
- Davide le sorrise riavvicinandosi: "Vuoi
finirla?".
- "Sei uno stronzo. Che cosa pretendi: che
continui... e come, secondo quali
regole..."
- "Regole. Questo è sempre stato il tuo
errore. Non ci sono regole".
- "Davvero Davide: e la tua gelosia che
cos'è?. La tua regola è quella di
rendere valide solo le tue".
- "Giulia, io..." - Giulia lo interruppe
brusco - "Non mi interessa ciò che pensi:
sono qui per farla finita.
- È finita. Chiuso. Pensa e fai quello
che vuoi, ma lasciami in pace"..
- Davide la fissò a lungo, cercando di
percepire dai suoi atteggiamenti, dal suo sguardo,
se facesse sul serio. Era ferito nell'amor proprio,
ma sapeva in fondo a sé stesso che non
poteva far cambiare le cose, perché questo
gli sarebbe costato molto: innanzitutto avrebbe
dovuto cambiare, impegnarsi, dedicarle parte del
suo tempo.
-
- Intanto Giulia era entrata nella sua camera
e si era seduta sul letto affranta. In fondo a
sé stessa avrebbe desiderato che Davide si
fosse ribellato alla sua decisione. Ma in
realtà sapeva che non poteva aspettarsi di
più da lui.
- Era tanto presa dalle sue elucubrazioni da
non accorgersi che Davide si era seduto accanto a
lei: poi i corpi si sfiorarono e quel contatto la
fece trasalire. Le labbra di Davide erano quasi
sulle sue, Giulia lo respinse sollevandosi di
scatto. "Continui a non capire, vero?" Davide non
la lasciò replicare. La tirò per un
braccio facendola cadere sul letto, poi le fu
addosso: la strinse forte a sé e, mentre la
baciava sul collo, le sussurrò:
- "Non andare via".
- Giulia sapeva, in quel momento, di essere
debole. C'erano molte probabilità che
cedesse alle carezze di Davide, al suo calore.
Sapeva di averne desiderio. E bisogno.
- "Smettila! - gli urlò sbalordendo
anche se stessa - Davide non voglio fare l'amore
con te".
- "Perché no..."
- La voce di Davide era un lamento strozzato.
In quel momento aveva paura di perderla e
l'emozione lo colse nei suoi grandi occhi verdi.
Erano lucidi, smarriti, delusi.
- Giulia aveva perso la sua risolutezza: era
scomparsa in un attimo, specchiandosi negli occhi
dell'uomo che amava, nonostante tutto. Al di
là di tutto.
- Davide non si arrese: le tamponò le
labbra con le sue e cercò di bloccarla
distesa sul letto.
- Per qualche secondo Giulia smise di
fermarlo, desiderò, anzi, che non si
fermasse.
- Inconsciamente si ribellò, un attimo
prima di perdersi definitivamente tra le sue
braccia.
- Fermò le mani di Davide che avevano
raggiunto le autoreggenti e lo guardò. Il
viso dell'uomo era eccitato, sconvolto - cucciolo
privo di coccole - ma non ne ebbe
pietà.
- "Non posso Davide: lo vorrei, forse lo
voglio più di te. Scusa, devo
riflettere".
- Davide rimase inebetito: Giulia stava
dimostrando una grande forza ed una
personalità decisa. Questa rivelazione lo
rese mite "Ti accompagno a casa, se vuoi".
- "Grazie, ho l'auto qui sotto. - avevano
entrambi una voce più dimessa, un tono
più lieve - puoi accompagnarmi, invece, alla
porta".
- Si alzarono ed attraversarono il corridoio
fianco a fianco, sfatti. Accanto alla porta Davide
le prese la mano, dolcemente. Giulia se la fece
stringere; solo allora sembrò che
ritrovassero un po' di calore.
- Si guardarono e continuando a stringersi le
mani, si avvicinarono e cominciarono a baciarsi. Le
labbra si sfiorarono, poi le dischiusero e le
lingue si toccarono timide, poi si aggrovigliarono,
come le braccia.
- Quel bacio restituì loro la tenerezza
e l'affetto di cui erano in debito. Ma anche quello
finì.
- Si ritrovarono occhi negli occhi: Davide
fissò il viso di Giulia che disegnava
maldestramente un sorriso. Il viso di Giulia era
splendido quando sorrideva. Le sarebbe mancato quel
sorriso.
- La donna scoprì, invece, sul viso di
Davide due solchi di lacrime che si erano ribellate
alla sua decisione.
- La porta venne aperta, a
malincuore.
- Per entrambi.
- Giulia titubò un attimo, una frazione
di secondo che regalò a Davide un filo di
speranza.
- La donna fece violenza a sé stessa ed
oltrepassò l'uscio di quell'alcova senza
voltarsi indietro.
- Come un automa si ritrovò fuori il
portone di quell'antico palazzo.
- Solo allora riprese coscienza delle sue
azioni. Solo allora realizzò che ci era
riuscita. Aveva lasciato Davide.
- Entrò in auto, mise in moto, poi si
fermò per un attimo davanti a quel portone
chiuso, definitivamente, per lei.
- Pensò, infatti, che non avrebbe
più oltrepassato quella soglia. Mai
più.
-
- Finale d'archi
-
- È passato molto tempo.
- Eppure sembra che non sia trascorso dentro
l'anima.
- È qui a rileggere ciò che
è avvenuto, ed ha desiderio di sentire la
sua voce. Stimola le dita, incitandole a comporre
il suo numero.
- Il tempo, generalmente, tira scherzi alla
memoria, ma non questa volta. Non a quella di
Giulia.
- Essa ricordava tutti i particolari della
loro relazione, le parole non dette, quelle
sussurrate, i silenzi.
- Un'anima limpida, senza ombre.
- Intanto Giulia, era sola. Ancora.
-
- Aveva confidato nel futuro. Ci aveva
creduto. Ma non era servito. Aveva cercato di
dimenticare Davide fuggendo lontano con un amico,
breve compagno di un'avventura.
- I mesi erano trascorsi costruendole una
storia attraversata da uomini che aveva subito
cancellato.
- Uomini a cui non aveva restituito
un'identità. Si erano, infatti, trasformati
in vaghe ombre di cui Giulia, a malapena, ricordava
i nomi. Lei si era consumata in cerca di un nuovo
amore. Senza riuscirvi. Ed ora era stanca.
- Davide era ancora dentro di lei.
- Non l'aveva voluto mai veramente
dimenticare: aveva concesso ad altri uomini
soltanto una piccola parte di sé per non
sacrificare il ricordo di lui.
-
- Ora era davanti al telefono: ricordava
ancora il suo numero di casa.
- Provò un forte timore.
-
- Non sapeva più nulla di Davide,
rischiava di non trovarlo, o peggio, di ritrovarlo
in compagnia.
- Era reale la probabilità di trovarlo
con una donna, perché Davide odiava la
solitudine. Ed amava le donne.
- Si sentì percorsa da un fremito
d'ansietà; in realtà era curiosa di
recuperare quella parte della vita di Davide, che
non le era potuta appartenere.
- Questa curiosità era più forte
della probabilità di cadere nel
ridicolo.
- Ma poi, pensò, che cos'era il
ridicolo in una storia d'amore. Dov'era necessario
limitarsi e fin dove possibile spingersi.
-
- Un pensiero si fece nuvola sopra la sua
testa: il tempo non era trascorso, almeno
così sembrava, nel suo cuore.
-
- La vita era successione di tempo, l'amore,
invece, non conosceva tempo.
- Sostava nell'animo, restandone
inalterato.
- Amore vero, senza Fine.
- Amore grande, senza Tempo.
- Questo era ciò che provava, anche se
la vita era trascorsa negli anni, consumata attimo
per attimo.
- Giulia era sinceramente emozionata. Doveva
prendere una decisione. In un secondo, guidata
dall'impulsività che negli anni non l'aveva
abbandonata, la prese.
- Avrebbe chiamato Davide.
- Non aveva idea di cosa gli avrebbe detto:
avrebbe detto ciò che sentiva, dove
l'avrebbero trascinata il cuore, il ricordo e lui,
Davide. Questo pensava mentre componeva il
numero.
- Avvicinò l'orecchio alla cornetta: il
suono di libero era cominciato e le sembrò
che il cuore battesse con lo stesso ritmo di
pause.
- Se avesse risposto Davide, lei avrebbe
provato un tonfo allo stomaco: l'emozione sarebbe
stata paragonabile a quella del loro primo
appuntamento.
- Squillava ancora senza risposta. Cominciava
lentamente a raffreddarsi l'entusiasmo, per un
momento sperò che non rispondesse.
- Se, invece, non fosse stato lui a
rispondere, pensò, sarebbe rimasta
inappagata la sua curiosità.
- Avrebbe sentito il bisogno di colmarla.
Forse sarebbe diventata nevrotica,
frenetica.
- Ora voleva parlare con Davide.
- Solo quello.
-
- Nell'attesa provò ad immaginare il
tragitto di due gambe stanche che, sollevatesi dal
divano, avanzavano pigramente verso
l'apparecchio.
- La mano tesa verso la cornetta, la TV accesa
in sottofondo, la stanza in penombra. Una domenica
pigra, di calcio e cibo. Questo era la vita di
Davide, l'uomo che aveva amato.
- Immaginò, allora, il tono della sua
voce: ragionevolmente assonnata, cupa, quasi
roca.
- La stessa di sempre.
- L'ennesimo squillo fu interrotto da una
voce, quella di Davide: "Pronto".
-
- Giulia chiuse la comunicazione.
- Assecondò l'istinto cambiando ancora
una volta idea: il tempo era trascorso ed ora non
avrebbe avuto senso ricominciare.
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